ANNIVERSARI – Ottobre non è il mese della Rivoluzione ma quello della “disfatta di CAPORETTO”

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ANNIVERSARI 1917 – 2017

ANNIVERSARI – Ottobre non è il mese della Rivoluzione ma quello della “disfatta di CAPORETTO”

OTTOBRE non è il mese della Rivoluzione russa, che invece si svolse nelle sue fasi decisive in Novembre, il 7 ed 8 per la precisione, mentre in Ottobre possiamo ricordare la “disfatta di Caporetto” che coinvolse il fronte del nostro Paese. Tra gli eserciti austro-ungarico e quello italiano la differenza di condizioni era minima, il disagio di una lunga permanenza all’interno dei cunicoli delle trincee aveva sfinito entrambi e non vedevano – tutti – l’ora di poter tornare a casa. Il trattamento disumano da parte degli ufficiali e lo scarso equipaggiamento erano condizioni simili per tutti gli eserciti, anche quelli del fronte occidentale e quegli altri del fronte orientale. Un ruolo di primo piano per creare condizioni favorevoli all’avanzata poderosa dell’esercito austro-ungarico ed all’arretramento massiccio di quello italiano fu di certo la situazione di grave incertezza e di crisi dell’Impero russo dove “l’ultimo Zar” Nicola II era stato costretto ad abdicare a favore del fratello Michele che pur avendo accettato in un primo momento aveva poi rifiutato. A quel punto si era instaurato un “Governo provvisorio” di tipo aristocratico borghese che non appariva, pur essendo favorevole a continuare la guerra, tuttavia in grado di reggere la spinta sociale popolare ad essa contraria.

Proprio per ricordare Caporetto inserisco qui di seguito alcune testimonianze di soldati al fronte per comprendere meglio quale era il “morale” dei soldati (qui lo ripeto: “tutti”!).

Tenente Carlo Salsa, tratto da “Trincee. Confidenze di un fante”

“Mi ricordo la prima strage. Eravamo ancora di là dell’Isonzo, dinanzi a Sagrado, in attesa. Una notte arriva l’ordine di tentare il passaggio del fiume. Approfittando dell’oscurità, su una passerella improvvisata, tutto un battaglione al completo riesce a sfilare alla chetichella. Gli austriaci, nemmeno un segno di vita: pareva che non ci fosse nessuno laggiù. Un portaordini ritorna, comunica che il reparto sta prendendo posizione, infiltrandosi attraverso la boscaglia. Tutto è facile, semplice, primitivo. Scaglionati lungo la riva destra, nella notte, aspettavamo di passare anche noi. D’improvviso scoppia una sparatoria, serrata, rabbiosa, che si propaga nel buio come un fuoco di paglia: l’artiglieria nemica si sveglia di soprassalto, sbuca con vampe subitanee da ogni dove. L’Isonzo zampilla di cannonate. Corre l’ordine di passare anche noi sull’altra riva, in soccorso. Non si può. La passerella è saltata, viene trascinata via dalla corrente. Abbiamo dovuto assistere, senza poter far nulla, alla tragedia che si svolgeva di là. La fucileria durò parecchio: poi, a poco a poco, si diradò; giungevano fino a noi urla, invocazioni disperate, clamori, lamenti laceranti di feriti. Che si poteva fare? Sparare? E dove? Nella mischia, a casaccio? Furono massacrati, tutti”
“Passato l’Isonzo, i reggimenti furono scagliati contro questa barriera del Carso. Falangi di giovani entusiasti, ignari, generosi, contro questa muraglia di pietre e fango. Dopo le bassure dell’Isonzo, cominciarono ad arginarci. Imboscate, trincee provvisorie, trappole, nidi di mitragliatrici che cominciarono a seminarci sul terreno scoperto. Man mano che si saliva su, verso il bordo del Carso, la resistenza si faceva più tenace: urtammo contro le prime trincee protette da reticolati”.

“Il coraggio nulla può contro questa misera e terribile cosa: la massa non può nulla. Eravamo sprovvisti di tutto: e le ondate si impigliavano in queste ragnatele di ferro…Dovunque, sul San Michele, a San Martino, al monte Sei Busi, all’altopiano di Doberdò, lungo le alture di Selz, questa marea di uomini fu avventata ciecamente contro la ferocia del nemico e delle sue difese, su per la pietraia ostile…e dovunque l’urlo dell’assalto fu soverchiato dal freddo balbettamento delle mitragliatrici. Si giunse fin sotto l’orlo del Carso…il terreno conquistato era stato coperto di morti; quasi tutti i reggimenti vennero pressoché annientati: non si poteva andare più oltre, senza artiglieria sufficiente, senza bombarde, senza nulla”.

” Ma i comandi sembravano impazziti. Avanti! Non si può! Che importa? Avanti lo stesso. Ma ci sono i reticolati intatti! Che ragione! I reticolati si sfondano coi petti o coi denti o con le vanghette. Avanti! Era un’ubriacatura. Coloro che confezionavano gli ordini li spedivano da lontano; e lo spettacolo della fanteria che avanzava, visto al binocolo, doveva essere esaltante. Non erano con noi, i generali; il reticolato non l’avevano mai veduto se non negli angoli dei loro uffici territoriali, e non si capacitavano che potesse essere un ostacolo. Arrangiatevi, ma andate avanti, perdio! Che si fa, si scherza? ”

” Imbottivamo alla meglio i vuoti che ogni azione apriva, giorno per giorno, spaventosi, nei reggimenti. E su, fanteria pelandrona, all’attacco. ” i nostri soldati si fecero ammazzare così a migliaia, eroicamente, in questi attacchi assurdi che si ripetevano ogni giorno, ogni ora, contro le stesse posizioni “.

“Il fango impasta uomini e cose assieme. Nel camminamento basso i soldati devono rimanere accovacciati nel fango per non offrire bersaglio: i bordi ineguali del riparo radono appena le teste. Non ci si può muovere. questa fossa in cui siamo è ingombra di corpi pigiati, di gambe ritratte, di fucili, di cassette di munizioni che s’affastellano, di immondizie dilaganti.- tutto è conflitto nel fango tenace come un vischio rosso”.

Joshua Madalon

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ANNIVERSARI – ANTONIO GRAMSCI “Contro la guerra” 10 ottobre 1917

ANNIVERSARI – ANTONIO GRAMSCI “Contro la guerra” 10 ottobre 1917

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I professionisti della guerra [Il canto delle sirene]

Perché le guerre scoppiano in certo modo e non altrimenti? Perché in un certo momento e non in un altro? Perché sono fautori di una guerra determinati ceti borghesi e non altri?

Non è molto facile rispondere a queste domande. Ma ciò non vuol dire che sia assolutamente impossibile, o che non sia utile cercar di fissare dei criteri per poter rispondere almeno approssimativamente, e per poter fissare quindi la linea d’azione costante che un partito contrario alla guerra in genere debba tenere per rendere impossibile le guerre in ispecie.

I socialisti affermano che le guerre sono un portato dei sistemi di privilegio. Essendo oggi classe privilegiata la borghesia, essendo il capitalismo la forma economica specifica che il privilegio ha oggi assunto, i socialisti affermano che oggi la guerra è una fatalità borghese. Ma non bisogna intendere fatalità nel significato naturalistico-matematico, come una legge assoluta. Se così fosse, la guerra sarebbe una realtà quotidiana, le nazioni capitalistiche dovrebbero essere in perenne conflitto tra di loro. Bisogna intendere fatalità nel senso idealistico, come interpretazione di una necessità, come giudizio degli uomini. Il conflitto esiste perenne, ma non è perennemente di fatto; perché tale diventi è necessaria una iniziativa umana, è necessario ci sia chi giudichi essere arrivato il momento dell’azione, il momento utile per la realizzazione di un nuovo privilegio, oppure per impedire che un privilegio acquisito decada a beneficio altrui, e la guerra scoppia. E allora nascono appunto le domande: perché scoppiano le guerre? Perché in un certo momento e non in un altro? Perché trovano i fautori in alcuni ceti e non in altri?

Queste domande furono poste a Norman Angell quando pubblicò “La grande illusione”. Norman Angell si era posto il problema della guerra da un punto di vista perfettamente e recisamente logico. Egli ragionò: la guerra è un fatto talmente enorme che è necessario supporre che gli uomini che la scatenano abbiano enormi ragioni per scatenarla e siano di queste ragioni sinceramente persuasi. Le guerre moderne nascono dal bisogno di assestamenti economici migliori per certi capitalismi nazionali: gli uomini che di questi capitalismi sono i componenti, sono in preda a una grande illusione: credono che le guerre siano economicamente proficue, che le guerre creino condizioni migliori di produzione e di scambio. Io dimostro che una guerra, dato l’assestamento attuale della produzione e degli scambi, non può arricchire nessuno, non è utile a nessuno, che in una guerra moderna non vi possono essere vincitori e vinti, ma tutti saranno vinti, cioè per tutti si abbasserà il livello di vita economica, perché il danno dell’uno sarà inevitabilmente danno dell’altro. La rivelazione, la dimostrazione matematica di questa verità deve uccidere la guerra.

Diffondetela, propagatela: quando tutti saranno persuasi, la guerra scomparirà, quanto prima questa verità avrà conquistato la maggioranza degli uomini, tanto prima la guerra scomparirà.

Si obbiettò a Norman Angell: ma credete proprio che gli uomini inizino la guerra proprio per questi motivi enormi? Essi potranno servire per far continuare una guerra già iniziata, per prolungarla, per fissare a essa dei fini. Ma le guerre scoppiano per tali e tante ragioni, che è inutile ricercarne le origini immanenti, ed è impossibile fissare le prime essendo esse sempre nuove, sempre diverse. La verità è che non si sa perché le guerre scoppino, e pertanto esse devono ritenersi un retaggio della società umana, e gli uomini devono cercare di farle, quando sono costretti a farle, nel modo migliore, più onorevole e proficuo per le nazioni cui appartengono.

Ma chi fa queste obbiezioni non è un avversario della guerra. Per i socialisti il problema non si conchiude definitivamente in questi termini.

È vero che le guerre non si iniziano per delle ragioni logicamente adeguate al fatto che sta per scatenarsi; ed è vero che queste ragioni, questi stimoli sono tali e tanti che difficilmente si riesce a imprigionarli in uno schema compiuto e definitivo. Ciò è vero perché troppo pochi sono ancora gli uomini che si preoccupino veramente di ciò che accade loro d’intorno, che si preoccupino di non lasciar aggrupparsi dei nodi che poi domanderanno l’intervento della spada per sciogliersi e faranno diventare di fatto la guerra che è immanente nella società attuale. Perché troppo pochi sono gli uomini che si sforzano di comprendere in tutte le sue complicate risorse malefiche la società cui appartengono; troppo pochi sono quelli che si propongono di trasformarla concretamente, che si propongono – nell’attesa di poterla sostituire – di imprigionarla nella rete di un intenso controllo per impedirle di far diventare troppo attivamente crudele il maleficio che rinchiude latente.

Perché c’è chi lavora sempre, continuamente per iniziare le guerre. Perché c’è chi getta continuamente delle scintille sulle polveri infiammabili, e opera fra gli uomini, e suscita dubbi, e semina il panico. Perché ci sono i professionisti della guerra, perché c’è chi dalla guerra guadagna, anche se la collettività, le collettività nazionali non ne ricavano che lutti e rovine.

I seminatori di panico sono sempre esistiti. Sono sempre esistiti i professionisti della guerra. Anche nel mondo antico. Nelle favole di Fedro se ne trova traccia.

[…]

Non basta quindi l’avversione alla guerra in genere. È necessaria un’opera di controllo assidua sulle forze perverse che tendono a iniziare le guerre, a gettare i germi di guerre future.

Due sono i compiti dei socialisti. Irrobustire sempre più il proprio movimento per sostituire le borghesie, per rendere quindi impossibile qualsiasi guerra.

Nel frattempo, controllare assiduamente quei ceti borghesi che creano le ore topiche, che giudicano in certi momenti necessaria la guerra. Il secondo compito integra il primo: non basta essere contrari alla guerra in genere, come non basta dichiararsi socialisti genericamente. Bisogna cercare di far evitare le guerre in ispecie, sventando tutti i trucchi, sventando le trame dei seminatori di panico, degli stipendiati dell’industria bellica, degli stipendiati delle industrie che domandano le protezioni doganali per la guerra economica. Poiché è pur necessario che la guerra scoppi in un certo momento, bisogna impedire che questo momento arrivi mai.

Ci sono troppe sirene che cantano le canzoni fallaci della perdizione. Bisogna educare il proletariato, ma bisogna anche imbavagliare le sirene. Troppo pochi sono gli Ulissi che si premuniscono, che essendosi fatti legare all’albero della nave, avendo fatto tappare colla cera le orecchie degli uomini della loro ciurma, passano tra il canto senza sprofondare nel baratro. Ma anche le sirene sono poche: che gli uomini di buona volontà provvedano a imbavagliarle. Fino a quando il proletariato non comprenda tutto il popolo, e non sia immunizzato, bisogna che esso almeno pensi a gettare sulla società borghese la rete del proprio controllo, per imprigionarla, per rendere impossibile un altro così enorme spreco di vite e di ricchezze.

10 ottobre 1917 Antonio Gramsci in “Il Grido del Popolo”

A coloro che…..

A coloro che amano sempre sentirsi dire che sono bravi, che fanno bene quel che fanno, che sono vincenti (a prescindere) e che forse non amano sentirsi dire che stanno sbagliando, che sono ambigui, che ci hanno rotto, che non abbiamo fiducia in loro chiederei perlomeno di fermarsi e riflettere prima di continuare a prenderci per il culo. E tutto questo – lo assicuro – con la massima serenità e chiarezza e con la mano tesa, affinchè abbiano almeno per un attimo la consapevolezza che non stiamo scherzando e che dopo quell’attimo tutto potrebbe rompersi definitivamente perchè se la parola “limite” ha un senso, ecco “noi ci siamo, siamo al limite della sopportazione delle gaglioffaggini di coloro che credono di essere i più furbi, quelli più intelligenti e capaci”.

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Soprattutto occorre chiarezza nei rapporti tra coloro che in qualche modo vogliono in questo tempo impegnarsi per la costruzione di Politiche che corrispondano alle esigenze sempre più diffuse intorno a noi e che non hanno trovato risposte da parte di coloro che governano le nostre città e il nostro Paese.
Ancor più urgente è il bisogno di delineare una Poltica chiara che abbia come fondamentali i valori principali della Sinistra, sempre più appannati tra quelle forze che affermano di averli applicati e di voler proseguire in quelle pratiche.
Non è un’eresia affermare con chiarezza che “non si possa prescindere dal PD”, ed aggiungo che non sono certo io in possesso delle qualità per assegnare o meno il titolo di “eretico” a chi lo pensa. Non ho un ruolo e non voglio mirare ad averlo, anche se esplicito il mio pensiero, che vale “uno” (almeno questo mi sia consentito!). Ritengo sia tuttavia un’eresia aver affermato il contrario (“essere necessaria un’Alternativa alla forza di Governo maggioritaria in città e nel Paese”) ma allo stesso tempo aver costruito iniziative “diverse”, non aver prodotto sforzi per far proseguire quel Progetto, forse per appesantire il percorso di “A Sinistra” rendendolo man mano sterile? E semmai allo scopo di acquisire meriti e crediti in netta incoerenza con quanto dichiarato? I dubbi esistono e, se non veritieri, andrebbero smentiti con i fatti!
Personalmente, nei luoghi pubblici mediatici (la chat), ho più volte chiesto di riaprire la discussione interrotta.

Questo appello è corredato di data, ora e luogo!

Martedì 17 ottobre alle ore 21.15 ci rivediamo al Circolo L.Risaliti di San Giusto Piazza Gelli n.14 che ringraziamo per la disponibilità.

Proviamo a riprendere il nostro cammino “A Sinistra” qui a Prato.
Lo abbiamo ripetuto più e più volte: è necessario costruire un nuovo percorso che dia un senso concreto alla realizzazione dei valori che hanno contraddistinto la Sinistra nel nostro Paese. A tutte/i noi è chiaro che il Partito Democratico che ha preteso di intestarsi un ruolo di primo piano nella costruzione di “politiche” che corrispondessero agli interessi della parte più debole del Paese, ha profondamente deluso tali aspettative e la sua attuale “leadership” non promette affatto nulla di nuovo in tale direzione.
Anche a Prato il Partito Democratico non rappresenta più larga parte della cittadinanza, è sempre più rinchiuso nella sua autoreferenzialità ed è incapace di svolgere un ruolo che possa consentire una vera svolta positiva per una città che soffre i colpi di una crisi profonda, molto più drammatica rispetto ad altre realtà, proprio per l’assenza di vere prospettive di cambiamento e rinnovamento.
E’ giunto il momento di assumersi tutti insieme una responsabilità nella costruzione di una piattaforma programmatica per il prossimo futuro che sia capace di far riprendere la fiducia a quella parte di nostre concittadine e concittadini che l’hanno progressivamente perduta.

Per riprendere il nostro cammino vediamoci dunque al Circolo L. Risaliti a San Giusto – Piazza Gelli 14

martedì 17 ottobre ore 21.15

La mia firma

reloaded UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA

UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA

L’Italia certamente sta vivendo un passaggio cruciale nella sua Storia. La certezza l’avranno i nostri figli ed i nostri nipoti, che la racconteranno ai loro figli ed ai loro nipoti; ma i prodromi sono drammatici e le responsabilità di tutto questo sono da addebitare ad una classe di governo incapace di aggregare, di unire, di ascoltare, condividere, riflettere e far riflettere, un gruppo di potere per il Potere che non guarda all’unità del Paese ma fa prevalere i propri interessi immediati a scapito di quelli generali di più lunga durata.

Non si può comprendere tutto quel che sta accadendo senza la memoria di quello che è avvenuto negli ultimi anni. L’ascesa di Renzi e del suo gruppo di fedeli (“il cerchio magico”) amici di lunga data e approfittatori provvisori, pronti a fiutare l’aria dove si appalesa il “padrone di turno”, ha provocato nell’agone politico un cambiamento “rivoluzionario” che ha di fatto esautorato la pratica democratica diffusa. Da qui promana poi la solitudine di gran parte dei dirigenti locali, alcuni dei quali si sono accodati, assuefatti alla situazione nuova in attesa di tempi migliori, e di una gran parte dei militanti che avevano costituito la “base” per tanti anni, di certo invecchiando ma mai chiusi al “nuovo”.

A Prato c’è stata l’esperienza di alcuni Circoli che avevano guardato con grande attenzione all’analisi politica di Fabrizio Barca. In essa (“UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”) vi erano molte “parole chiave” accattivanti e promettenti per costruire e/o rafforzare un percorso democratico che partisse dalla periferia (Fabrizio Barca, che non ho mai smesso di stimare e di ringraziare, scelse di partire dal mio Circolo di Prato per il suo viaggio italiano, “LA TRAVERSATA”).
Era, quella, la base per far crescere la democrazia. Chi legge sa, come sa chi scrive, quanto è avvenuto in questi ultimi anni e quanta differenza “sostanziale” vi sia nell’approccio politico da parte di coloro che dirigono il maggior Partito della Sinistra e il Paese (“dirigono” – non governano!).
Non ho fiducia nella leadership del PD ed i motivi – per carità – non sono collegati a bisogni di collocazione (ho 70 anni ed il mio futuro è breve, comunque breve, non ho velleità di ricoprire incarichi da portar via a chi legittimamente intendesse partecipare alla loro conquista), ma non si fa politica di divisione senza poi essere costretti a pagarne le conseguenze: per mesi ed ormai qualche anno nelle periferie non si discute più.
Esempio lampante è la vicenda della Riforma costituzionale, nell’iter della sua approvazione parlamentare che si è protratto dal marzo 2014 all’aprile 2016 nè le Direzioni nè le Assemblee provinciali ed i Circoli sono stati coinvolti, sentiti, fino a quando non è partita la corazzata referendaria per acquisire il consenso. Una modalità che ha ben poco a che vedere con la pratica democratica e che, da sola, distingue anche il “merito” della proposta di modifica costituzionale, la cui pericolosità è “insita” nella mentalità di chi l’ha promossa che, si badi bene, non è il Parlamento, ma una parte maggioritaria di esso, che è apparso sotto ricatto ( ci si ricordi delle sostituzioni d’imperio dei parlamentari dissenzienti all’interno delle Commissioni ) e debole dal punto di vista democratico.

Di che cosa parliamo?

Vogliamo dare a questo gruppo di Potere (ma ce ne potrebbe essere anche di peggiori) il “giocattolo” giusto per la sua idea di governabilità? NO NO NO

Un Paese democratico non si addice ad un leader (qualsiasi sia la sua appartenenza politica) che non si adoperi per smorzare le differenze utilizzando la mediazione. Abbiamo vissuto venti anni di berlusconismo e ne volevamo uscire non con una forma di alternativa omogenea ma con un completo rinnovamento: invece ci ritroviamo una forma di “imperio” che è solo in apparenza verbale ma ha anche risvolti drammaticamente fattuali.
Non c’è un reale desiderio di coinvolgimento di coloro che razionalmente dissentono, ma la volontà di umiliarne le potenzialità riducendone la loro praticabilità.

Quando si ragiona sul futuro, si sente dire da coloro che dovrebbero avere una cultura di Sinistra che purtroppo non vi sono alternative. E questo in assoluto non è una buona notizia: e la sottolineo proprio a coloro che discutono animatamente nel contrastare l’ipotesi che il Governo Renzi e ciò che si annuncia sia il suo proseguimento abbia dentro di sè – grazie anche alle “riforme” preparate e difese strenuamente – il germe del dispotismo. Un Paese – ed una classe politica – che non è in grado di proporre un’alternativa è una nave destinata ad andare allo sbando verso spiagge e scogliere pericolose. Ancor più se il suo timone fosse una legge generale come quella che si vorrebbe far approvare nel referendum del 4 dicembre.

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Votare NO serve a fermare una possibile deriva.
Perché “possibile” e non certa?

Eh, bella domanda! Rispondo riferendomi anche alle motivazioni che hanno reso difficile il rapporto di alcuni, come me, con questa leadership del PD: “Se a condurre le sorti di un Partito che si è voluto definire “Democratico” ci fosse stato un gruppo sinceramente aperto al confronto con il dissenso interno (e cioè disponibile “davvero” ad accogliere diverse posizioni ed idee, peraltro chiaramente appartenenti alla Sinistra) quella proposta di riforma avrebbe forse potuto contenere anche qualche elemento di riferimento alla minoranza “interna” (è inammissibile considerare con sentimenti di avversione sprezzante i propri “compagni”); ed invece alle critiche sono state contrapposte offese e derisioni, nemmeno si trattasse di avversari storici come la Destra. E’ quindi del tutto evidente che il futuro, qualsiasi sia il risultato del Referendum è pieno di nuvole nere.

NULLA SARA’ COME PRIMA, grazie a questa conduzione del Partito, spregiudicata e velenosa.

L’unico modo per indurre questa leadership a più miti consigli è quella di VOTARE NO: e – lo dico alle mie amcihe ed agli amici che più e più volte mi hanno invitato a scendere nel merito – non c’è più MERITO di questo, ve lo assicuro. C’è da salvare il nostro Paese!!! VOTATE NO!!!!

Le responsabilità del Premier/Segretario del PD e della sua “corte” saranno immense, comunque vadano le cose il 4 dicembre.

UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA

O vince il sì o vince il NO ciò avverrà – se i sondaggi finora espressi sono vicini alla realtà – per differenze minime.

IL PAESE SARA’ SPACCATO IN PARTI PIU’ O MENO UGUALI.

Con un’aggravante: i toni esasperati da una parte e dall’altra.
Ma diciamoci la verità, e non certo per amor di parte (io sono per il NO), è normale che i toni siano esasperati da chi si pone all’opposizione; non è altrettanto normale che ciò accada – e non da ora – da parte di chi governa.
Se chi si oppone e vota NO afferma che il nostro Paese corre dei rischi sarebbe cosa logica, buona e giusta, andare a verificare gli addebiti e non rispondere più o meno con un’alzata di spalle e lanci di improperi offensivi.
Non è solo una questione di Legge elettorale; l’impianto della Riforma da solo si basa sulla pretesa ricerca di “governabilità” ma la persegue a scapito del rapporto democratico accentrando molteplici funzioni e poteri.
Lo sanno molto bene anche quegli oppositori interni al PD (Cuperlo, Bersani e Speranza uber alles) che sembrano argomentare soltanto sulle possibili modfiche alla Legge “Italicum” semplicemente perché è l’unico elemento su cui, a prescindere dal Referendum che in questo momento è impossibile fermare, poter incidere. Non se ne farà nulla: e voteranno “NO” così come farò io dal di fuori di quel PD ormai snaturato anche da presenze aliene.

Joshua Madalon

—una riflessione ulteriore: volete dimenticare? siete pentite/i? non pensate che sia indispensabile tener conto di quel che è accaduto nel dicembre scorso?—-

PER LA NUOVA SINISTRA – appunti 3

PER LA NUOVA SINISTRA – APPUNTI 3

La Sinistra deve innanzitutto imparare a reinterpretare se stessa in un mondo assai diverso di quello nel quale era riuscita ad avere un suo ruolo di primaria importanza.
Intanto, va detto che il mondo di adesso ha un fortissimo bisogno di “Sinistra” e di persone che sappiano metterne in pratica i suoi valori, in quanto coloro che l’hanno interpretata non sono stati e non sono ancor oggi più in grado di reggere il passo alla modernità. Non si può continuare a guardare la realtà dei nostri giorni con occhi ormai stanchi ed obnubilati dalla vecchiaia.
Allo stesso tempo bisogna diffidare delle “imitazioni” e dei “falsi”, perchè tra quanti si dicono di Sinistra si sono già da tempo nascosti dei truffatori che, purtroppo, perseverano in questo lavoro sporco. E tutto questo finisce per danneggiare enormemente la credibilità di quanti onestamente affermano tali valori semmai utilizzando vecchie armi mediatiche in assenza di protezioni. Si diffonde così con ovvie ragioni un sentimento popolare che fa assimilare destre e sinistre in un identico calderone, portando poi alla valorizzazione di forme di politiche demagogiche e populistiche pseudo rivoluzionarie.

Joshua Madalon

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PER LA NUOVA SINISTRA – appunti 2

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PER LA NUOVA SINISTRA – appunti 2

Molti dei problemi più seri e importanti potrebbero essere condotti in via di soluzione con la CULTURA.
Parlo della diffusione della CONOSCENZA attraverso interventi sostanziali che permettano un salto di qualità nel corpo vivo della nostra società. Quando avverto l’indifferenza montare in maniera progressiva tra noi e quando sento astio ed insofferenza per chi è considerato “diverso” sia per ragioni politiche sia confessionali sia per il colore della pelle e per la sua lingua sia per lo stato di più o meno indigenza così come per le scelte di carattere sessuale mi sento profondamente colpevole per non essere riuscito a far prevalere la “ragione” rispetto al bestiale istinto; ed avverto colpevolezza maggiore allorquando scopro di trovarmi davanti a persone conosciute sulle quali evidentemente non sono riuscito ad avere un influsso positivo.
La Scuola è stata un’arena nella quale si è combattuta una battaglia meramente appiattita sulle questioni retributive e alle stabilizzazioni progressive ad ondate del personale. Anche gli interventi a favore degli studenti (in modo particolare ai portatori di handicap) sono stati orientati all’assunzione di un numero superiore di personale; ma non si è tenuto conto, se non in modo marginale, del valore della Conoscenza: purtroppo chi vive nella Scuola, che sia un operatore o un utente, conosce molto bene queste dinamiche ma pian piano per ragioni di assuefazione e condizionamento apatico vi si è abituato e non è più in grado di comprendere ciò che è davvero necessario per la crescita dei nuovi giovani. Formiamo così, accanto a poche eccellenze martoriate da un mondo che poi difficilmente riesce a valorizzarle, una massa di persone culturalmente impreparate che sono facili prede di demagoghi d’accatto. Ne è prova il rapporto sempre più ampio tra quanti accedono all’Università e quanti ne escono laureati (basterebbe contare perlomeno quelli della fase triennale) in un lasso di tempo che giustifichi pure un’attività lavorativa contemporanea di sostegno. Onore e merito a questi ultimi che dimostrano l’umiltà necessaria anche all’ottenimento di un impegno lavorativo continuativo.
La SCUOLA deve costruire un ponte verso il futuro; non può limitarsi alle nozioni del passato, non può essere esclusivamente “nozionistica”. Allo stesso tempo non è pensabile di prolungare l’esperienza della Scuola – Lavoro così come l’abbiamo conosciuta: appare più che altro una sorta di “lotteria”. Penserei molto seriamente ad un’inversione dei termini costruendo un progetto di Lavoro-Scuola con l’incontro dei lavoratori (e non degli imprenditori) con gli studenti. Organizzerei semmai visite guidate anche nell’ambito delle tradizionali “Gite d’istruzione” annuali a grandi complessi industriali per conoscerne le “storie” e per comprenderne le problematiche. Utili i rapporti di questo tipo anche con le organizzazioni sindacali.

Joshua Madalon

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PER LA NUOVA SINISTRA – appunti

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PER LA NUOVA SINISTRA – appunti

Quando i “filosofi” troveranno ascolto tra coloro che si candidano a governare o a scrivere programmi per il “buon Governo” di una città o di un Paese forse avremo trovato la soluzione agli annosi problemi nei quali ci dibattiamo. Ovviamente non basta essere o essere creduti o sentirsi “filosofi” per potersi accreditare all’interno del consesso “politico” e non nego che alcuni veri “filosofi” prestati come costruttori di progettualità alla Politica abbiano dato cattiva prova di sè nel secolo scorso. Non potrei – per l’appunto – negarlo. E per togliere il vino dai fiaschi sottolineo che non scrivo quello che segue sentendomi un “filosofo”: quindi non mi propongo come tale ai miei interlocutori “provvisori” (“provvisori” come è giusto che sia: nessuno di noi è “eterno”). Allo stesso tempo non risparmio le mie energie e proseguo ad esprimere il mio parere su quanto sia necessario fare nei prossimi mesi.
Mi sarebbe piaciuto che tra i dieci punti iniziali del percorso costruito al “Brancaccio” lo scorso giugno ve ne fosse uno esclusivamente dedicato alla “CULTURA” e se fosse stato il primo dei dieci ancora meglio.
Il tema della “CULTURA” può essere declinato in numerose varianti e rimanere il minimo comune multiplo del PROGRAMMA DI GOVERNO di un Paese e di una città. C’è una CULTURA ambientale, una CULTURA sociale, una CULTURA sanitaria, una CULTURA urbanistica una CULTURA economica, una CULTURA del Lavoro, una CULTURA internazionale, una CULTURA tout court (e non credo di avere esaurito l’elenco).
Essendo necessaria la “sintesi” proseguo in quel lavoro di ricerca delle contraddizioni profonde nelle quali si dibatte la nostra SINISTRA, mostrando a volte la sua indole conservatrice a difesa di diritti a volte necessariamente discutibili (il welfare del nostro Mezzogiorno, ad esempio, si avvale di una distribuzione “a pioggia” di benefici a vantaggio di falsi invalidi: lo difendiamo? Spesso accade che alcuni operatori inadempienti in modo illegale sotto molti punti di vista vengano difesi dai Sindacati che appartengono idealmente alla nostra storia: li difendiamo anche noi? La Sanità è nelle mani di persone incompetenti a tutti i livelli, da quello amministrativo a quello professionale specifico: non facciamo nulla? Nel percorso dell’Immigrazione troviamo molti aspetti di illegalità: cosa proponiamo?). Ecco; è necessario avanzare proposte serie che non abbiano teste tra le nuvole ma piedi saldamente ancorati a terra, a nche a costo di smentire il “noi stessi” di “ieri” (un “ieri” simbolico).
Ecco dunque la CULTURA della LEGALITA’, ma non chiacchiere a vuoto!
Mi soffermo nuovamente – l’ho già scritto circa un mese fa il 26 agosto sul mio Blog -http://www.maddaluno.eu/?p=6226 – sul tema dell’Immigrazione e del “razzismo” che viene diffuso.
E – lo ripeto – molto è da addebitare allo scarso livello “culturale” presente nel nostro Paese (sarà peggio o sarà meglio “altrove” poco deve importarci). Abbiamo il dovere di porci di fronte alle problematiche evitando isterismi e cercando soluzioni impostate nel massimo rispetto dei nostri valori costituzionali. Questi “giovani” stranieri arrivano da terre povere e martoriate da guerre e cataclismi di vario genere; vengono sparsi in realtà diverse e sconosciute senza che vi sia un vero e proprio progetto di accoglienza (non mi riferisco ad un “tetto” e al sostentamento vitale, ma alla provvisoria integrazione in un tessuto sociale alieno dal loro: vengono considerati “numeri” portatori di “benessere economico per una parte di noi” ma non più di questo). Se vi sono delle falle nella legislazione, se sono necessari interventi “sociali” in quella, dobbiamo sentirci parte attiva anche per evitare che “forme di schiavismo larvato sotterraneo” si diffondano (a chi interessa mantenerle? A noi di certo no!). Chi arriva da noi dopo quel viaggio tremendo sui “barconi” fatiscenti non può pensare che troverà ospitalità a scrocco del nostro Paese , dunque, nulla impedisce alle istituzioni governative lo stabilire che, in cambio dell’ospitalità, questi assolvano compiti determinati con la massima precisione, ad esempio, nel settore dell’Ambiente urbano ed extraurbano. Si eviterebbe di assistere a gruppi di giovani migranti ciondoloni per la città, possibili prede di malviventi e di approfittatori e si eviterebbe allo stesso tempo il diffondersi di sentimenti razzistici, soprattutto se operatori sensibili e preparati si adoperino per costruire un raccordo tra gli immigrati ed i residenti, tendente a far conoscere in modo reciproco le “storie” delle vite degli uni e degli altri.

Joshua Madalon

cultura

PER LA NUOVA SINISTRA

Foto di Agnese Morganti

PER LA NUOVA SINISTRA

Nulla può e deve essere “marginale” all’interno di un Progetto per la NUOVA SINISTRA di Governo; in un Programma articolato sintetico per la comunicazione dettagliato e rigoroso nella struttura nulla potrà e dovrà essere disgiunto dal resto. Partendo dai valori ci si inoltrerà sui temi del Lavoro e della Conoscenza, dell’Ambiente e della Cultura, dell’Economia e della Salute acquisendo i canoni fondamentali per generare, produrre e diffondere Sicurezza senza aggressività, utilizzando la Non-Violenza come base necessaria per la creazione di una convivenza civile che sia garanzia per tutti.

Dobbiamo sapere che si potrà guardare a noi come degli utopisti; ma da che mondo è mondo dall’Utopia sono state create le migliori condizioni per l’umanità. Se Utopia è la partenza, Concretezza dovrà essere l’arrivo. Per poter fare questo occorre essere rigorosi e severi con noi stessi, con il nostro passato lontano e vicino, senza negarci l’autocritica ma anche senza mai allontanarsi da quelli che sono stati i valori della nostra storia: la Libertà, la Giustizia, L’Eguaglianza, la Dignità per tutte e per tutti. Su essi è stata scritta la nostra Carta Costituzionale: dobbiamo porci l’obiettivo di realizzarla pienamente e concretamente.

Joshua Madalon

Scarecrow

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ATTINGERE AI VALORI DELLA SINISTRA PER CAMBIARE!

ATTINGERE AI VALORI DELLA SINISTRA PER CAMBIARE!

Nel corso della vita non possiamo pensare di essere sempre gli stessi: mi vien da sorridere quando qualcuno afferma di essere coerente e mi adira non poco sentirmi etichettare da qualcuno come “non coerente”.
Molti di noi spesso credono di essere sempre gli stessi uguali a quelli che erano cinque-dieci-venti-trenta anni prima. E’ una banalità grande quasi come la stessa mia affermazione.
Con questo spirito dobbiamo metterci al servizio della nostra società, andando ad indagare nel profondo le ragioni del diffuso scontento, partendo dalle punte che emergono ma indagando in modo scientifico gli aspetti celati che come il ghiaccio degli iceberg è il più che non appare agli occhi dei semplici osservatori superficiali.

Nei percorsi della possibile Sinistra ci si imbatte in un fiume di “parole” più o meno come possono essere queste ed in una marea di “distinguo” procedurali, programmatici, fondamentalmente e spesso “tattici”.

Alcune volte sembra quasi di essere in una seduta d’esame con tanti professori e pochi allievi a dissertare su cosa sia importante fare prima e cosa dopo, con il risultato che, prima di poterci mettere d’accordo, di volta in volta si è fatto tardi e si torna a casa, disillusi e scontenti più di prima, con un senso di frustrazione immenso.

Noi non siamo più quelli che eravamo: i tempi cambiano e non ci si può sorprendere se possano cambiare anche le modalità con cui si fa Politica (vedi il M5S, al netto delle castronerie culturali ed amministrative: ma anche questo è il segno dei cambiamenti “in negativo”) oppure anche le modalità con cui si analizza la realtà e si affrontano le problematiche, proponendone le soluzioni.
Da mesi affermo qualcosa che evidentemente non è mai pienamente accolto dai compagni: analizzare le numerose contraddizioni con cui si continua a muovere la Sinistra, divisa tra regole e rispetto. Non basta, ad esempio, affermare dei principi, intorno ai quali si costituisca un’impalcatura di regole senza poi rispettarle a pieno, se non altro fino a quando la prassi non ci spinga a modificarle. Spesso accade invece che, fatte le regole, queste non vedano l’applicazione anche da parte di coloro (i più) che dovrebbero trovare vantaggio dalla loro applicazione, grazie a clausole che inducono ad una interpretazione molto ampia ed aperta (per i “meno”).

Nel mondo del lavoro, affinchè prevalgano competenza e merito, occorre essere rigorosi, anche allo scopo di consentire un vantaggio reciproco tra datore di lavoro e fornitore di manodopera; non si può consentire che veri e propri fannulloni siano beneficiati da una copertura sindacale, che impedisce ad altri di poter essere impiegati e diventano esempi negativi a parte il fatto che gli stessi potrebbero invece essere utilizzati in altre mansioni o altre attività più congeniali (non aver finora compreso tutto questo induce a posizioni reazionarie davvero pericolose: sarebbe addirittura preferibile essere attaccati sul piano di un’interpretazione soggettiva della Democrazia da chi difendesse poi il reintegro lavorativo e sociale degli incompetenti e degli inadempienti). Chi commette dei reati come nel caso dei pluri-cartellini o delle violenze fisiche su minori non può essere reintegrato come se nulla fosse accaduto: questa modalità non può essere – come spesso accade nel nostro Paese – etichettata come “giustizialismo” alla pari del “buonismo” di cui parliamo qui sotto.

Altro argomento dolente infatti è quello dell’immigrazione. Non condivido le scelte dell’attuale Ministro Minniti, ma ho la sensazione che a tale mostruosità si sia pervenuti a causa proprio innanzittuo di regole non rispettate, di interventi dilettanteschi approssimativi sempre sull’onda di un’emergenza perenne, all’interno della quale hanno potuto sguazzare legalmente organizzazioni volontarie legittimate ad operare nel settore dell’integrazione spesso senza un vero e proprio controllo. Si è creato un flusso di “interessi” pseudosociali che ha usufruito di immensi vantaggi dalla permanenza prolungata degli immigrati, senza mai costruire percorsi di vera e propria integrazione. A prescindere da Minniti e compagnia bella queste cose ce le dobbiamo dire e ne dobbiamo parlare liberamente senza sentirci semmai dire che stiamo corteggiando la Destra. Quest’ultima infatti ha enormi vantaggi proprio grazie alla non soluzione dei problemi collegati al mondo dell’Immigrazione e del Lavoro, ed è tutto dire!

calza foto fb

Per finire (ma solo per oggi), dobbiamo smetterla di assistere passivamente allo stato di degrado della Cultura nel nostro Paese. So infinitamente bene che la stragrande parte dei miei interlocutori è parte attiva ma troppe volte la svolge in maniera personalistica, anarchica, fermandosi a volte al lamento e in altre occasioni limitandosi ad organizzare marginalmente gruppi ed Associazioni che poco o nulla possono fare per modificare tale situazione. Quando parlo di Cultura il mio sguardo è largo e non si ferma ad uno solo dei vari settori da cui è composto il nostro vivere civile. Ma ne parlerò più diffusamente in un prossimo post: oggi questo è già troppo lungo!

Joshua Madalon

gatto silvestro