UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 2

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 2

Un Paese democratico non si addice ad un leader (qualsiasi sia la sua appartenenza politica) che non si adoperi per smorzare le differenze utilizzando la mediazione. Abbiamo vissuto venti anni di berlusconismo e ne volevamo uscire non con una forma di alternativa omogenea ma con un completo rinnovamento: invece ci ritroviamo una forma di “imperio” che è solo in apparenza verbale ma ha anche risvolti drammaticamente fattuali.
Non c’è un reale desiderio di coinvolgimento di coloro che razionalmente dissentono, ma la volontà di umiliarne le potenzialità riducendone la loro praticabilità.

Quando si ragiona sul futuro, si sente dire da coloro che dovrebbero avere una cultura di Sinistra che purtroppo non vi sono alternative. E questo in assoluto non è una buona notizia: e la sottolineo proprio a coloro che discutono animatamente nel contrastare l’ipotesi che il Governo Renzi e ciò che si annuncia sia il suo proseguimento abbia dentro di sè – grazie anche alle “riforme” preparate e difese strenuamente – il germe del dispotismo. Un Paese – ed una classe politica – che non è in grado di proporre un’alternativa è una nave destinata ad andare allo sbando verso spiagge e scogliere pericolose. Ancor più se il suo timone fosse una legge generale come quella che si vorrebbe far approvare nel referendum del 4 dicembre.

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Votare NO serve a fermare una possibile deriva.
Perché “possibile” e non certa?

Eh, bella domanda! Rispondo riferendomi anche alle motivazioni che hanno reso difficile il rapporto di alcuni, come me, con questa leadership del PD: “Se a condurre le sorti di un Partito che si è voluto definire “Democratico” ci fosse stato un gruppo sinceramente aperto al confronto con il dissenso interno (e cioè disponibile “davvero” ad accogliere diverse posizioni ed idee, peraltro chiaramente appartenenti alla Sinistra) quella proposta di riforma avrebbe forse potuto contenere anche qualche elemento di riferimento alla minoranza “interna” (è inammissibile considerare con sentimenti di avversione sprezzante i propri “compagni”); ed invece alle critiche sono state contrapposte offese e derisioni, nemmeno si trattasse di avversari storici come la Destra. E’ quindi del tutto evidente che il futuro, qualsiasi sia il risultato del Referendum è pieno di nuvole nere.

NULLA SARA’ COME PRIMA, grazie a questa conduzione del Partito, spregiudicata e velenosa.

L’unico modo per indurre questa leadership a più miti consigli è quella di VOTARE NO: e – lo dico alle mie amcihe ed agli amici che più e più volte mi hanno invitato a scendere nel merito – non c’è più MERITO di questo, ve lo assicuro. C’è da salvare il nostro Paese!!! VOTATE NO!!!!

Imparare a dire NO

UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

L’Italia certamente sta vivendo un passaggio cruciale nella sua Storia. La certezza l’avranno i nostri figli ed i nostri nipoti, che la racconteranno ai loro figli ed ai loro nipoti; ma i prodromi sono drammatici e le responsabilità di tutto questo sono da addebitare ad una classe di governo incapace di aggregare, di unire, di ascoltare, condividere, riflettere e far riflettere, un gruppo di potere per il Potere che non guarda all’unità del Paese ma fa prevalere i propri interessi immediati a scapito di quelli generali di più lunga durata.

Non si può comprendere tutto quel che sta accadendo senza la memoria di quello che è avvenuto negli ultimi anni. L’ascesa di Renzi e del suo gruppo di fedeli (“il cerchio magico”) amici di lunga data e approfittatori provvisori, pronti a fiutare l’aria dove si appalesa il “padrone di turno”, ha provocato nell’agone politico un cambiamento “rivoluzionario” che ha di fatto esautorato la pratica democratica diffusa. Da qui promana poi la solitudine di gran parte dei dirigenti locali, alcuni dei quali si sono accodati, assuefatti alla situazione nuova in attesa di tempi migliori, e di una gran parte dei militanti che avevano costituito la “base” per tanti anni, di certo invecchiando ma mai chiusi al “nuovo”.

A Prato c’è stata l’esperienza di alcuni Circoli che avevano guardato con grande attenzione all’analisi politica di Fabrizio Barca. In essa (“UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”) vi erano molte “parole chiave” accattivanti e promettenti per costruire e/o rafforzare un percorso democratico che partisse dalla periferia (Fabrizio Barca, che non ho mai smesso di stimare e di ringraziare, scelse di partire dal mio Circolo di Prato per il suo viaggio italiano, “LA TRAVERSATA”).
Era, quella, la base per far crescere la democrazia. Chi legge sa, come sa chi scrive, quanto è avvenuto in questi ultimi anni e quanta differenza “sostanziale” vi sia nell’approccio politico da parte di coloro che dirigono il maggior Partito della Sinistra e il Paese (“dirigono” – non governano!).
Non ho fiducia nella leadership del PD ed i motivi – per carità – non sono collegati a bisogni di collocazione (ho 70 anni ed il mio futuro è breve, comunque breve, non ho velleità di ricoprire incarichi da portar via a chi legittimamente intendesse partecipare alla loro conquista), ma non si fa politica di divisione senza poi essere costretti a pagarne le conseguenze: per mesi ed ormai qualche anno nelle periferie non si discute più.
Esempio lampante è la vicenda della Riforma costituzionale, nell’iter della sua approvazione parlamentare che si è protratto dal marzo 2014 all’aprile 2016 nè le Direzioni nè le Assemblee provinciali ed i Circoli sono stati coinvolti, sentiti, fino a quando non è partita la corazzata referendaria per acquisire il consenso. Una modalità che ha ben poco a che vedere con la pratica democratica e che, da sola, distingue anche il “merito” della proposta di modifica costituzionale, la cui pericolosità è “insita” nella mentalità di chi l’ha promossa che, si badi bene, non è il Parlamento, ma una parte maggioritaria di esso, che è apparso sotto ricatto ( ci si ricordi delle sostituzioni d’imperio dei parlamentari dissenzienti all’interno delle Commissioni ) e debole dal punto di vista democratico.

Di che cosa parliamo?

Vogliamo dare a questo gruppo di Potere (ma ce ne potrebbe essere anche di peggiori) il “giocattolo” giusto per la sua idea di governabilità? NO NO NO

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

L’Italia certamente sta vivendo un passaggio cruciale nella sua Storia. La certezza l’avranno i nostri figli ed i nostri nipoti, che la racconteranno ai loro figli ed ai loro nipoti; ma i prodromi sono drammatici e le responsabilità di tutto questo sono da addebitare ad una classe di governo incapace di aggregare, di unire, di ascoltare, condividere, riflettere e far riflettere, un gruppo di potere per il Potere che non guarda all’unità del Paese ma fa prevalere i propri interessi immediati a scapito di quelli generali di più lunga durata.

Non si può comprendere tutto quel che sta accadendo senza la memoria di quello che è avvenuto negli ultimi anni. L’ascesa di Renzi e del suo gruppo di fedeli (“il cerchio magico”) amici di lunga data e approfittatori provvisori, pronti a fiutare l’aria dove si appalesa il “padrone di turno”, ha provocato nell’agone politico un cambiamento “rivoluzionario” che ha di fatto esautorato la pratica democratica diffusa. Da qui promana poi la solitudine di gran parte dei dirigenti locali, alcuni dei quali si sono accodati, assuefatti alla situazione nuova in attesa di tempi migliori, e di una gran parte dei militanti che avevano costituito la “base” per tanti anni, di certo invecchiando ma mai chiusi al “nuovo”.

A Prato c’è stata l’esperienza di alcuni Circoli che avevano guardato con grande attenzione all’analisi politica di Fabrizio Barca. In essa (“UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”) vi erano molte “parole chiave” accattivanti e promettenti per costruire e/o rafforzare un percorso democratico che partisse dalla periferia (Fabrizio Barca, che non ho mai smesso di stimare e di ringraziare, scelse di partire dal mio Circolo di Prato per il suo viaggio italiano, “LA TRAVERSATA”).
Era, quella, la base per far crescere la democrazia. Chi legge sa, come sa chi scrive, quanto è avvenuto in questi ultimi anni e quanta differenza “sostanziale” vi sia nell’approccio politico da parte di coloro che dirigono il maggior Partito della Sinistra e il Paese (“dirigono” – non governano!).
Non ho fiducia nella leadership del PD ed i motivi – per carità – non sono collegati a bisogni di collocazione (ho 70 anni ed il mio futuro è breve, comunque breve, non ho velleità di ricoprire incarichi da portar via a chi legittimamente intendesse partecipare alla loro conquista), ma non si fa politica di divisione senza poi essere costretti a pagarne le conseguenze: per mesi ed ormai qualche anno nelle periferie non si discute più.
Esempio lampante è la vicenda della Riforma costituzionale, nell’iter della sua approvazione parlamentare che si è protratto dal marzo 2014 all’aprile 2016 nè le Direzioni nè le Assemblee provinciali ed i Circoli sono stati coinvolti, sentiti, fino a quando non è partita la corazzata referendaria per acquisire il consenso. Una modalità che ha ben poco a che vedere con la pratica democratica e che, da sola, distingue anche il “merito” della proposta di modifica costituzionale, la cui pericolosità è “insita” nella mentalità di chi l’ha promossa che, si badi bene, non è il Parlamento, ma una parte maggioritaria di esso, che è apparso sotto ricatto ( ci si ricordi delle sostituzioni d’imperio dei parlamentari dissenzienti all’interno delle Commissioni ) e debole dal punto di vista democratico.

Di che cosa parliamo?

Vogliamo dare a questo gruppo di Potere (ma ce ne potrebbe essere anche di peggiori) il “giocattolo” giusto per la sua idea di governabilità? NO NO NO

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LA GOVERNABILITA’ E LA DEMOCRAZIA – perché NO

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LA GOVERNABILITA’ E LA DEMOCRAZIA

Nelle elezioni del 1921 – ci fosse stato il ballottaggio – si sarebbero fronteggiate due forze: il Partito Socialista Italiano con il 24,7% ed il Partito Popolare Italiano con il 20,4%; i Fasci di combattimento furono l’ultimo dei Partiti con lo 0,4%. Tutti sanno come è andata la Storia, o perlomeno “dovrebbero saperlo”. Le regole non bastano: ci vuole la giusta attenzione.

Nel 1921 Mussolini aveva 38 anni. Lo squadrismo fino al 1921 non aveva fatto breccia con la violenza, anche se alcuni eventi avrebbero dovuto far suonare un campanello d’allarme. La buona società borghese di allora guardava a lui con attenzione interessata.

Quello che accadde nel 1922 – che sfociò nella Marcia su Roma – è da addebitarsi alla sottovalutazione di larga parte del panorama politico di allora. L’ingovernabilità risultata dalle elezioni del 1921 e l’ascesa al Potere facilitata dalla bonomia della Corona e di alcune forze che avrebbero potuto opporvisi consigliarono al Capo del governo di costituire una Commissione che preparasse una legge che consentisse la governabilità. In questa impresa furono impegnati esponenti di tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. Ne sortì la legge Acerbo, una sorta di “Italicum” ante litteram.

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Non vi preoccupate: fate pur finta di non aver capito. La vita scorre e la Storia dovrebbe insegnarci qualcosa, a patto che la si studi, la si analizzi e la si contestualizzi. Non c’è bisogno degli squadrismi: le gogne mediatiche li hanno sostituiti; e bastano pochi imbecilli ben distribuiti e pagati con monete pesanti a diffondere il giusto “verbo”. Non dite, però, che nessuno vi aveva avvertiti.

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VERSO IL REFERENDUM

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VERSO IL REFERENDUM

Lo so molto bene che sulla questione “sì o NO al referendum di autunno” non sarà facile interloquire tra fans dell’una e dell’altra posizione.


Chi è per il “sì” appoggia la sua scelta sulla necessità di velocizzare i processi legislativi superando il bicameralismo “perfetto” e porta a sostegno il dibattito più che cinquantennale di illustri politici e giuristi, aggiungendo che così facendo si procederebbe anche ad un sostanzioso risparmio delle spese della Politica.

Chi è per il “NO” rileva che, con le proposte avanzate dal Parlamento ma contrassegnate da una firma ben precisa e riferibile al Governo e segnatamente al suo Capo, non si velocizzi affatto il procedimento legislativo, non si risparmi come si dovrebbe sulle spese della Politica e non si rivitalizzi il processo di partecipazione democratica arrivando addirittura ad avere un Parlamento di “nominati” apparentemente eletti.

Ora, l’una e l’altra posizione appaiono accecate da un odio reciproco, dovuto essenzialmente alla figura del leader che questo “scontro” ha voluto e vuole riproporre. Ed è dunque inevitabile che su questo personaggio ci si confronterà più che sul merito della proposta. Ed è logico che in particolare dall’interno del PD verranno gli scontri più cruenti sul piano politico, per cui la domanda che ha rivolto Bersani alla maggioranza non è affatto peregrina: un Partito già squassato, nel quale vi è una maggioranza – molti lo pensano pochi lo dicono – sempre più “liquida” (composta da pochi fedelissimi, tra i quali però qualche Bruto pure ci sara, ma da moltissimi tra quelli che hanno usufruito dell’ascesa renziana per sistemarsi, ma che saranno ben pronti a saltare su altri carri laddove questi si palesassero), non ha affatto bisogno di altre scaramucce, guerriglie e battaglie. Forse occorrerebbe da una parte tollerare il dissenso, senza minacciare sfracelli e vendette, e dall’altra evitare una personalizzazione che non si comprende del tutto e che porterebbe, a valle di un confronto democratico di altissimo valore, ad una dissoluzione pericolosa la cui responsabilità tuttavia sarebbe accreditata proprio a chi questo scontro ha creato.
D’altronde anche la vicenda BREXIT, valutate le differenze, sta ad insegnarlo.

Ritorno alla proposta del NO, rilevando che chi – come me – la sostiene, considera la proposta irricevibile in quanto non corrisponde per niente a quanto sia effettivamente necessario al nostro Paese. Penso ad un Parlamento eletto democraticamente che svolga attività a sostegno delle esigenze dei cittadini italiani “tutti”, monocamerale con un controllo costante da parte di una Corte costituzionale svecchiata ed eletta che possa contenere rappresentanti “regionali” e che abbia il compito di indirizzare l’azione legislativa. Penso anche ad una riduzione ed una revisione significativa dei benefici economici e pensionistici per coloro che si occupano di Politica con un limite “per tutti” della permanenza in quella attività e modalità di accesso che facciano abbandonare l’idea che far Politica possa rendere dal punto di vista economico.
Coloro che – difendendo la scelta attuale della Riforma – agitano spettri di disastri ed ingovernabilità laddove questa non passasse al vaglio “democratico” stiano tranquilli: avremo semplicemente scampato il pericolo di trovarci di fronte ad una Costituzione che interpreta la “governabilità” come possesso assoluto del Potere per riuscire a realizzare scelte che non rispondono alle necessità della gente ma soddisfano i desideri della parte più ricca del nostro Paese, soprattutto gli imprenditori che si stanno molto impegnando a sostegno del “sì”.

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ENTRARE NEL MERITO con sintesi – verso il referendum IO VOTO NO

Imparare a dire NO

ENTRARE NEL MERITO con sintesi

verso il referendum IO VOTO NO

La proposta di modifica costituzionale si basa su un vero e proprio falso ideologico;
1) Non riduce come necessario il numero dei parlamentari;
2) Non riduce in totale le spese per il mantenimento delle strutture parlamentari;
3) Non semplifica ma complica l’iter delle leggi (l’art.70 è financo troppo chiaro a tale proposito;
4) Nel combinato disposto tra legge elettorale e carta costituzionale non consente all’elettorato di scegliere i propri rappresentanti ma affida tali scelte ai Partiti;
5) In definitiva interpreta la governabilità con un accentramento delle funzioni e dei poteri.

IO per questi motivi VOTO NO

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NON E’ IL MOMENTO

NON E’ IL MOMENTO

Noi che nell’agone politico ci siamo stati e continuiamo in modo diverso ad esserci ce lo ricordiamo molto bene: quante volte per non consentirci di continuare a chiedere ciò che non conveniva all’ “apparato” di Potere ci hanno fermato dicendo “non è il momento!”
Ora, ricordando quella frase a noi stessi, avvertiamo che è giunto il tempo di affermarlo: “NON E’ IL MOMENTO!” Forse addirittura possiamo affermare che “SIAMO FUORI TEMPO MASSIMO!”.

Non ci fidiamo di questa classe dirigente governativa che, annunciata una vera e propria “rivoluzione” (Cambia verso), ha prodotto solo interventi favorevoli ai suoi finanziatori (Confindustria e Banche) utilizzando quale contrappeso forme caritatevoli tipiche della peggiore espressione politica democristiana.

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Quel cambiamento “annunciato” non poteva esserci visto il carattere di chi lo proferiva. Qualcuno ci ha creduto e ci è cascato. Così come rischiano di cascare nell’inganno della “rivoluzione costituzionale” annunciata attraverso una proposta di Riforma che “nulla cambia nella sostanza”.

http://www.linkiesta.it/it/article/2016/09/30/investi-in-italia-gli-stipendi-sono-bassi-lautogol-della-brochure-del-/31938/

Per capirci, come può una classe dirigente di Governo, chiaramente inadeguata e menzognera, apportare modifiche che ristrutturino in senso più democratico l’assetto costituzionale del Paese?
Il bicameralismo rimane e diviene “imperfetto” con un Senato improbabile ma che continua ad esistere; i suoi costi permangono alti perché la maggior parte di essi è legato a funzione ed emolumenti, presenti passati e futuri; rimane in piedi tutta la parte di spese centralistiche che, con il Governo Renzi, si sono moltiplicate a dismisura a svantaggio dei Comuni, che sono costretti a ridurre la spesa per il Sociale o ad elevare la tassazione locale.
La proposta di modifica costituzionale oggetto del Referendum del 4 dicembre annunciando una maggiore governabilità effetto di un accentramento del Potere nelle mani di pochi contiene elementi certi di pericolosità. A parte Renzi (ma gli uomini sono “coerenti” come banderuole e chi ci dice che non possa anche lui – essendo benevoli sull’oggi – domani cambiare?), c’è da fidarsi sugli altri leaders”attuali, una volta raggiunta “democraticamente” la guida del Paese?

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Anche per questo “NON E’ IL MOMENTO”! IO al referendum del 5 dicembre VOTO NO
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RILEGGENDO L’ART.70

Imparare a dire NO

RILEGGENDO L’ART.70

Ieri sera Renzi nell’incontro con Gustavo Zagrebelski ha detto che il nuovo Senato si riunirà ogni venti-trenta giorni per i suoi lavori.

Siete pregati di dare un’occhiata (ma avete la possibilità di leggere il tutto con la dovuta attenzione) per farvi un’idea su come sarebbe applicato questo articolo con una o due (ma sì, abbondiamo!) riunioni al mese, svolte da Sindaci e Consiglieri regionali scelti ovviamente dai Consigli regionali di appartenenza (quali garanzie vi saranno su equilibri politici con la Camera dei deputati non si sa), che dovranno occuparsi non solo dei loro territori ma anche della legislazione nazionale.

Quando si dice “scendere nel merito”!

L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 70. — La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma.
Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati».

Ancora di più e sempre più IO VOTO NO!!!

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Ancora di più e sempre più IO VOTO NO!!!

Renzi, dunque, guarda alla sua Destra per vincere il referendum. E, certo, non poteva essere diversamente! Oltre ad avere stretto un accordo, non appena insediato a Palazzo Chigi, con il leader della Destra di allora, Silvio Berlusconi, suo mentore riconosciuto, ha riempito il cammino istituzionale di elementi che porterebbero, se approvati, al presidenzialismo ed all’accentramento di poteri nelle mani di pochissimi suoi fedeli servitori. Chi non riesce ad identificarli (tali elementi) è o succube o complice di questo “attacco allo Stato di diritto” sancito esclusivamente dall’art.1 della Costituzione. A coloro che continuano a riferirsi a documenti “d’antan” dell’Ulivo e dell’Unione si può rispondere a ragion veduta con un refrain che è stato utilizzato dai supporters renziani sin dalla prima ora: “non vi siete accorti che i tempi sono cambiati?”. Infatti, sono così cambiati dal momento in cui nei Circoli del Partito Democratico le scelte non vengono più discusse ma ai “militanti” viene richiesto di ratificarle “zitti e muti” con un “sì”. Hanno preso la Costituzione, se la sono cantata e se la sono suonata ed ora pretendono semplicemente che si cali la testa e “si obbedisca”. Andate a prenderla là dove meritate! IO VOTO NO!!!

NO a derive presidenzialistiche – Una ragione di più per votare NO al referendum del 4 dicembre

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NO a derive presidenzialistiche – Una ragione di più per votare NO al referendum del 4 dicembre

Qualcuno dovrà pure andarsi a rileggere quello che ho scritto in questi ultimi mesi intorno alle motivazioni del mio NO alla proposta di modifica costituzionale proposta e difesa dal Governo Renzi; e pur nel mio profondo dissenso nei confronti del Premier non ho mai chiesto le sue dimissioni in caso di vittoria del NO: anzi, ho argomentato che – nel rispetto della volotà degli elettori – tenesse conto del risultato, apportando le modifiche necessarie sia al testo che alla legge elettorale, per rendere il tutto maggiormente democratico.

Tutti sanno (e si sperticano in avvertimenti “interessati”) che il fronte del NO è estremamente variegato e multiforme (anche se il fronte del SI si vanta di essere “trasversale”!) ed è “infestato” da gruppi di oppositori integrali che non sono credibili del tutto.

Uno degli esempi è rappresentato da Berlusconi, il quale ha appena dichiarato che, vincendo il NO, richiederà le immediate dimissioni del Governo e si appresterà a proporre una modifica sostanziale della Costituzione in senso “presidenzialistico”.
Proprio quella tendenza che rilevo sotto traccia nell’attuale proposta, la qual cosa mi convince maggiormente a lavorare per il NO.
Ho negli ultimi mesi espresso tra l’altro i miei dubbi sulla sincerità di alcuni gruppi all’interno del calderone per il NO: lo stesso Movimento “grillino”, a fronte dei sondaggi che – nel caso di ballottaggio – darebbero netta la loro vittoria con la Legge elettorale “Italicum” non hanno alcun interesse, se non quello di essere “oppositori tout court di Renzi”, a votare NO; oltre al fatto che questi ultimi sono, con quel sistema falsamente democratico delle consultazioni via web, in linea con la scelta verticistica dei loro rappresentanti, tallonati nella loro azione amministrativa quotidiana rendendoli dipendenti assoluti da parte dei vari Direttori minimi e massimi.
Proprio quello che, votando NO, si vuole evitare, consentendo all’elettorato di scegliersi i propri rappresentanti, senza delegare alle forze politiche questa pratica.