UN PATETICO MISERO TENTATIVO DI METTERE LA “POLVERE” DELLE
RESPONSABILITA’ SOTTO IL “TAPPETO” DELLA STORIA
Questo post prosegue – dopo qualche settimana di mio silenzio – nella riflessione su cosa sia importante mettere in campo, a partire dal necessario approfondimento critico da parte dell’attuale (!!!) maggior Partito del Centrosinistra, il PD. Avevo annunciato in uno dei primi post subito dopo il 25 settembre un riferimento ad esperienze “dirette” (rimandando in parte ai tanti post dal titolo comune “Le Storie” collegati al Circolo PD Sezione Nuova San Paolo) e di certo non mancherò in questo impegno nei prossimi post
Sono oramai alcuni anni che da una parte della società italiana, quella che aveva guardato con grande interesse ideale alla nascita di una forza progressista, democratica e riformista in grado di riunire esperienze politiche che avevano condotto alla nascita della Democrazia ed alla scrittura della Carta costituzionale, si è richiesto di avviare una profonda riflessione su tutto quello che non funzionava più nel Partito Democratico. Per alcuni, una minoranza in realtà, gli elementi critici si erano palesati sin dagli albori; e si erano confermati via via nel tempo deteriorando i vari meccanismi: un po’ come accade con un’auto che nasca sin dalla sua produzione con qualche difetto (è – procedendo nel paragone – poi comunque abbastanza normale che si proceda dopo qualche anno – e qualche chilometro percorso – a delle revisioni, prima della possibile prevedibile rottamazione).
Accanto al patetico attacco sferrato subito dopo il verdetto emerso dalle urne, indirizzato a chi aveva continuato a criticare la scarsa consistenza politica dell’attuale leadership “demo”, come unici colpevoli della debacle, sono proseguiti i segnali di deterioramento della “macchina”, sia con il rifiuto di prendere in considerazione un profondo “restyling”, ripartendo dai “fondamentali” capisaldi del 2007, sia con la rincorsa a candidarsi senza un minimo di “proposte programmatiche”, ma basate essenzialmente sul “glamour” di stile veteroberlusconiano.
Di fronte ai risultati delle recenti elezioni politiche si può ben dire che non possono essere considerati “deludenti”, visto che l’attesa prevedeva dati molto più perniciosi per la nostra Democrazia (i due terzi del Parlamento non sono stati raggiunti dal Centrodestra). Pur tuttavia è del tutto inevitabile, oggi, continuare a far finta di nulla: è ancor più necessaria una profonda revisione se si vuole prorogare considerevolmente la data di rottamazione o addirittura la “messa a nuovo” totale dei meccanismi. Invece sia gli annunci sia poi le modalità democratiche di procedimento sono state stoppate allo scopo, del tutto evidente per chi si occupa di Politica, di smorzare gli aspetti di criticità che sono considerati pericolosi per gli attuali “manovratori” e potrebbero produrre un azzeramento delle cariche politiche e un ribaltamento delle attuali posizioni.
Da poche ore si può trovare sul sito del PD una lettera di
Enrico Letta rivolta al mondo degli iscritti (I circoli) ed indirettamente ai
potenziali sostenitori. C’è fretta camuffata da ponderatezza; ma c’è una grande urgenza di arrivare al “cambiamento”,
dimenticando di averne avuto subito dopo il cambio di guardia con Zingaretti,
che aveva denunciato ampiamente questo bisogno. In tal modo si rischia grosso:
le truppe camellate stanno preparando già gli armamentari, forti della scarsa
memoria collettiva.
“Memoria” che è necessario avere per capire quanto sia stato
pretestuoso l’abbandono del “campo largo”, scarsamente coltivato e perfino mal
arato. La responsabilità del mancato accordo è da addebitare in primo luogo al
Partito Democratico, e poi a Lega e Forza Italia, che hanno subodorato il lauto
affare. La “crisi” è stata provocata dal forzoso inserimento in un dispositivo
di natura sociale ed economico come il Decreto Aiuti di un articolo che intende
approvare la costruzione di un termovalorizzatore a Roma: una diretta
provocazione inserita in luogo improprio e senza un accordo, che non avrebbe
potuto sortire altro che la levata di scudi del M5S che si è astenuto.
Oltre tutto il M5S è stato sottovalutato per una sorta di
presunzione culturale e politica di superiorità. Ciò traspare altresì dal
livore con cui una parte del mondo politica e della stampa sostenitrice del
Partito Democratico (vedi N. Aspesi che sul “Venerdì di Repubblica”) non manca
di offendere Giuseppe Conte, leader del M5S.
E’ evidenziato anche dalle scelte che il PD di Enrico Letta
ha fatto in controtendenza, accogliendo – al posto dei “contrari” pentastellati
– i rappresentanti di Sinistra Italiana e Verdi che non hanno mai votato i
dispositivi della famosa “Agenda Draghi”. Quella scelta è la cartina di tornasole
della pretestuosità della motivazione con cui si è escluso sin da subito l’accordo.
Quanto a Calenda e Renzi la loro nota boriosità è infinita
e, per fortuna, l’elettorato non li ha premiati.
Questa rincorsa subito dopo il risultato del 25 settembre
(che non può essere “deludente” perché ampiamente previsto e atteso) a
candidarsi – o a farsi candidare – al vertice della Segreteria del “dopo Letta”
è fortemente patetico. La stessa espressa volontà di cambiare nome e simboli e rimarcare
contenuti è soluzione del tutto insufficiente se non si procede ad un cambio di
strategia, partendo da quel che è mancato fino ad ora, a partire dall’atto
fondativo, che è rimasto carta straccia, vuote parole: dare corpo e gambe al
progetto “democratico” di una forza progressista che si proponeva di
interpretare i bisogni concreti del Paese. Si è ben presto compreso che la
fusione di varie anime non partiva realmente dalle necessità che già premevano
sulla nostra società ma dall’esigenza di mantenere intatte le posizioni degli
apparati politici. Le battaglie si ammantavano di forti ideali ma poggiavano
fermamente su interessi molto particolaristici: un cambiamento “democratico”
avrebbe avuto bisogno di ben altro e progressivamente i rapporti fra gli ideali
e le realtà si sono deteriorati, facendo allontanare gran parte dei sostenitori
appassionati e disinteressati dalla pratica politica; nel mentre si profilava,
ben accolto dalle leadership ondeggianti, l’avvento del “renzismo”,
interpretato come una sorta di “Messia” molto vicino per stile al “primo
Berlusconi”. L’attuale classe dirigente
ha trascorso troppo tempo a dibattere su questioni molto “particulari” nel
chiuso delle loro stanze, abbandonando le periferie, non solo quelle dei loro
specifici territori, ma quelle ideali di tipo psicologico sociologico e
antropologico: non occorrono formule paternalistiche ma bisogna che vi sia una
concreta condivisione delle più acute e urgenti problematiche. E se la Destra
offre approcci semplicistici bisogna capire che occorra farsi comprendere,
parlando linguaggi che non siano complessi. Per far questo, non è necessario un
“nuovo” organigramma. Intanto, si vadano a rileggere i fondamentali propositi.
Si ricostituisca quel clima dei primi anni del nuovo secolo e millennio e si
riprenda a camminare tra (e con) la gente.
Rieccomi dunque a ripetere quanto detto in più diverse occasioni, e in buona compagnia; è necessario riformare dal profondo il Partito Democratico, aprendolo in modo sostanziale ad un dialogo con tutti i soggetti di Sinistra (non solo Partiti e movimenti, ma anche Associazioni e Organizzazioni culturali e sociali; oltre a quelle economiche e imprenditoriali). Ovviamente, questa è una sfida e un atto di grande coraggio: non si può nasconderlo. Per ora, non intravedo né coraggio né consapevolezza che si intenda dare il via ad una vera e propria sfida. Si è detto, ancora molto timidamente e con passi indietro di una parte della leadership, di volersi aprire agli esterni, ma non basta esprimerlo a parole: occorrono azioni concrete. La scelta delle Agorà era sin dai suoi esordi un tentativo in tal senso, fallito. Non aveva presupposti solidi alle spalle e si è rivelata un flop, una forma solo accademica autoreferenziale benché potenzialmente aperta: la partecipazione è stata infatti mortificata e non ha espresso prospettive future spendibili in risorse umane rinnovate. In realtà si è riproposto un antico meccanismo che si ferma solo in superficie, per dare la sensazione di voler disporsi benevolmente all’ascolto ed alla ricerca di volti e menti nuove. Soprattutto queste ultime generano l’orticaria e non possono essere incoraggiate.
In risposta ad un commento ad un mio post su Facebook – A quel compagno carissimo F.R.
A quel carissimo compagno che, in risposta ad un mio post
che riportava un commento che in definitiva riteneva cosa buona e giusta
riconoscere al Movimento di Giuseppe Conte il merito di aver raccolto una parte
dei voti “antifascisti” anche e soprattutto in relazione ad una scelta della
Destra (quella vera e quella falsa di Centro – Sinistra?) di procedere senza
bisogno di consultazione popolare ad una revisione della Carta costituzionale,
mi invitava ad iscrivermi (reiscrivermi, ovviamente, essendo io un fondatore)
al Partito Democratico per avere la “patente” di commentatore, rispondo che non
ci penso nemmeno, e che rimango dell’idea che ciascuno di
noi come potenziali elettori dovremmo avere ascolto, soprattutto quando
si rivolgono agli apparati critiche severe ma concretamente collegate ai bisogni ideali, nonché quelli
materiali sempre più urgenti da prendere in considerazione.
Non mi fermo qui, e rilevo che da qualche parte molto tardivamente si prende consapevolezza (!) che occorra aprirsi anche ai non iscritti. Si spera (ma temo sia difficile che si concretizzi nella migliore modalità di apertura reale) che non sia la solita cortina fumogena per indurre qualcuno ad iscriversi e che le “valutazioni” che appariranno “critiche” saranno etichettate come “polemiche rancorose” per poterle più facilmente bypassare senza sentirsi coinvolti.
Chi ha partecipato alla fondazione del Partito Democratico
in una stagione di grandi passioni coinvolgenti, di grandi speranze e di
attese, quasi progressivamente interamente vanificate da una leadership di
apparato burocratico sedicente progressista e “democratico”, dovrebbe avere
particolari riconoscimenti, ma – è ovvio – che chi, come il sottoscritto,
esprime questo rammarico dolente, viene considerato “da tempo” un fastidioso
orpello da emarginare.
Proverò con una serie di prossimi post ad esprimere le mie
valutazioni propositive, che non saranno molto diverse dalle tante riflessioni
che su questo Blog ho esposto a
centinaia negli scorsi anni. Vi parlerò di quel che nella frazione di San Paolo
in quel di Prato, insieme a compagne e compagni ora disperse e vaganti in mille
rivoli, abbiamo provato a mettere in campo, spesso sottovalutati e anche
marginalizzati dagli apparati, preoccupati essenzialmente di conquistare e
mantenere dei posti più o meno allettanti e fruttuosi per se stessi.
Verso il 25 settembre – repetita iuvant con un post dello scorso 10 settembreIl voto utile e la voglia di contarsi
Domani 25 settembre 2022 – si vota – – sento il dovere di sollecitare al voto gli indecisi – quanto al mio voto esplicito una piena condivisione con quanto espresso dal prof. Tomaso Montanari e da tanti altri a favore del Movimento 5 Stelle
Sarò breve. La richiesta pressante, angosciosa di un voto “utile” da parte principalmente del Partito Democratico è patetica. “Utile” per chi? Per cosa? Sarebbe stato bene che tali angosciosi dilemmi e tali preoccupazioni fossero state espresse nel corso di questi anni, soprattutto coinvolgendo quella parte della Sinistra – e non solo – praticamente esclusa dalla partecipazione in quanto considerata non funzionale alla “vita” politica degli apparati (a tutti i livelli). Infatti, a prescindere dal “merito” (c’è una parte di persone la cui preparazione politica ed amministrativa è indubbia) vi è la tendenza esclusiva e pretenziosa a mantenere le posizioni acquisite soprattutto nel sottobosco politico amministrativo. Ancor più in questa occasione non seguirò la “sirena” della paura né tuttavia mi convince il desiderio di contarsi nella gabbia dell’ultra Sinistra, quella dogmatica incapace di comprendere la complessità della vita umana e che ha bisogno di sventolare bandiere obsolete. C’è stata pure – a livello locale (Prato) – l’occasione di costruire un raccordo solido tra le diverse anime della Sinistra in occasione dell’appuntamento elettorale cittadino del 2019. Quel tentativo nobile e coraggioso ricercato da cittadine e cittadini interessati al “Bene Comune” (“Prato in Comune”) fu portato al fallimento proprio da chi voleva “contarsi”. Quel “lavoro” vorrei fosse ripreso con uno spirito costruttivo; ma rivediamoci dopo la vostra “conta” care e cari compagni, la “vostra”.
Esplicito anche il senso dell’ultima parte del post: per chi avesse bisogno di capire intendo partecipare alla costruzione di un più ampio raggruppamento di donne e uomini di SINISTRA che non si rinchiuda in recinti ma si apra al confronto dialettico senza pregiudizi dogmatici.
PERCHE’
LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare)
Intro – Nel corso degli anni abbiamo
accumulato centinaia di documenti scritti dai quali si rileva lo stato di crisi
della Sinistra – abbiamo parlato ma anche scritto tanto – e ciò è a
disposizione di quanti vogliano studiare questo tratto di storia, anche se
“minima” perché in qualche modo “locale”, ma la Storia si fa anche partendo da
qui.
Negli ultimi mesi si va sorprendentemente imponendo, grazie all’attenzione
mediatica, uno di quei personaggi della moderna “commedia all’italiana”, che,
sospinto da una ὕβϱις (1) smisurata e sempre più incontrollata e mal riposta,
ha contribuito a produrre un autentico sconquasso nella realtà politica
amministrativa e governativa italiana. Ho già in altre occasioni rilevato
quanto la presenza di un tale individuo ha significato, in modo particolare, la
distruzione totale del maggiore Partito di (Centro)Sinistra del Paese. Mi fermo
un attimo per precisare cosa si intenda per “totale”, avendo io la certezza che
molti stiano ancora a pensare che tale affermazione sia esagerata e motivata da
personale livore. “Totale” significa che la macchina non funziona più; e allora
occorre perlomeno che un gruppo di meccanici con gli attributi (di Sinistra,
ovviamente) si porti al suo “capezzale” ed avvii una ricognizione sulle parti
da aggiustare e su quelle da cambiare.
MI (ri)frulla
nella testa quella idea che ritenni immediatamente balzana, non appena si andò
facendo strada nella mente di alcuni membri degli apparati dem, che si
impegnarono non poco a diffonderla nelle altre “menti” e giù a cascata verso il
“popolo”, quello indistinto, pronto a gareggiare per sostegni ai potenti che
abbiano il coraggio di affermare la propria appartenenza alla Sinistra o a ciò
che tale sarebbe potuto assomigliare, diciamo pure un Centrosinistra moderato,
ma non poco. “Con costui di sicuro faremo dimenticare
il Cavaliere!”. Matteo Renzi aveva già dato ampiamente
prova delle sue capacità e delle sue doti caratteriali e, forse, proprio su
quelle che venivano considerate “punti di forza” i dirigenti dell’apparato
puntavano. Machiavelli ne avrebbe potuto fare un dotto studio, fosse stato
nostro contemporaneo. D’altra parte i segnali li avevamo già avuti nel corso
delle seconde Primarie, allorquando alcuni registri per l’iscrizione degli
aspiranti alla partecipazione a quell’appuntamento erano stati “traslocati” in
sedi inappropriate frequentate da persone molto più vicine al Centrodestra,
mentre la loro collocazione “legale” (mi fa sorridere il termine, visto che “in
realtà” erano veramente in una sede molto affine a pratiche legali) sarebbe
stata un Circolo PD. (Chi “promosse”(!) quell’operazione spero si sia pentita,
ma non per convenienza). Era il dicembre del 2013: quella data segna l’inizio
del viaggio agonico di un Partito nato con mille problemi ma con idee e
progetti fondamentalmente di Sinistra. La passione e l’entusiasmo di tante
compagne e compagni, che in tanti casi si avvicinavano per la prima volta alla
Politica e camminavano al fianco di quanti si prefiggevano di costruire una
forza moderna autenticamente di Sinistra (nella Margherita e nei DS c’era una
forte presenza di Sinistra soprattutto nelle basi), furono smorzate dalla
“necessità” di dover mantenere un “blocco” di dirigenti, di funzionari e di
amministratori molto preoccupati dalla possibilità che quella spinta innovativa
in qualche modo “in gran parte nuova ed esterna anche se genuina” potesse far
crescere una classe dirigente giovane poco incline alla burocrazia ed alla
ipocrisia di una gestione compromissoria con blocchi locali e non solo di
potere, preesistenti e bisognosi di vedere soddisfatti personali obiettivi.
(1)
Riporto integralmente da Wikipedia Hybris (ˈhyːbris, in greco
antico: ὕβϱις, hýbris) è un topos (tema ricorrente) della tragedia
greca e della letteratura
greca. Significa letteralmente “tracotanza”,
“eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione”. Si riferisce in generale
a un’azione ingiusta o empia avvenuta nel passato, che produce conseguenze
negative su persone ed eventi del presente. È un antefatto che vale come causa
a monte che condurrà alla “catastrofe” della tragedia.
…1…
Ho deviato l’altro giorno rispetto al prosieguo della prima
parte di questa riflessione “diretta” utilizzando un documento del 2013. In
realtà una gran parte dei documenti che posseggo sono il frutto di un malessere
diffuso tra le tante persone, come me e altri, che avevano immaginato di poter
contribuire ad avvicinare maggiormente ai problemi della “gente comune” la
forza politica che con impegno e passione avevano contribuito a fondare.
Facendo salve quelle che sono le normali strategie all’interno delle forze
politiche e tra di esse, quella vicenda dei “101” è ancora misteriosa.
Ritornando al tema sulle ragioni per cui la Destra, per ora,
appare essere vincente nel Paese, e la Sinistra evidenzia una progressiva
marginalizzazione, va detto che è sempre più evidente la distanza tra i reali
problemi della gente e i progetti politici che – in modo particolare il Partito
Democratico – si propongono a breve, medio e lungo termine. E’ una vera e
propria crisi di progettualità, quella che va caratterizzando questa fase
storica, nella quale una sempre più folta rappresentanza di interessi popolari
necessita di risposte concrete. A dire il vero, ma questo non funziona – ancor
più oggi – come forma di consolazione, nemmeno la Destra è in grado di fornire
risposte al di là della demagogia e del populismo. La qual cosa ingenera una
forte sfiducia diffusa, un senso di smarrimento e frustrazione che può portare
anche ad un ulteriore abbassamento del livello di democrazia in questo nostro
Paese.
Uno degli errori che si sta commettendo è quello di considerare
come obiettivo da raggiungere il livello qualitativo della vita appena
precedente alla crisi pandemica. Questa incapacità della società, economica
politica, è collegata da una parte alla pochezza culturale della leadership
italiana ed all’altra alla cronica patologia amnesica di cui noi tutti soffriamo.
La società italiana del 2019 presentava notevoli gravissime
problematiche inerenti il sistema economico, la crisi del settore industriale,
il livello di disoccupazione complessivo sempre molto alto, il grado bassissimo
di acculturazione generale con livelli altissimi di abbandono e dispersione
scolastica, un abbassamento dell’intervento pubblico sanitario abbastanza
diffuso, una burocratizzazione azzeccagarbugliesca incapace di amministrare la
giustizia ed il fisco, l’obsolescenza dei sistemi informatici, laddove
esistenti. Allo stesso tempo si è diffusa una visione della società troppo
edonistica, tesa al consumismo esagerato. Ritornare a quei livelli potrebbe già
di per sè essere difficile, ma un Paese ricco di grande Storia, non può – in un
momento come questo di enorme difficoltà – fermarsi al contingente e deve
essere in grado di poter ripartire invece da una critica severa rispetto al
recente passato e saper indicare una strada che sia in grado di contemperare
aspetti diversi non in conflitto tra loro.
Oltretutto anche se la Sinistra fosse indenne dalle
responsabilità antecedenti (“se”, infatti; in quanto la Sinistra nella sua
accezione più ampia di “Centrosinistra” ha amministrato larga parte del Paese e
per un periodo – anche l’ultimo o penultimo se volete – ha governato questo
Paese) non può sottrarsi dal prendere in considerazione seria una analisi
profonda dei mali, le nubi, che oscurano il futuro per poi poter nel più breve
tempo possibile (“oggi, non domani!”) avanzare proposte che tengano insieme
valori e prospettive, diritti e doveri nel modo più ampio possibile, cercando
di aprire una nuova fase che non appaia come un semplice recupero di un Eden
fasullo.
PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così
appare) – parte 3.
Nel confermare che anche “la
Destra,
così come la Sinistra dove batte il mio cuore, è
in grado di fornire risposte concrete ai problemi al di là della demagogia e del
populismo”
non mi stanco di insistere nella ricerca di approfondire i motivi per cui la
Destra sembra vincente ed in progressiva crescita nei recenti sondaggi
periodici. Intanto, vediamo in che cosa consiste il sondaggio delle preferenze
partitiche: si chiede “se si votasse oggi quale Partito voteresti?” Sulla
scelta può influire un evento abbastanza recente, ma capita raramente. Invece è
più facile che la persona intervistata sposti da un periodo all’altro il suo
voto sia per convenienza contingente sia perchè ritiene che la forza politica
(o l’area) cui aveva affidato il suo consenso non corrisponda più ai suoi
interessi. Guardando al quadro politico più recente troviamo una Sinistra
fortemente smembrata, con un PD rappresentante di un’area di Centrosinistra
moderata, che pur mantenendo l’egemonia è in forte calo ed una galassia di
moderati (Italia Viva, Azione, +Europa) che non appaiono sempre convinti della
loro esistenza e permanenza “a Sinistra”, tentati di collocarsi in
posizioni “centriste”, ed una serie di gruppuscoli pseudo e realmente (a fasi
alterne) rivoluzionari (Art.1 MdP, LeU, Sinistra Italiana e altri) che non
riescono a venir fuori da una forma di integralismo ideologico sterilissimo.
Un discorso a parte merita il Movimento 5 Stelle. La sua
metamorfosi, collegata alla scelta indilazionabile di proporsi come forza di
governo dopo le Politiche del 2018, ha decretato anticipatamente la sua fase
discendente (il 4 marzo 2018 aveva ottenuto il 32,7%; ad oggi è accreditato di
un 50% in meno, oscillando tra il 16 ed il 17%). Uno dei problemi che
caratterizzava quel Movimento era l’assenza di una vera e propria posizione
“politica”; la scelta era soprattutto “critica” verso la vecchia Politica,
accusata di aver perso progressivamente il senso dell’impegno civile; quelle
battaglie, importanti da un punto di vista ideale, sono state anche portate a
compimento (in primo luogo la riduzione del numero dei parlamentari, il reddito
di cittadinanza ma anche altri provvedimenti), anche se, governando prima con
la Lega e poi con il Centrosinistra, ha dovuto scendere a quelle forme di
compromesso ineludibili per un qualsiasi Governo di coalizione. Anche il M5S
paga lo scotto della “governabilità”: durante il tempo del Governo gialloverde
ha perso qualche pezzo dell’anima di Sinistra; con la formula “giallo rossa” ha
perso a Destra. Ed è così che in una sintesi davvero minima che si spiegano i
motivi di questo calo. Governo, di Centrodestra e poi di Centrosinistra. Uno
slalom periglioso che ha prodotto un forte salto in avanti delle Destre.
Meno “disperse”, infatti, sono le forze politiche della Destra.
In linea di massima hanno mantenuto sempre un profilo critico di “opposizione”
fossero o meno all’interno di uno dei Governi. Salvini e la Lega, ma in modo
particolare e singolare il primo, ha svolto un ruolo di oppositore anche nel
primo Governo Conte; e poi in questo con Draghi premier sta facendo lo stesso
gioco, anche se ne paga qualche lieve conseguenza, facendo travasare voti verso
Fratelli d’Italia, la cui azione politica appare più coerente.
…3…
PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così
appare) – parte 4 (per la parte 3 vedi 27 maggio)
In queste notti brevi e questi giorni lunghi ci ritroviamo, dopo
un anno e mezzo di inusitate sofferenze, pur sopportate con altrettanta
insospettata resilienza, ad avviare una rendicontazione (una “resa dei conti”)
su tutto quanto, colpevolmente, la Sinistra (non quella vera che quando dice
blu è “blu” e quando dice “giallo” è giallo, alla quale assegno altre
responsabilità) non è stata in grado, sia per inettitutine sia per sospetti
vari tornaconti, di rivedere, di rimettere in linea rispetto agli “errori” del
passato la barra della “giustizia sociale”.
NOI da soli non lo
possiamo fare, non è nelle nostre “possibilità”; possiamo tuttavia denunciare
ancora una volta una sequenza di sottovalutazioni e di errori che hanno
condotto ad una situazione di degrado morale insoffribile, lasciando che la
“speranza” per un futuro migliore divenga sempre più patrimonio assoluto della
Destra, sia quella liberale che quella reazionaria antidemocratica e retriva.
Si può aggiungere che ciò sia solo “apparente” ma ancor più non si
intaccherebbe – a tal punto – la percezione che la difesa degli interessi dei
più deboli sia stata ceduta dalla Sinistra – quella sedicente tale – svenduta
in modo indegno sull’altare della difesa dei “diritti” di tutti, compreso
coloro che posseggono di più ed ambiscono di veder crescere sempre di più la
loro ricchezza. Si fa un bel dire che il “diritto” di uno si ferma di fronte al
“diritto” dell’altro, senza tener conto della differenza del “punto di
partenza”. E non si tratterebbe di un punto di partenza qualsiasi ma quello
sancito dall’Articolo 4 della Costituzione
“La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni
cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria
scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.”
rafforzato dall’Articolo
36 della stessa Carta costituzionale
“Il
lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un’esistenza libera e dignitosa.
La
durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il
lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non
può rinunziarvi.”
In questi giorni ci è toccato ancora una volta assistere
“inermi” ad una serie di eventi che hanno mortificato la nostra intelligenza e
vanificato tutti i nostri impegni. Lo avevamo denunciato in più occasioni ma
venivamo derisi e sbeffeggiati; in modo particolare questo è accaduto quando
abbiamo richiamato l’importanza della memoria (se ne fa un gran bel parlare
quando si tratta di eventi lontani, che vengono riportati a galla per una sana
e robusta contrapposizione ideologica) e l’utile lezione della Storia.
Abbiamo bisogno di riprenderci la guida della nostra esistenza
“contro” tutte le ingiustizie, sia quelle di “una” parte che quelle di un’altra
“parte” e, per quel che ci riguarda, continueremo ad occuparcene.
…4…..
PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così
appare) – parte 5
A voi che mi leggete (quei “pochi” che mi sopportano) sembra che
quella “Carta” così tanto spesso richiamata come fondamentale sia rispettata?
Oppure in modo ipocrita non ci si spinge a farne quotidianamente “carta
straccia”? Vi sembra che siano rispettati i suoi “precetti”?
Ho
la sensazione che si blateri essenzialmente – anche da parte di quella Sinistra
“nuda e pura” – e ci si impegni per soddisfare i propri convincimenti e
ci si crogioli all’interno di gruppetti autoreferenziali, tronfi ed esclusivi.
La Sinistra, anche per questo motivo, è composta in definitiva di varie
infinitesime anime che si contrappongono tra di loro al solo obiettivo di
“esistere”. Un leader recente è arrivato addirittura a profferire dure accuse
(“mi vergogno”) anche all’interno del rassemblement più corposo, coacervo di
anime diverse, alcune delle quali di “Sinistra” – ne sono sempre più convinto –
solo per comodo e per interesse personale. Se non si corregge questo “difetto”
la macchina non può funzionare ed è destinata alla rottamazione
coatta. Se si
va al “dunque” si scoprono difetti davvero così evidenti che anche un
dilettante con normali capacità intellettive le comprenderebbe: basterebbe
osservare due degli episodi drammatici accaduti qui a Prato e di cui ho
trattato; il primo in modo più diretto, mentre sul secondo ho soltanto avviato
una riflessione cruda per rimarcare le distanze sempre più forti tra me e la
sedicente Sinistra. “Sedicente” e dunque lontana dalla mia visione di Sinistra,
per ora. Su questo secondo evento, la morte drammatica di una giovane operaia,
in una fabbrica gestita da italiani (non da “cinesi” che assorbono da qualche
tempo in qua tutti gli attacchi fondalmentalmente “razzistici” per tutto il
caleidoscopio di ingiustizie e nefandezze sui luoghi di lavoro), che con
nonchalance – per quanto se ne sappia – hanno commesso una serie di
irregolarità. Nell’affrontare l’altro evento (l’affare Texprint) ebbi a
sottolineare che sarebbe stato necessario innanzitutto ascoltare le parti,
porre sotto sorveglianza il rispetto delle regole (così come affermato più volte
dalla parte imprenditoriale), ma promuovere un intervento politico generale per
consentire a tutti, compreso i proprietari, il giusto guadagno. Mi ripeto per
chiarezza: in un mercato drogato dalle irregolarità non è facile, per chi
voglia intraprendere un’attività, agire nel rispetto delle regole. Ma la
Sinistra non si muove in tale direzione; alza le barricate e i muri ma nulla fa
per cambiare davvero le cose.
Il tempo che abbiamo vissuto in questo anno e mezzo, quello in
cui ci siamo fermati, non ha creato i presupposti per rimettere in piedi
l’economia sulla base di una giustizia sociale che prenda il via dai
fondamentali della Costituzione. Lo stesso “mercato del lavoro” ha proseguito
ad operare all’interno di un sistema che spingeva verso il “lavoro nero”
parziale o totale; i “sostegni” insufficienti garantiti sollecitavano ad
accettare lavori sottopagati e non era certo il “reddito di cittadinanza” a
produrre tale “vulnus” legale. Su questo tema ci diffonderemo ulteriormente
anche per segnalare le debolezze della Sinistra. Con un’incursione intorno al
“mercato illegale” del lavoro che utilizza senza limiti la manodopera di
persone straniere, che non sempre sono in regola dal punto di vista del
permesso di soggiorno.
Durante queste ultime settimane, grazie alla vaccinazione di massa che
procede alacremente, il mercato del “lavoro” sembra essere ripartito: in modo
particolare ne sono felici tutti gli orfani dei locali commerciali (pub,
ristoranti, bar e…discoteche professionali e dilettanti) soprattutto quelli che
si rivolgono alle fasce più giovani, ma non solo (giovani “diversamente” sono
molto interessati e partecipi). Molte località turistiche sono “a caccia” di
personale; vengono richieste molte mansioni e sembra che, quest’anno, l’offerta
non corrisponda alla domanda. La “domanda” è quella dei datori; l’offerta è
quella dei prestatori d’opera. C’è un j’accuse molto forte nei confronti di
questi ultimi da parte di alcune fasce di “opinione pubblica”, che diffondono
la novella dei “giovani” choosy (ricordate la “mitica” frase snob della signora
– pardòn “professoressa” – Fornero, che scimmiottava Maria Antonietta?) che
rifiutano di lavorare, grazie al “reddito di cittadinanza”. Ma non sono in
grado nemmeno di guardarsi allo specchio, per procedere ad un’auto offesa, e
capire che la domanda è connotata realmente da un inganno su tempi e compensi,
che non sono tra di loro adeguati ?
Si fa finta di non sapere che in quella “contrattazione” si utilizza
l’”apprendistato” ed un orario di lavoro dichiarato che non corrisponde a
quello realmente effettuato; ed inoltre il compenso è irrispettoso della minima
dignità. E’ mai possibile che debba apparire in “Prima pagina” la notizia che
esiste un albergo dove le “regole del mercato del lavoro” vengono rispettate?
Lo trovo assurdo, ma probabilmente quella notizia permette ai dubbiosi di
comprendere meglio che le ragioni di questo “rifiuto” da parte dei “giovani”
non sono collegate “solo” al reddito di cittadinanza che è in definitiva un
pannicello caldo in tempi di crisi ma non risolve il problema della dignità del
lavoro cui tutti naturalmente, tranne pochi casi, tendono. E quei provvedimenti
vanno riformati, con opportuni aggiustamenti a fronte, però di interventi
risolutivi con i quali il lavoro – quello equo, legale, retribuito in modo
adeguato – venga creato per tutti.
Bisogna essere davvero “radicali”, non indulgere in giustificazioni verso
ciò che è stato e che ha prodotto – o sopportato supportando e viceversa – tali
forme di ingiustizia; occorre un nuovo tempo del rigore, prima interno e poi
esterno o, meglio contemporaneamente interno ed esterno. Mi spiego meglio:
troppe volte il traccheggiamento a favore dei propri interessi, o tornaconti,
non ha consentito che l’analisi degli errori venisse poi condotta fino in fondo
con il riconoscimento degli attori principali (individui e gruppi) rei di
quelle azioni, o inazioni, antitetiche alle caratteristiche valoriali
fondamentali (equità, giustizia sociale, difesa dei più deboli). Bisogna
chiedere che si vada ad un cambio sostanziale di passo, una virata
poderosa, bisogna chiederlo ai Partiti e ai Sindacati, quelli che in prima fila
si dichiarano essere difensori delle ingiustizie sui luoghi di lavoro: non si
può continuare semplicemente a chiedere che il lavoro sia retribuito equamente,
che vi siano sostegni adeguati per chi perde il lavoro, che vengano
riconosciute le competenze e i meriti. Non si può continuare solo a chiederlo.
Bisogna passare ad una protesta veemente, dopo aver sperimentato che sia
diventata inutile ogni confronto serio, aperto e democratico. Non una rivoluzione
velenosa cruenta e violenta, ma una battaglia pacifica che si fondi sulla
consapevolezza che non è la distruzione ma la costruzione di un sereno futuro
per tutti l’obiettivo che ci si pone. Appare, detta così, un’utopia come
le tante altre che hanno preceduto la nostra Storia e che alla fine hanno
prodotto qualche vantaggio per pochi ed una profonda delusione per molti.
…6….
UN DOCUMENTO DEL 17 MAGGIO 2013 – A FUTURA MEMORIA PER
CAPIRE PERCHÉ MAI QUASI TUTTI I SUOI SOTTOSCRITTORI NON SONO PIÙ NEL PD
Il testo è stato redatto dagli iscritti del PD nel Circolo San Paolo di
Prato – c’erano stati i 101 (non quelli della simpatica “carica” disneyana);
Bindi e Bersani si erano dimessi dalle loro cariche di Presidente e Segretario
del PD, Napolitano era stato riconfermato Presidente della Repubblica, Letta
(Enrico) era stato nominato Presidente del Consiglio, Epifani aveva assunto la
carica di Segretario del PD, Renzi scalpitava pregustando la sua rivincita
rispetto alle Primarie del 2012.
Tale testo rappresenta con chiarezza gli obiettivi ideali di una “base” e
quello che è accaduto da allora ad oggi ha purtroppo confermato i dubbi, le
perplessità sul futuro di quel Partito.
Non è un mistero che la maggior parte dei sottoscrittori di questo documento
siano fuori dal Partito Democratico e operano per la costruzione di un Partito
alternativo di SINISTRA “vera” e c’è molto poco da ironizzare sull’aggettivo
“vera” in quanto non ne è rimasta traccia alcuna nel PD.
Joshua Madalon
Noi siamo donne ed uomini in carne, nervi
ed ossa; non siamo dei burattini, né automi, robot replicanti alla “Blade
Runner” e siamo davvero incazzati per la superficialità con la quale una parte
considerevole dei nostri rappresentanti politici ha voluto affrontare le
problematiche legate alla elezione del Capo dello Stato ed alla susseguente
formazione del Governo.
Poche parole bastano a far intendere che non abbiamo più intenzione di
sostenere a scatola “quasi” chiusa tutte le decisioni dei Dirigenti del nostro
Partito sia a livello nazionale che a livello locale.
Troppo spesso si dice che occorra “rinnovarsi” ma altrettanto più spesso ci si
trova a doverci imbattere in vecchie logiche non più condivisibili; si dice
anche che la Politica è cambiata ma i nostri rappresentanti non se ne sono
accorti; così come non si sono accorti – e vomitano fiumi di vuote ed insulse
parole – della sofferenza morale e materiale che colpisce da tempo la gente,
sia quella più propriamente da considerare “nostra” che tutto il resto di essa.
Noi abbiamo dovuto sopportare già più di un anno di Governo dei tecnici che non
volevamo ma ci siamo adattati cercando di calmare le ansie e le delusioni dei
“nostri”.
Ora basta!
A questo punto anche se è vero che non si possa andare – in un momento così
delicato – ad una crisi di Governo che potrebbe avere esiti drammatici noi
chiediamo che
il nostro Partito si faccia garante di
1) intervenire con urgenza sui temi dell’Economia e del Mercato del Lavoro;
2) di andare rapidamente a scegliere una nuova Legge elettorale (meno urgente è
l’impalcatura costituzionale) semmai passando attraverso un ddl che abolisca
quella attuale;
3) applicare per i nati in Italia da genitori stranieri immediatamente lo “ius
soli”.
Solo di fronte a queste tre scelte assolute noi dichiariamo di essere disposti
a riprendere la tessera 2013 del Partito, verso il quale portiamo un
profondissimo rispetto (per alcuni di noi è il Partito che abbiamo fondato, per
altri è stato il primo ed unico Partito) tale da non voler nemmeno pensare a
strapparne la tessera come è purtroppo avvenuto in qualche caso eclatante.
E’ per questo che non ritireremo la tessera 2013 nel nostro Circolo, pur
dichiarando che continueremo ad operare per il bene del Paese a partire dal
nostro territorio e lotteremo per raggiungere i migliori risultati possibili
nelle prossime competizioni lavorando non sui personaggi e sui candidati ma sui
Progetti sia nella fase Congressuale futura (sosteniamo in ciò pienamente la
richiesta formulata dal gruppo che fa riferimento ai recenti fuoriusciti dalla
Segreteria) sia in quella amministrativa del 2014, laddove non vogliamo tornare
a perdere.
Siamo profondamente delusi dalla leadership sia nazionale che locale e ne
chiediamo il rinnovo attraverso i Congressi nel minor tempo possibile: il Paese
non può attendere!
Verso il 25 settembre – reloaded significativo di un mio post del 17 luglio 2016 collegato al “reddito di cittadinanza”
A CHI
FA PAURA IL REDDITO DI CITTADINANZA?
Un Governo che si dica di
Centro(Sinistra) dovrebbe avere una particolare cura nei confronti dei ceti più
sofferenti ma continua ad avere un sostegno molto convinto da parte degli
imprenditori e di quella parte della società che possiede la maggior parte della
ricchezza del paese; lo stesso leader del Governo ha scalato il Potere
utilizzando fondi la cui origine – ma su questo attendo smentite “documentate”
– è per lo più ignota. Ed inoltre lo stesso Governo – pur attuando mediatici
sforzi per fronteggiare la corruzione (vedi il lavoro dell’ex magistrato
Cantone) – non è stato in grado di incidere positivamente nello scaricare la
parte malata dell’Amministrazione pubblica, tanto che gli “scandali” (piccoli
medi o grandi essi siano) si susseguono senza sosta, mettendo in evidenza
l’abuso di parole come “rinnovamento” e “rottamazione”, che alla fine si sono
scaricate solo sulla parte buona della società italiana.
Parlerò
del “reddito di cittadinanza” come intervento per ridurre le ingiustizie
sociali.
Il Governo si rifiuta di attivarlo,
adducendo motivazioni che sono concrete e reali all’interno di una realtà che
non ha vera intenzione di trasformarsi in meglio. Sono d’accordo che “il
reddito di cittadinanza” non potrà funzionare in una società nella quale si fa
di tutto per valorizzare la furbizia e il malaffare; ed allora di che parliamo?
Il governo che rifiuta di attivare tale processo si arrende di fronte alle
ingiustizie da se stesso – nelle sue strutture amministrative – provocate. Di
che parliamo? lo ripeto! Di che cosa argomentiamo? Questo Governo si è
presentato e tuttora si presenta come fortemente rinnovatore, come paladino
delle giustizie sociali, come difensore dei deboli contro le stesse angherie
della macchina dello Stato, che si dice di voler razionalizzare nell’ottica
dell’equità. Ed allora perchè mai ci si ostina a criminalizzare uno dei pochi
interventi che porterebbe giustizia ed equità sociale, come il “reddito di
cittadinanza”?
Chi ne usufruirebbe? Tutti coloro che si attivino nella ricerca di un lavoro,
offrendo la propria disponibilità attraverso organismi pubblici (gli stessi che
dovrebbero sovrintendere all’erogazione del “reddito”) ad accettare un lavoro,
anche temporaneo (stagionale), purché collegato a titoli di studio o abilità
pratiche accertabili. Tale “reddito” si interrompe nel periodo lavorativo e
riprende poi corso alla sua conclusione, e via dicendo: tale “reddito” deve
avere una parte che va a coprire la previdenza e tutta la parte assicurativa.
Il “lavoro” che viene offerto dovrà essere accettato se rispondente alle
qualificazioni dei cittadini, pena l’esclusione definitiva del sussidio; allo
stesso tempo il cittadino che svolgesse mentre usufruisce di quel “reddito”
un’attività qualsiasi “in nero” si vedrebbe escluso da tale vantaggio.
Si comprende tra l’altro che con una
simile legislazione lavorativa verrebbe a ridursi fortemente la parte di
“lavoro in nero” o “sottopagato” che è una delle piaghe sociali del nostro
Paese. Così come quell’immane spreco di risorse pubbliche che è l’Istruzione
italiana troverebbe una limitazione significativa: parlo di quanto costi allo
Stato la formazione dei nostri giovani e di come questi sempre più spesso siano
costretti ad emigrare per cercare e trovare un lavoro che dia loro dignità e
riconoscimenti economici.
IN
QUESTI GIORNI SONO A SVOLGERE ATTIVITA’ DI PRESIDENTE DI COMMISSIONE PER GLI
ESAMI DI STATO (quelli che chiamiamo “maturità”!) E MOLTI PIU’ GIOVANI
TRASCURANDO I TIMORI DELLA BREXIT ALLA DOMANDA SU QUEL CHE FARANNO DOPO GLI
ESAMI RISPONDONO CHE ANDRANNO IN INGHILTERRA, A LONDRA, ALLA RICERCA DI UN
LAVORO – IL PRIMO CHE TROVINO – NON IMPORTA QUALE SIA – MA HANNO UNA CERTEZZA,
CHE NON SARANNO TRATTATI DA STRACCIONI MISERABILI! (meglio
lavare i piatti in una cucina che fare l’operatore di call-center)
E a
questo punto il dubbio è formidabile! Questo giochino (del dire “no” al reddito
di cittadinanza) non sarà mica indirizzato al mantenimento di “potentati”
imprenditoriali di sfruttatori che vivono sul lavoro a basso reddito e su
quello in nero?
Se oggi, settembre 2022, siamo ancora una volta a domandarci cosa sia “utile” votare alle prossime elezioni politiche, la responsabilità non può essere addebitata alle elettrici ed agli elettori, ma ad una classe politica (quella di riferimento individuale) assolutamente inadeguata a svolgere il ruolo che si è assegnato in maniera quasi autoreferenziale (quasi tutti votati ma designati da gruppi ristretti di Potere). C’è una parte degna di attenzione, ma occorrerà che assuma posizioni di coraggio e si attrezzi a smantellare le strutture che hanno prodotto tali disastri.
IL FUTURO DELLA “SINISTRA” (unita) ed il possibile accordo (non solo di Programma) tra PD e M5S
Se davvero….bisogna fronteggiare le Destre, “le più pericolose e aggressive”, allora occorre che vi sia una Sinistra, “unita”, che non abbia tuttavia alcun elemento in comune di contenuti e di forme, di mezzi e di risorse umane e che abbia davvero in mente di declinare in senso democratico l’arcobaleno valoriale che si incentra sulla libertà e l’uguaglianza di donne ed uomini, lavoratrici e lavoratori, e che riesca a contemperare le ipotesi programmatiche con la volontà del popolo chiamato ad esprimersi in modo partecipativo attraverso una miriade di organismi territoriali diffusi. Se invece chi si dice di Sinistra anche facendo precedere a quella distinzione politica il termine Centro, allo scopo di aggregare forme variegate e spurie sempre più lontane dagli obiettivi ideali fondamentali dell’essere “di Sinistra”, dell’essere “Sinistra”, rischia di produrre divisioni in una parte considerevole dell’elettorato che o si rassegna o si ribella o si estranea. Nondimeno alcuni “matrimoni” forzosi non possono produrre effetti benefici d’emblée, con un semplice schiocco di dita.
Si è insistito molto sulla necessità di piegare la leadership – e l’elettorato – del Movimento 5 Stelle a garantire nelle elezioni regionali un sostegno ai candidati del Centro Sinistra. Ovviamente non è andata bene in quella direzione; il Centro Sinistra ha vinto malgrado il non avvenuto accordo là dove poteva vincere, aggregando anche voti proveniente da elettori del Centrodestra; ha perso dove non poteva vincere e dove invece un accordo si è verificato. Sento che qui in Toscana in questo fine settimana, quando si svolgeranno i ballottaggi, in uno dei Comuni dove questi sono previsti, c’è stato l’apparentamento tra PD-altre liste civiche e il Movimento 5 Stelle. Il Comune in oggetto è Càscina, in provincia di Pisa, roccaforte della Lega e della ex Sindaca Susanna Ceccardi (anche se in questo primo turno sia per le Regionali che per il Comune le cose non sono andate bene per Salvini e per la sua “pupilla”) ma l’apparentamento è una forma di disperato tentativo, soprattutto laddove o ci sono molte differenze tra le forze politiche che si accordano o ci sono troppi punti in comune. A ben vedere le due ipotesi così d’acchitto non si tengono in piedi. Pur tuttavia quello che può sembrare un inizio fulgido in previsione di un futuro più solido accordo anche a livello nazionale è semplicemente un riconoscere la profonda debolezza della parte a Sinistra in questo paese. Sarebbe invece ottima cosa procedere in un clima di reciproco rispetto, conoscersi meglio, comprendere le differenze e valorizzarle pienamente, senza soffermarsi sui distinguo ideologici da una parte e postideologici dall’altra, abbattendo il muro dei sospetti. E’ un lavoro molto difficile, pieno di incognite ma anche ricco di possibili soddisfazioni. Sarà probabilmente più semplice riuscire ad operare in questa direzione nelle sedi territoriali periferiche, laddove è la concretezza del “fare” a prevalere; ai livelli centrali bisogna richiedere prudenza ed equilibrio, che possano essere di buon esempio anche in tutto il resto del Paese. Ci saranno temi che possono appassionare al di là delle tifoserie partigiane consuete, come – solo per fare un esempio la revisione e la messa a punto dei meccanismi del “reddito di cittadinanza”. Chi lo ha sostenuto in modo fideistico e chi lo ha denigrato dovrebbero ricercare punti di accordo per non deprivare di quel contributo chi ha davvero “onestamente” usufruito di quel contributo (e sono moltissimi) e per mettere a punto un percorso virtuoso che metta in condizione le strutture che si occupano del “mercato del lavoro” di poter funzionare e consentire a coloro che devono controllare nel merito la giustezza del RdC concesso di poterlo fare nel migliore modo possibile. E poi ci sono altri temi che dovrebbero appassionare in modo concorde a dimostrazione di possedere la stessa identica anima “di Sinistra”. Su questo avremo da discutere: non c’è un gran “tempo” di fronte a tutti noi e dobbiamo mettere alla prova la tenuta democratica di questo Paese. Ne riparleremo.
In questo blocco pubblico un “Documento” considerato “URGENTE” per una serie di motivazioni oggettive: 1) malgrado le numerose adesioni, molte delle quali riferite a “nuove iscrizioni”, la struttura “centrale” provinciale faceva “orecchie da mercante” e procrastinava la decisione che appariva ineludibile dal punto di vista sia formale che sostanziale; 2) era in atto sul territorio di San Paolo un’azione discriminatoria con una raccolta firme contro l’apertura della nuova sede (in un prossimo blocco pubblico la denuncia alla Commissione Provinciale di Garanzia di quelle azioni indegne).
DOCUMENTO URGENTE
SULLA PROPOSTA DI APERTURA DEL CIRCOLO PD A SAN PAOLO
Intendiamo fare il punto della situazione in relazione alla
richiesta di riaprire nella sede del circolo Arci di San Paolo in via Cilea un
Circolo del Partito Democratico nuovo, così come espresso nei precedenti
documenti.
Già da circa un anno alcuni iscritti ed alcuni simpatizzanti
hanno rivolto in modo corretto la richiesta al Segretario Provinciale (Bruno
Ferranti) al Coordinatore del Circolo Borgonuovo-san Paolo (Fabio Razzi) ed al
coordinatore Circ.le Ovest del PD (Fabio Colzi). Una discussione, presenti i
suddetti al Comitato Direttivo di Borgonuovo-San Paolo appositamente convocato,
è avvenuta prima delle Primarie per le Elezioni Regionali dello scorso anno.
Gentilissima Coordinatrice, tu conosci le nostre intenzioni
e conosci anche le motivazioni che ci spingono. Fra i molti simpatizzanti che
si sono avvicinati all’idea di aprire un Circolo nuovo sta sopravvenendo una
certa disillusione.
Entriamo però nel vivo:
Mercoledì scorso vi è stato il primo incontro del Comitato
Direttivo del circolo Borgonuovo-San Paolo nel quale alcuni di noi sono
presenti (l’altra sera eravamo anche in maggioranza come san paolini) ed il
Coordinatore Matteo Nesi ha proposto di parlare della nostra richiesta in uno
dei prossimi incontri, anche perché nel Congresso avevamo presentato un
documento ad hoc. Nel dibattito si sono avuti interventi tuttavia che
lasciavano presupporre l’ipotesi di procrastinare alle “calende greche” questa
decisione, chiedendo riflessioni, approfondimenti, condivisioni etc… Ho fatto
presente che è per noi urgente a questo punto affrontare la materia e decidere.
Il giorno dopo abbiamo anche riflettuto e facciamo una
proposta su cui vogliamo il tuo parere:
penseremmo di chiedere che dal 1 gennaio 2011 il Circolo San
Paolo faccia il “suo” tesseramento, pur rimanendo in piedi (onde evitare
difficoltà al Partito) il coordinamento unico (arricchito da qualche altro
nostro rappresentante – ad esempio Marzio Gruni che è anima del progetto non è
presente nel Coordinamento attuale)
e gruppi di lavoro comuni;
inoltre tutte le iniziative dovrebbero essere concordate, quanto alle date fra i due Coordinatore di Borgonuovo e quello
temporaneamente espresso di San Paolo.
Il Congresso – eventualmente davanti ad un nostro auspicabile successo
di adesioni nuove in cui fortemente crediamo
– dovrebbe svolgersi a fine 2011 – inizio 2012.
Chiediamo di essere resi autonomi rapidamente, anche perché
vi potrebbero essere presto delle urgenze e vorremmo evitare di incorrere in
emergenze varie che procrastinino ulteriormente questa scelta.
Ti chiediamo gentilmente di convocare il Coordinatore Nesi e
fare sì che si svolga al più presto prima della fine di quest’anno il Comitato
direttivo che si occupi in modo specifico e definitivo di questo argomento.
Grazie.
Marzio e Giuseppe
29.11.2010
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