COME CONOSCO GIUSEPPE MARIO GAUDINO – antefatti

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ripubblico questo mio post per onorare Giuseppe che con “Per amor vostro” ha ottenuto un meritato successo alla 72a Mostra del Cinema di Venezia 2015

 

L’ANTEFATTO dell’incontro con Giuseppe Mario Gaudino

“Professore, c’è qui un giovane che la cerca” la segretaria dell’Assessore aveva un tono ilare insolito e lo esplicitò subito dopo. “Ha chiesto di essere ricevuto dall’Assessore Maddaluno”. Ora, a parte la perplessità generica e lo sbandamento relativo al fatto che avrei potuto supporre che l’equivoco fosse stato generato da una mia bugia, mi venne da sorridere. In effetti non ero Assessore e non conoscevo in maniera diretta questo giovane anche se ne avevo sentito parlare negli ambienti culturali e cinematografici come “promessa” della produzione di ricerca: in quegli anni (la metà degli anni Ottanta) più di ora mi occupavo di Cinema seguendo in particolare le giovani generazioni ed ero in contatto con molti fra i rappresentanti dell’arte cinematografica sia nei settori della produzione che in quelli della realizzazione. Avevo già progettato “Film Video Makers toscani” e di questo giovane avevo visto “Aldis”, che mi aveva colpito particolarmente per la fotografia ed il montaggio, oltre che per la scelta di girare la maggior parte del video sul Lago Fusaro e nella Casina vanvitelliana che è collocata su quel Lago dei Campi Flegrei e vi si accede attraverso un pontile. Era chiaro che Giuseppe arrivasse da Roma con un’informazione ricevuta da amici comuni di Pozzuoli che gli avevano segnalato la mia presenza a Prato come “collaboratore” esterno dell’Assessorato alla Cultura e nel passaggio comunicativo si era prodotta una distorsione del tutto evidente. Conoscevo, dunque, alcuni elementi della sua storia e sapevo di avere amici tra i suoi parenti che non sentivo né vedevo da alcuni anni. Avevo lasciato Pozzuoli nel 1975 ed i fratelli Tegazzini (Silvio e Giancarlo), cugini di Giuseppe, erano stati fra i migliori amici che avessi frequentato in modo continuativo. Alla Segretaria (non ricordo se fosse Dori, Carla o Enrica) dissi di farlo attendere, scusandomi per l’equivoco che era stato creato e che – lo ribadii – non dipendeva di certo da me, anche se non saprò mai se fossi stato convincente. In una mezzora fui in via Cairoli (l’Assessorato alla Cultura del Comune era nel Palazzo Buonamici poco prima dell’Hotel Flora); Giuseppe mi aspettava nell’ingresso del Palazzo e, dopo una breve presentazione, mi disse che non poteva trattenersi e mi consegnò un pacchetto che, prima di salutarlo, aprii: c’era la sceneggiatura di un suo film che andava preparando. “Giro di lune tra terra e mare”; già dalle prime pagine che mi apparvero, accompagnate da fotocopie in bianco e nero di fotografie “di scena”, notai che, in continuità con “Aldis”, permaneva lo stile, visionario ed onirico, basato su ricerca ambientale collegata ad un mondo per me “comune” di esperienze vissute. Le immagini descritte per circa trenta pagine appartenevano agli ambienti naturali che ben conoscevo e rievocavano in me sensazioni riposte abbandonate da circa un decennio. Salutai Giuseppe Gaudino e mi ripromisi di ricontattarlo (c’era un indirizzo sul frontespizio, ed un numero di telefono). A dire il vero ho sempre avuto con me quella sceneggiatura ed ho sempre pensato con piacere a Giuseppe ma per molti anni, troppi, non ero riuscito ad incontrarlo; quando scendevo a Pozzuoli i miei impegni erano quelli “di famiglia”: anche gli amici “comuni” e quelli che per me avevano avuto un significato fortissimo nella mia formazione non venivano da me contattati. E non so di certo dire perché mai mi comportassi così; c’era un muro che non riuscivo a valicare, anche perché sapevo di non poter condividere percorsi comuni, dato che il mio lavoro non mi consentiva di spostarmi a piacimento. So bene di ricercare una giustificazione al mio atteggiamento a dir poco superificiale ma i miei impegni professionali, culturali e politici – che erano un tutt’uno con quelli familiari – mi impedivano davvero di poter pensare a costruire qualcosaltro, anche se nel mio luogo di crescita esistenziale. Dal 2013, pur essendo più vecchio, qualcosa è cambiato; con l’età della pensione ho scelto di ritornare a Pozzuoli – non stabilmente ma con maggiore assiduità. In effetti sono stanco della vita politica; è diventata insopportabile! La Cultura per me rimane l’unica ancora di salvezza; e gli antichi amori e le amicizie sono per me elemento di recupero di una dimensione umana necessaria per poter sopravvivere a questo disastro. Ed è venuto dunque il tempo per riprendere contatti. E così, dopo poco meno di trenta anni da quell’incontro, mi lancio alla ricerca del tempo perduto e dei passi smarriti. I recapiti sul frontespizio della sceneggiatura non sono più utili; il tempo anche per Giuseppe Gaudino è passato. Ma sono determinato ad incontrarlo di nuovo, stavolta possibilmente più a lungo. Ho bisogno di sapere quello che non so. Gaudino ha realizzato ovviamente in tutti questi anni non solo “Giro di lune…”, ha lavorato come scenografo, ha costituito una casa di produzione (la Gaundri) con Isabella Sandri, sua compagna di vita e di lavoro, ed il mio desiderio di recuperare parte, anche minima, di quanto avremmo potuto fare è fortissimo.

Gaudino

 

PASOLINI 40 – in preparazione due eventi…

PASOLINI 40 – in preparazione due eventi…

Il prossimo 2 novembre ricorrono 40 anni dalla morte tragica di uno dei personaggi riconosciuti della Letteratura e della Cultura come grande ed universale, alla pari di Dante, di Petrarca, di Boccaccio, e di Joyce, di Proust e pochi altri. Cosa si intenda per “universale” è abbastanza presto – nella sintesi – detto. Quando un autore riletto per intero o per brani all’interno di opere complesse di poesia, teatro, letteratura, cinema, saggistica, filosofia, socio-antropologia culturale appare con il passare degli anni sempre più attuale; quando egli riesce a parlare ad intere e progressive generazioni alcune delle quali nate e cresciute “dopo” quel novembre del 1975, facendosi intendere per la straordinaria chiarezza dei suoi contenuti, ricchi di profondità, mai banali; quando le sue denunce, nonostante l’impegno di generazioni a lui contemporanee a produrre sostanziali migliorativi nel tessuto socio-politico, appaiono ancora necessarie ed attuali: ecco, allora bisogna dire che, pur riconoscendone aspetti utopici tipici di un “illuso idealista sognatore”, ci troviamo di fronte ad una personalità di primissima grandezza.
La sua poesia è nel complesso della sua opera: abbiamo ancora bisogno di lui.
Il prossimo novembre – forse il 3 – un collettivo di Associazioni e singoli cittadini presenterà una silloge di poesie dedicate a Pasolini.
Il libretto, prodotto da Dicearchia 2008 ed Altroteatro avrà un formato mini 10 x 5 e volutamente conterrà un massimo di 15 poesie – non vi sarà selezione ma le autrici e gli autori (tutte\i di prima grandezza) sono state\i già invitate\i e stanno inviando il loro contributo.
Il libretto, che avrà anche una prefazione importante, sarà autoprodotto e verrà ceduto al costo di tipografia maggiorato solo per eccesso (es.: 0,66\ 1,0 euro).
Il libro avrà come titolo
“…e furono dieci
poi venti
trenta quaranta, oggi….”

PASOLINI
Nella stessa giornata della presentazione del libretto l’Associazione culturale Altroteatro metterà in scena un “reading” aperto dedicato alla figura di Pasolini.
Poichè ho ragione di credere che l’evento sarà estremamente interessante sarà opportuno e doveroso “invitare” le autorità cittadine a partecipare.

CASE – RELOAD PARTE 1, 2, 3

Mentre preparo la parte 4 vi posto il reload delle prime tre

CASE
La mia prima abitazione affacciava su un’arteria principale che da Quarto portava a Pozzuoli, via Campana 25 (mi pare). Era un appartamento modesto al secondo piano di una palazzina che era stata costruita a ridosso di una piccola altura che probabilmente nascondeva parte di una necropoli romana, i cui resti affioravano qua e là, attirando la mia curiosità di bambino. Vi si accedeva attraverso un piccolo angusto buio ingresso che si illuminava di giorno con la luce che proveniva dal grande atrio a cielo aperto cui si arrivava salendo pochi scalini. Su questo atrio si affacciavano due abitazioni altrettanto modeste, in una delle quali abitava una famiglia di pescatori con i cui figlioli mi accostai colpevolmente alla lettura di alcuni fumetti avventurosi (Il Grande Blek e Capitan Miki): colpevolmente perché – in quegli anni – pedagogicamente era proibito a chi volesse essere un bravo studente la lettura dei fumetti; in particolare quelli di cui ho accennato. Poteva essere tollerato Topolino e ad ogni modo veniva consigliato – non potendo farne a meno – Il Giornalino che si trovava in Parrocchia. A me però piacevano i fumetti di quei monellacci destinati già da bambini al mondo del lavoro e spesso mi recavo da loro per poterli leggere. La loro era una casa più piccola della mia, più angusta e buia ma io vi scendevo volentieri tutte le volte che potevo. Mia madre d’altronde non ricambiava l’invito ed io non ero titolato ad estenderlo ad estranei. Alla mia casa si accedeva attraverso delle scale che passavano lungo un muro che divideva il complesso da un’altra palazzina. Si passava poi girando a destra sotto la finestra della cucina di casa mia prima di arrivare ad un ballatoio sul quale vi era la porta di ingresso. Oltre questo ballatoio vi era un altro appartamento ben separato dal resto che era poi un solaio ampio con fioriere sempre curate che portavano all’appartamento dei proprietari dell’intero stabile. La mia prima abitazione era composta da un ingresso abbastanza ampio nel quale spiccavano alcuni mobili costruiti da mio nonno, che conservo ancora nella mia casa attuale a Prato, dopo che per anni erano rimasti in soffitta nell’altra mia abitazione a Pozzuoli in via Girone 29. Sono mobili del primo Novecento fatti a mano in modo artigianale che non hanno mai subito l’affronto dei tarli nella parte in legno e non si sono modificati nella parte imbottita ricoperta di pelle. Reggono ancora noi tutti grandi grossi e grassi senza sgangherarsi. Su un secretaire alto in fondo alla stanza di ingresso troneggiava una radio marca Geloso dalla quale ho ascoltato soprattutto musica, compreso qualche edizione del festival di San Remo che se non sbaglio ha preso il via nel 1951. Dall’ingresso andando a sinistra vi era una porticina che accedeva alla cucina, una vecchia cucina a carbonella costruita in muratura. Vi si trovava un tavolo e poche sedie; a quei tempi i miei non avevano un frigorifero. La credenza era minuscola, dovendo contenere pochi oggetti. La cucina era illuminata naturalmente dalla finestra che dava sul cortile interno, quello con la scalinata di accesso di cui dicevo prima……

Parlavo delle mie “case” in un post di apertura su questo tema pochi giorni fa. E descrivevo la mia prima abitazione in via Campana 25, a Pozzuoli nel cuore dei miei Campi Flegrei. Una abitazione modesta ma dignitosa in un tempo nel quale ancora tanta gente abitava in vere e proprie topaie, bassi e sottoscala. Ricordo in particolare una vecchia zia di mia madre che abitava sui Quartieri Spagnoli al Conte di Mola in uno di questi “bassi” che ho poi ritrovato nella letteratura eduardiana; mentre altri miei parenti abitarono per un breve periodo in un sottoscala di un palazzone signorile a via Napoli a Pozzuoli. Mio padre poteva permettersi qualcosa di meglio, avendo acquisito grande credito sul piano lavorativo e così a noi non è mai mancato nulla; anche se, usciti dalle ristrettezze della seconda guerra mondiale, quel che riuscivamo ad avere era tantissimo e ci faceva sentire “ricchi”. Quella che è stata la mia prima casa è stata anche la prima dei miei genitori. La modestia della casa era segnalata – come già accennavo – da una cucina a carbonella e da un bagno che consisteva esclusivamente nel water, essendo collocato in un vano stretto e mal aerato (oggi si direbbe “ad aerazione forzata”) tra la cucina e la camera da letto. Questa era la più ampia delle stanze e conteneva agevolmente tutti i mobili necessari: un letto matrimoniale, un lettino che all’inizio era stata la mia culla, due comodini, due cassettoni/comò, un grande armadio. Erano mobili costruiti in un legno marroncino da un grande artigiano che noi tutti conoscevamo benissimo: mio nonno. Ho già scritto che una parte dei suoi mobili, che erano poi appartenuti ai miei genitori fanno bella mostra nell’ingresso della mia abitazione pratese. Dalla camera da letto si accedeva ad un balcone che affacciava su via Campana, una delle strade più intensamente trafficate già allora, a parte il fatto che la maggior parte dei passaggi erano quelli di carretti e calessi (‘o trerrote”), i primi che trasportavano frutta e verdure dalle campagne al mercato già nel buio delle prime ore del giorno, i secondi che – soprattutto la domenica – portavano avanti ed indietro signori e contadini allo “struscio” nella parte bassa del porto o nelle zone “turistiche” quando era il tempo della bella stagione. Non c’erano molti rumori per gran parte della giornata, tranne le campane della vicina Chiesa dell’Annunziata ed i vicini di casa, i dirimpettai e quelli che fossero passati avrebbero potuto sentire il canto di mia madre che in tal modo si teneva compagnia mentre svolgeva i “servizi” di casa aspettando il ritorno di mio padre. Incredibilmente, ed a conferma di quanto scrivo, il suo ritorno era annunciato da un fischiettare suo tipico mentre si avvicinava a casa. E noi tutti lo sentivamo.

In quella mia prima modesta abitazione in via Campana 25 come dicevo non vi era un vero e proprio “bagno” attrezzato (in quel tempo nella maggior parte delle case era così!) ma l’acqua corrente ci permetteva utilizzando oggetti “volanti” di sopperire alle necessità igieniche. Avevamo bacinelle e tinozze di ogni forma e misura e mia madre riscaldando l’acqua sulla “fornacella” in ampi e capienti recipienti mi faceva il bagno almeno una volta alla settimana. Per fortuna c’era – all’esterno dell’appartamento – un vano ripostiglio per così dire “condominiale” dove questi materiali ingombranti venivano riposti dopo l’uso. Quella “casa” aveva anche un’altra stanza che di solito era un luogo proibito affinché l’ordine non venisse sconvolto da presenze umane; vi si accedeva andando appena oltre la stanza di ingresso-salotto e consisteva in un altro salotto più riservato sempre ordinato ed inaccessibile. In effetti tutta la casa era inaccessibile ai più: mia madre inorridiva al pensiero che qualcuno potesse dissacrare, profanare il suo “regno” e non gradiva nemmeno invitare miei amichetti, anche – e forse soprattutto – quelli che abitavano appena un piano sotto, ma con i quali di tanto in tanto giocavo. Non avevo molta compagnia e sono stati, quelli in via Campana, anni di solitudine e di incubazione della mia voglia di evadere e del desiderio di condividere con altri i miei progetti ed i miei sogni. Così è stato per i miei primi cinque anni; non si trattava di “reclusione” perché comunque si usciva, si scendeva giù verso la città bassa, si andava al Cinema, a volte veniva mia zia da Procida e mi portava con lei, in altre occasioni si andava in campagna a Toiano o al lago d’Averno dove vi erano dei parenti di mio padre. A Toiano vi era la famiglia di una “sposina” che abitava nel palazzo accanto: il marito era un operaio edile molto amico di mio padre, che lo stimava per le qualità professionali ed umane e la mattina di solito si incontravano sotto casa per recarsi insieme al lavoro. Fu proprio per questo motivo che una di quelle mattine quel giovane non si ritrovò al solito appuntamento e mio padre dopo aver fischiettato sotto il balcone per chiamarlo decise di andare su a bussare alla porta dell’appartamento. Questo gesto li salvò da morte certa: di notte il braciere che serviva per riscaldare gli ambienti aveva diffuso monossido di carbonio e quando il suo amico aprì la porta svenne e fu necessario l’intervento dei medici per lui e per la moglie, ma quell’episodio fortunatamente servì loro per essere più attenti da quel momento in avanti nell’uso della carbonella nelle notti fredde. L’amicizia si rinsaldò fortemente dopo quell’evento e la loro generosità si espresse per tutto l’arco della vita; spesso eravamo in campagna, venivano a prenderci con la carrozzella fin sotto casa e vi ci riportavano spesso a notte fonda nelle giornate di festa. Andavo anche dai nonni paterni che abitavano non molto lontano sulle Palazzine municipali, quelle che ora non ci sono più perché dopo gli eventi bradisismici e sismici degli anni settanta ed Ottanta vennero abbattute. Mio nonno aveva anche un sottoscala di sua competenza dove continuava a svolgere alcune attività hobbystiche di grande valore (ho già ricordato il suo estro di falegname mobiliere) carpentieristico; costruiva modellini di barche, di navi ed aveva messo su un grande presepe che era il suo vanto allorquando a Natale lo addobbava inserendovi tutti i personaggi ed i relativi meccanismi luminosi e automatici che lo rendevano “vivo”. In quelle occasioni consentiva a chi lo desiderava di poterlo visitare e spesso, partecipando a concorsi, vinse anche dei premi.

ALFABETO DELL’INVISIBILE – Chiara De Luca – Reading di poesie a Ferrara – Biblioteca Ariostea – lunedì 7 ore ore 17.30

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Settembre – si riprende a lavorare su quello che più ci piace
Poesia – letteratura – arte – teatro – cinema
Sarà un settembre intenso e preparatorio ad altre imprese – seguiteci – con Associazioni e Gruppi lavoreremo

Quello che oggi rapidamente vi presento attraverso il Comunicato ufficiale è un reading di poesie lette, recitate, commentate e cantate a partire dal bellissimo libro di Chiara De Luca “Alfabeto dell’invisibile” Samuele Editore – saranno presentati anche altri poeti come il messicano Michael Schmidt, l’irlandese Pat Boran, l’argentina Tamara Kamenszain, il portoghese Nuno Judice e la messicana Coral Bracho

04-09-2015
BIBLIOTECA ARIOSTEA – Lunedì 7 settembre alle 17 reading in sala Agnelli
L’ ‘Alfabeto dell’invisibile’ di Chiara De Luca

Racchiudono continui richiami a Ferrara le poesie di Chiara De Luca che si trovano raccolte nel libro l’‘Alfabeto dell’invisibile’ e che lunedì 7 settembre alle 17 saranno recitate, cantate e musicate a cura di Altroteatro nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea.
Assieme all’autrice, interverranno all’incontro, aperto a tutti gli interessati, Alessandro Canzian (editore), Antonello Nave (presidente di Altroteatro), Giuseppe Maddaluno (Altroteatro), Antonio Lombardi e Vincenzo Santaniello (musicisti) e Benedetta Tosi (attrice e cantante).

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
Per tutto il libro Chiara e Ferrara si rispecchiano, si cercano, si nascondono, si perdono, si ritrovano. Chiara ripercorre i suoi vicoli e sembra auscultare ogni pietra. Camminando tocca le pietre come quando da bambina ci saltellava a far campane. C’é nebbia in Ferrara, ma c’é nebbia anche in Chiara. Chiara non vuole tanto ricordare, ritrovare, nominare. Certe cose ce le fa vedere, altre no. C’è stato qualcosa di molto doloroso nell’infanzia, ma resta sfumato. Anche le persone, e ce ne sono tante nel libro, non hanno contorni precisi, ma non per questo sono meno vive, e vere. Mi viene in mente quella meravigliosa poesia di Pascoli (e restiamo comunque in Romagna) intitolata Nebbia, spesso antologizzata anche nei libri scolastici, che molti lettori forse ricorderanno: ”Nascondi le cose lontane / nascondimi quello che è morto”. Ecco, proprio nascondendo la presenza, la nebbia può anche nascondere, e contenere, l’assenza. Può conservarla. La nebbia è questa possibilità che presente e assente, visibile e invisibile siano ancora insieme. (Dalla prefazione di Claudio Damiani)

Chiara De Luca. Poetessa, narratrice e traduttrice in lingua inglese, francese, tedesca, spagnola e portoghese. Laureata in Lingue e Letterature straniere a Pisa. Nel 2008 ha creato Edizioni Kolibris, casa editrice indipendente consacrata alla traduzione e diffusione della poesia straniera contemporanea. Cura il blog “A margine dei versi”, dedicato alla critica del testo poetico, e il sito internazionale Iris di Kolibris, dedicato alla traduzione poetica, al bilinguismo e alla letteratura della migrazione.

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MA QUALE “RIVOLUZIONE COPERNICANA”? DI CHE SI PARLA? E’ IL FESTIVAL DELL’IPOCRISIA! parte 2

MA QUALE “RIVOLUZIONE COPERNICANA”? DI CHE SI PARLA? E’ IL FESTIVAL DELL’IPOCRISIA! parte 2

Ovvio che è molto diffusa questa pratica anche tra chi presta lavoro occasionale (ditte edili, artigiani, etc.) e chiaramente incamera cifre considerevoli distribuendo poi “a nero” ai suoi dipendenti “quotidiani” le cifre con loro pattuite per il lavoro. A questo punto poi chi è abituato a questo sistema, che tutti conosciamo, lo pratica impunemente “a catena”. E qui veniamo ai dati sul Sud, quelli che hanno fatto insorgere Saviano con alcuni interventi che hanno ricordato a Renzi i “piagnistei”. Sarei quasi pronto a schierarmi con Renzi se ciò non inducesse in equivoci; e quindi sarò chiaro: anche in questo caso è l’Ipocrisia ad emergere. Quelle “pratiche” di cui si diceva prima sono la prassi pressochè generalizzata nel Mezzogiorno ed è dunque chiaro che da una parte la “disoccupazione” è a livelli altissimi più della Grecia e dall’altra – come dicevano i “berlusconiani” – le pizzerie, i pub ed i ristoranti sono sempre stracolmi. Vi dirò di più: ho visto in giro tanta ricchezza, un benessere diffuso e pochi piagnistei, anche se i “mali” del Sud non sono dissimili da quelli del Nord e sono collegati all’incuria dei “beni comuni” (quelli storici, architettonici ed ambientali”) ed al disprezzo per la Cultura.
Al Sud (ma succede anche in altre parti d’Italia) i Fondi europei non vengono utilizzati. Lo abbiamo sentito dire più e più volte ma la responsabilità è soprattutto dei meccanismi burocratici che non hanno nulla da invidiare a quelli praticati nel Seicento da Azzeccagarbugli, tanto è che pochi “eletti” riescono a districarsi in quei meandri; e viene il dubbio, peraltro ragionevole, che siano non i più bravi ma – lo dico alla meridionale – i più “ammanigliati”, cioè quelli che con il Potere hanno rapporti tali da poter superare le “anse” della burocrazia. Poi c’è chi deve praticare i Fondi europei, portando a realizzazione i progetti: attenti a questo punto a non incorrere in “ricatti” che finiscono per rallentare ad arte i lavori fin quando – per terminarli – non si debba arrivare a compromessi. Insomma diciamo la verità: quelli di Saviano potranno essere anche dei “piagnistei”, ma il Paese – tutto – da Nord a Sud – attende scelte che siano davvero ai livelli delle nazioni europee come la Germania, verso la quale nutro profonda antipatia (accentuata dopo le vicende “greche”), ma che in materia di regole e metodi (non erano diverse prima della Merkel) dovrebbe esserci da esempio.

MA QUALE “RIVOLUZIONE COPERNICANA”? DI CHE SI PARLA? E’ IL FESTIVAL DELL’IPOCRISIA!

MA QUALE “RIVOLUZIONE COPERNICANA”? DI CHE SI PARLA? E’ IL FESTIVAL DELL’IPOCRISIA!

Una delle critiche che viene rivolta costantemente alla Politica è che i suoi rappresentanti si riempiono la bocca di belle parole ma, alla fine dei conti, non le applicano. Da ingenui (accolgo volentieri questo addebito) alcune\i di noi hanno richiesto “rinnovamento” nei metodi e nelle pratiche della Politica: il risultato è stato che chi ha continuato a mentire ha “rottamato” coloro che “davvero” volevano un cambiamento. Scusate la sintesi! Ma è questa la lettura che ho dato su quanto è avvenuto in questi ultimi due anni all’interno ed intorno al Partito Democratico.
Bene un leader ed un Governo decisionista (era ed è necessario accorciare i tempi delle scelte e della loro “pratica”); ma chi è stato sorretto nella “scalata” da gruppi e personaggi di dubbia moralità, spesso nei vari livelli “locali” ricercati proprio per la loro forza in numero di “voti” alla fine non può governare senza il consenso di essi. Altro che “rivoluzione copernicana” verso il bene e la legalità! Chi ha avuto e continua ad avere il sostegno dei veri “frenatori” (altro che “gufi”!) non può mantenere il credito dei cittadini onesti.
Se non ci fosse da piangere, ci verrebbe da ridere quando sentiamo che i nostri “governanti” scoprono che nelle campagne del Mezzogiorno (ma forse anche altrove) vige il “caporalato” e che le assunzioni per lavori temporanei avvengono attraverso la loro “struttura interinale”. Lo scoprono (ed è questa la tragedia maggiore) quando ci scappano i morti. E parte il pianto “ipocrita” e le assunzioni di immediati impegni a sconfiggere la malapianta.
Se non ci fosse da piangere, ci verrebbe da ridere quando sentiamo che si vuole colpire l’evasione fiscale; accade anche qui che quando dagli Enti preposti emerge il dato allarmante del livello altissimo di evasione, il Governo (tutti i Governi) si impegnano con parole minacciose a perseguire quanti evadono dal loro dovere civile (in effetti il livello di tassazione è esagerato ma interessa solo le persone “oneste”!). Piangere o ridere, voglio accennarvi a come si giunge a non pagare e quali conseguenze vi siano concatenate. Allora, facciamo l’esempio di un medico o di un altro professionista che suggerisca al cliente un “vantaggio” nell’onorario senza la fattura: il professionista non versa nulla al fisco ma allo stesso tempo la sua predilezione sarà anche di avere personale pagato a nero, con modalità che apparentemente potranno essere convenienti al dipendente spesso occasionale (qualche centinaio di euro in più, ma niente contributi o riduzione di contributi) e quindi altra evasione.

fine parte 1

LA CENA DEI POVERI – MERCOLEDI’ 26 AGOSTO -ore 20.30 – PRATO CIRCOLO ARCI SAN PAOLO VIA CILEA

LA CENA DEI POVERI – MERCOLEDI’ 26 AGOSTO -ore 20.30 – PRATO CIRCOLO ARCI SAN PAOLO VIA CILEA

 

Come già annunciato qualche giorno fa su questo Blog quest’anno la tradizionale (36a Edizione) “Cena dei poveri” che si svolge nel Quartiere San Paolo di Prato in via Cilea a cura del Circolo ARCI è stata prevista per il 26 agosto p.v.

 

Cosa è la “Cena dei poveri”?  Alla fine degli anni Settanta alcune famiglie che non potevano permettersi di andare in vacanza soprattutto nel periodo ferragostano – tradizionalmente legato a quell’attività – rimanevano a casa loro. Molte di esse erano iscritti ed attivi nel Circolo di via Cilea. A questi attivisti venne in mente – con quel tantino di  autoironia che non manca mai allo spiritaccio toscano – di inventarsi questo appuntamento.

 

Il menu di quest’anno prevede:

Antipasto Primavera

Taglierini in Brodo alla contadina

Penne al sugo di Papero

 

Bollito

Papero e Coniglio in Porchetta

Patate prezzemolate e Insalata Mista

 

Bevande fresche a volontà

 

Cocomero e Gelato

La quota individuale di partecipazione è di euro 20 (bambini sotto i 12 anni euro 10)

 

Si richiede la prenotazione obbligatoria o direttamente al banco o telefonando allo 0574 21675 entro domenica 23 agosto

 
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AGOSTO TEMPO DI RIFLESSIONI E DI SCELTE –parte 5

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AGOSTO TEMPO DI RIFLESSIONI E DI SCELTE –parte 5

Ho già parlato di Letteratura e di Cinema e certamente saranno temi ed argomenti molto importanti quelli che affronteremo nei prossimi mesi.
Occorre chiarirsi: personalmente aborro la Cultura pomposa, retorica e che sa di “costruita”, rifuggo dall’erudizione spicciola e noiosa (“pallosa”), mi piace la “leggerezza” non quella che è molto più vicina alla “cialtroneria” ma quella che si impegni a rendere semplici anche le questioni complesse (una persona vale di più se accanto alla conoscenza riesce ad abbinare la chiarezza). Chi segue le mie recensioni sa molto bene che da ogni lettura ricavo semplici riflessioni per avvicinare altri lettori a quei testi; non mi dilungo in approfondimenti dotti e filosofici, non mi dedico a richiami e riferimenti letterari o storici ma quasi sempre utilizzo quelle letture per inserire nelle recensioni esperienze personali di vita che mi sono state riportate in superficie dal profondo della mia coscienza.

NON MI DIRE
NULLA
LASCIATI CULLARE
DALLA POESIA
QUELLA CHE
TI FA COMPAGNIA
NELLE INSONNI
LUNGHE NOTTI
NESSUNO E’ MAI
SOLO

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BUON FERRAGOSTO A TUTTE LE AMICHE ED A TUTTI GLI AMICI ED AI MIEI FIGLI IN GIRO PER L’EUROPA

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BUON FERRAGOSTO A TUTTE LE AMICHE ED A TUTTI GLI AMICI
ED AI MIEI FIGLI IN GIRO PER L’EUROPA
CONDIVIDO CON TANTI LA VACUITA’ DI UN GIORNO DI FESTA IN FONDO UN GIORNO COME TANTI CONTRASSEGNATO DA UNA SEMPLICE CONVENZIONE COME FESTIVO RETAGGIO DI ANTICHE TRADIZIONI – LA MIA GIORNATA DOVREBBE ESSERE NORMALE TRANNE CHE PER UN VERSO: DI SOLITO MI FERMO A RIFLETTERE ED A SCRIVERE

Mi si dica
stasera
dove si va
se il nostro percorso
è ancora
comune e condiviso
se sulla strada
prevediamo soste
se si parte
e si va senza fermarsi
o ci si ferma
a riflettere
e si riparte
verso altre mete
tutti insieme
o divisi…

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LA CENA DEI POVERI – SAN PAOLO DI PRATO 26 AGOSTO

LA CENA DEI POVERI – SAN PAOLO DI PRATO 26 AGOSTO

La Cena dei poveri è uno degli eventi tradizionali che caratterizza la presenza del Circolo ARCI San Paolo in via Cilea a Prato. Si tratta di un appuntamento – quest’anno sarà la 36° Edizione – che possiede forti valenze socio-antropologiche. Solitamente si svolge nella prima parte del mese di agosto a ridosso di Santa Maria, essendo rivolto a quella parte di pratesi che soprattutto per motivi economici non riuscivano a godere di vacanze. All’inizio (fine anni Settanta – Anni Ottanta) erano in pochi a partecipare ma negli ultimi anni forse proprio per la crisi economica i partecipanti sono aumentati. Il termine “poveri” può tuttavia essere fuorviante: sin dall’inizio vi era una sottile autoironia.
Quest’anno la “Cena dei poveri” si svolgerà la sera del 26 agosto e tra qualche giorno gli organizzatori pubblicheranno il menu. Con pochi euro si mangia e si beve in buona compagnia. Per informazioni e prenotazioni basta contattare il circolo San Paolo allo 0574 21675