NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE Parte 8

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NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE Parte 8

Sul porto di Pozzuoli i genitori erano ad attendere la nave sin dalle sette di quella sera, ma solo quando cominciarono a calare le luci del giorno e ad accendersi quelle della notte riuscirono semplicemente a sapere che la nave si era fermata a causa della nebbia nel porto di Ventotene, in attesa che si alzasse, permettendo una navigazione più sicura.
La Capitaneria in verità non ne aveva notizie, anche se dalle coste ed in particolare dai pescatori più esperti era venuta questa idea, avendo rilevato, al ritorno di altri loro compagni che quel pomeriggio erano usciti, la massa anomala di nebbia. Nè tantomeno erano riusciti a contattare la nave, che – ma tacquero per non creare allarmismi – era completamente isolata. Ventotene tra l’altro a quel tempo non aveva una sede della Guardia costiera che invece si trovava a Ponza, dove però la nebbia non era arrivata.

I genitori non si tranquillizzarono anche perché non capivano il motivo del silenzio dei loro figli, pensando al fatto che, fossero scesi a terra, avrebbero comunque potuto telefonare alla Capitaneria e farsi sentire. Non sapevano, loro, ma i militari della Marina ben lo sapevano, che a Ventotene i passeggeri venivano fatti scendere dai vaporetti attraverso una “navetta” di barche e che dunque nella rada di quell’isola non avrebbero avuto l’opportunità di scendere a terra e sulla nave le condizioni per un contatto non c’erano. Il buio scese ed i genitori fecero il turno, mentre alcuni di loro ritornavano a casa e poi si scambiavano nell’attesa. Fu quella una serata lunga per loro ed anche per gli esercizi commerciali che mantennero aperti i loro servizi, compreso gettoni telefonici e panini vari.

Non era la stessa cosa sulla nave, anche perché non era attrezzata per la preparazione di consumi alimentari elaborati: le merendine erano peraltro finite ed allo stesso modo le bibite, di cui i giovani avevano fatto incetta. Non mancava l’acqua e nemmeno la possibilità di preparare un caffè. D’altronde era un’imbarcazione una parte del cui personale, la sera, ritornava alle proprie case, che non sempre però corrispondevano con le loro famiglie e solo pochi, compreso il cambusiere, si tratteneva a preparare quei due, tre pasti in uno spazio minimo, che non avrebbe potuto supplire alle necessità quella sera di maggio del 1973.

Il buio era sceso lentamente anche sul mare e la nave procedeva, inviando ad intervalli regolari ma ravvicinati i suoi segnali sonori. I motori non si sentivano come di solito accade; il loro sferragliare era comunque coperto dal vocio della comitiva. Ad un certo punto parve a noi di avvertire come un suono di campane, disordinato e confuso; ma non erano campane di campanili di chiese, piuttosto sembravano campanacci di campagna, quelli che si appendono solitamente al collo di buoi o di caprette. Ed insieme a quelle, sentimmo delle voci: in un primo momento pensammo fossero altre navi, ma poi: “State lontani, fermatevi! Siete al limite di una secca! Fate attenzione”. Le voci si accavallavano e si capì che venivano dall’alto. Il capitano diede l’ordine di fermare del tutto i motori; chiese il silenzio ed utilizzando un megafono domandò dove si fosse e di che entità fosse il rischio che si stava correndo.

– PARTE 8 continua….. –

Il racconto, pur riferendosi a fatti realmente avvenuti, li elabora narrativamente senza alcuna presunzione di verità. In modo particolare non presume di avere alcun valore storico e scientifico.

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE – parte 7

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NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE
Parte 7

I ragazzi avevano trascorso una giornata intensa di luce, di mare e di sole e si erano inebriati degli intensi aromi mediterranei diffusi; erano nate amicizie nuove e consolidate antiche, per qualcuno c’erano state delusioni ma non c’era comunque spazio per la mestizia ed a gruppetti continuavano a divertirsi. C’era qualcuno che aveva portato un giradischi ed ascoltavano i miti del tempo, quelli di “Bandiera gialla” e qualche nuovo giovane cantautore, abbozzando movenze da discoteca. Altri avevano portato con sè chitarre e si esibivano con un certo successo. Il viaggio procedeva spedito su un mare liscio come l’olio.
C’è sempre un momento nel quale ciò che è alle spalle non è più, non è più visibile e ciò che è davanti lo stesso. Ma quella sera non era quel momento là.
Nessuno se ne accorse del tutto, forse qualche marinaio lo percepì, ma quel che c’era di fronte, mentre la nave procedeva, non era la sede normale nella quale nulla si intravede oltre il cielo ed il mare. Anche i passeggeri più attenti ovvero coloro che per motivi diversi si trovavano in coperta ad osservare il “paesaggio” ed a prendere la brezza prodotta dal movimento della nave non se ne avvidero immediatamente, se non allorquando, procedendo all’interno di un blocco nebbioso, la nave stessa non rallentò la sua velocità ed i docenti responsabili dell’escursione vennero avvertiti che era calata una grande nebbia e che la nave, strano ma purtroppo vero, non aveva radar funzionanti. Il disappunto era percepibile a pelle, ma c’era poco da fare; per tutelare tutti l’unico modo era procedere a tentoni, orientandosi alla buona. Si decise di attendere prima di avvertire i ragazzi, per non caricarli di preoccupazioni, anche perché la speranza era che si riuscisse a raggiungere un porto o che la nebbia si alzasse; quest’ultima ipotesi era abbastanza avventata perchè non c’era un filo di vento. L’altra invece era credibile: sulla rotta c’era nell’ordine Ischia, Procida, Acqua Morta e Torregaveta, prima di superare Capo Miseno. Ma ad occhio e croce si era ben lontani, visto che la nave procedeva a piccoli lenti passi nella nebbia che imperterrita avvolgeva tutto.
Gli studenti capirono che qualcosa non andava e vennero avvertiti prima che il comandante della nave iniziasse ad utilizzare i segnali sonori per far percepire la presenza dell’imbarcazione laddove si incrociasse con altre. In quella zona transitavano di norma anche pescherecci, motoscafi privati ed altri natanti e non era improbabile un incidente; anche se era del tutto improbabile che con quella nebbia altre imbarcazioni, soprattutto quelle più piccole, si fossero allontanate dai loro porti.
La luce cominciò a calare; con la nebbia il buio arriva più rapidamente. I ragazzi più responsabili avvertivano su sè la preoccupazione dei loro genitori con i quali non avrebbero potuto entrare in contatto: non esistevano ancora i cellulari, e sulla nave non funzionava la strumentazione per collegarsi con la terraferma. Altri percepirono odore di avventura; è strano ma è così: immaginarono di poter proseguire un viaggio pieno di imprevisti e si galvanizzarono all’inverosimile, facendo più baccano e confusione…
La nave procedeva lentamente lanciando i suoi segnali sonori….

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Potete trovare le parti 1-4 su questo blog (31 maggio), la parte 5 (7 giugno) e la parte 6 il 23 giugno

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE – parte 6

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE – parte 6

Sentivano suonare campane a distesa in modo disordinato e molte voci provenire attraverso la nebbia mentre la nave procedeva nel buio della notte senza una direzione precisa.

La bellissima giornata era trascorsa a visitare l’isola di Ponza, dove alcuni di loro avevano potuto fare anche il bagno ed altri, compreso Gipo ed i suoi amici, erano andati addirittura a Palmarola con un vaporetto locale e si erano fermati a pranzo in una delle trattorie allestite dai pochi residenti di quell’isola, gustando le linguine all’aragosta, punta di diamante del “pescato” locale. A Palmarola si era ritirato, scegliendo di abitare in uno dei grottini naturali ricavati nella base tufacea dell’isola, da qualche tempo uno dei ristoratori più famosi del porto di Pozzuoli, Martusciello, e Gipo che ne era parente, per parte di madre, della moglie si era raccomandato di trattar bene i giovani al momento della presentazione del conto. Il mare era una tavola piatta e il vaporetto vi scivolava praticamente sopra; l’acqua era calda all’inverosimile e Gipo si pentì di non aver portato con sè l’occorrente per il bagno anche se altri ragazzi, e altre fanciulle disinibite dalla lontananza parentale, non si erano ritratti dal farlo lo stesso con o senza gli slip. Il mare era particolarmente invitante, quel giorno; lo dissero anche alcuni pescatori subacquei che erano tra i principali fornitori del locale.

E Gipo dunque raccontava quella giornata come se fosse presente e viva nella memoria recente.

Le campane suonavano a distesa ed in modo disordinato.
I giovani sulla nave nel silenzio totale che circondava l’imbarcazione vociavano senza dare troppa importanza alla drammaticità della situazione e si fece fatica a distinguere le voci allarmate che provenivano dall’esterno.

“State lontani, fermatevi! Siete al limite di una secca! Fate attenzione”.

La nave aveva da poco superato l’isola di Ventotene ed il masso dell’isola di Santo Stefano; da lì in poco più di un’ora si sarebbe entrati nel canale di Procida e prima delle otto di sera sarebbero arrivati nel porto di Pozzuoli.

– fine parte 6 continua…. –

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Potete trovare le parti 1-4 su questo blog (31 maggio) e la parte 5 (7 giugno)

DOPO IL SOLSTIZIO D’ESTATE reloaded prima parte CLOUDY SUN

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DOPO IL SOLSTIZIO D’ESTATE reloaded prima parte CLOUDY SUN

Mia figlia Lavinia è partita ieri sera, lasciando l’avvio dell’inverno di Rio per inoltrarsi nell’avvio dell’estate italiana. Per poco tempo, poi ritornerà a Cambridge dove l’estate è pallida contrassegnata da un sole che dalle nostre parti si direbbe “malato” ma che contribuisce a creare un clima piacevole con pioggerelline per noi mediterranei “primaverili”. Qualche anno fa, rincorrendo “Viaggiatori”, scrivevo questo racconto, in parte minima autobiografico, in parte rifacendomi ad esperienze generiche collegate ad amiche ed amici che in quella parte del mondo, così ricco di Cultura, culla di geni straordinari da Newton a a Hawking, hanno trovato il loro posto ideale dove far valere la loro professionalità. ne riproduco oggi la prima parte, invitando chi fosse interessato a ricercare la seconda e terza nell’ottobre del 2014. (J.M.)

CLOUDY SUN – prima parte

Professionalmente avveduto o un perfido insolente? L’impiegato della ditta di mezzi pubblici delle linee che partono da Stansted non aveva nemmeno chiesto conto dell’età della signora che si trovava di fronte e l’aveva già accreditata come anziana fornendole biglietti scontati. Londra aveva accolto Giulietta ed Armando con un cielo terso del tutto insolito per quelle latitudini; c’era anche un vento abbastanza sostenuto freschino per i turisti che arrivano dal Sud ma gradevole, quasi estivo, per gli autoctoni. Eh già! gli autoctoni che, quando il cielo è coperto, lo identificano con cloudy sun, ovvero “sole nuvoloso”. Avevano programmato quel viaggio per incontrare degli amici che si erano trasferiti da qualche anno a Cambridge, dove si occupavano di materie davvero particolari per un’Università straniera ritenuta di certo a torto anglofonocentrica, retorica latina e papirologia araba. Giulietta ed Armando erano in pensione, mentre Lucio e Francesca, più giovani di loro di circa 10 anni, erano in piena attività e giravano il mondo: erano stati anche a Roma (erano entrambi però originari della Calabria) dove si erano conosciuti ed avevano conosciuto Giulietta ed Armando durante un Seminario organizzato dal Dipartimento Scienze dell’antichità dell’Università della Sapienza. Sarebbero andati a casa loro, all’interno di un College che metteva a disposizione delle stanze anche per gli ospiti dei docenti per un tempo limitato. Né Armando né Giulietta erano stati mai a Cambridge e le aspettative erano alte; ne avevano letto e sentito parlare come di un luogo davvero particolare, costruito quasi esclusivamente per gli “studi avanzati e specialistici”, come Oxford o Harvard che prese il nome dal suo fondatore che apparteneva ad un gruppo di emigrati inglesi che fondarono una nuova città chiamata Cambridge, presso Boston. Ne parlavano identificando quel territorio come un grande parco inframmezzato da nuclei abitativi e strutture universitarie. Il viaggio da Stansted a Cambridge durò circa un’ora; si attraversava un’autostrada, la bretella n.8, con scarsissimo traffico senza vedere nemmeno un centro abitato ed, anche a ridosso della città di Cambridge, c’erano solo case basse – tipo terratetto – inframmezzate da vaste porzioni di verde. La fermata del bus era a ridosso di un Parco frequentato da un po’ di gente seduta sui prati, malgrado il vento, che ai “nostri” apparve anche un po’ freddino. Lucio era venuto incontro ai suoi amici e dopo i saluti cordialissimi si erano avviati verso il College; avevano attraversato il grande Parco e si erano inoltrati su una strada abbastanza trafficata; poi per una stradina laterale erano giunti sul Cam ed erano entrati, dopo aver attraversato un piccolo ponte in legno, in un sentiero ciclopedonale in mezzo ad un Parco di cui non si scorgeva la fine. Arrivarono dopo qualche minuto ad un caseggiato dietro una fitta boscaglia composta da alberi di alto fusto e videro venir loro incontro Francesca, sorridente e splendida in una di quelle gonne plissettate lunghe fino ai piedi con disegni floreali: l’avresti detta già una tipica donna “british” solida e ben piantata. Il tempo era cambiato e, portati dal vento, grigi nuvoloni si erano addensati e già poco prima di arrivare a casa degli amici iniziava a cadere una pioggerellina sottile sottile. Quella sera nel cottage del College, formato da stanze basse e piene di mobili che emanavano insieme al legno del parquet un intenso odore misto di pulizia e di antico, dopo una lunga chiacchierata a cena e dopo cena, Armando e Giulietta si erano ritirati nella loro camera e ben presto si erano addormentati al tepore di un piumone accogliente. Era luglio inoltrato ed in Italia di certo stavano soffrendo l’afa. Il giorno dopo avrebbero potuto visitare, da soli, perché Lucio e Francesca erano impegnati nei loro Dipartimenti, la città di Cambridge.

– fine prima parte- (J.M.)

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reloaded 20 giugno 2015 – UNA SOLA STRADA PER LA SINISTRA: cambiare verso

reloaded 20 giugno 2015 -UNA SOLA STRADA PER LA SINISTRA: cambiare verso

Grazie all’album dei ricordi di Facebook vi ripropongo questa riflessione dal mio blog del 20 giugno 2015

Avete potuto verificare stamattina (sabato 20 giugno, ad un passo dal solstizio d’estate) gli ultimi dati relativi alle forze politiche (http://www.demos.it/a01145.php?ref=HREA-1 e http://www.repubblica.it/politica/2015/06/20/foto/atlante_politico_governo_leader_migranti-117261459/1/#1) riportati da Repubblica on line. Non evidenziano la forza sovrannaturale dei “gufi” che per mesi si sono avvicendati a denunciare la protervia del Premier e dei suoi più “fedeli” sostenitori; sono semplicemente il risultato di una Politica da troppo tempo “malata” (gravemente malata) che per sopravvivere ha garantito ad un suo esponente un credito assolutamente superiore al valore espresso. L’ansia di un “cambiamento” necessario e rivoluzionario, che avrebbe (fosse stato davvero realizzato) posto ai margini la gran parte di coloro che sono i reali responsabili di questo degrado morale e civile che corrode le basi della nostra Repubblica, ha prodotto come reazione difensiva una “nuova” classe politica che si è fatta forza di un diffuso qualunquismo accreditandosi tra la “folla” come “post-ideologica” e paladina di un grande “rinnovamento” che è stato chiamato in modo sintetico “rottamazione”. Chi legge i miei post può verificare che, “gufo” o meno sia stato, ho denunciato questa Ipocrisia. Quanti ancor oggi si vanno chiedendo chi vi sia alle spalle del Premier possono trovare risposte andando a rivedere il film degli ultimi quattro-cinque anni ripercorrendo la “storia” del Partito Democratico; la “memoria” dell’italiano medio, anche di quello acculturato, è da sempre purtroppo molto corta. Basterebbe assumere come punto di riferimento alcuni personaggi soprattutto nelle “retrovie” provinciali di questo paese di campanili; basterebbe seguirli nelle loro peripezie e nelle loro traversie: tanti di essi sono “morti” e “risorti”. Morti perchè puniti all’interno di meccanismi “politici” locali e “risorti” grazie al “miracolo renziano”, accodandosi alla sua corte e accreditandosi come “rinnovatori”, dopo essere stati rappresentanti reali di una forma di “stalinismo”, questo sì da rottamare, nella conduzione dei vecchi Partiti. La Storia non si fa mai sull’oggi e quella rivolta al “domani” è falsata da protagonismi soggettivi.

Tornando ai dati da cui sono partito rilevano che è assolutamente necessario un “cambio di verso” per tutta la Sinistra; Matteo Renzi non può essere il “futuro”: è la “foglia di fico” di cui si sono serviti centinaia di politici giubilati. Ne conosco tanti, non solo persone mature e navigate ma anche molti “giovani”(!) che avrebbero dovuto essere “rottamati”, ma che invece sono per ora ben inseriti saldamente alle loro comode poltrone. Renzi è un tipico rappresentante del “trasformismo” che sta producendo gravi danni alla società, accentuandone le differenze alimentandone i conflitti aumentando i divari economici e le disuguaglianze. Tutto questo persone come me lo hanno capito sin dall’inizio; altri hanno trovato giustificazione nell’assenza di leader alternativi. Volevano vincere “a tutti i costi”, ma questi ultimi si sono rivelati troppo antidemocratici. Non si può pensare di “vincere” a prescindere, come hanno fatto dopo di lui (docente eccellente ma pernicioso) alcuni candidati amministrativi e politici locali, accogliendo nelle loro liste personaggi discutibili e poco affidabili sul piano dell’Etica politica. Meglio non vincere; si pensi al paradosso di un riferimento agli anni della Destra berlusconiana, nel corso dei quali molte delle (contro)riforme che Renzi ha proposto, difeso in modo anche “antidemocratico” (ci si ricordi del “colpo di mano” in Commissione Affari Istituzionali della Camera) e fatto approvare, non riuscirono a passare, mostrando come la “forza” delle opposizioni riuscisse a garantire migliori condizioni. Lo so: è un “paradosso” ed in tal modo deve essere letto. Non rimpiango gli anni di Berlusconi; rilevo soltanto che, dietro un paravento “post-ideologico” di Sinistra (!), si vadano ora realizzando molti dei “progetti” anticostituzionali che erano trascritti su documenti che la Storia aveva chiamato “eversivi”.

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LE ILLUSIONI

Le illusioni

Tra quelli che diconsi “di SINISTRA” circola sotto traccia l’idea che non si possa fare a meno di accordarsi con il PD. Non tutti lo dicono apertamente ma in molti temendo – con una giusta preveggenza – la possibilità che a prevalere in una contesa elettorale possa essere o la Destra o il M5S preparano il terreno in quella direzione. Questo ragionamento lo fanno sia per la realtà nazionale sia per quella locale; e non fa una grinza! In fondo non può “non” essere condivisibile. E’ del tutto evidente che, laddove le Sinistre unite si presentassero in maniera autonoma e del tutto alternativa al Partito Democratico, il rischio di una sconfitta di quest’ultimo sia molto alto.
Tuttavia occorre ragionare sui motivi essenziali per cui tra il PD e le Sinistre sia in atto una competizione divaricante progressiva. Quel Partito ha del tutto perduto la carica innovativa che era apparsa prioritaria nel momento della nascita: vi erano dei dubbi, delle perplessità nell’unire culture che avevano percorso strade non del tutto parallele, pur rifacendosi a valori universali riconoscibili nella Carta costituzionale, ma si operava congiuntamente per superare quelle differenze. E ad ogni modo non voglio dilungarmi su quella fase, chiudendo con la certezza che l’avvento di Renzi sia stato un “colpo di mano” reazionario in risposta al desiderio di rinnovamento che stava permeando il PD coinvolgendo molti tra quanti avevano aderito al nuovo progetto politico: l’avvento alla Segreteria di Renzi è avvenuta attraverso un vero e proprio “imbroglio” camuffato da “scelta democratica” al quale hanno preso parte migliaia di persone di dubbia provenienza politica e moralità, il cui scopo, ben noto agli organizzatori è stato quello di smantellare nei fatti l’intera impalcatura originaria del PD.
Oltre Renzi ci sono i “renziani” quelli folgorati sulla via di Damasco e quelli di nuovo conio e non so dire quali siano i peggiori. Fatto sta che sono soprattutto questi altri, epigoni interessati dallo stravolgimento dei rapporti democratici in questo Paese, ad apparire vincenti rappresentanti della Sinistra. Quale Sinistra? le azioni portate avanti dalla spocchia di Renzi, la sua tracotanza, il suo profondo disprezzo per il confronto e la dialettica sono tutt’altro che espressione di Sinistra. Ed allora forse si illudono i sostenitori dell’unità delle Sinistre nel voler a tutti i costi costituire un Fronte popolare alternativo autonomo rispetto al PD; ma certamente si illudono coloro che – da Sinistra – credono che accordandosi con quel Partito lo si possa ricondurre sulla via della rappresentatività dei bisogni diffusi, lasciando del tutto la pratica del “pietismo” (la concessione di benefit, bonus e quant’altro) di origini cattoliche che ne permea costitutivamente ormai l’essenza.
Andiamo oltre. In questo Paese, dobbiamo superare le “illusioni” e garantire un futuro per le nuove generazioni senza abbandonare le altre. E non c’è futuro senza la SINISTRA, una forza UNITA che non guardi al passato, ma che abbia la capacità di superare le secche del presente e veleggiare verso il futuro!

In definitiva, spetta alla forza politica più forte (per ora) assumersi la responsabilità di una “sconfitta”. D’altronde tra un occhiolino e un altro – in maniera strabica (a Destra con i voucher reintrodotti e a Sinistra con lo “ius soli”) – il PD rappresenta con nettezza la sua ambiguità e tocca a chi si sente di Sinistra di farlo rilevare e guidare verso di sè un elettorato che ha smarrito la strada e tende ad autoescludersi dai processi democratici, astenendosi o votando forme di politica discutibili, altrettanto ambigue e culturalmente di infima qualità.

J. M.

LE PAROLE SONO PIETRE? una via verso l’UNITA’

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LE PAROLE SONO PIETRE? una via verso l’UNITA’

L’uomo ha un linguaggio complesso rispetto a quello degli animali, anche se, studiando approfonditamente quest’ultimo, potrei essere corretto e contraddetto. Ma – come diceva un grande, Carlo Levi, in uno dei suoi titoli più celebri – “Le parole sono pietre”, almeno si oserebbe sperare che l’uso delle parole debba avere un senso concreto e reale. “Si spera” certamente, anche se è a volte la di”spera”zione a subentrare e ad averla vinta. Ed è soprattutto tra i politici, quelli ormai avvezzi a frequentare i salotti della televisione, i dibattiti giornalistici e parlamentari, quelli degli incontri organizzati in buonafede in parti diverse del nostro Paese, che “la parola” perde concretezza e diventa volatile, insignificante, imbarazzante, inaffidabile ed i-nu-ti-le! Crea attesa nei creduloni, istiga al vituperio quanti sono ormai sulla strada della disillusione o hanno del tutto smarrita la fiducia. Eppure mi capita, e ritengo capiti anche ad altri che come me hanno vissuto e vivono ancor oggi sull’orlo del vulcano, di incontrare altre persone, tra quante nel corso degli anni si siano impegnate polticamente in quello che credevano poter essere una forza di Sinistra, ricordandone le origini ma non riconoscendone del tutto gli esiti progressivi, che stimolate da un semplicissimo “Come va?” ed anticipando la risposta con una mezza smorfia, abbiano detto riferendosi ai temi politici “Bene, ma…sarebbe necessario un discorso comune, una via verso e per l’unità!”. E sì, mi capita spesso di sentirmelo dire e, quasi sempre, da interrogato rispondo più o meno la stessa cosa. Calcando sul termine “UNITA’” ed a volte aggiungendo un’ aggettivazione complessa con un “senza se e senza ma” che vale come “assoluta”, per amore di sintesi. Capisco anche che non si può costruire alcuna proposta semplicemente su slogan o parole d’ordine, simboli “assoluti” anche se fondamentali, ma l’UNITA’ è ad ogni modo punto di partenza e punto di arrivo di qualsiasi progetto politico in questi nostri giorni “difficili”. A patto che ad essa sia riconosciuto un valore sia ideale che reale, cioè che parta da una forma di utopia e raggiunga la concretizzazione, senza limiti prestabiliti e tendendo alla sua realizzazione totale.
L’UNITA’ va costruita tra persone e gruppi che abbiano lo stesso anelito verso la riconquista della centralità dell’uomo e dei suoi lavori, verso la riconquista dei diritti rimessi nel concreto in discussione da una forma reazionaria che si è annidata nel corpo di una parte considerevole del Centrosinistra (a parole, per l’appunto, ognuno degli aderenti tenaci a quella forza politica negherebbe che il proprio impegno sia rivolto a quegli obiettivi), verso un processo che porti all’abbattimento dei limiti producenti squilibri sociali insofferibili, verso la partecipazione diffusa dei cittadini, da ottenere “anche – ma non solo” con l’uso delle moderne tecnologie. Per realizzare questa utopia e renderla creativamente concreta ognuno deve saper anche accogliere l’altrui parere, se espresso all’interno di un ampio recinto, all’interno del quale analizzare problemi e contraddizioni illuminate da una visione contemporanea, che sappia riconoscere le trasformazioni storiche e sociali, senza farsene imbrigliare.
Scrivo questo, perché non è più il tempo di elucubrare in solitudine, ma è quello di lavorare insieme per un’ALTERNATIVA territoriale che possa essere utile anche ai vertici nazionali, così simili e vicini ma anche così lontani tra loro.

J.M.

LE ISOLE SI ACCENDONO 2017 (anche a Prato, e per la terza volta)

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LE ISOLE SI ACCENDONO 2017 (anche a Prato, e per la terza volta)

Le isole si accendono

Le Isole si accendono è un’idea partorita dalla mente del poeta patafisico partenopeo Mimmo Grasso per festeggiare il solstizio d’estate. Il 21 Giugno, alle ore 21, si può accendere un fuoco, una candela, il fornello del gas, una torcia, un fiammifero e leggere la poesia scelta per l’occasione. Una fiammella che simboleggia l’intuizione e il veder chiaro in noi stessi.
Potete farlo ovunque, da soli o in compagnia, a casa o su una spiaggia, in un bar o calcando un palcoscenico, nella cella di una prigione o all’angolo di una strada, sapendo che qualcuno, da qualche altra parte, sta compiendo lo stesso gesto.

Quest’anno è stata scelta una poesia in lingua zwahili (Tanzania) di Euphrase Kezilahabi.

Euphrase Kezilahabi è una delle figure più rappresentative del mondo tanzano contemporaneo; romanziere, ma anche poeta, critico e saggista, si è sempre preoccupato di riprodurre un’immagine esatta della realtà sociale. In manifesto sostegno della politica socialista del Governo, o meglio di Nyerere, si è mosso su posizioni sempre più critiche nei confronti dell’apparato burocratico e della corruzione dilagante fra coloro che si servono di questa ideologia per la caccia al denaro e al successo personale.

Ecco la poesia, che nella sua versione originale verrà letta da don Andrea Kidaisho.

Wimbo wa mlevi

Kama Mungu angewauliza wanadamu
Wanataka kuwa nani kabla ya kuzaliwa
Hilo ndilo lingekuwa swali gumu maishani.
Na watu wangeishi kujutia uchaguzi wao.
Mume angejutia hali yake na mke asingetaka kuwa mke
Mtawala na kabwela, mrefu na mfupi
Mweusi na maji ya kunde, mwembamba na mnene
Wote wangetamani kuwa kinyume cha walivyo.
Sijui nani angekuwa nani.
Lakini mimi mlevi ningependa kuwa ye yote
Mradi tu niruhusiwe kunywa pombe yangu.
Hapo nyumbani kwa baba Madaka hamjambo!
Ni usiku mi napita nakwenda zangu!

La canzone dell’ubriacone
Agli umani prima di nascere, se Dio
avesse chiesto, chi avrebbero voluto essere
sarebbe stata la domanda più difficile della vita.
Col rimorso per la propria scelta avrebbero vissuto.
Il marito avrebbe rimpianto il suo stato e la moglie
non avrebbe voluto essere moglie,
il dominante e il dominato, l’alto e il basso
pelle nera e bruna, secco e chiatto
tutti avrebbero voluto essere il loro opposto.
Non so chi sarebbe chi.
Io sono un bevitore e sarei chiunque
gli sia concesso di ubriacarsi.
Qui da Madaka tutto bene?
È notte, passavo, sto tornando a casa!

La traduzione dovrebbe essere di Roberto Lumuli Gaudioso, straordinario giovanissimo studioso della letteratura africana.

Nel corso della serata allo Spazio AUT saranno lette altre traduzioni della poesia, con lettura da parte di Maria Chiara Carotenuto e Roberto Caccamo.

Ad aprire la serata vi saranno le letture dei due poeti prescelti nel 2015 e nel 2016 (Carmen Bugan e Benoit Corot) da parte di Benedetta Tosi, Serena Di Mauro e Davide Finizio.

Margherita Fioravanti leggerà un brano da “L’uomo del futuro” di Eraldo Affinati e Roberto Caccamo presenterà un brano da Danilo Dolci.

Le letture saranno intervallate da interventi musicali a cura di “Canti randagi” (Emanuele Virno e Matteo Muscedra) e di Edoardo Michelozzi.

IL COORDINAMENTO E’ DI ANTONELLO NAVE E GIUSEPPE MADDALUNO

VI ASPETTIAMO mercoledì 21 sin dalle ore 20.00 allo Spazio AUT di via Filippino 24 in PRATO
SARA’ PREVISTO – per chi lo voglia – un APERICENA al costo di 8 euro

Aderite se vi fa piacere ( a noi, moltissimo ! Grazie!) all’evento Facebook

https://www.facebook.com/events/1908927366098271/

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LE SIRENE DEL PD

LE SIRENE DEL PD

A chi serve un accordo con il PD da parte di una “parte” della Sinistra? al PD e cioè a quella parte della società che non vuole concedere passi in avanti a coloro che negli ultimi anni hanno dovuto subire notevoli progressivi (quelli sì!) arretramenti, facendo crescere la forbice tra ricchi e poveri (la semplificazione è necessaria per la sintesi) in maniera smisurata. Alcune operazioni di chiarezza sono partite dalla base, che negli ultimi anni ha cominciato a disertare i Circoli ed a far calare vertiginosamente il numero di aderenti a quel Partito: se qualcuno si ostina a pensare che lo si sia fatto per questioni di “potere” che passava di mano e veniva meno, si attenda la patente di “insano mentecatto”, di persona che “o lo è o lo fa” ma che a conti fatti è in malafede. Altre operazioni di chiarezza le hanno svolte con lentezza esasperante alcuni personaggi che hanno vissuto di Politica e che per espiare dovrebbero lavorare da manovali, ora, della Politica e fare spazio ai giovani: non parlerei di “rottamazione” anche perché – quello – è stato uno dei “fake” propagandistici del renzismo rampante che ha lucrato sulle terminologie senza mai praticarle.
C’è una prateria di aderenti all’idea di costituire una Sinistra unica ed unita con un progetto chiaro che faccia il punto sulle numerose contraddizioni sia interne che esterne a se stessa e confezioni un Programma in grado di rimuovere le acque limacciose dell’astensionismo, rimotivando le passioni sopite, vittime della disillusione e della disperazione ad essa conseguente.
Sbaglia chi guarda al PD con lo scopo di modificarlo: si è “inquinato” a tal punto per cui l’unica speranza è che non sia finita la frana dell’abbandono. Occorre lavorare per questo, senza lasciarsi abbindolare dalle sirene, anche a Prato.

VOTO AMMINISTRATIVO 2017

VOTO AMMINISTRATIVO 2017

Ho la certezza che sia buona norma attendere qualche ora per riflettere meglio su quel che accade dopo una tornata elettorale. In tanti, dopo le vicissitudini politiche degli ultimi mesi, ne attendevano gli esiti. La difficoltà di amministrare città complesse come Roma e Torino da parte del M5S, le fratture e le miniscissioni all’interno del Partito Democratico, le prove di coalizione nel Centrodestra, la battaglia per trovare l’accordo su una nuova legge elettorale, la ricerca di una strada unitaria per la Sinistra; insomma, uno scenario in grande movimento che tende ad avanzare e/o arretrare ma che si va componendo in forme diverse, è quello che ha di fatto preceduto questo appuntamento “parziale” ma fortemente significativo proprio per il momento in cui esso si colloca.
Intanto, va rilevato che nelle Amministrative il riferimento è a figure che abbiano una particolare attrattiva personale: spesso non si vota il Partito ma la donna o l’uomo, al di là delle caratteristiche ideologiche. A livello locale, specie nei piccoli Comuni, spesso ci si trova di fronte a liste civiche formate senza un vero e proprio riferimento ideologico e ciò non produce alcuno scandalo nell’elettorato diretto, che ne comprende il senso pragmatico. Così nei Comuni più grandi il “personaggio” a volte attrae voti a prescindere dalle posizioni, oppure ci si trova di fronte ad un voto verso il “meno peggio” piuttosto che non esercitare il proprio diritto o ci si dirige verso una formazione che catalizza il voto di protesta quando non ci si riconosce più in quelle forze politiche classiche vecchie e nuove.
A conti fatti ed a due giorni dalle elezioni provo ad elaborare il mio pensiero: il quadro politico generale è in movimento e quel che è accaduto l’11 giugno non sposta di una virgola la certezza che senza un’unità della SINISTRA, questa finirebbe per essere solo in parte inglobata nel Partito Democratico, smarrendo completamente la sua identità, disperdendosi per il resto in più rivoli insignificanti.
Occorre il coraggio rivoluzionario; non si tratta di distruggere ma di costruire. Chi lo avrà, come leader che sa fare un piccolo passo indietro per permettere a “tutti gli altri” di fare dei “piccoli passi avanti”, dimostrerà di essere saggio e potrà rivendicare in modo ideale il merito di aver consentito l’avvio di questa “rivoluzione”.
In sintesi: affidare ad un voto “amministrativo” prospettive nazionali è un errore, tipica espressione di una Politica d’accatto, che non merita rispetto, anche se proprio per la sua vacuità antropologica va analizzata e studiata. Vittime del loro orgoglio, nessuno dei leaders politici, se volesse smentirlo, affermerà tale assunto, per non essere accusato oggettivamente di sottovalutare il giudizio elettorale.

My name is Joshua