LUCIO D’ISANTO RISPONDE A “EN ATTENDANT – MA NON GODOT”

 Grazie, Lucio!

Lucio-DIsanto

Ma dove sta scritto che la democrazia è necessariamente il sistema delle discussioni eterne senza decidere mai? Altrove i disegni di legge si presentano, si discutono e poi si approvano o si respingono. Da noi si discute sempre senza decidere mai. Cosa abbastanza grave in un mondo che cambia rapidamente e ha bisogno di rapide decisioni. Da quanto tempo si parla del bicameralismo perfetto (unico al mondo)? Da quanto tempo ci si lamenta che i disegni di legge, prima di essere approvati, fanno “la navetta” tra camera e senato fino a che siano approvati nel medesimo testo da due camere perfettamente eguali … e questo se ci si riesce prima della fine della legislatura … sennò tutto daccapo! Di questo i costituzionalisti si lamentavano sui testi fin da quando (anno accademico 1969/70) studiavo Diritto Costituzionale! Oggi una crisi economico-finanziaria scoppia all’improvviso e ha bisogno di risposte celeri, come sono state date in paesi non proprio autoritari come gli USA (di Obama) o il Giappone, dove gli effetti della crisi sono stati almeno attenuati. Ma chi ha detto che una democrazia debba essere inefficiente, inconcludente e parolaia per forza? E un sistema così è sicuro che sia veramente democratico? E sei sicuro che sia “demagogico” volere con decisione qualcosa e poi presentarsi all’elettorato (le elezioni ancora nessuno, pare, le abbia abolite) che approverà o meno? E’ semplicemente quello che succede in tutte le democrazie normali. Nella Francia della III e IV Repubblica le cose andavano come oggi in Italia, si è cambiata la costituzione in senso più decisionista con la V Repubblica e oggi la lotta politica (con qualche eccezione) avviene tra una coalizione di destra e una di sinistra, chi vince governa e chi perde si oppone e controlla. E’ poco democratico questo? E’ demagogico? Allora dovunque in occidente regna la demagogia che invece non regnava nell’Italia felice dei Bersani, D’Alema, Finocchiaro, Prodi, Ciampi. Allora sì che si discuteva! Su tutto! Ma nessuno sapeva che nel 1992 (governo del Padre della Patria Ciampi) la Banca d’Italia veniva privatizzata (non ci vuole un economista per capire che si tratta di una decisione che riguarda la vita di tutti i cittadini) e diveniva di proprietà di altre banche (chi deve controllare è di proprietà dei controllati) senza tralasciare che la più delicata funzione pubblica veniva lasciata, da allora, in mano a dei privati! (E QUESTO E’ SOLO UN ESEMPIO TRA I TANTI). Ti sarò grato se mi trovi un solo articolo in prima pagina o una riunione di un qualche organo del PdS poi DS poi PD che abbia trattato l’argomento o lo abbia spiegato agli elettori (ti pago una pizza se me lo trovi). E sai che una cosa così importante la sapevano in pochissimi (oggi qualche trasmissione ritenuta “sbracata” ne comincia a parlare). Sai quei pochissimi perchè la sapevano? Perchè vivendo nel mondo giudiziario sapevano che era stata posta la questione legale del “signoraggio” cioè del compenso (sia pur minimo) che il “Signore” prendeva come compenso/tassa dalla collettività per aver battuto moneta nell’interesse pubblico. Ora che la banca centrale è privata, e quindi la moneta viene coniata da un ente che fa profitto, tale compenso, che non dovrebbe più essere dovuto, viene illegittimamente trattenuto. Voglio dire che, per mero caso, pochi cittadini sono venuti a conoscere, indirettamente, un problema (quello della privatizzazione della Banca Centrale) importantissimo per la sovranità popolare e la vita di una nazione. Era di un paese democratico discuterne in trasparenza o sarebbe stata demagogia? Prima “discutevi”, ma su cosa ti facevano discutere? Hai discusso sulla trasformazione delle banche, non più divise tra banche o sezioni che si occupano di finanza da quelle che si occupano dell’economia reale? Tale divisione è avvenuta con la “deregulation” Reaganiano-thatcheriana poi diffusa al resto dell’occidente. Hai discusso sul perchè la sinistra che prima aveva (giustamente) avversato ciò, poi lo ha entusiasticamente appoggiato? Hai partecipato a discussioni sul perchè, dopo la caduta del muro di Berlino, non ci si è identificati – a sinistra – più nemmeno con lo stato socialdemocratico rappresentato dal “welfare state” ma lo stato liberista (e non liberale che, come ben sai, è altra cosa) è stato additato come unica soluzione politica possibile? Ma nelle sezioni si discuteva, si discuteva, si discuteva … ma, capisco, queste sono le considerazioni di un demagogo come me, la democrazia è altra cosa! Scusa la logorrea e – nella consapevolezza che la discussione, almeno tra noi due, sia un arricchimento – ti invio i più cari saluti!

EN ATTENDANT (MA NON GODOT)

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Il mio amico Lucio si è affrettato (ha fatto bene e gli sono molto grato) a dire che non condivideva ma pubblicava il mio  post. E’ inequivocabile che non si possa rendere chiaro a chi non  ha vissuto dall’interno alcune stagioni importanti della Politica italiana il “malessere” che si prova nel vedere mettere in discussione alcuni capisaldi della Democrazia italiana da parte di una “maggioranza” di beneficiati dalla Politica che tartufescamente si ergono a rinnovatori e demagogicamente si presentano come “riformatori” annunciando quotidiane rivoluzioni che cambieranno il volto del Paese sostituendo le facce ma non modificando di una sola virgola i “metodi”. La velocizzazione delle scelte nasconde soltanto la volontà di eliminare del tutto la discussione.  Certo, è vero che il popolo ha chiesto a gran voce che si arrivasse più rapidamente all’operatività; ed al popolo occorre dare ragione e corrispondere alle sue richieste. Tuttavia bisogna anche dire che se si discute meno si abbassa il livello numerico di chi “partecipa”: il popolo anche questo vuole in alcune occasioni e chiede che vi sia qualcuno che queste decisioni sappia prenderle rapidamente. Lo chiamiamo “uomo forte” oppure “despota” ma è la stessa cosa; è in ogni caso uno che si circonda di persone fidate e che con queste poche intende governare con piglio decisionista. Di fronte a questa “mutazione antropologica” collegata all’assenza di capacità critiche autonome (la gente in effetti non ne può più degli abusi perpetrati a suo danno da parte della maggioranza dei “politici di mestiere” ed è disposta acriticamente a sopportare che uno di essi si erga a paladino provvisorio dei suoi interessi). Questo è quello che accade forse anche a te, caro Lucio? anche se tu hai bisogno di giustificarlo dottamente? Incontro molte persone che non riescono a spiegarsi il mio “dissenso” profondo; anche te, caro Lucio non lo puoi spiegare. Potrei farlo solo io, perché è mio il “mio” malessere, il mio profondo disgusto nei confronti della stessa minoranza del PD che si è piegata in cambio di posti da contrattare. E’ questa la “nuova” Politica? è questo il nuovo corso? il “rinnovamento”? non c’è niente di nuovo. L’ho scritto e lo ribadisco. Mi si rilegga fra trent’anni!

 

EN ATTENDANT

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Eh sì, aspetto qualcosa di nuovo, anche se non ci sono margini per  delle novità… Non ci sono margini perché non è più possibile dialogare quando le distanze diventano incolmabili. Impossibile nemmeno pensare che coloro che si sentono superiori per intelligenza e capacità ed avvertono il vento favorevole che li sostiene possano comprendere quanto sia  deleteria la dispersione e la perdita di risorse intellettuali. Si sbaglia in tal senso ciclicamente e poi, ma solo poi e dopo lungo e drammatico tempo, qualcuno di quelli che verrà dopo forse riconoscerà gli errori in un tempo che può essere lunghissimo e dal quale nessuno potrà fare ritorno. E gli errori si accumulano e si annacquano in un brodo di giuggiole ravvivato da successi concatenati e progressivi ma basati su fondamenta fragili d’argilla. I margini inesistenti sono collegati alla profonda incapacità politica di coloro che avvertono su di sè semplicemente l’aria fresca della navicella veloce le cui vele si gonfiano per i venti e per l’orgoglio. Cielo stellato

POZZUOLI E LA PRIMA COSA BELLA – ITINERARI 2014

La prima cosa bella DSCF0019 DSCF0153 LEZIONI DI CINEMA extra (Ciò che il Cinema ha insegnato a me) Negli ultimi tempi dopo aver imboccato la strada della “pensione” mi ritrovo sempre di più il desiderio di recuperare antiche amicizie e di costruire nuovi rapporti con persone più giovani di me. Cioè quelle persone che, tornando io dopo circa quaranta anni in terra flegrea, non potrei riconoscere perché quando sono andato via o non erano ancora nate oppure erano così giovanissime da non averci potuto trattare. Mi sembrava, tornando sporadicamente in scampoli di vacanza a Natale o d’estate ancor più dopo che i “miei” non c’erano più ed i punti di riferimento anche quelli parentali si erano allentati, di vivere in un mondo di alieni con centinaia e centinaia di volti quasi del tutto sconosciuti con qualche eccezione lieve. Nelle discussioni familiari a tavola quando sono a Prato trovo lo stesso senso di spaesamento nelle parole di mia moglie che si irrita quando nomino qualcuno dei vecchi e nuovi amici, affermando che lei nella sua “vita” ha avuto  poche amicizie e che quindi io sto parlando di persone a lei ignote del tutto. A Prato sono ormai a lavorare intorno a progetti che contemperano la mia presenza a Pozzuoli; ne preparo alcuni che siano gestibili anche nel Feltrino in terra bellunese, dove ho lasciato mie tracce ed intendo recuperarle. Intanto a Pozzuoli insieme a Mariateresa Moccia Di Fraia, docente di Lettere e responsabile scientifica del Polo Culturale di Palazzo Toledo ed a Giuseppe Borrone, storico del Cinema ed organizzatore di eventi importanti come il “Cineforum” del Cinema “La Perla”, di cui si parla anche fuori regione, e del Concorso “A corto di donne” di cui parlerò in altro articolo, abbiamo confezionato una serie di incontri dal titolo “La prima cosa bella – Esordi d’autore”. L’idea che avevo lanciato, complice Luigi Zeno, responsabile per l’Amministrazione Comunale di Pozzuoli del Polo Culturale di Palazzo Toledo, cui per antica amicizia mi ero rivolto in una prima fase, alla prof.ssa Di Fraia poco prima delle feste natalizie del 2013 era quella di analizzare i percorsi formativi che hanno portato alcuni autori di Cinema a raggiungere il successo. In quel momento, come sono solito fare, già pensavo soprattutto a grandi autori ed in particolare miravo ambiziosamente a costruire una serie di occasioni per poter poi produrre anche un libro. L’idea non è tramontata nella mia testa e penso di avviare a breve un lavoro su questo specifico argomento. In effetti non avremmo potuto facilmente interloquire con gli autori a cui pensavo sia per motivi economici sia per motivi molto più concreti, dato che pensavo a Welles, Fassbinder, Truffaut, Clair, Renoir e qualche altro che non sono – anche da tempo – più fra noi. Diciamo che non scherzo, anche se a qualcuno potrebbe essere venuto il dubbio. Ma sono stati soprattutto i motivi economici e la diversità di idee (rispettabilissime concrete e convincenti) fra me e gli altri due organizzatori a portarci verso autori più raggiungibili perché più vicini al nostro territorio. Ho avanzato delle proposte, tutte accolte, ma due su tre di esse si sono vanificate in un “niet” in vario modo ed in un possibile loro recupero più in avanti. Dovevamo cominciare in gennaio ma per la non disponibilità dei primi due autori interpellati siamo arrivati alla fine di febbraio con un incontro riservato ai giovani cineasti locali. La proposta mi è piaciuta in modo particolare: avevo già studiato per presentare i due che avevano declinato l’invito ed ora mi ritrovavo di fronte a quattro (o cinque) perfetti – per me e per la mia evidente ignoranza – sconosciuti. Ed era necessario recuperare questa conoscenza rapidamente. Con i potenti mezzi a disposizione di chi, essendo lontano, bazzica su Internet, su Facebook in particolare, mi lanciai alla ricerca dei quattro, chiedendo loro un contatto e nel giro di tre-quattro giorni interloquivo già con loro o a telefono o su chat chiedendo lumi sulle loro produzioni; anche Giuseppe Borrone intanto mi passava alcuni dei filmati via mail. Non avevo alcun dubbio sulla qualità delle proposte già nella fase della scelta; ma vedere le produzioni, sentire e leggere le argomentazioni dei quattro giovani cineasti mentre mi trovavo ancora a Prato mi apriva un mondo per me del tutto sconosciuto e di ciò ringrazio i miei amici cooperatori, Mariateresa e Giuseppe. E così, prima di scendere a Pozzuoli, avevo già fissato con ciascuno di loro un incontro “diretto” per approfondire le loro scelte, le ambizioni, i loro percorsi di vita, i loro riferimenti culturali. Uno dopo l’altro li ho dunque incontrati e con loro ho discusso. La sede degli incontri “personali” è stata per Emma Cianchi e Carlo Guitto quella del Polo Culturale di Palazzo Toledo; per Costantino Sgamato l’incontro, al quale ha partecipato anche sua sorella Marina Sgamato, giovane e straordinaria esperta di fotografia ed eccellente fotografa, è avvenuto a casa mia mentre con Maria Di Razza la “location” è stata quella di casa sua. Parlerò di questi incontri e del primo appuntamento in un nuovo intervento. Tenete conto che nel mentre stringevo accordi con l’unico fra quelli contattati che mi aveva risposto positivamente, e cioè Giuseppe Mario Gaudino, regista e scenografo puteolano da alcuni anni in carriera produttiva, allo stesso tempo su suggerimento di Mariateresa avevo sentito lo studio MAD Entertainment di Napoli per Alessandro Rak e le possibilità di averlo ospite a Pozzuoli sono apparse immediatamente buone.     Giuseppe Maddaluno       in allegato il primo film di Costantino Sgamato, di cui parleremo più diffusamente in un nuovo articolo sulla sua società la BrainHeart e la sua produzione di alta qualità. “Mani” rivela anche la sua predilezione per la Poesia e la scrittura. Costantino è presente fra l’altro nelle opere della maggior parte dei film-makers flegrei di cui tratteremo.

LEZIONI DI CINEMA

PELLICOLA

“LEZIONI”
di
CINEMA

1

del prof. Giuseppe Maddaluno*

Napoli – Pozzuoli – Feltre – Empoli – Prato
(ho avviato a scrivere nel 2005)

Cosa significa “lezioni” nel titolo di questa raccolta di momenti diversi che in questi anni si sono susseguiti davanti a me e che hanno contribuito a farmi essere quello che sono, con tutti i limiti che posseggo e che spesso caratterizzano il mio lavoro più di quanto non lo riescano a fare i pregi?
Con il termine “lezioni” ho voluto asserire il mio ruolo di acquisitore più che quello di venditore di cultura; le “lezioni” di cui parlerò sono infatti quelle che mi hanno formato nel corso degli anni anche quando ero io a proporre, ad organizzare momenti diversi nella società, nella cultura, nella politica, nel sindacato. Le “lezioni” dunque non sono quelle che ho impartito nel corso di questi anni ai miei allievi oppure ai cittadini, quando ho dovuto svolgere il ruolo, con grande fatica, di relatore o di professore, ma sono quelle che mi hanno regalato i grandi autori del cinema attraverso i loro capolavori oppure i grandi esperti e critici dell’arte cinematografica oppure gli artisti, i grandi interpreti del cinema, oppure ancora alcuni giovani che appassionandosi al cinema mi stimolavano ad operare insieme a loro su alcuni argomenti, oppure ancora altri giovani che mi hanno insegnato a realizzare cinema pensando di poterlo imparare da me.
Non sto facendo affatto professione di modestia, sto soltanto dicendo la verità: ho imparato a fare, ho imparato a sapere fingendo di saper fare, fingendo di saper sapere; ed intanto ho imparato qualcosa. Ma non sarà mai tutto! E dunque imparerò ancora, anche in questa occasione: perché non ho mai pensato fino ad ora di raccogliere tutte le mie esperienze “strane” per portarle ad esempio agli altri. La mia curiosità è inesauribile e pretendo di dimostrarlo con le tracce di questo percorso che dagli anni dell’infanzia mi ha condotto fino a qui, nel 2005, ma poi forse aggiungerò qualche altro annetto cammin facendo.

PRIMI PASSI

1947 – 12 febbraio: che giorno era?
Poco importa. Era il giorno in cui sono nato. A Napoli in un ospedale verso Capodichino, dove ora c’è l’Aereoporto partenopeo. In quell’anno una serie di film più o meno importanti uscirono sul mercato, ma non credo di averli visti se non un paio di anni dopo. Per la cronaca, del 1947 erano “Germania anno zero” di Roberto Rossellini, “Monsieur Verdoux” di Charlie Chaplin, “Il diavolo in corpo” di Claude Autant Lara, “Il caso Paradine” di Alfred Hitchcock, “Les dernières vacances” di Roger Leenhardt, “La Certosa di Parma” di Christian Jaque, “The Dreams That Money Can Bey” di Hans Richter, “Quai des Orfèvres” di Henry-George Clouzot, “Le catene della colpa” di Jacques Tourneur, “Caccia tragica” di Giuseppe De Santis e, soprattutto, “Tarzan e i cacciatori bianchi” con Johnny Weissmuller, uno dei suoi ultimi film nelle vesti, ormai un po’ strette per lui, di Tarzan.
Perché “soprattutto”? In effetti nei primissimi anni della mia vita il cinema ebbe un ruolo fondamentale, ma se dovessi sforzare le mie meningi per ricordare quali fossero i primi film che ho visto non potrei dimenticare – forse non potrei andare al di là di essi – i film di Tarzan o di Jim della Giungla (altro eroe della serie – forse un clone “ante litteram” – di Tarzan e di tutti i suoi successivi epigoni più colti). In effetti, credo che, come tutte le famiglie dell’immediato secondo dopoguerra del Novecento, anche la mia (erano anni in cui non esisteva ancora la magica scatola della televisione) amava trascorrere parte delle serate – un po’ di più nei fine settimana – al cinema. Nella mia città – a proposito, sono di Pozzuoli, patria, a dispetto di quanto per molto tempo dichiarato da lei stessa, di Sofia Scicolone alias Sofia Lazzaro e poi definitivamente di Sofia Loren – vi erano molti locali: li ricordo benissimo perché sono stati aperti tutti fino all’inizio degli anni settanta.
C’era il “Toledo” (vedi foto 2), proprio accanto al Palazzo omonimo che ricordava la presenza spagnola a Pozzuoli e naturalmente nel Regno di Napoli; e c’era il “Lopez”, altro nome inequivocabile per la sua provenienza nazionale, collegato in pratica ad un complesso termale, ora del tutto distrutto, di cui poteva e potrebbe essere ricca la mia città; e poi il “Sacchini”(vedi foto 1) , un piccolo teatro prospiciente la Villa Comunale, sede prima che io nascessi della Residenza del Podestà fascista, poi negli anni fino ad oggi del Posto di Polizia; un altro locale si chiamava “Serapide” ed era proprio accanto all’antico complesso archeologico, detto erroneamente “Tempio di Serapide”, a due, ma proprio due, passi dal Porto, dal mare e dal mercato del pesce; un po’ più distante, ma chi conosce bene la realtà delle cose sa che si fa per dire, c’era il “Mediterraneo”, un locale cinematografico più ampio e più nuovo, alla base del Rione Terra, in pratica sopra un tunnel, che era servito anche da rifugio per la popolazione negli anni di guerra durante gli allarmi e che collegava, per un certo periodo con una linea di tranvai, la Piazza principale (Piazza della Repubblica) con via Matteotti (Lungomare detto anche di Via Napoli, perché di là si raggiunge Bagnoli che di Napoli è la propaggine che si spinge fino a Pozzuoli). C’erano così ben cinque cinema in un percorso di poco più di tre-quattrocento metri, non di più certamente. Ed in alcuni di questi c’erano già allora più sale, una delle quali veniva attrezzata soprattutto per l’estate in modo che fosse appetibile con il suo tetto parzialmente scoperto.

Pozzuoli – Cinema “Sacchini” (non esiste più) (foto 1)

SACCHINI

 

Pozzuoli – Mura esterne ex Cinema “Toledo” (foto 2)

 

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.* Giuseppe Maddaluno docente di Materie Letterarie in pensione – organizzatore culturale di associazioni teatrali e cinematografiche, impegnato in Politica attiva e civica soprattutto sul piano della Cultura; è stato Presidente dell’Associazione Film Video makers toscani negli anni Ottanta del XX secolo ed è Presidente dell’Associazione “Dicearchia 2008”; ha fondato il Circolo Cinematografico “La Grande Bouffe” a Feltre verso la fine degli anni Settanta ed è co-fondatore del Cinema “Terminale” di Prato. Ha realizzato alcuni film (“Capelli” – “I giorni e le notti – parte prima”) e dei documentari (“Giovanna – storia di una donna” e “Appunti sull’Olocausto”). Si impegna ancora per la costruzione di una vera “Sinistra democratica” a partire dal PD, per il quale è stato coordinatore, insieme a Tina Santini, del Comitato promotore nella sua fase precostitutiva a Prato. Il resto della Storia è tutta da scrivere.

JOSHUA MADALON – QUESTO BLOG

 

Cielo stellato

QUESTO BLOG APPARTIENE A GIUSEPPE MADDALUNO ED OGNI SCRITTO E’ DI SUO PUGNO (E LA RESPONSABILITA’ DI QUANTO SCRIVE E PUBBLICA E’ SUA) A MENO CHE NON VI SIA CHIARAMENTE SCRITTO IL COGNOME ED IL NOME DEL PROVVISORIO COLLABORATORE O LA FONTE DA CUI LO SCRITTO DERIVI

 

Cara amica e caro amico questo BLOG può essere anche “tuo”! Si occuperà di CULTURA in tutte le sue declinazioni: CULTURA scientifica, CULTURA ambientale, CULTURA economica, CULTURA sociale, CULTURA letteraria, CULTURA storica, teatrale, cinematografica… CULTURA in ogni senso. L’Italia, il nostro Paese ha vissuto e sta vivendo una profonda crisi per mancanza di CULTURA, per l’incapacità e la rapacità di una classe dirigente politica ed imprenditoriale che ha generato i populismi di Berlusconi, Grillo e Renzi che sono stati e sono i profondi persuasori di un popolo che non riesce più a decifrare i processi storici e politici per una profonda mancanza di riferimenti culturali.E’ chiaro che non posso nascondere la profonda delusione che provo nel conoscere la caratteristica di una parte dei “riciclati” e degli “imbucati” nelle diverse “squadre” che sostengono a livelli diversissimi il nuovo leader del Partito Democratico. Ed è anche per questo che non mi ci riconosco più! Punto

Questo Blog è dunque uno dei tentativi di fare “resistenza” a questo appiattimento generalizzato che si va diffondendo all’interno di una mutazione antropologica peggiore di quella di cui parlava Pasolini. Passi indietro in un baratro di ignoranza.

 

 

 

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LA MUTAZIONE ANTROPOLOGICA

E’ in atto una formidabile ed inarrestabile “mutazione antropologica” nella nostra società. Il “ventennio” (chissà perché i cicli devono durare tanto) berlusconiano ha compromesso in maniera definitiva il percorso “democratico” nel nostro Paese. Si è avvertita sempre più, grazie (!) all’assordante grancassa dei mezzi di comunicazione di massa sempre più asserviti ai Poteri finanziari ed economici internazionali, l’esigenza di avere “decisioni” piuttosto che “discussioni”. In effetti, queste ultime sono state sempre più aborrite perché improduttive per la maggior parte degli interessi della “gente comune” e sempre più utili a rimpinguare le tasche di quei pochi plutocrati e magnati della Politica e della Finanza, creando un clima di odio montante in una fase acuta di crisi economica. “Si chiacchiera troppo e non si decide” sembra una giusta critica in un tempo di vacche magre ma si aprono varchi di autoritarismo e di populismo che somigliano vagamente a periodi della storia nazionale ed internazionale che non hanno prodotto effetti positivi. In tutto questo dilaga perlomeno negli ambienti che noi conosciamo meglio la sensazione che si stia andando, comunque, anche pagando il prezzo di un decisionismo elevato, verso soluzioni positive. C’è la “speranza” che si riesca ad uscire da un periodo buio della nostra Economia; ma ci si dimentica degli orizzonti globalizzati, dei problemi del Terzo Mondo, delle tragedie del Medio Oriente che non da ora ci coinvolgono in modo molto diretto. Abbiamo vista e memoria corta; e l’incultura contribuisce a renderle ancora più “ridotte”. Lo diceva Pier Paolo Pasolini

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