supplemento ed aggiunta a LA CULTURA post del 19 agosto (PrimaVera Progressista – Assemblea di Bologna 16 settembre

supplemento ed aggiunta a LA CULTURA post del 19 agosto

Forse il mio post di ieri non era chiaro. Odio gli “impostori” ancorché giovani ed ancor più giovani autoreferenti e ciarlatani. Ma non “odio” i giovani “tout court”! La legittimità di agire come vogliono e credono non è loro negata, ma – lo ripeto – non mi incantano le loro false passionalità, ancor più se contrassegnate da ambiguità sempre più evidenti. E’ un fatto poco più che personale. E tutto può cambiare: basta comprendersi.

Ma, detto quello che era necessario per chiarire un po’ di più quel che ho scritto ieri, non sono indisponibile ad un confronto su quanto sia necessario sollevare un vento nuovo di cambiamento reale nella Sinistra, a partire dai “giovani”. E così come ho fatto ieri acquisendo il Decalogo di Montanari oggi apro la finestra su questa splendida iniziativa giovanile “under 30” che si va preparando per il 16 settembre ore 17 a Bologna.

Riporto qui di seguito il Documento PER LA SINISTRA UNITA che i giovani sotto i trenta anni potranno firmare andando sul sito

https://primaveraprogressista.wordpress.com/2017/07/05/per-la-sinistra-unita/

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PER LA SINISTRA UNITA

Come PrimaVera Progressista, rete nazionale di giovani sotto i 30 anni, provenienti da esperienze politiche differenti, dall’impegno nel sociale e nel volontariato, chiediamo agli schieramenti che si collocano a sinistra responsabilità, unità e un progetto alternativo al Pd chiaro, di governo e lungimirante, che non nasca con l’obiettivo di un cartello elettorale destinato a vita breve.
Senza un soggetto unitario, inevitabilmente, si andrebbe incontro al minoritarismo, perciò è indispensabile formare un campo pluralista, un fronte comune che parta dal basso e dai territori, in quanto mosse politiciste e scelte calate dall’alto non possono che risultare perdenti in partenza, che sappia prendere decisioni nette e che sia in grado di coinvolgere i milioni di elettori progressisti sfiduciati, disorientati o accasatisi al M5S, mettendo al centro contenuti validi e proposte credibili. Il compito principale sarà praticare (e non solo narrare) la sinistra, per rispondere all’esigenza di protezione dettata dal ripiegamento della globalizzazione liberista e arginare i crescenti nazionalpopulismi: doveroso, infatti, tornare nelle periferie, nelle fabbriche, riallacciare i rapporti con le parti sociali e ripartire dagli ultimi, da chi ha un diritto in meno e dal civismo, proponendosi di rappresentare esclusi ed emarginati.
Lavoro, lotta a disuguaglianze e povertà, ambiente, parità di genere, investimenti, Europa solidale, laicità, saperi, servizi di base universalistici, diritti sociali e civili sono solo alcune delle tematiche su cui ricostruire l’identità di una sinistra in grado di riappropriarsi della propria vocazione storica, che torni ad essere autentica. Chiediamo che anche la discontinuità non rimanga soltanto uno slogan, urge la presenza in prima fila di volti nuovi e giovani competenti, che diano voce ad una generazione senza certezze e abbandonata al proprio cupo destino.
A supporto dell’unità della Sinistra portiamo il modello della nostra piattaforma politico-culturale, partecipata, trasversale e nata dal basso, formata da centinaia di ragazzi che militano in diverse forze progressiste, da Possibile ai Verdi, da Articolo 1 a Sinistra Italiana e Azione Civile (senza dimenticare le tante formazioni civiche), ma che hanno scelto di lavorare assieme, senza veti e rivendicazioni di purezza, anteponendo ideali e obiettivi alle sigle. Riteniamo, infatti, che la frammentazione rappresenti una scelta miope e deleteria per la sinistra e per il Paese. Alle bandiere noi scegliamo i contenuti, voi?

LA CULTURA

LA CULTURA

La furbizia, la sottovalutazione degli “altri” e la propria “sopravvalutazione” sono gli elementi che, diversamente da altri, quali la passione e l’ingenuità, la capacità di entusiasmarsi di fronte ad un Progetto, ad un’Idea, ad un’Impresa, io rifuggo e combatto, combatto e rifuggo. Ancor più ciò accade allorquando il personaggio che ho di fronte e che possiede quelle “prime” caratteristiche è giovane ed imberbe pur possedendo doti oratorie invidiabili.
Mi capita sempre più spesso di trovare sulla mia strada “apprendisti stregoni” ed anche per la loro giovane età non mi incantano; non fosse altro perché ho già deciso cosa fare, anche se la mia disponibilità al confronto non viene meno.
Quest’anno l’Agosto ha portato nuovi consigli: sono sempre più certo che divaricherò i miei percorsi rispetto anche al recentissimo passato. E sono ancor più convinto che “solo la Cultura ci potrà salvare” anche se il tragitto è sempre più lungo e difficile, in quanto i frutti della Cultura sono lenti nella loro crescita e maturazione e le scelte che si facessero oggi nel bene non produrrebbero effetti positivi a breve tempo, essendo le “tossine” velenose del periodo berlusconiano-renziano molto resistenti ad antidoti all’acqua di rose.
Non sono “nuovo” in quest’ambito e già negli anni Novanta preparando Programmi elettorali anteponevo a tutto il resto i temi della Formazione e della Cultura, anche con caratteristiche propedeutiche alle già allora necessarie risposte alle incertezze ed alla mancanza di Sicurezza diffusa.

Joshua Madalon

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Ecco perché non ho alcuna remora a sottoscrivere la proposta del prof. Montanari, pur riconoscendo che, in parte, essa è una provocazione per consentire l’apertura di un dibattito “serio” su quello che è il futuro, non solo prossimo del nostro Paese.

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Decalogo della politica culturale comunale: ovvero cosa può fare (e non fare) un sindaco per la cultura.
1. Costruire spazi e momenti liberi dal mercato: perché la cultura è quella cosa (ormai l’unica) che non ci fa clienti, spettatori, consumatori, ma cittadini sovrani. Recuperare spazi pubblici inutilizzati, non alienarli e metterli invece a disposizione delle associazioni di cittadini che sanno costruire cultura.
2. Tenere aperta almeno una biblioteca fino a mezzanotte, tutte le sere.
3. Non organizzare nemmeno una mostra: ogni volta che viene voglia di farne una, pensare a quanti monumenti del territorio comunale sono chiusi o in pericolo, e provare a salvarne almeno uno, coinvolgendo i cittadini con una campagna di comunicazione.
4. Costruire la politica culturale ascoltando chi sa cos’è la cultura: cioè chi la produce. Non pensare in termini di appartenenza, ma di competenza.
5. Investire in ricerca: anche il più piccolo museo civico, se è abitato da un giovane ricercatore, può diventare un luogo di produzione e redistribuzione della conoscenza.
6. Invitare un giovane artista ad abitare per qualche mese nel territorio comunale, pagandogli l’ospitalità. E chiedendogli di realizzare un’opera d’arte pubblica per la parte più brutta e disagiata del comune: un’opera la cui esatta destinazione e le cui caratteristiche andranno decise almeno in parte attraverso un cammino di partecipazione.
7. Promuovere e finanziare la costituzione di orchestre giovanili di musica classica nei quartieri più degradati e con maggiori problemi di inclusione.
8. Assicurarsi che esista almeno un teatro: se c’è, aprirlo a tutti, con agevolazioni, campagne, programmi di collaborazione con le scuole. Se non c’è, farlo.
9. Diffidare degli eventi, dei festival, delle inaugurazioni, delleuna tantum: la cultura ha bisogno di strutture stabili, finanziamenti continui, indipendenza dalla politica, visione lunga e disinteressata.
10. Praticare la cultura in prima persona: un sindaco che trova il tempo di leggere, ascoltare musica, andare a teatro, conoscere un museo sarà un sindaco migliore. Oltre che un essere umano più compiuto: e, forse, più felice.

ANNIVERSARI – 1915 – 1917 —- 2017 IL MANIFESTO DI ZIMMERWALD e l’ambiguità dei socialisti – documenti con brevi cenni introduttivi

ANNIVERSARI – 1915 – 1917 —- 2017 IL MANIFESTO DI ZIMMERWALD e l’ambiguità dei socialisti – documenti con brevi cenni introduttivi

Uno dei testi più significativi di rifiuto della guerra fu quello siglato nel settembre 2015 dai socialisti europei e noto come “Manifesto di Zimmerwald”.

Fu siglato nel corso della prima Conferenza Internazionale Socialista tenutasi per l’appunto a Zimmerwald dal 5 al 9 settembre del 1915.

Era in linea di massima una proposizione idealistica che tuttavia non trovò applicazione nei socialisti italiani decisi a “Nè aderire né sabotare” riferendosi alla scelta del Governo italiano di entrare in guerra nel primo grande conflitto.

Nel luglio 1917, giorno 12, la voce di Claudio Treves, deputato socialista tuona nell’Aula della Camera: “…il prossimo inverno non più in trincea”. E’ la posizione di una parte del Partito che non ottiene alcun concreto sostegno. Non era la prima volta che Treves si distingueva dalla maggioranza dei socialisti che accondiscendevano supinamente e passivamente allo svolgersi degli eventi bellici. Proprio all’atto della dichiarazione di guerra italiana egli non si ritrasse e dichiarò il suo pacifismo con queste parole: “Non sarà un duello, ma sarà la tragedia, l’ecatombe, il macello, la conflagrazione europea, di tutti i popoli e di tutte le genti, vasta ed orribile, oltre ogni memoria di stragi nella storia d’Europa”.

Nello stesso mese di luglio 1917, verso la fine (22-27) la Direzione del PSI che si riunisce a Firenze decide di inviare una sua delegazione ad un incontro che avrebbe dovuto svolgersi a Stoccolma nel successivo mese di agosto. L’incontro previsto, e non realizzato, avrebbe dovuto riunire tutte le anime socialiste che avevano sottoscritto il “Manifesto di Zimmerwald”.

Treves, il manifesto di Zimmerwald, la Nota di Benedetto XV furono considerate, per i capi politici e militari di quel tempo, tra le principali cause delle ribellioni e delle conseguenti disfatte come quella italiana di Caporetto.

A seguire vi propongo un’attenta lettura del Manifesto di Zimmerwald.
E’ chiamato così dalla località svizzera del Canton Berna, accorpata recentemente nel 2004 nel comune di Wald (Berna).

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Manifesto di Zimmerwald (approvato dall’unanimità) 5 – 9 Settembre 1915

Proletari d’Europa!
La guerra continua da più di un anno.
Milioni di cadaveri coprono i campi di battaglia; milioni di uomini sono rimasti mutilati per tutto il resto della loro esistenza. L’Europa è diventata un gigantesco macello di uomini. Tutta la civiltà che era il prodotto del lavoro di parecchie generazioni è distrutta. La barbarie più selvaggia trionfa oggi su tutto quanto costituiva l’orgoglio dell’umanità.
Qualunque sia la verità sulle responsabilità immediate della guerra, questa è il prodotto dell’imperialismo, ossia il risultato degli sforzi delle classi capitalistiche di ciascuna nazione per
soddisfare la loro avidità di guadagni con l’accaparramento del lavoro umano e delle ricchezze naturali del mondo intero. In tal modo, le nazioni economicamente arretrate o politicamente deboli cadono sotto il giogo delle grandi potenze, le quali mirano con questa guerra a rimaneggiare, col ferro e col sangue, la carta mondiale nel loro interesse di sfruttamento. Ne risulta che popolazioni intere, come quelle del Belgio, della Polonia, degli Stati balcanici, dell’Armenia, sono minacciate di servire al giuoco della politica dei compensi e di essere spezzate ed annesse.
I motivi di questa guerra, a mano a mano che si sviluppa, appariscono nella loro ignominia. I capitalisti, che dal sangue versato dal proletariato traggono i Più grossi profitti, affermano, in ogni paese, che la guerra serve alla difesa della patria, della democrazia, alla liberazione dei popoli oppressi.
Essi mentono.
Questa guerra, infatti, semina la rovina e la devastazione, e distrugge, al tempo stesso, le nostre libertà e l’indipendenza dei popoli
Nuove catene, nuovi pesi ne saranno la conseguenza, ed è il proletariato di tutti i paesi, vincitori e vinti, che li sopporterà.
Invece dell’aumento di benessere, promesso al principio della guerra, noi vediamo un accrescimento della miseria per la disoccupazione, il rincaro dei viveri, le privazioni, le malattie, le epidemie. Le spese della guerra, assorbendo le risorse del paese, impediscono ogni progresso nella via delle riforme sociali e mettono in pericolo quelle conquistate fin qui.
Barbarie, crisi economica, reazione politica: ecco i risultati tangibili di questa guerra crudele.
In tal modo la guerra rivela il vero carattere del capitalismo moderno e dimostra che esso è inconciliabile non solamente con l’esigenza del progresso,ma anche con i bisogni più elementari dell’esistenza umana.
Le istituzioni del regime capitalista, che dispongono della sorte dei popoli; i governi, tanto monarchici quanto repubblicani; la stampa, la chiesa, portano la responsabilità di questa guerra, che ha la sua origine nel regime capitalista e che è stata scatenata a profitto delle classi possidenti.
[…]
Lavoratori!
Voi, ieri ancora gli sfruttati, voi, gli oppressi, voi, i disprezzati, non appena dichiarata la guerra, quando è occorso mandarvi al massacro e alla morte, la borghesia vi ha invocati come suoi fratelli
e compagni. E adesso che il capitalismo vi ha salassati, decimati, umiliati, le classi dominanti esigono che voi rinunziate alle vostre rivendicazioni, che abdichiate al vostro ideale socialista e internazionale. Si vuole, insomma, che voi vi sottomettiate come servi al patto dell’« unione sacra».
Vi si toglie ogni possibilità di manifestare i vostri sentimenti, le vostre opinioni, i vostri dolori. Vi si impedisce di presentare e di difendere le vostre rivendicazioni. La stampa è legata, calpestate le libertà e i diritti politici.
È il regno della dittatura militare.
Noi non possiamo e non dobbiamo restare più a lungo indifferenti a questo stato di cose minacciante tutto l’avvenire dell’Europa e dell’Umanità. Durante dozzine d’anni il proletariato socialista ha condotto la lotta contro il militarismo. Nei Congressi nazionali e internazionali i suoi rappresentanti constatavano, con inquietudine sempre crescente, il pericolo della guerra, conseguenza dell’imperialismo. A Stuttgart, a Copenaghen, a Basilea, i Congressi socialisti internazionali hanno tracciata la via che il proletariato doveva seguire
Ma i partiti socialisti e le organizzazioni di alcuni paesi, pur avendo contribuito all’elaborazione di quelle deliberazioni, fin dallo scoppio della guerra sono venuti meno ai doveri che esse loro imponevano. I loro rappresentanti hanno indotto il proletariato ad abbandonare la lotta di classe,
vale a dire il solo mezzo efficace della emancipazione proletaria. Essi hanno accordato i crediti militari alle classi dominanti. Si sono posti al servizio de oro governo e hanno tentato, con la loro stampa e con i loro emissari, di guadagnare i paesi neutri alla politica dei loro governanti.
Essi hanno mandato al potere borghese dei ministri socialisti, come ostaggi per il mantenimento dell’«unione sacra».
E così, davanti alla classe operaia, hanno accettato di dividere con le classi dirigenti le responsabilità attuali e future di questa guerra, dei suoi scopi, dei suoi metodi. E la rappresentanza ufficiale dei socialisti di tutti i paesi, il «Segretariato socialista internazionale», ha mancato completamente al suo scopo.
Queste le cause per le quali la classe operaia, che non aveva ceduto allo smarrimento generale, o che aveva saputo in seguito liberarsene, non ha ancora trovato le forze e i mezzi per «intraprendere una lotta efficace e simultanea in tutti i paesi contro la guerra».
In questa situazione intollerabile, noi rappresentanti dei Partiti socialisti, dei Sindacati e delle loro minoranze, noi, tedeschi, francesi, italiani, russi, polacchi, lettoni, rumeni, bulgari, svedesi,
norvegesi, olandesi, svizzeri, noi, che non ci collochiamo sul terreno della solidarietà nazionale colla classe degli sfruttatori, noi, che siamo rimasti fedeli alla solidarietà internazionale fra i proletariati dei diversi paesi, ci siamo adunati per richiamare la classe operaia ai suoi doveri verso se stessa e per indurla alla lotta per la Pace.
Questa lotta è al tempo stesso la lotta per la libertà e per la fraternità dei popoli e per il socialismo.
Si tratta d’impegnare un’azione per una pace senza annessioni e senza indennità di guerra. Questa pace non è possibile che condannando anche l’idea di una violazione dei diritti e delle libertà dei popoli, I’occupazione di un paese o di una provincia non deve portare alla loro annessione. Nessuna annessione effettiva o mascherata. Niente incorporazioni economiche forzate, imposte, che diventano ancora più intollerabili per il fatto consecutivo della spoliazione dei diritti politici degli interessati. Si riconosca ai popoli i l diritto di disporre di se medesimi.
Proletari
Fin dall’inizio della guerra voi avete messo tutte le vostre forze, il vostro coraggio, la vostra costanza al servizio delle classi possidenti, per uccidervi scambievolmente; adesso si tratta, restando sul terreno della lotta di classe irriducibile, di agire per la nostra propria causa, per la causa sacra del socialismo, per l’emancipazione dei popoli oppressi, delle classi asservite.
I socialisti dei paesi belligeranti hanno il dovere di condurre questa
lotta con ardore ed energia; i socialisti dei paesi neutri hanno il dovere di sostenere con mezzi efficaci i loro fratelli in questa lotta contro la barbarie sanguinosa.
Mai fu nella storia una missione più nobile e più urgente. Non vi sono sforzi e sacrifici troppo grandi per raggiungere questo scopo: la pace fra gli uomini.
Operai e operaie, madri e padri, vedove e orfani, feriti e storpiati, a voi tutti, vittime della guerra, noi diciamo: al di sopra dei campi di battaglia, al di sopra delle campagne e delle città devastate:
Proletari di tutti i paesi unitevi!

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DICHIARAZIONE ELABORATA DALLA “SINISTRA DI ZIMMERWALD” (sottoscritta da sei delegati: I sei delegati erano Lenin, Zinoviev, Radek (delegato di Brema), Hoglund e Nerman (rappresentanti dell’estrema sinistra scandinava) e il delegato lettone Winter.)

La guerra che da più di un anno devasta l’Europa è una guerra imperialista per lo sfruttamento economico di nuovi mercati, per la conquista delle fonti di materie prime, per lo stanziamento di capitali. La guerra è un prodotto dello sviluppo economico che vincola economicamente tutto il mondo e lascia al tempo stesso sussistere i gruppi capitalisti costituitisi in unità nazionali, e divisi dall’antagonismo dei loro interessi.
Col tentativo di dissimulare il vero carattere della guerra, la borghesia ed i governi, i quali pretendono che si tratti di una guerra per l’indipendenza, di una guerra che è stata loro imposta, non fanno che trarre in inganno il proletariato, perché in realtà lo scopo della guerra è proprio l’oppressione dei popoli e di paesi stranieri. Lo stesso è delle leggende che attribuiscono ad essa il ruolo di difesa della democrazia, mentre invece l’imperialismo significa dominio più brutale del grande capitalismo e della reazione politica. Solo con l’organizzazione socialista della produzione, che a sua volta risolverà le contraddizioni ingenerate dalla fase attuale del capitalismo, l’imperialismo potrà essere superato, essendo già mature le condizioni obiettive per tale trasformazione.
Quando la guerra scoppiò la maggioranza dei dirigenti del movimento operaio non oppose all’imperialismo l’unica soluzione, quella socialista. Trascinati dal nazionalismo, minati dall’opportunismo, al momento della guerra essi lasciarono il proletariato in balìa dell’imperialismo, rinnegando così il principio del socialismo, vale a dire la vera lotta per gli interessi del proletariato.
Il social-patriottismo – accettato in Germania tanto dalla maggioranza, sinceramente patriottica, di coloro che prima della guerra erano i dirigenti socialisti del movimento, quanto dal centro del partito di tendenza oppositrice riunito attorno a Kautsky; che in Francia e in Austria viene professato dalla maggioranza; in Inghilterra e in Russia da una parte dei dirigenti (Hyndman, i Fabiani, i dirigenti e membri della Trade-Unions, Plechanov, Rubanovic e il gruppo Nacha Saria in Russia) – è più pericoloso per il proletariato degli apostoli borghesi dell’imperialismo perché, sfruttando la bandiera socialista, il social-imperialismo può indurre in errore la classe operaia. La lotta più intransigente contro il social-imperialismo è condizione prima della mobilitazione rivoluzionaria del proletariato e della ricostituzione dell’Internazionale.
I partiti socialisti e le minoranze di opposizione in seno ai partiti divenuti social-patrioti hanno il dovere di chiamare le masse operaie alla lotta rivoluzionaria contro i governi imperialisti, per la presa del potere politico, in vista dell’organizzazione socialista della società. Senza rinunciare alla lotta per le rivendicazioni immediate del proletariato, riforme da cui il proletariato potrebbe uscire rafforzato, senza rinunciare ad alcuno dei mezzi di organizzazione e di agitazione delle masse, la socialdemocrazia rivoluzionaria ha anzi il dovere di approfittare di tutte queste lotte, di tutte le riforme rivendicate dal nostro programma base per inasprire la crisi sociale e politica del capitalismo e trasformarla in un attacco diretto contro le stesse basi del capitalismo. Questa lotta, essendo condotta nel nome del socialismo, opporrà le masse operaie a qualsiasi tentativo volto all’oppressione di un popolo da parte di un altro – la quale consiste nel mantenimento del dominio di una Nazione sulle altre e nelle aspirazioni annessionistiche; questa stessa lotta per il socialismo renderà le masse inaccessibili alla propaganda della solidarietà nazionale mediante la quale i proletari sono stati trascinati sui campi del massacro.
È combattendo contro la guerra mondiale, e per accelerare la fine del massacro dei popoli che questa lotta deve essere intrapresa. Essa chiede che i socialisti escano dai ministeri, che i rappresentanti della classe operaia denuncino il carattere capitalista-antisocialista della guerra dalle tribune dei parlamenti, nei giornali, e ove non sia possibile farlo con la stampa legale, nella stampa clandestina, che combattano energicamente il social-patriottismo, che approfittino di qualsiasi manifestazione di massa provocata dalla guerra (miseria, grandi sconfitte), per organizzare dimostrazioni di piazza contro i governi, che facciano propaganda di solidarietà internazionale nelle trincee, promuovano scioperi economici trasformandoli, se le condizioni lo consentono, in scioperi politici. Il nostro motto è: guerra civile, non unione sacra. Opponendosi all’illusione che si crea quando si lascia intendere che sia possibile gettare le basi di una pace duratura e avviare il disarmo attraverso le decisioni dei governi o della diplomazia, i socialdemocratici hanno il dovere di ripetere continuamente alle masse che soltanto la rivoluzione sociale potrà realizzare la pace duratura e liberare l’umanità.

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1917 – 2017 Pillole di ANNIVERSARI 2017 Lenin vs Marx – oltre il bolscevismo della prima “onda”.

Nell’ambito del maxi-contenitore degli ANNIVERSARI 2017 nel prossimo autunno daremo grande spazio al centenario dal 1917, anno strapieno di avvenimenti significativi, tra i quali la Rivoluzione russa.
A novembre abbiamo già in programma tre date a Montemurlo presso la Biblioteca comunale: si tratta di una “collaborazione” e saremo più chiari e precisi tra qualche settimana.

1917 – 2017 Pillole di ANNIVERSARI 2017
Lenin vs Marx – oltre il bolscevismo della prima “onda”.

I bolscevichi non appoggiarono il governo provvisorio borghese che si formò in Russia subito dopo la rivoluzione del febbraio 1917. Ma allo stesso tempo non erano intenzionati a metterlo in discussione in quanto, rispettosi della linea marxista attendevano che i tempi fossero maturi dopo un’esperienza della rivoluzione borghese per poter poi approdare al socialismo. Ma non avevano ancora fatto i conti con Lenin, che di lì a poco avrebbe rappresentato un deciso superamento della prassi marxista, così come l’aveva costruita il grande filosofo tedesco nella seconda parte del secolo precedente.
Al suo rientro dall’esilio svizzero, aiutato dai tedeschi, il capo dei bolscevichi lanciò un nuovo programma d’azione. Il 7 aprile del calendario russo (il 20 del nostro) su la Pravda appaiono quelle che furono poi note come “Tesi d’Aprile”

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Nel nostro atteggiamento verso la guerra, la quale – sotto il nuovo governo di Lvov e consorti, e grazie al carattere capitalistico di questo governo – rimane incondizionatamente, da parte della Russia, una guerra imperialistica di brigantaggio, non è ammissibile nessuna benché minima concessione al “difensivismo” rivoluzionario. A una guerra rivoluzionaria che realmente giustifichi il “difensivismo”
rivoluzionario, il proletariato cosciente può dare il suo consenso soltanto alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere nelle mani del potere del proletariato e degli strati più poveri della popolazione contadina che si mettono dalla sua parte;b) rinuncia effettiva, e non a parole a qualsiasi annessione; c) rottura completa, effettiva, con tutti gli interessi del capitale.Data l’innegabile buona fede di vasti strati delle masse, che sonoper il difensivismo rivoluzionario e accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, dato che essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna ginnanzitutto mettere in luce i loro errori minutamente, ostinatamente, pazientemente, mostrando il legame indissolubile fra il capitale e la guerra imperialista, dimostrando che non è possibile metter fine alla guerra con una pace puramente democratica, e non imposta colla forza, senza abbattere il capitale. Organizzazione della più vasta propaganda di questi concetti nell’esercito combattente. Fraternizzazione.
2. La peculiarità dell’attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima tappa della rivoluzione – che, a causa dell’insufficiente coscienza ed organizzazione del proletariato, ha dato il potere alla borghesia – alla seconda tappa, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini. Da una parte, questo passaggio è caratterizzato dal massimo di legalità (fra tutti i paesi belligeranti, la Russia è, oggi, il paese più libero del mondo) e, dall’altra parte, dall’assenza di violenza contro le masse e, infine, dall’atteggiamento inconsapevolmente fiducioso delle masse verso il governo dei capitalisti, dei peggiori nemici della pace e del socialismo. Questa peculiarità ci im
pone di saperci adattare alle condizioni particolari del lavoro del partito fra le immense masse proletarie appena destate alla vita politica.
3. Non appoggiare in alcun modo il governo provvisorio; dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni.
smascherate questo governo invece di “esigere” (ciò che è inammissibile e semina illusioni) che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialista.
4. Riconoscimento del fatto che il nostro partito è una minoranza e, finora, una piccola minoranza, nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunisti piccolo-borghesi, sottomessi all’influenza della borghesia e veicoli dell’influenza borghese sul proletariato: dai sindacati populisti e dai socialisti-rivoluzionari al Comitato d’organizzazione (Ckheidze, Tsereteli etc.) a Steklov ecc. Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono la sola forma possibile di governo rivoluzionario e che per conseguenza il nostro compito, finché questo governo sarà sottomesso all’influenza della borghesia, può consistere soltanto nella spiegazione paziente sistematica, perseverante – particolarmente adatta ai bisogni delle masse – degli
errori della loro tattica. Finché saremo in minoranza, faremo un lavoro di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, affinché le masse, sulla base dell’esperienza, possano liberarsi dei loro errori.
5. Niente repubblica parlamentare – ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe fare un passo indietro – ma repubblica dei Soviet dei deputati operai, dei braccianti e dei contadini, in tutto il paese, dal basso in alto. Soppressione della polizia, dell’esercito e del corpo dei funzionari. Salario ai funzionari – tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento – non superiore al salario medio di un buon operaio.
6. Nel programma agrario trasferire il centro di gravità nel Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Confiscare tutte le terre dei grandi proprietari fondiari. Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione dei Soviet locali dei deputati dei salariati agricoli e dei contadini poveri. Fare di ogni grande tenuta [da 100 a 300 desiatine] un’azienda modello coltivata per conto delle comunità e sottoposta al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli.
7. Fusione immediata di tutte le banche del paese in una unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai.
8. Come nostro compito immediato, non l’“instaurazione” del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai.
9. Compiti del partito: – Congresso immediato del partito; – modificare il programma del partito e principalmente: a) sull’imperialismo e sulla guerra imperialistica; b) sull’atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello “Stato-Comune”; c) cambiare il nome del partito e adottare l’espressione “Partito Comunista” al posto della vecchia dicitura “Partito socialdemocratico russo, corrente bolscevica”.
10. Rinascita dell’Internazionale. Prendere l’iniziativa della creazione di un’Internazionale rivoluzionaria contro i socialsciovinisti e contro il “centro”.

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LE FERIE DEI POLITICI E L’ONESTA’ SMARRITA DEI 5 STELLE (giustamente decurtate da T.Montanari e declassate a 4)

LE FERIE DEI POLITICI E L’ONESTA’ SMARRITA DEI 5 STELLE (giustamente decurtate da T.Montanari e declassate a 4)

Bella questa discussione sulle “ferie” dei parlamentari. E’ pur vero che da un certo punto di vista, da uno solo però, esagerano! Ma è anche giusto dire che il vero problema semmai dovrebbe essere un altro, uno dei tanti altri punti di vista: pur essendo troppe le giornate di ferie ne fanno davvero un cattivo uso. Non si distraggono, rischiano di fare ancora più danni quando sono in ferie di quanti, assai, non ne facciano quando dovrebbero essere al lavoro. Come per ogni cosa, però, questo è un “punto di vista” un po’ cialtrone perché nel mucchio non tiene conto delle eccellenze che pur sono tante – e di valore. E poi occorre tener conto del fatto che a breve ci sono le elezioni regionali siciliane e c’è un gran daffare per tutti, in grado di rovinar loro le “ferie”.
E non dimentichiamo che ogni solleone porta sotto gli ombrelloni nugoli di politicanti di ogni tipo (da quelli nazionali a quelli locali) che hanno un gran daffare preferibilmente d’estate a combinare accordi a base di orzate e cocomeri in costume da bagno.
Ovviamente, è questo il segno di una pratica poco democratica che non tramonta mai, soprattutto perché viene svolta non alla luce del sole e davanti al popolo (coram populo) ma in ambienti esclusivi tipo Forte dei Marmi, Camaiore, Castiglioncello, Capalbio (ho elencato località della Toscana perché è l’ambiente che meglio conosco ma erano solo degli esempi.
E così come potete ben vedere questi poveri politici e parlamentari non possono essere invidiati più di tanto per la “lunghezza” delle loro ferie.

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E combinano disastri come alcuni “pentastellati” che dimentichi dei loro a gran voce dichiarati obiettivi (Legalità e Onestà) lasciano partire messaggi al mondo dell’abusivismo edilizio sostenendone le ragioni.
Chi governa deve sapere che possiede una funzione legislativa che consente di regolare qualsiasi necessità, ivi compresa quella di avere un tetto dignitoso dove vivere da solo o con i propri congiunti. L’abusivismo edilizio è un reato e non può essere tollerata la non applicazione delle regole che sovrintendono alla costruzione di manufatti che non abbiano ottenuto i necessari permessi per poter essere realizzati. Nella costruzione di abitazioni “abusive” si infrangono numerose regole della convivenza civile, soprattutto quelle ambientali ma anche quelle del Lavoro (per “necessità” si utilizza lavoro nero, a partire dai progettisti, laddove questi esistano, altrimenti è ancora più seria e grave la situazione che si viene a creare; per non parlare dei materiali utilizzati e dell’impatto sulle questioni igienico-sanitarie) e della Sicurezza (una costruzione che non abbia avuto controlli di staticità è pericolosa per tutti, non solo per chi abita o ci transita accanto).
Il riferimento a “chi governa” è suggerito dal fatto che potrebbe far partire una vera campagna di “Edilizia popolare” che possa soddisfare tutte le richieste e nello stesso tempo potrebbe impegnarsi a rilanciare il settore delle costruzioni, evitando di continuare a cementificare i territori ma indirizzando tutti gli sforzi verso la riqualificazione energetica e strutturale dei vecchi edifici., anche per poter al massimo evitare altre tragedie e disastri.

Joshua Madalon

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1917 – 2017 Pillole di ANNIVERSARI 2017 – Lenin vs Marx – oltre il bolscevismo della prima “onda”.

Nell’ambito del maxi-contenitore degli ANNIVERSARI 2017 nel prossimo autunno daremo grande spazio al centenario dal 1917, anno strapieno di avvenimenti significativi, tra i quali la Rivoluzione russa.
A novembre abbiamo già in programma tre date a Montemurlo presso la Biblioteca comunale: si tratta di una “collaborazione” e saremo più chiari e precisi tra qualche settimana.

1917 – 2017 Pillole di ANNIVERSARI 2017
Lenin vs Marx – oltre il bolscevismo della prima “onda”.

I bolscevichi non appoggiarono il governo provvisorio borghese che si formò in Russia subito dopo la rivoluzione del febbraio 1917. Ma allo stesso tempo non erano intenzionati a metterlo in discussione in quanto, rispettosi della linea marxista attendevano che i tempi fossero maturi dopo un’esperienza della rivoluzione borghese per poter poi approdare al socialismo. Ma non avevano ancora fatto i conti con Lenin, che di lì a poco avrebbe rappresentato un deciso superamento della prassi marxista, così come l’aveva costruita il grande filosofo tedesco nella seconda parte del secolo precedente.
Al suo rientro dall’esilio svizzero, aiutato dai tedeschi, il capo dei bolscevichi lanciò un nuovo programma d’azione. Il 7 aprile del calendario russo (il 20 del nostro) su la Pravda appaiono quelle che furono poi note come “Tesi d’Aprile”

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Nel nostro atteggiamento verso la guerra, la quale – sotto il nuovo governo di Lvov e consorti, e grazie al carattere capitalistico di questo governo – rimane incondizionatamente, da parte della Russia, una guerra imperialistica di brigantaggio, non è ammissibile nessuna benché minima concessione al “difensivismo” rivoluzionario. A una guerra rivoluzionaria che realmente giustifichi il “difensivismo”
rivoluzionario, il proletariato cosciente può dare il suo consenso soltanto alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere nelle mani del potere del proletariato e degli strati più poveri della popolazione contadina che si mettono dalla sua parte;b) rinuncia effettiva, e non a parole a qualsiasi annessione; c) rottura completa, effettiva, con tutti gli interessi del capitale.Data l’innegabile buona fede di vasti strati delle masse, che sonoper il difensivismo rivoluzionario e accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, dato che essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna ginnanzitutto mettere in luce i loro errori minutamente, ostinatamente, pazientemente, mostrando il legame indissolubile fra il capitale e la guerra imperialista, dimostrando che non è possibile metter fine alla guerra con una pace puramente democratica, e non imposta colla forza, senza abbattere il capitale. Organizzazione della più vasta propaganda di questi concetti nell’esercito combattente. Fraternizzazione.
2. La peculiarità dell’attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima tappa della rivoluzione – che, a causa dell’insufficiente coscienza ed organizzazione del proletariato, ha dato il potere alla borghesia – alla seconda tappa, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini. Da una parte, questo passaggio è caratterizzato dal massimo di legalità (fra tutti i paesi belligeranti, la Russia è, oggi, il paese più libero del mondo) e, dall’altra parte, dall’assenza di violenza contro le masse e, infine, dall’atteggiamento inconsapevolmente fiducioso delle masse verso il governo dei capitalisti, dei peggiori nemici della pace e del socialismo. Questa peculiarità ci im
pone di saperci adattare alle condizioni particolari del lavoro del partito fra le immense masse proletarie appena destate alla vita politica.
3. Non appoggiare in alcun modo il governo provvisorio; dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni.
smascherate questo governo invece di “esigere” (ciò che è inammissibile e semina illusioni) che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialista.
4. Riconoscimento del fatto che il nostro partito è una minoranza e, finora, una piccola minoranza, nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunisti piccolo-borghesi, sottomessi all’influenza della borghesia e veicoli dell’influenza borghese sul proletariato: dai sindacati populisti e dai socialisti-rivoluzionari al Comitato d’organizzazione (Ckheidze, Tsereteli etc.) a Steklov ecc. Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono la sola forma possibile di governo rivoluzionario e che per conseguenza il nostro compito, finché questo governo sarà sottomesso all’influenza della borghesia, può consistere soltanto nella spiegazione paziente sistematica, perseverante – particolarmente adatta ai bisogni delle masse – degli
errori della loro tattica. Finché saremo in minoranza, faremo un lavoro di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, affinché le masse, sulla base dell’esperienza, possano liberarsi dei loro errori.
5. Niente repubblica parlamentare – ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe fare un passo indietro – ma repubblica dei Soviet dei deputati operai, dei braccianti e dei contadini, in tutto il paese, dal basso in alto. Soppressione della polizia, dell’esercito e del corpo dei funzionari. Salario ai funzionari – tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento – non superiore al salario medio di un buon operaio.
6. Nel programma agrario trasferire il centro di gravità nel Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Confiscare tutte le terre dei grandi proprietari fondiari. Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione dei Soviet locali dei deputati dei salariati agricoli e dei contadini poveri. Fare di ogni grande tenuta [da 100 a 300 desiatine] un’azienda modello coltivata per conto delle comunità e sottoposta al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli.
7. Fusione immediata di tutte le banche del paese in una unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai.
8. Come nostro compito immediato, non l’“instaurazione” del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai.
9. Compiti del partito: – Congresso immediato del partito; – modificare il programma del partito e principalmente: a) sull’imperialismo e sulla guerra imperialistica; b) sull’atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello “Stato-Comune”; c) cambiare il nome del partito e adottare l’espressione “Partito Comunista” al posto della vecchia dicitura “Partito socialdemocratico russo, corrente bolscevica”.
10. Rinascita dell’Internazionale. Prendere l’iniziativa della creazione di un’Internazionale rivoluzionaria contro i socialsciovinisti e contro il “centro”.

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2017 AGOSTO 15 martedì – fa caldo ma è anche un grande freddo!

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2017 AGOSTO 15 martedì – fa caldo ma è anche un grande freddo!

Giorni di festa ma anche giorni di straordinaria umana tristezza. Giovani vite spezzate per l’insania degli umani, o per inattesa svolta tragica del loro destino sia in luoghi di svago e divertimento sia su un luogo di lavoro insolito, forse per tanti affascinante, ma rischioso come le cavità sottomarine. E poi ancora giovani vite distrutte in luoghi lontani vittime della Cultura accademica che espone i suoi ricercatori (Regeni docet!) a rischi e della sottovalutazione dei pericoli ambientali laddove si è costruito un mondo nel quale le differenze economiche sono, più che abissali, infinitamente incomprensibili ed alligna incontrastata la legge della vendetta assurda e paradossale di un mondo dei derelitti versus un mondo dei benestanti.
In tutto questo ti giunge notizia della perdita di un carissimo amico perduto, nei ritmi del lavoro diverso e ritrovato quando il ritmo della vita è parso rallentare, e poi perduto, perduto per mia responsabilità, anche se i ricordi permangono nitidi nella memoria e non possono estinguersi facilmente.

Niente di più, oggi, anche se avevo pronto ben altro da pubblicare.
E’ ritornato il caldo ma fa “un grande freddo”:

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1967 – Pillole di ANNIVERSARI – Gramsci – don Milani e il “Premio Prato”

1967 – Pillole di ANNIVERSARI – Gramsci – don Milani e il “Premio Prato”

Tra qualche settimana, il 6 settembre, a Prato – grazie all’ANPI ed alla sua Presidente Angela Riviello coadiuvata da un gruppo di giovani – anagraficamente e non – come Alessandro Bicci, Francesco Venuti e tanti altri verrà presentato al pubblico il libro dedicato al “Premio letterario Prato – 1948-1990 Storia di un’iniziativa culturale” scritto da Alessandro Bicci ed edito da Pentalinea. Insieme ad esso sarà allestita una Mostra di pannelli e documentazioni visive dedicata allo stesso tema. E’ uno dei momenti più importanti del Settembre pratese, orientato al recupero della memoria come necessità e dovere che le generazioni meno giovani sentono di dover trasmettere a quelle più giovani.
Il progetto “ANNIVERSARI 2017” che si è occupato nel corso dell’anno – e continuerà a farlo nel suo prosieguo – di celebrare alcune figure ed alcuni eventi particolarmente importanti non poteva non tener conto di questa iniziativa, che nel 1967, cinquant’anni orsono, nella sezione “opera di carattere saggistico” premiò ex aequo due testi che assumono ulteriore significato nell’ambito di ANNIVERSARI: il primo volume della “Storia del Partito comunista italiano – Da Bordiga a Gramsci” di Paolo Spriano e “Lettera a una professoressa” della Scuola di Barbiana.

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Ad entrambi i temi ed i personaggi abbiamo già dedicato alcuni eventi: abbiamo trattato di don Milani e la sua scuola di Barbiana con Mario Lancisi e Sandra Gesualdi e di Gramsci con il prof. Angelo d’Orsi; e ne continueremo a parlare nei prossimi mesi.
In quella edizione faceva parte della Giuria il giornalista Giorgio Bocca che, incuriosito dalla lettura di “Lettera a una professoressa” subito dopo la proclamazione del Premio, avvenuta l’8 settembre 1967, decise di recarsi in quel luogo per vedere di persona i protagonisti. Ci trovò soltanto dei ragazzi; don Milani era morto il 26 giugno, stroncato dalla malattia e prostrato dall’indifferenza di una Chiesa incapace di comprendere.
A ricordo di quella “visita”, alla quale era stato sospinto dalla curiosità ma anche dal credito che don Milani aveva acquisito nel corso degli ultimi anni nei diversi settori della cittadinanza attiva che avrebbe prodotto il meglio del Sessantotto, egli scrisse un articolo dal titolo su “Il Giorno” il cui titolo era “Ragazzi, meritava il Premio perché spiegò l’ingiustizia”. Fu accolto dai ragazzi di Barbiana con lo stile consueto che veniva riservato anche, e soprattutto, a personaggi di rilievo: rispetto ma molta prudenza e circospezione.
Successivamente, trentasette anni dopo, nel novembre del 2004, Giorgio Bocca pubblicò un nuovo articolo “Io e i pinocchi di don Milani” nel quale ripercorse nella memoria quel “viaggio” del 1967.
Qui sotto ne riporto il link per un rapido riferimento di lettura:
http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/repubblica-io-e-i-pinocchi-di-don-milani-di-giorgio-bocca.flc

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Voglio anche ricordare un articolo molto interessante scritto recentemente da Alessandro Bicci per la Fondazione Cassa di Risparmio di Prato: per comodità ve ne riporto il link.
http://www.fondazionecrprato.it/attachments/article/171/Fond_Prato112_14.pdf

Joshua Madalon

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Agosto 1917 pillole di ANNIVERSARI – 3

AGOSTO 1917 – pillole di ANNIVERSARI – 3

Nell’ambito del maxi-contenitore degli ANNIVERSARI 2017 nel prossimo autunno daremo grande spazio al centenario dal 1917, anno strapieno di avvenimenti significativi, tra i quali la Rivoluzione russa.
A novembre abbiamo già in programma tre date a Montemurlo presso la Biblioteca comunale: si tratta di una “collaborazione” e saremo più chiari e precisi tra qualche settimana.

Il 13 agosto 1917 si svolge a Torino una grande manifestazione di saluto ad una delegazione del Comitato esecutivo centrale panrusso dei Soviet, in visita in Italia; Antonio Gramsci ne scrive su “L’Avanti” del 15 agosto riportandone la cronaca in un articolo dal titolo “Il compito della rivoluzione russa”
Il Comitato era arrivato in Italia per un “tour” propagandistico informativo sulle condizioni della Rivoluzione agli inizi di agosto ed aveva fatto una serie di incontri, avendo come base Torino, riconoscendone il suo ruolo di città, dove il proletariato aveva un ruolo fondamentale. Il 13 di quel mese Iosif Petrovic Gol’denberg insieme a Aleksandr Nikolaevic Smirnov, dirigente del Soviet di Pietrogrado e Jerzy Heryng, socialista polacco, che lavorava alla Fiat come ingegnere partecipano all’incontro conclusivo di quel tour che aveva visto quella delegazione attraversare l’Italia con tappe a Roma, Firenze, Ravenna, Milano, Bologna, Novara e Varese.
Antonio Gramsci insieme ad altri compagni torinesi compone una cronaca che verrà pubblicata due giorni dopo sull’ “Avanti!”.

Joshua Madalon

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PENSIERI A RIDOSSO DEL FERRAGOSTO ora che fa un po’ fresco

Corso-Adulti

PENSIERI A RIDOSSO DEL FERRAGOSTO ora che fa un po’ fresco

Sarebbe un ben nobile contributo a far chiarezza nel contesto politico melassico della Politica italiana il porsi a disposizione per costituire la formazione di un soggetto unico della Sinistra: e non mi stanco mai di sottolineare il termine “vera” proprio in quanto abbiamo assistito negli ultimi anni ad un’operazione di trasformismo al limite della ciarlataneria in quel contesto che si proponeva attraverso vuote parole ad alzarne la bandiera.
Mettersi a disposizione non significa porsi alla testa, ma essere disponibili ad affiancarsi senza pretendere di avere il posto di prima fila. Sotto questo aspetto ho apprezzato il proposito di Pisapia di non avanzare la sua candidatura, pur rimanendo “a disposizione” per lavorare ad un comune progetto. Nobili intenti che non sono stati apprezzati (o è una modalità quella di Pisapia di fare la “zita cuntignosa” e quella dei suoi principali interlocutori di fare gli ipocriti presentando poi conti da pagare?) e che probabilmente fanno parte di quel “teatrino” aborrito da Berlusconi ma che è sempre purtroppo in scena qui dalle nostre parti?
Bene! Dopo aver apprezzato quel gesto, interpretandolo in modo positivo, ho però rilevato che il percorso di Campo Progressista più che rivolgersi “a Sinistra” tende ad avere uno sguardo prioritario verso il “passato prossimo” a guida PD, auspicando più che un “rinnovamento” (necessario) una “restaurazione” pericolosa.
In mezzo al guado, diviso e tentennante, c’è poi Art.1-MDP che non riesce a scrollarsi di dosso sia i propositi di “revanchismo” molto personali di D’Alema sia l’utopia di Speranza e compagnia bella di modificare gli assetti interni del Partito Democratico con il proposito di creare le condizioni per scalzare Renzi. Utopia, questa, che non tiene conto che il blocco intorno a Renzi è diventato molto forte, grazie ad innesti venefici di antichi e nuovi “figuri” e ad un metodo che richiama quelli della prima Repubblica e della peggiore Democrazia Cristiana.
Indubbiamente, e come spesso è accaduto, alcuni miei interlocutori si offenderanno, e questo non consentirà loro, convinti dei loro assunti, di fare uno che sia uno, pur piccolo passo in avanti.
A me dispiace tirare in ballo la questione “referendaria” del 4 dicembre 2016 e ricordare quali furono gli schieramenti e quali furono tra i leader che ora si propongono come capofila a sostenere quel referendum costituzionale che, se approvato, avrebbe provocato sconquassi istituzionali di rilevanza straordinaria. Dispiace perché non mi trovo d’accordo con chi sostiene l’impossibilità di fare accordi con chi si è schierato a favore di quel voto. Per me non esiste “quel discrimine”; ma ne sottolineo uno diverso da quello: poiché nel Partito Democratico di oggi è rimasta più o meno quella parte che ha sostenuto il SI, trovo che non sia giusto per il rispetto della Storia profilare un possibile accordo da parte di una formazione di Sinistra, che ha sostenuto il NO convintamente, con quel Partito.
Punto e basta, almeno per ora.

Joshua Madalon

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