LA COERENZA

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LA COERENZA

La coerenza è quasi sempre la copertura per tutte le nostre azioni.
Ma c’è un limite alla decenza che dovrebbe eseere applicato: se chi ha degli obiettivi e per perseguirli piega gli eventi a tale scopo, è di certo “coerente” sempre con se stesso, ma non può paragonare la “sua” coerenza a quella di coloro che agiscono senza pensare che quel che dicono o fanno sia o meno vantaggioso per i propri fini.

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HANNO RAGIONE, ma mi fanno una gran pena….

Hanno ragione…perché è vero che sono tanti anni che si attendeva una Riforma, ma questa è un “monstrum” che viene contrabbandata come grande Riforma e non c’è bisogno di occhiali per capirlo!

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HANNO RAGIONE, ma mi fanno una gran pena….

HANNO RAGIONE, ma mi fanno una gran pena coloro che continuano a motivare la loro adesione alla proposta referendaria del Governo con il fatto che “erano settanta (!) anni che ne aspettavamo una, ed anche se non è proprio perfetta…”.

Intanto mi fanno pena perchè non riescono ad articolare un loro autonomo pensiero, ripetendo pedissequamente il “mantra” suggerito da Renzi & company; mi fanno pena poi perché sono dei servitori fedeli “ad oltranza” di un imbroglione e delle organizzazioni finanziarie internazionali che sostengono simili interventi, minacciando incredibili sfracelli laddove passasse il “NO”; mi fanno pena ulteriormente perché si lasciano convincere che tutto funzionerà al meglio nelle scelte legislative, che vi sarà una migliore governabilità ed un notevole risparmio.
E dimenticano che “governabilità” significa anche accentramento dei poteri, annullamento della partecipazione attiva decentrata; dimenticano altresì che i costi maggiori della Politica sono da addebitare a tutto il sottogoverno (negli ultimi mesi, a fronte di notevoli risparmi da parte degli Enti locali vi è stato un notevole aumento della spesa pubblica ministeriale e governativa) che invece di diminuire tende ad aumentare e fa accrescere in modo inverosimile e immeritato i suoi costi.

L’unica leva che possiede il POPOLO, ancor più quello che si dice a ragione o a torto di SINISTRA è il VOTO!

IO VOTO NO

Se questo VOTO servisse a far rinsavire il Governo potrebbe essere utile. Ho dei forti dubbi in merito ed a questo punto propendo, nel caso prevalesse il NO, di andare al voto IMMEDIATAMENTE dopo.
Non se ne può più di questi atteggiamenti “duceschi”: se non lo facciamo noi lo faranno i nostri nipoti, rideranno cioè della spocchia “renziana” come noi abbiamo riso – amaramente – per quella mussoliniana.

IO VOTO NO

HANNO RAGIONE a dire che si esagera quando si paragona il nostro “oggi” all’”ieri”, ma sarebbe l’ora di guardare e ascoltare con occhi disincantati i discorsi del “Renzi”, anche quello recentissimo nel quale ci si aspettava un pur lieve cambio di rotta sulla legge elettorale.

Imparare a dire NO
IO VOTO NO

Renzi non è mio amico, non sono più nel Partito del quale si è impossessato in modo discutibile e – se contassi (ma non conto) – lui potrebbe rivolgersi a me in quel modo con il quale si rivolge ad una parte (la minoranza) del “suo” Partito. Ma ciò che collide con la Democrazia è proprio quel “modo spregiudicato ed offensivo” che mostra di avere in pubblico con una parte dei suoi iscritti. Mi adopererò per sconfiggerlo con tutte le mie forze.

IO VOTO NO

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CHI PAGA L’INCULTURA DEI NOSTRI (pseudo – o – aspiranti) GOVERNANTI?

CHI PAGA L’INCULTURA DEI NOSTRI (pseudo – o – aspiranti) GOVERNANTI?

Nelle ultime settimane c’è stato un crescendo di attenzioni particolari verso l’Amministrazione di Roma ed il M5S. Un fuoco di fila da parte delle testate giornalistiche e delle televisioni di ogni colore a rincorrere la Sindaca di Roma, il suo “entourage” (detto “Direttorio” minimo) e quello più ampio (detto “Direttorio”massimo) – le due categorie “minimo e massimo” sono una mia totale invenzione/percezione.

Non posso non rilevare (e ricordare) che, commentando un articolo di Ritanna Armeni che qualche giorno fa denunciava l’inopportunità di avere come Assessore la signora Paola Muraro, responsabile diretta (o indiretta, fa lo stesso) del fallimento della politica relativa ai rifiuti solidi urbani nella Capitale negli ultimi 10 anni, essendo stata lei consulente AMA ovvero professionista interna di una società della quale è stata chiamata a fare da controllore per il Comune, fui attaccato in modo fermo ma civile dalla consigliera M5S del Comune di Prato (località in cui vivo e agisco), Silvia La Vita.

Anche quell’ intervento (lo ripeto, fermo ma civile) rappresenta un limite contrastante soprattutto con l’assunto di voler essere “diversi” dalla pletora di politici e politicanti della vecchia guardia partitica.

La difesa ad oltranza delle scelte – vecchie e nuove (Grillo ha blindato la Raggi) – dell’Amministrazione capitolina è solo apparentemente in contrasto con gli attacchi virulenti nei confronti della stessa ad opera di chi dovrebbe avvertire la responsabilità “primaria” delle rovine romane.

Da una parte l’ingenuità che diventa tuttavia colpevolezza – dall’altra protervia arroganza ed ipocrisia allo stato puro, che mi induce a conati di vomito.

La città Capitale d’Italia è stata – e forse ancora lo è – nelle mani di gruppi di potere criminale non diversamente da quello che accade in diversi centri del Mezzogiorno d’Italia nei quali non è facile governare senza l’assenso di personaggi e di gruppi che collidono con la criminalità organizzata, anche se vestono con eleganza e si trincerano nel “bob ton”.

Occorre ben riuscire a comprendere quando il rilievo (e quello di Ritanna Armeni lo era) è a fin di bene e non nasconde fini sospetti; se non si è in grado di operare i necessari tagli con il passato non si rappresenta una novità ma una forma di vetero-stalinismo che dovrebbe invece essere superato.

Ed il rilievo non rappresenta di per sé un endorsement nè un distinguo, ma semplicemente la consapevolezza iniziale delle difficoltà che un Movimento che ha prodotto “speranze” di rinnovamento finisca per estinguersi in diatribe interne collegabili anche ad un deficit culturale sia di base che di percorso.

Quello che è accaduto nelle ultime giornate e ore conferma purtroppo questa sensazione amara, anche se nulla è perduto definitivamente, a patto che si evitino interventi assurdi sia per il merito che per il contenuto come quello di paragonare Renzi a Pinochet e sbagliare la nazione di riferimento di quell’ultimo sanguinario dittatore (in questo caso le “gaffes” lasciamole ad altri); ed a patto che non si prendano in giro i propri sostenitori, con scuse inopportune ancor più delle menzogne.

http://video.repubblica.it/politica/da-la-telefono-a-romolo-e-remolo-le-gaffe-dei-politici-videostoria/251932/252100

http://www.linkiesta.it/it/article/2016/09/07/dal-trota-a-di-maio-i-politici-italiani-e-la-sindrome-del-me-lha-mangi/31696/

https://alganews.wordpress.com/2016/09/07/la-visione-politica-della-raggi-a-tuttoggi-non-pervenuta/

LA CATTIVA SCUOLA DEL GOVERNO RENZI-GIANNINI sta per cominciare

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LA CATTIVA SCUOLA DEL GOVERNO RENZI-GIANNINI sta per cominciare

AUGURI a tutti: alle bambine e bambini che fanno il loro primo ingresso nella scuola; ai genitori che già sognano per loro un futuro; ai docenti di ogni ordine e grado che dovranno “curare” la loro crescita civile e culturale; agli altri operatori che si occuperanno di farli vivere all’interno di aule pulite ed ambienti accoglienti.

Il Ministro ha parlato di “una sfida”, forse in parte consapevole che ai più toccherà sopportare l’incuria amministrativa e politica le cui responsabilità fanno proprio capo a lei ed al suo Governo.
Forse consapevole ma anche colpevole per non aver cambiato in meglio i precedenti disastri della Destra, non aver rinnovato, non aver riconosciuto dal punto di vista economico la funzione fondamentale degli operatori culturali scolastici.

Altro che “Buona scuola”. Quella nella quale si apprestano ad entrare i nostri figli e nipoti ha proprio la caratteristica di una CATTIVA SCUOLA – senza insegnanti, senza la giusta sicurezza, senza risorse.

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale parte 1, 2 e 3

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale

– prima parte –

“Professore, al cambio d’ora passi in Presidenza” la bidella del piano aveva risposto al trillo imperioso del telefono interno nel corridoio ed anche gli allievi, che stavano concentrandosi nella prova di italiano in quella fine del trimestre, avevano sentito parte del breve dialogo che, subito dopo essersi interrotto, era stato riportato: la bidella aveva bussato con insolita circospezione ed aveva informato il professor De Marco. “No, avvertite la Preside che scenderò solo al termine della prova: non posso lasciare soli i ragazzi!”.

La bidella ritornò al telefono ma la risposta fu, a tutta evidenza, negativa.
“La Preside dice che manderà un sostituto a sorvegliare la regolarità della prova e le chiede di scendere subito dopo”.

Dal terzo piano Giorgio non appena arrivò a sostituirlo una giovane collega – ma tutto avvenne con insolita rapidità – scese giù verso la stanza della Presidenza, davanti alla quale già sostavano altri due colleghi, la professoressa Bencolti ed il professor Merletti, ai quali scoprì subito era stato detto di attenderlo prima di entrare…

Non era strano vederli insieme; erano tutti e tre politicamente impegnati nell’amministrazione comunale con vari e diversi incarichi istituzionali e più di una volta la Preside li aveva interpellati insieme, ma in quell’occasione la situazione che si prospettò rapidamente fu molto diversa: era il Provveditore agli Studi che li voleva con urgenza ed aveva autorizzato la Preside ad esentarli dalle lezioni e sostituirli per il resto della giornata.

…………………………………………………..

“Ci vediamo in Piazza San Francesco, davanti all’edicola”

Ognuno di loro aveva il pass per accedere al centro ed il contrassegno consentiva di trovare più facilmente un parcheggio: ciascuno poi pensava, vista l’ora e gli impegni di lavoro modulari, di poter tornare direttamente a casa…
Si ritrovarono nel luogo convenuto a pochi passi dalla sede del Provveditorato.

Vi salirono e si presentarono alla Segretaria che intanto li fece accomodare: “Il Provveditore è impegnato a telefono con il Ministero, gli ho appena passato la linea: quando la ritorna libera lo avverto”. E continuò a lavorare per proprio conto.

Era da poco passato il tocco e tutti avevano avvertito la propria famiglia già prima di uscire da scuola che non sapevano a che ora sarebbero tornati.

E s’era fatto un quarto alle due: il Provveditore aveva smesso la sua conversazione e la segretaria li aveva annunciati. Con un grande sorriso li salutò chiamandoli come di dovere in modo formale istituzionale e stringendo loro vigorosamente le mani.

“Accomodatevi”.
De Marco aggiunse una sedia alle altre due di fronte all’ampia scrivania ricolma di scartoffie e di ninnoli vari.

I volti in un momento di silenzio interrogavano il sorriso dell’uomo di fronte a loro, un sorriso soddisfatto ma per tutti amletico. Pochi secondi, neanche un minuto di silenzio interrotto poi da un proclama apparentemente senza appello.
Manzoni docet.

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“Mettiamolo ai voti!”

Giorgio aveva presentato alla Commissione Scuola del Partito un Documento chiaro e preciso nel quale si prendevano in esame le richieste di allievi, docenti e genitori dell’Istituto in cui insegnava da più di dieci anni e la cui sede rischiava di essere spostata dalla parte della città opposta a quella in cui si trovava per scelte che erano considerate inopportune sia dal punto di vista storico che da quello più utilitaristico, che appariva prioritario nelle motivazioni.

Lo chiamavano “dimensionamento” ed era stato collegato alla necessità di risparmiare oneri di affitto per strutture ad uso scolastico che appartenevano a privati, privilegiando al meglio quelle che erano di proprietà pubbliche.

L’Istituto di Giorgio, il “Dagomari”, era ad un passo dalla Stazione Centrale e dal capolinea dei trasporti automobilistici.

“Dai calcoli fatti da esperti la proposta avanzata dalla Provincia è fuori scala; il “Dagomari” non entra nella sede del “Gramsci” ed il “Copernico”, se non si ridimensiona, cioè non autoriduce il numero dei suoi studenti, non entra nella sede del “Dagomari”: insomma quella che si sta svolgendo è una vera e propria “partita di scacchi” sulla testa dei cittadini; non si può valutare una scuola solo sulla base dei numeri, e del numero degli allievi. In aggiunta, le proiezioni sulla decrescita della popolazione scolastica dei prossimi anni sono del tutto inventate e dunque aleatorie.”
Giorgio aveva così sintetizzato ai presenti della riunione il suo pensiero che più analiticamente aveva sviluppato nel Documento.

– fine parte 3 –

LA BRUTTA E CATTIVA SCUOLA STA PER COMINCIARE

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LA BRUTTA E CATTIVA SCUOLA STA PER COMINCIARE

Ieri la notizia che ad Amatrice si riapriva l’anno scolastico per i bambini di quelle lande disastrate dal sisma di metà agosto ci ha fatto un enorme piacere; ne siamo davvero felici perché è un “segnale” positivo per quella realtà. E siamo anche molto contenti per loro perché possono presupporre che davvero la “scuola” sia in questo caso “buona”, perlomeno e per ora la scuola.

Non è così per il resto d’Italia, dove la “buona scuola” rimane tale solo nelle parole a vanvera di Renzi e Giannini, supportate in modo pedissequo e servile dai loro sostenitori.
Forse questi ultimi che superficialmente sono ancora fiduciosi non sanno che le scuole – nella loro massima parte – non resisterebbero ad un sisma della forza che ha fatto cadere edifici privati e pubblici nei diversi terremoti, ivi compreso l’ultimo. Forse non sanno che non esistono piani “sicuri” di evacuazione in caso di incendio o evento sismico, non esistono scale di emergenza in moltissimi di quelli edifici (non solo le scuole).

Non è così per il resto dell’Italia, dove la “buona scuola” rimane un’utopia, mancando per effetto di politiche inefficaci di un 30 % di docenti alla riapertura dell’anno scolastico. Non ha funzionato il sistema dell’assegnazione delle cattedre attraverso il metodo tecnologico avanzato che tanto strombazzato dal Governo e dai “media” ha prodotto un vero e proprio sconquasso (“facite ammuina”!) decretando quegli spostamenti paradossali di docenti del Nord verso il Centro ed il Sud e viceversa. Qualcuno ha parlato di “deportazioni” esagerando ovviamente ma non si può negare che, al netto di quella boutade, sia stato assurdo quel che è avvenuto, che ha poi dato vita a ricorsi molto spesso accolti o in via di accoglimento.

Si aggiunga la vicenda “concorsone” dai toni grotteschi ma significativi del grado di stima e valutazione che i “governanti” hanno dei docenti: i commissari si sono via via dimessi per l’irrisorio compenso loro accreditato a fronte degli impegni richiesti (non sarebbe così per i “piccoli e grand commis” di Governo e sotto-Governo cui vengono assegnati emolumenti faraonici a prescindere dai risultati) e questo ha ritardato l’espletamento dei concorsi, rimandando necessariamente l’assegnazione di quelle cattedre a data da destinarsi.

Per la cronaca

Il compenso base (tra parentesi il compenso previsto fino ad oggi) per i presidenti sarà di (251) 502 euro, mentre per i componenti della commissione di (209,24) 418,48.

Le cifre sono lorde.

A questi compensi si aggiungeranno quelli integrativi, pari ad un euro (fino ad oggi il compenso è di 0,50) per ciascun elaborato o candidato esaminato.

Come ben si comprende e senza offendere alcuno queste cifre sono al di sotto della paga di un extracomunitario sotto tutela di un “caporale” nella raccolta dei pomodori.

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I CONTI NON TORNANO – un racconto morale – parte 3

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I CONTI NON TORNANO – un racconto morale – parte 3

“Mettiamolo ai voti!”

Giorgio aveva presentato alla Commissione Scuola del Partito un Documento chiaro e preciso nel quale si prendevano in esame le richieste di allievi, docenti e genitori dell’Istituto in cui insegnava da più di dieci anni e la cui sede rischiava di essere spostata dalla parte della città opposta a quella in cui si trovava per scelte che erano considerate inopportune sia dal punto di vista storico che da quello più utilitaristico, che appariva prioritario nelle motivazioni.

Lo chiamavano “dimensionamento” ed era stato collegato alla necessità di risparmiare oneri di affitto per strutture ad uso scolastico che appartenevano a privati, privilegiando al meglio quelle che erano di proprietà pubbliche.

L’Istituto di Giorgio, il “Dagomari”, era ad un passo dalla Stazione Centrale e dal capolinea dei trasporti automobilistici.

“Dai calcoli fatti da esperti la proposta avanzata dalla Provincia è fuori scala; il “Dagomari” non entra nella sede del “Gramsci” ed il “Copernico”, se non si ridimensiona, cioè non autoriduce il numero dei suoi studenti, non entra nella sede del “Dagomari”: insomma quella che si sta svolgendo è una vera e propria “partita di scacchi” sulla testa dei cittadini; non si può valutare una scuola solo sulla base dei numeri, e del numero degli allievi. In aggiunta, le proiezioni sulla decrescita della popolazione scolastica dei prossimi anni sono del tutto inventate e dunque aleatorie.”
Giorgio aveva così sintetizzato ai presenti della riunione il suo pensiero che più analiticamente aveva sviluppato nel Documento.

– fine parte 3 –

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale – parte 2

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I CONTI NON TORNANO – un racconto morale – parte 2

“Ci vediamo in Piazza San Francesco, davanti all’edicola”

Ognuno di loro aveva il pass per accedere al centro ed il contrassegno consentiva di trovare più facilmente un parcheggio: ciascuno poi pensava, vista l’ora e gli impegni di lavoro modulari, di poter tornare direttamente a casa…
Si ritrovarono nel luogo convenuto a pochi passi dalla sede del Provveditorato.

Vi salirono e si presentarono alla Segretaria che intanto li fece accomodare: “Il Provveditore è impegnato a telefono con il Ministero, gli ho appena passato la linea: quando la ritorna libera lo avverto”. E continuò a lavorare per proprio conto.

Era da poco passato il tocco e tutti avevano avvertito la propria famiglia già prima di uscire da scuola che non sapevano a che ora sarebbero tornati.

E s’era fatto un quarto alle due: il Provveditore aveva smesso la sua conversazione e la segretaria li aveva annunciati. Con un grande sorriso li salutò chiamandoli come di dovere in modo formale istituzionale e stringendo loro vigorosamente le mani.

“Accomodatevi”.
De Marco aggiunse una sedia alle altre due di fronte all’ampia scrivania ricolma di scartoffie e di ninnoli vari.

I volti in un momento di silenzio interrogavano il sorriso dell’uomo di fronte a loro, un sorriso soddisfatto ma per tutti amletico. Pochi secondi, neanche un minuto di silenzio interrotto poi da un proclama apparentemente senza appello.
Manzoni docet.

– fine parte 2 –

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale

Lo avevo annunciato per ieri ma ho avuto dei contrattempi che mi hanno distolto – questo racconto dimostra come le scelte amministrative non rispettano né le volontà né le esigenze dei cittadini ma molto spesso sono piegate alle volontà ed alle esigenze(!) di gruppi di potere: ne è dimostrazione recente (agosto 2016) la torbida vicenda del progetto di ampliamento dell’Aeroporto di Firenze Peretola. E’ una “storia” emblematica che insegna a non fidarsi del Governo anche quando blandisce (e sottilmente minaccia) i cittadini con mirabolanti promesse di straordinari cambiamenti…

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/16_agosto_08/firenze-tar-accoglie-ricorso-contro-ampliamento-dell-aeroporto-cd0efcfc-5d8f-11e6-addc-c76dce7e53cd.shtml

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale

– prima parte –

“Professore, al cambio d’ora passi in Presidenza” la bidella del piano aveva risposto al trillo imperioso del telefono interno nel corridoio ed anche gli allievi, che stavano concentrandosi nella prova di italiano in quella fine del trimestre, avevano sentito parte del breve dialogo che, subito dopo essersi interrotto, era stato riportato: la bidella aveva bussato con insolita circospezione ed aveva informato il professor De Marco. “No, avvertite la Preside che scenderò solo al termine della prova: non posso lasciare soli i ragazzi!”.

La bidella ritornò al telefono ma la risposta fu, a tutta evidenza, negativa.
“La Preside dice che manderà un sostituto a sorvegliare la regolarità della prova e le chiede di scendere subito dopo”.

Dal terzo piano Giorgio non appena arrivò a sostituirlo una giovane collega – ma tutto avvenne con insolita rapidità – scese giù verso la stanza della Presidenza, davanti alla quale già sostavano altri due colleghi, la professoressa Bencolti ed il professor Merletti, ai quali scoprì subito era stato detto di attenderlo prima di entrare…

Non era strano vederli insieme; erano tutti e tre politicamente impegnati nell’amministrazione comunale con vari e diversi incarichi istituzionali e più di una volta la Preside li aveva interpellati insieme, ma in quell’occasione la situazione che si prospettò rapidamente fu molto diversa: era il Provveditore agli Studi che li voleva con urgenza ed aveva autorizzato la Preside ad esentarli dalle lezioni e sostituirli per il resto della giornata.

– fine prima parte –

Perché ci si allontana dalla Politica?

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Perché ci si allontana dalla Politica?

Un vero “democratico” non dovrebbe essere contento ma colui il quale coltiva ambizioni prettamente “personali” si abitua ad equilibrare anche il proprio pensiero tarandolo su quello del “potente” di turno, sia esso locale e periferico oppure nazionale e centrale. Lo si sa: ci sono varie gradazioni di potenza, da quella del “ras” del quartiere che ha bisogno di avere dalla sua parte un po’ di voti per avviare il suo percorso di “carriera” a quella del politico locale che si affida clientelisticamente al personaggio regionale o nazionale che ha già percorso quei viottoli qualche anno prima ed ora sbava alla corte dei big nazionali.

Il problema più grosso è che nessuno di questi, anche il più piccolo, oggi potrebbe “vivere” nemmeno appena appena in modo dignitoso se non fosse “servo” di qualcuno o se non si fingesse tale a proposito.

Io so bene che di fronte a quel che dico si potrebbero sollevare un sacco di proteste sdegnate ma questo sarebbe un buon segnale: il fatto è che chi si sdegna è ai margini di quel “potere indistinto” perché coloro che sono colpiti (che dovrebbero esserlo perché sono i destinatari della mia invettiva) fanno semplicemente finta di nulla e vanno avanti per la loro strada, avendo fiducia nel fatto che se la gente capisce che tutte quelle critiche non hanno effetto decide di allontanarsi dal “voto” lasciando spazio ai “fedeli della linea” a prescindere (coloro che fingono di ragionare!) che non mancano mai.

Da domani pubblicherò suddiviso in alcune parti un “racconto morale” sulle malefatte della Politica vissute qui a Prato.

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