da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 4

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 4

Tra la scuola, il Partito ed il Sindacato con la passione del Cinema, tralasciato l’ambito del Teatro in modo ufficiale ma portandomi comunque dietro l’esperienza di tipo metodologico ed organizzativo da utilizzare nei rapporti sociali, ho vissuto per sette anni in quella tranquilla realtà altoveneta mentre si intravedevano gli albori della Lega Nord e in larga parte del Paese il terrorismo mieteva vittime innocenti. Il timore che anche la nostra realtà venisse colpita l’avevamo costantemente, mentre ci confrontavamo con quella parte di giovani che contestavano i percorsi della Sinistra governativa che stava definitivamente abbandonando la classe operaia e la sua stessa storia. Erano anche gli anni della piena affermazione di Comunione e Liberazione e lo scontro tra le culture laiche e quelle integraliste religiose si acutizzava soprattutto nella Scuola. Nondimeno tuttavia, pur essendo inserito in un percorso politico ideologicamente diversificato, in quegli anni avevamo accolto la testimonianza dell’impegno sociale di don Lorenzo Milani; con gli studenti delle 150 ore, in massima parte attratti dalla Sinistra sia governativa che extraparlamentare, approfondivamo il messaggio del priore di Barbiana collegato ai temi dell’eguaglianza, della dignità e della libertà. “Lettera a una professoressa” fu oggetto di attenta analisi che portarono ad una critica dei metodi scolastici fino ad allora in uso – malgrado gli esiti del Sessantotto – di cui si avvertivano i limiti. Ed allo stesso tempo i giovani adutli che frequentavano quei corsi scoprirono la realtà della disobbedienza civile leggendo “L’obbedienza non è più una virtù”. Don Lorenzo era una figura molto lontana dalla Chiesa di allora, soprattutto in quella realtà, dove “l’obbedienza” era stata da sempre considerata un valore primario (ricorderete il “Comandi!”) e la partecipazione alle guerre elemento sociale ed antropologico costitutivo del territorio stesso.
In mezzo a tutto questo “impegno” si trovava il tempo anche per rilassarsi, ma era quasi sempre nell’ambiente politico che ci si incontrava per qualche festa, quelle ufficiali e quelle “private” dove si finiva troppe volte con delle ubriacature: credo che da allora ho imparato ad essere “astemio”. Non del tutto però, anche se pubblicamente lo dichiaro per evitare malanni.
Intanto era arrivata anche Marietta: ci eravamo sposati il 14 luglio del 1977 ed abitavamo in via Mezzaterra, una strada centrale nel borgo antico di Feltre. Marietta non sapeva andare in bicicletta ed a me venne l’idea di insegnarle a guidarla: un’idea balzana che fu interpretata come un tentativo di femminicidio. Acquistai per lei una “Graziella” di quelle che si smontavano e piegate su se stesse entravano facilmente nel vano bagagli della nostra 127. La mia idea era che la inforcasse e si lasciasse andare in discesa verso Porta Castaldi, uscendo su via Roma; ma lei non accolse la proposta, considerando la sua pericolosità. E quella bicicletta è rimasta inutilizzata fino a quando non l’ha adoperata nostra figlia Lavinia che è nata nel 1984 a Firenze. Con Marietta però si facevano delle lunghe camminate su per le montagne bellunesi, mai d’inverno però! Mia moglie ha da sempre odiato la neve ed il freddo, lei che era nata proprio “sul” mare!

Joshua Madalon

….continua….

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 3

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale… quella politica e cinematografica – ottava parte – 3

Ci si arrampicava con una vecchia FIAT 750 donata al Partito Comunista da qualche sostenitore su per i tornanti insieme al compagno Damiano Rech; questo accadeva soprattutto quando portavamo la tessera a queste famiglie montanare, all’interno delle quali c’erano anziane ed anziani che avevano partecipato alla Resistenza e qualcuno di quelli che avevano vissuto il tempo della Prima Guerra Mondiale in quei territori a cavallo tra i confini italiani ed austro-ungarici: non era – e forse non lo è ancora oggi – insolito sentirsi rispondere: “Comandi!” al solo accenno di un quesito. Nelle campagne elettorali ritornavamo in quei luoghi a fornire le indicazioni di voto ed altre volte, ma raramente, ci capitava di passare di là per la consueta distribuzione del nostro quotidiano, “l’Unità”. Ogni domenica o festività laica, il 25 aprile o il 1° maggio, organizzavamo i gruppi, di solito formati da due compagni, per la distribuzione delle copie del giornale in città e nelle frazioni e non di rado ci si fermava a parlare, invitati a bere un bicchiere di grappa o di vino, che personalmente ho spesso rifiutato guadagnandomi inimicizie non solo formali: il diniego era considerato una vera e propria offesa. Nei primi tempi non riuscivo a districarmi da questo “impegno” e tornavo “ciùco” a casa, per fortuna accompagnato da qualche compagno gentile.
Una delle prime volte che con il Sindacato ci si era recati a Belluno fui vittima della generosità di un compagno molto robusto ed alto che, sulla via del ritorno, mi obbligò a bere del vino aspro perché fatto con uve non del tutto mature alternato a grappe. Il guaio era che l’amico occasionale si fermava a tutti i punti di ristoro che si incrociavano sulla Strada Statale 50 che da Belluno riportava a Feltre e mi costringeva a bere mostrandomi un ghigno ad ogni timido rifiuto. Ovviamente dopo quella volta non capitò più, perché stetti così male, ma così male!
Intanto in quegli anni insieme alla maturazione politica e sindacale si sviluppò anche quella cinematografica e trovai per questa “passione” la collaborazione dello IULM sede staccata di Feltre, dipendente da quella centrale di Milano. Fu molto importante allo stesso tempo l’amicizia con un giovanissimo, Francesco Padovani, che ora è il Direttore della Biblioteca di Pedavena e con alcuni docenti come Cristina Bragaglia o critici cinematografici come Leonardo Quaresima e Giovanna Grignaffini o grandi cinefili come l’architetto Carlo Montanaro. Insieme a Francesco fondammo il Circolo di Cultura Cinematografica “La Grande Bouffe” ispirato in modo indiretto al film di Marco Ferreri, ma per noi doveva significare “una grande scorpacciata” di film. E mettemmo in piedi molte rassegne, aiutati da strutture pubbliche come la Scuola Media, dove c’era un Preside molto disponibile con noi giovani, Gianni Campolo; oppure il Cinema della Curia, che ospitò alcune Rassegne, una delle quali indirizzata espressamente ai giovani con pellicole che si riferivano ai grandi concerti pop del tempo (anni Settanta). E non mancarono rassegne dedicate al cinema d’animazione – per grandi e piccini – così come quella relativa ai capolavori del giallo. Con l’Università allestimmo anche dei percorsi sull’Espressionismo e sul Cinema francese degli anni Trenta; a seguire ma fuori dall’Università, nei locali Liberty della Birreria Pedavena, lanciammo uno sguardo d’insieme al nuovo Cinema tedesco che in quegli anni stava producendo autentici capolavori grazie ad autori come Herzog, Wenders, Fassbinder e altri.

Joshua Madalon
….continua….

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DOPO IL PRIMO MAGGIO…i volenterosi attendono

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DOPO IL PRIMO MAGGIO…i volenterosi attendono

Non possiamo aspettare l’Ascensione (10-13 maggio) o il 2 giugno e poi le vacanze estive (Liberi tutti; tutti al mare, al “Forte”) e poi il settembre pratese che comincia alla fine di agosto e finisce nella prima settimana di ottobre, e poi novembre e via via su fino alle feste di Natale per avviare quel percorso di costituzione di un nuovo soggetto politico della Sinistra, intanto qui a Prato.
Le macerie sono diffuse dappertutto. C’è una situazione di sbandamento soprattutto nella Sinistra con la presenza di “crocerossini” pronti ad andare al soccorso del PD agonizzante sia in modo diretto con un sostegno primario che in modo indiretto con un appoggio condizionato e secondario. Non si vuole, da quella parte accettare l’idea che sia fallito quel modello e che sia in fondo meglio che chi ha una visione neoliberista si accodi alla corte di quella parte di Destra, in linea di massima Forza Italia, lasciando libere tutte le anime progressiste di Sinistra che ancora albergano nel Partito Democratico e che sono state relegate ai margini di esso. D’altronde, anche la sortita di Renzi ier l’altro sera nell’intervista di Fazio ha mostrato l’attitudine alla bugia da parte del leader dimissionario: l’aver ribadito che – riporto quel che ha detto – “non vi sono elementi in comune tra noi ed il M5S” non ci può far dimenticare che tra il suo PD e Forza Italia di Berlusconi sia invece stato fatto più di un accordo e certamente nelle campagne elettorali precedenti non c’erano stati scambi di rose e fiori tra Forza Italia e Partito Democratico; per non aggiungere che in tutte le contese elettorali è accettabile che ci siano affondi reciproci sopra le righe ma che poi ci si ponga a discutere insieme laddove il territorio o il Paese nel suo complesso lo richieda con urgenza.

A Prato vi è – nell’avvicinarsi della scadenza elettorale – la necessità di un chiarimento nell’ambito dei sostenitori del progetto di “Liberi e Uguali”.

Ad alcuni di noi appare che non vi sia condivisione della necessità di predisporre un Progetto politico per la città ed il territorio provinciale tra i tre contrattori della lista “LeU”.
Dopo il risultato elettorale delle Politiche gli unici incontri convocati in modo condiviso avevano lo scopo effimero di uno sfogatoio, nel quale riversare gli accenti critici; non appena invece si è palesata da parte di alcuni di noi l’idea di andare oltre nel costituire un Progetto articolato che avesse il compito di indicare le criticità emerse in questi anni di amministrazione a guida PD, sollecitando una maggiore partecipazione attiva e la costituzione di una Direzione numeicamente più ampia, i rapporti tra i tre “soggetti” costituenti si sono allentati “inspiegabilmente” (perlomeno per chi non ha alcun ruolo, se non quello di “osservatore esterno”).

Da quella posizione peraltro la sensazione è che la “base” dei tre soggetti condivide il disagio creato da un’attesa snervante.
Ora voglio qui ricordare – prima di tutto a me stesso – che nell’incontro di Coiano dello scorso 11 aprile abbiamo deciso assemblearmente – nessuno si è opposto – che ci si vedesse “dopo” il 25 aprile ed il 1° Maggio, scegliendo la data del 9 maggio, cioè il prossimo mercoledì. Rimane da scegliere il luogo. I volenterosi attendono.

Joshua Madalon

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA – 3

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA – 3

Indubbiamente il ragazzo ha carattere e affronta le questioni in modo diretto da vero “princeps” machiavelliano; di fronte alla bonomia emiliana di Pier Luigi apparve come una vera e propria manna dal cielo da contrapporre alla sicumera plutocratica di Silvio per poter tornare a vincere sul serio, dopo quel “siamo primi ma non abbiamo vinto”, la “non vittoria”, del 2013. E lo apparve soprattutto a coloro che erano rimasti fuori perché sconfitti in tantissime realtà e che, davanti all’occasione di un caterpillar senza anima, soprattutto se si pensa a quella di Sinistra, si impegnarono a convincere la dirigenza di allora ad aprire in modo ampio le porte della partecipazione alle Primarie. Ma questa, come ben si sa, è roba vecchia!
Delle vittorie e delle sconfitte pure abbiamo già parlato. Ma dopo quel che è accaduto ieri, dove un leader dimissionato per demerito ha rimesso nuovamente in discussione le sue stesse scelte chiamato in causa proprio dai vecchi perdenti, preoccupati di perdere il loro Potere derivato soprattutto dalla presenza del loro mèntore, viene da farsi alcune domande.
Chi glielo dice a quelle migliaia di elettrici ed elettori (reali e potenziali, ovverosia quelli che hanno votato e quelli che hanno pensato più volte di poterlo fare) di Sinistra che si sono spostati verso il M5S (sarà il 20, il 30 o solo il 10%) che si sono sbagliati? E che dunque con quella parte di elettorato non ci si vuole confrontare? E che dire di quelli che hanno votato Lega Nord? Non mi si venga a dire che non si sa che una parte dei voti potenziali del PD nella occasione del 4 marzo sono andati da quella parte? I temi della Sicurezza pensate davvero che debbano essere delinati solo in modo “buonista”? o non è vero che la “gente comune” non ne può più di regole infrante senza un vero e proprio controllo? E pensate che si possa accettare così “alla buona” che si venga aggrediti senza potersi difendere e si possa stare sereni, attendendo che la Giustizia applichi pene severe, ben sapendo che così non sarà?
L’intervento a gamba tesa (sì certamente da vero “bullo”) di ieri sera è andato a colpire la democrazia del Partito: un nuovo benservito (uno “stai sereno”!) è stato lanciato verso il “reggente” ed il gruppo che in ogni caso ha parlamentato con il M5S, lasciando intravedere pur timide e scarse possibilità di proseguire nel dialogo.
Un confronto tra “uomini veri”, quelli duri “che non devono chiedere….mai” (non parlo al maschile solamente, se pensate di criticare questo aspetto vi sbagliate: mi riferisco a chi “pensa” ed è capace di esprimere il proprio punto di vista senza proteggere il suo tornaconto), potrebbe portare ad un chiarimento definitivo. Se si va alla conta, che abbia un suo valore! Il PD è già a pezzi nei fatti: in Friuli ha perso in due mesi 53.000 voti (non vi lasciate ingannare dalla percentuale più o meno simile a quella delle Politiche, il 18 e rotti % ma fate caso invece ai dati dell’affluenza ). Bisogna ricostruirlo ma senza Renzi e la sua “corte”! e con un orientamento completamente diverso.
Ad ogni modo parlerò di Sinistra, oltre queste righe, come promesso, nelle prossime ore.

Joshua Madalon

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA – 2

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA – 2

Siamo, dunque, nuovamente ad occuparci di Politica, quella legata ai Governi ed alle Amministrazioni di questo Paese, non avendo mai del tutto abbandonato l’impegno civile soprattutto inteso a cogliere gli aspetti sociali ed antropologici, civili ed incivili, con cui entriamo in contatto quotidianamente. Ieri sera, domenica 29 aprile 2018, Matteo Renzi, l’ineffabile “rottamatore” del PD, ha proseguito nell’opera di smantellamento di quella formazione, intervenendo a “Che tempo che fa” intervistato “a comando” dal venditore di tappeti e pentole Fabio Fazio.

“Dimissionario” di mestiere ha inteso ribadire che in ogni modo è lui il punto di riferimento del Partito Democratico, anche se i suoi consensi sono calati ben oltre al 50% da quel 40,81% alle Europee del 25 maggio 2014, passando di sconfitta in sconfitta, rivelando che quel mirabolante successo era effimero e condizionato da tutta una serie di errori diffusi tra le altre forze politiche e da una bassissima partecipazione al voto (57,22%).

Fa sempre sorridere il riferimento a quel 40% che egli vuole accreditarsi rispetto alla sconfitta al Referendum del 4 dicembre 2016, soprattutto dopo che vorrebbe convincere la gente che non è stato lui ad essere sconfitto ma il nostro Paese, che avrebbe avuto, secondo la “sua” interpretazione tutto da guadagnare con quella Riforma. Proprio per questo scarica la responsabilità del disastro del “Rosatellum” sull’impossibilità di costruire regole omogenee per le due Camere, essendo esse rimaste in piedi così come erano. Il Parlamento che nella scorsa legislatura ha approntato e approvato il “Rosatellum” aveva la piena facoltà di costruire regole omogenee e meccanismi tali da consentire alle forze politiche di ottenere un risultato certo con una maggioranza qualificata a governare il Paese. non è stato fatto e la responsabilità non può essere del popolo sovrano ma è tutta ascritta a forze politiche impegnate a mantenere il proprio Potere.
La proposta referendaria bocciata aveva intenti eversivi dell’ordine democratico, sottintendendo tra le pieghe la possibilità di un Premierato forte, di un solo organismo espressione di scelte concentrate nelle mani di pochi. Quella proposta ha peraltro sacrificato scelte che potevano essere “positivamente” approvate se non fosse , per l’appunto, stata inficiata da una presunzione ed un’arroganza infinita che perdura oltretutto malgrado le sconfitte.

Il dimissionario di mestiere tuttavia chiarendo il suo ruolo primario nel PD ha esautorato “di fatto” tutti coloro che in questo periodo hanno impegnato il loro tempo per riportare quel Partito a riprendere il cammino: in primo luogo il “reggente” Martina, ma anche tutti coloro che in qualche modo come Emiliano e Franceschini hanno espresso un parere diverso in relazione al rapporto con il M5S.
In tutto questo viene da chiedermi dove sia la Sinistra e ne tratterò più tardi.

Joshua Madalon

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA

Sessanta giorni a breve – il 4 maggio – e nessun Governo è stato varato dopo i risultati del confronto elettorale del 4 marzo.
Vale la pena spiegare ancora una volta agli “smemorati” italiani (il nostro Paese ha questo nefasto primato!) che all’origine dell’impasse c’è la Legge elettorale varata a fine anno 2017 chiamata “Rosatellum” dal nome del suo relatore, Ettore Rosato, capogruppo del PD alla Camera.
Una legge sconclusionata la cui responsabilità ricade su Partito Democratico, Forza Italia, Lega Nord, Alternativa Popolare di Alfano ed Ala di Denis Verdini.
Piuttosto che arrovellarsi su improbabili e spericolate proposte di alleanze, mi permetto di suggerire due possibilità. La prima: che si proceda ad un Governo provvisorio, capitanato da una figura “terza” di garanzia, con compiti limitati alle scadenze nazionali ed internazionali ed appronti una nuova Legge elettorale composto dai sostenitori del “Rosatellum”; la seconda: che si mantenga in piedi l’attuale Esecutivo con i compiti sopra descritti. Ma in ogni caso si vada al voto con una nuova Legge elettorale al più tardi entro il 2018.
Insomma, non si perda altro tempo in equilibrismi inaccettabili. Ad ogni modo è di un’evidenza sconcertante la incapacità a proporre una linea di Governo che tenga conto della sostanziale differenza tra la protesta oppositiva e le scelte amministrative da parte del M5S; dall’altra parte rimane in piedi la grande difficoltà del Centrodestra nella gestione delle contraddizioni presenti nella coalizione. Con un PD ridotto soprattutto per la scarsa duttilità mentale della sua attuale leadership ed una Sinistra incapace di costruire “unità” e costretta alla funzione di mera testimonianza non c’è altra soluzione. Si accettino le scelte dell’elettorato una volta che però emerga in sostanza una maggioranza netta dal confronto elettorale. Con il “Rosatellum” era abbastanza impossibile; lo avevamo detto ed è accaduto!

Joshua Madalon

da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….e quella politica – ottava parte – 2

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….e quella politica – ottava parte – 2

L’iscrizione al PCI era avvenuta già nel 1975 nel pieno della campagna elettorale che vide l’affermazione della Sinistra in tante grandi città tra le quali Napoli con l’allora Sindaco Maurizio Valenzi. Era la prima volta che Napoli aveva un “Comunista” come primo cittadino. A Pozzuoli la tradizione operaia aveva espresso sin dall’immediato dopoguerra un’alternanza favorevole però alle Sinistre.
Ricordo che salii sulla sede di via Cesare Battisti dove c’era il Comitato elettorale; la sede principale ancora allora era nella Piazza della Repubblica: vi si accedeva per una stretta scala dietro un’edicola. Lì sotto, ma in Piazza con un palco allestito, da bambino avevo ascoltato comizi di Amendola, Pajetta e Napolitano insieme a mio nonno e cantato “Bandiera rossa”. Sempre da bambino ero stato al Teatrino dei Pupi che era allocato là dove adesso c’è un negozio di mesticheria popolare ed una farmacia.
Mi accolsero sorridenti alcuni amici, che imparai a chiamare “compagni” come Ignazio Gentile ed i fratelli D’Oriano, come Mario e Pina Lama che meglio conobbi poi con l’andare degli anni. Tuttavia la mia iscrizione a Pozzuoli con le vicende legate al “lavoro” fu semplicemente simbolica, non perché fossi disinteressato poi alla pratica politica che nell’accezione culturale, sociale ed antropologica mi intrigava e coinvolgeva parecchio ma perchè non ebbi mai più il tempo di approfondire i legami con il mio territorio e mi buttai a capofitto nella nuova realtà nella quale il destino mi aveva catapultato.
La mattina insegnavo (ho scritto altrove delle mie giravolte iniziali tra Auronzo, Pelos e Feltre e non le racconto di nuovo) all’IPSIA “Carlo Rizzarda” ed al pomeriggio insieme al mio amico, quel Renzi di cui non ricordo il nome, seguivo le “storie” operaie dei frequentatori delle “150 ore” alla media “Rocca”. Un luogo ed un crogiolo di vicende umane impagabile. Mi impegnai nel Sindacato Scuola diventando rappresentante della categoria nel Direttivo Provinciale e questo mi consentì di operare in maniera diretta entrando negli organismi locali nati con i Decreti Delegati del 31 maggio 1976, DPR 416, sia nella scuola dove insegnavo sia nel contesto distrettuale.
Ma l’aspetto che prediligevo era quello umano della conoscenza. Con il Sindacato ed il Partito sviluppammo non senza ostacoli da parte di alcuni rappresentanti della Chiesa locale e della Democrazia Cristiana una serie di progetti che andavano da lezioni di letteratura che presentassero prevalentemente temi storici e sociali ed escursioni sui luoghi della Storia, in particolar modo quella della Prima Guerra Mondiale. Ricordo che andammo attraverso i contrafforti di Primolano sull’Altopiano di Asiago a leggere versi di Ungaretti e racconti di Rigoni Stern dentro le trincee.
Contemporaneamente il mio impegno nel PCI divenne intenso soprattutto in occasione delle elezioni comunali del 1976 allorquando a Feltre venne eletto per la prima volta un Sindaco del PCI, Giorgio Granzotto, figlio di un comandante partigiano, ed egli stesso protagonista nella Resistenza.
Memorabili furono le campagne elettorali su per le montagne bellunesi ed il rapporto che, da autentici “terroni”, io ed altri, come il compagno Loiacono, sapemmo costruire con il mondo politico feltrino, a partire da quello progressista, democratico e sindacalizzato.

Joshua Madalon

…continua….

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 2

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 2

Il cielo in quei giorni era terso, il clima più che primaverile annunciava l’estate anticipata. Si era venuti su per il Monte Miseno e ci si era fermati all’ingresso del tunnel che porta al faro. Poi, a piedi, ci si era mossi lungo la stradina che, erta, si affaccia sui golfi e porta all’Hotel Ristorante “Cala Moresca”, all’Agriturismo “Cetrangolo” ed al Caracol Gourmet. Operai tuttofare esperti nella potatura delle siepi di pittosporo aulente diffondevano con le loro possenti forbici il profumo dei fiori bianchi che, insieme a parte delle infiorescenze e dei rami, giacevano temporaneamente sul selciato ed entrambi i muretti laterali già imbiancati da poco per l’apertura della stagione degli eventi, in primo luogo quelli matrimoniali. Marietta, ringraziando del lavoro di cura gli operai, ne raccolse un mazzolino, scegliendo i rametti più alti da poter inserire in un piccolo vaso. Il panorama magnificente creazione, impagabile contorno delle nostre esistenze, sospingeva le nostre curiosità. Un sentiero circondato da alberi mediterranei come lecci, alloro, corbezzoli e lentischi ed arbusti vari mescolati ad una vegetazione bassa ricca di profumi, mirto, finocchio selvatico, cisto, erica, rosmarino tra le grandi agavi e le siepi fiorite di vario colore della classica “unghia di janara” ci avvicinava alla vista del mare da un altro punto. La strada scendeva ripida ed anche là un giovane operaio accudiente ripassava di fresca bianca calcina i muretti di delimitazione. “E’ un ristorante esclusivo “gourmet” riservato a 15 posti” probabilmente pensava potessimo essere interessati ad una tale frequenza, il giovanotto ci indicò la strada da percorrere in modo più agevole: un sentiero circondato da steccati rustici. Il nostro interesse si limitava al godimento della vista e dell’olfatto, per il palato ed il gusto in questo caso giudicammo inadeguato il nostro portafoglio. Lentamente per rendere anche più duraturo il nostro godimento procedemmo verso il basso. Fino a raggiungere una piccola struttura protesa sul bordo costiero della parte occidentale del Monte Miseno. La discesa era stata impetuosa nella sua ripidezza soprattutto nella parte riservata al transito dei mezzi di trasporto; noi l’avevamo evitata ma era quella che forniva un significato al nome prescelto per il locale, “Caracòl”.
Solo qualche rumore di stoviglie dall’interno del locale e qualche voce indistinta. Tutto intorno nella parte retrostante un giardino attrezzato con tavolini all’aperto e comode sedute su altalene multiple attendevano ospiti forse nel pomeriggio o in serata: i vialetti erano dotati di illuminazioni artificiali.

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Ci inoltrammo sotto un arco di passaggio verso la veduta del mare, continuando a far foto che fossero parti del ricordo della nostra esplorazione. “Incantevole location, complimenti!” al giovane che si affacciò venendo dall’interno del locale verso la terrazza sul mare. Di fronte il panorama non smentiva la nostra scelta di proseguire in quella visita straordinaria. “Buongiorno, desiderate?” forse nella professionale attesa di una proposta di conferma. “Nulla di particolare….eravamo su a “Cala Moresca” e siamo scesi qui seguendo la vista del mare. Siamo flegrei, di origine e di complessione”.
“Non potevate scendere qui! Non avete visto il divieto? E’ posto ben prima di inoltrarvi nella discesa!”. Non lo avevamo visto e quasi certamente non avremmo derogato all’impedimento. Lo dicemmo, scusandoci mentre dentro di noi ci dicevamo che era valsa la pena non averlo visto. Chiedemmo, presentandoci in anticipo, cognome e nome del nostro interlocutore-padrone e ne custodimmo l’identità. Ci allontanammo felici di avere scoperto la bellezza di un luogo nel quale noi non saremmo mai andati non solo perché il nostro censo non ce lo avrebbe consentito ma anche per l’assenza di una capacità imprenditoriale fondata sui rapporti umani a prescindere da quelli economici. “E’ anche vero – dicemmo tra noi allontanandoci – che dobbiamo essere consapevoli della presenza di persone con disponibilità economiche elevatissime, ma non possiamo mai rinunciare a comprendere che la vera ricchezza è la Cultura che si possiede e che ci permette di condividere esperienze “umane” comuni tra persone diverse”.
Il divieto in effetti c’era ma si riferiva al transito automobilistico non a quello umano.
La valutazione non incide sulla indubbia qualità artistica del cibo probabilmente preparato per la clientela d’alta classe “economica” ma per quella forma di esclusione dal godimento dei beni paesaggistici che “non può” essere preclusa a chicchessia, anche perché mi piacerebbe sapere come sia stato possibile costruire strutture ben fissate sul terreno in quel territorio.

…fine parte 2…continua….

Joshua Madalon

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 1

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PASSEGGIATE FLEGREE – 1

I ragazzi sostavano in apparente ricerca di una riservatezza proprio in quell’angolo remoto della spiaggia là dove avevo sospinto i nostri ospiti per poter ammirare quell’altarino laico formato da improbabili ed originali ex voto dei pescatori e dei loro congiunti attaccato alla parete del costone est della spiaggia di Miseno. Il rapido sguardo da lontano mi aveva rivelato che la bellezza di quel luogo era sfiorita forse a causa delle mareggiate e del clima freddo e ventoso dell’inverno che lungamente aveva sferzato quelle terre quei mari e quelle spiagge.
Ero stato aggressivo ma cortese, chiedendo loro di spostarsi per consentirmi di documentare quel luogo. Avevo avuto il dubbio, il sospetto che fossero dei giovani sulla via della tossicodipendenza quando avevo intravisto come celate delle cartine e del tabacco. Mi ero scusato con ipocrisia “Disturbo il vostro “spinello”?”. I giovani sorrisero in modo tranquillo ed educato “No, è solo una normale sigaretta! Due tiri e via!”. Si spostarono di quel tanto perché io procedessi. Intanto si avvicinarono i miei ospiti che in un primo momento si erano assentati impegnati a riprendere il rosso tramonto dietro il promontorio di Monte Grillo.
Due tre battute di cortesia ma poi quella apparente signorilità inattesa in giovani poco più che ventenni spinse ad un’espressione di curiosità. “Sono diplomato all’Istituto Nautico…Macchinista….sì penso di imbarcarmi… la figura di macchinista non è più la stessa: oggi non ha più un rapporto diretto con grassi e rumori. Il mare mi è sempre piaciuto!” e l’altro sempre rispondendo a quelle curiosità “Ho frequentato il Liceo Scientifico…a Torregaveta…mi sono iscritto a Filosofia” due giovani davvero maturi, non lo avrei potuto pensare solo a vederli. Ed è sorprendente che in quella chiusura di serata io li abbia incontrati. Ed è sorprendente che io mi sia dovuto sorprendere di questo incontro, che apre sprazzi di luce sulla realtà giovanile che tante volte ci delude e forse, mi viene da pensare, questo accade perché non ci soffermiamo a dialogare sufficientemente per loro. E’ una “speranza” la mia. E lo è ancora di più nei confronti di una realtà meridionale fin troppo a ragione o a torto dileggiata, umiliata, forse sottovalutata.
Le giornate di vacanza mi avevano sospinto ad andare alla ricerca di luoghi da scoprire o da rivedere con gli occhi degli anni maturi e così si era capitati, insieme a mia moglie Marietta, su per il costone di Miseno che affaccia verso Miliscola prospiciente a Cala Moresca, uno degli alberghi e ristoranti più famosi della zona per la qualità dei servizi. Avevo potuto già apprezzare in un’unica occasione precedente la straordinaria veduta panoramica unica da Procida-Ischia, Monte di Procida, Miliscola, il Mare Morto, Bacoli, Baia con il suo castello, i Campi Flegrei con lo skyline dei suoi vulcani, Pozzuoli, Bagnoli, Nisida, Posillipo ed il resto di Napoli, l’area vesuviana con tutto il resto, la costiera sorrentina ed il mare, tanto mare indorato da un sole che in quel periodo illuminava e riscaldava il mondo. La baia di Miseno circoscritta dal promontorio Punta Pennata divenuto poi un’isola a causa di una tempesta ( e che tempesta! Fu quella del novembre 1966 mentre Firenze ed altri territori finivano inondati dalle acque ) si adagiava sul lato destro della vista con un pieno di imbarcazioni di media misura che sostavano riposando in attesa della stagione tardo primaverile ed estiva.

Passeggiate flegree 2018 – parte 1…continua

2487,0,1,0,360,256,443,5,2,179,50,0,0,100,0,1972,1968,2177,1767848
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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale…e quella politica – ottava parte – 1

Ritratto dell'artista da giovane 2
da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….e quella politica – ottava parte – 1

Il “papa” buono aveva lasciato un grande ricordo in particolare nella sua terra e l’ideatore del Concilio che aveva aperto le porte verso i non credenti era anche un punto di riferimento per l’arte cinematografica in quegli anni di speranze. Bergamo era anche la città di Ermanno Olmi, attento indagatore della realtà sociale urbana degli anni del boom economico con tutte le sue contraddizioni ed allo stesso tempo autore capace di recuperare i meccanismi sociali della vita contadina nelle sue valli.

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Straordinaria ed unica nel suo genere fu proprio negli anni della mia esperienza settentrionale la descrizione della difficile esistenza di una comunità bergamasca alla fine del XIX secolo, riportata in quel capolavoro che è “L’albero degli zoccoli” insignito – tra gli altri premi – della Palma d’oro a Cannes nel 1978. Ma le prime prove, quelle d’esordio che diedero il segno del modo in cui il Cinema poteva – oltre il Neorealismo – abbinare la documentazione sociale alla fiction furono per me, frequentatore assiduo di sale cinematografiche d’essai, una vera “epifania”. I giovani che con tanta cura Olmi descrive nei tre primi film sono i rappresentanti di un mondo reale già allora alla ricerca di una propria collocazione nel mondo del lavoro. Olmi, chiaramente cattolico e cristiano, parlava a tutti in modo aperto, allargando il suo orizzonte sulle questioni più rilevanti del mondo operaio. Di fronte a lui, con uno sguardo in partenza alternativo, Pier Paolo Pasolini aveva da più tempo volto lo sguardo agli “ultimi”, ai diseredati con film quale “Accattone”, suo esordio seguito dall’altro capolavoro, “Mamma Roma”. E, poi, aveva guardato con grande attenzione dentro di sé e si era interrogato intorno ai misteri dell’esistenza, indagando percorsi della fede e del mito attraverso opere ricche di una forma di cristianesimo naturale.
Questo era il mondo che mi circondava in quegli anni nei quali la mia maturazione culturale, sociale e politica prendeva forma. Erano gli anni, quelli precedenti alla mia partenza da Pozzuoli, nei quali già frequentavo la “Pro Civitate Christiana” di don Giovanni Rossi con i Convegni di fine anno, dove incrociai Pasolini e il giovanissimo Guccini. Ed erano anche gli anni in cui organizzavo Cineforum di frontiera, sfidando senza però alcuna volontà di provocazione la mentalità retrogada di una parte della Chiesa, che – malgrado tante aperture “conciliari” – non aveva aperto le braccia a coloro che chiedevano di essere ascoltati.
A Bergamo rimasi poco più di un mese; poi mi si aprì un mondo che non conoscevo in modo diretto ma che portò a compimento la mia scelta ideologica. Erano gli anni Settanta e furono quelli che al culmine di una lunga battaglia sindacale permisero agli operai di accedere a percorsi di studio mirati al conseguimento di un titolo. Non ero impegnato direttamente nelle “150 ore” ma il mio coinquilino, un ragazzo di Rieti, il cui cognome oggi mi appare davvero “strano” (si chiamava Renzi, ma non aveva nulla che lo potesse far somigliare a quel personaggio dei nostri giorni), aveva avuto l’incarico di seguire uno dei corsi attivati alla Scuola Media “Rocca” di Feltre. Io, intanto, mi ero iscritto – per la prima volta volontariamente – al Partito Comunista Italiano ed alla CGIL.

fine settima parte – 3….continua

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