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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo di Prato via Cilea e dall’ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE – seconda ed ultima parte

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo di Prato via Cilea e dall’ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE – seconda ed ultima parte

Viabilità
Il Quartiere di San Paolo è collocato ed è stretto, da una parte, a ridosso della linea ferroviaria FirenzePratoPistoia, dall’altra dall’asse viario di percorrenza veloce della strada detta “Declassata” che conduce a Firenze o a Pistoia e dall’altro asse che è la Tangenziale che porta verso la Vallata. Nel corso degli anni ed in particolar modo negli ultimi sei il territorio di San Paolo è stato compresso per la lungaggine dei lavori non ancora a tutt’oggi terminati per la costruzione del nuovo Ospedale. Tutto ciò ha notevolmente aggravato e compromesso il senso di Sicurezza da parte della popolazione residente. L’incuria delle ultime Amministrazioni ha prodotto un abbassamento non solo percettivo della qualità della vita e della percezione di Sicurezza. Avanzare proposte che affrontino queste tematiche servirebbe a creare un clima di maggiore tranquillità (si pensi soltanto al fatto che a pochissime centinaia di metri dall’abitato di San Paolo è stato costruito il nuovo Ospedale di Prato ma per accedervi per gli abitanti di questo territorio vi sono più difficoltà rispetto a prima quando il nosocomio cittadino era a due chilometri di distanza) per tutti.

Anche in questo caso struttureremo i nostri interventi allo scopo di ottenere risultati tangibili; abbiamo già avviato delle riflessioni sul disagio che una viabilità inadeguata ha prodotto sui cittadini di San Paolo (2012 e 2013); ora proseguiremo con un’attività di critica propositiva a chiedere che alcune questioni vengano affrontate ed alcuni nodi vengano sciolti.
Il tema della viabilità sarà affrontato in tre fasi:
– Studio sulle cartine e discussione con esperti, tecnici e cittadini;
– prime proposte alternative all’attuale viabilità;
– studi sulla fattibilità e prime progettazioni.
Relazioni economiche
Il tema delle relazioni economiche è fortemente condizionato da quello dell’evasione fiscale e dello sfruttamento dei lavoratori da parte degli imprenditori cinesi. Sono fra i temi più attuali collegati al lavoro all’interno dei capannoni laddove in special modo la comunità cinese opera e vive per tutto l’arco delle ventiquattro ore, sottoposta a ritmi di lavoro che essa accetta in cambio di guadagni che consentano loro di poter innanzitutto liberare i loro “passaporti” e poi di riuscire diventare imprenditori in proprio o in patria o fuori di essa. Oltre alle problematiche di ambiente malsano e di igiene vi è tutta la partita dell’evasione fiscale e contributiva che pesa gravemente sulle spalle della nostra comunità; occorre trovare vie d’uscita che non siano solamente quelle repressive attuate dall’Amministrazione di Centrodestra che non vuole ascoltare le critiche che una parte avveduta della città non obnubilata da forme xenofobe e razziste le rivolge e continua imperterrita a proporre blitz ed incursioni hollywoodiane che non producono poi effetti reali sull’economia. Il Circolo propone dunque di incontrare funzionari della Guardia di Finanza, imprenditori e commercialisti attivi nell’ambito dell’imprenditoria straniera locale e confrontarsi anche con le categorie sociali e sindacali locali.
Ascoltando le opinioni della gente spesso prevale la sensazione che l’evasione o elusione dei diversi oneri sia prevalentemente ascrivibile alla comunità cinese; noi vorremmo capire meglio cosa accade. Ascoltando altre opinioni verifichiamo se dietro questo comportamento illegale si celino interconnessioni la cui responsabilità ricada su parte della comunità italiana che lucra sulla manodopera straniera a bassissimo costo, anche perché troppo spesso quasi costretta alla vita clandestina.
Noi vorremmo dimostrare che non è affatto “buonismo” la ricerca della verità e l’utilizzo di forme di intervento che tengano in massimo conto della complessità dei fenomeni e che non continuino ad accanirsi in modo irrazionale e generalmente unidirezionale come ha fatto l’attuale Amministrazione di Centrodestra di Cenni e Milone.
Il lavoro si svolgerà attraverso incontri nei Circoli e nei luoghi comuni (Giardini, piazze, sedi parrocchiali) allo scopo di confrontarsi in modo ampio con la maggior parte dei cittadini. Suddivideremo in tre fasi il nostro intervento:
– Scelta degli interlocutori “esperti” e primi approcci con le problematiche attraverso incontri “riservati” agli operatori di questo progetto;
– incontri pubblici nei Circoli con discussioni sui dati a disposizione e sulle possibili “exit strategies” da proporre alla prossima Amministrazione comunale;
– applicazione di parte delle strategie evidenziate nella pratica amministrativa locale.

GAS (Gruppo Acquisto Solidale) a San Paolo di Prato

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GAS (Gruppo Acquisto Solidale) a San Paolo di Prato

Un altro passo in avanti che prende le mosse da quel Gruppo che nel Circolo ARCI di via Cilea – San Paolo di Prato sta agendo da alcuni anni; quei transfughi dal Partito Democratico che hanno fondato l’ADSP – Circolo delle Idee – che sono fra i principali animatori del Progetto “TRAMEDIQUARTIERE” – “Gestire le diversità”; quegli stessi che, a detta di qualcuno, “discutono troppo” come se il discutere fosse disdicevole (a parte le discussioni, a San Paolo i progetti si realizzano).
Ieri sera, mercoledì 4 marzo 2015, quel Gruppo si è incontrato con “I’ Gasse” uno dei Gruppi di Acquisto Solidale attivi in Prato per verificare la possibilità di attivarne uno nel territorio di San Paolo.
Dopo le presentazioni di ciascuno dei presenti, Cristina Cozzi ed altri membri de “I’ Gasse” hanno risposto a tutte le richieste di chiarimenti. Alla fine si è deciso di dare vita ad un GRUPPO ACQUISTO SOLIDALE San Paolo – a breve la presentazione ufficiale.

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PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – parte decima – si conclude la testimonianza di Pietrino Vannucci

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – parte decima – si conclude la testimonianza di Pietrino Vannucci

Una lotta esemplare ed importante fu l’occupazione della Calamai Michelangiolo, ove 700 lavoratori, in maggioranza donne, occuparono l’azienda per molti giorni. Nel pratese i processi di ristrutturazione, di smantellamento, andavano oramai avanti a ventaglio, e migliaia erano i licenziamenti. Stabilimenti e lanifici (San Martino, Fratelli Lucchesi, manifattura di Casarsa, Giovannelli, Ciabatti, Forti, Lanificio La Briglia e altri) erano entrati in crisi, in una crisi dalla quale non uscirono più.
L’occupazione della Calamai galvanizzò in tutto il pratese il movimento nel suo insieme.
Alla testa di queste lotte si trovarono tante ‘Giovanne’: alla Calamai Michelangiolo ricordo Linda Fiaschi, Licia Cangioli, Magazzini. Al lanificio La Briglia, tra le tante, Teresa Martini. Al Fabbricone Tosca Brunini, Gina Vestri, Cangioli e tantissime altre. Tante donne delle quali non ricordo il nome ma di cui ricordo con affetto i volti e che voglio ancora ringraziare per quanto hanno fatto per il movimento operaio.
In quel periodo di grandi lotte venne a Prato il ministro Vanoni, ministro dell’allora governo De Gasperi. In una riunione presso la Unione Industriali incoraggiò gli industriali portando la solidarietà del governo e indicando loro i due inseparabili obiettivi da portare avanti: diminuire la caparbia resistenza dei lavoratori delle fabbriche perché erano, così diceva il ministro, strumentalizzati dai comunisti, e ristrutturare l’industria tessile rompendo i cicli continui nelle aziende, dando ai lavoratori il macchinario a sconto di lavoro. Il risultato fu l’incremento del lavoro a domicilio e per conto terzi, e l’ulteriore aumento dei licenziamenti.
E’ in questo quadro che nel 1953 i disoccupati decisero un grande sciopero alla rovescia, realizzando la ristrutturazione e l’allargamento della via Bologna, che era in condizioni pessime. Assieme a Bruno Fattori, che allora era segretario della Camera del Lavoro, partecipai all’organizzazione dello sciopero. Riuscii a reperire un camion per metterlo a disposizione dei disoccupati, e fummo assieme ai lavoratori fin dal primo colpo di piccone.
Lo sciopero fu un grande successo. Fu un successo per la tenacia e la decisione dei lavoratori e per la capacità professionale che dimostrarono, anche perché molti avevano lavorato nelle miniere del Belgio e quindi erano pratici di questi lavori. Anche qualche imprenditore, mi ricordo Sbraci Metello, proprietario di una fabbrica presso La Foresta, invece di prendere una posizione contraria solidarizzò coi lavoratori, espresse il suo compiacimento al sottoscritto e alle forze di polizia che erano intervenute massicciamente. Di fronte a queste posizioni e alla solidarietà che Prato esprimeva ai disoccupati in sciopero, le forze di polizia si ritirarono ed iniziò così una fase nuova, la costituzione di una cooperativa, diretta dal compagno Martini, che permise a questi lavoratori di conquistare il salario. Fu un successo importante che dette fiducia al movimento sindacale e democratico pratese, in un momento di gravi difficoltà, di fronte allo smembramento delle fabbriche e alla divisione che nel paese si tentava di creare tra i lavoratori.
Molti anni fa Giovanna venne proiettato di nuovo, per iniziativa del Comune di Prato, al ‘Controluce’, nella zona del Soccorso, con la partecipazione dell’allora vicesindaco Montaini e del sottoscritto in rappresentanza della Camera del Lavoro. Con Gillo Pontecorvo erano presenti il critico Ciruzzi ed altri. Nel rivedere il film rimanemmo entusiasti perché ci apparve ancora più bello, per il suo valore culturale, per la mano magistrale dei registi; inoltre rivedemmo con piacere i tanti lavoratori che avevano partecipato alla realizzazione. In quell’occasione ricordo di essere intervenuto per paragonare l’occupazione della fabbrica che avviene in Giovanna con quella del lanificio Balli, e ricordai l’estrema cura di questi lavoratori nel pulire e mantenere le macchine, perché finita l’occupazione si doveva tornare al lavoro. Vi erano state le occupazioni delle università, condotte spesso in maniera molto diversa, e io portai a modello per i giovani proprio il comportamento di quei lavoratori.

Pietrino Vannucci è stato dirigente sindacale, segretario degli edili, negli anni ’50, poi membro della segreteria CGIL, segretario dei tessili dal 1963 e negli anni ’70 segretario della Camera del Lavoro.

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TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – un nuovo esempio – “I giardini di via dell’Alberaccio” – seconda parte

TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – un nuovo esempio – “I giardini di via dell’Alberaccio” – seconda parte

…Il quartiere fra gli anni Sessanta e i Settanta si era affollato a dismisura; vi erano arrivati nuovi immigrati – molti dal Sud altri dal Centro e dal Nord, i primi soprattutto i primi qui li chiamavamo “marocchini”. L’affluenza era stata così massiccia in un periodo di tempo molto limitato al punto che il Comune non ebbe modo, in effetti non volle, di verificare e seguire progettazioni e realizzazioni urbanistiche e i “palazzoni” sorsero come funghi, senza criteri prestabiliti e senza alcun controllo. Era tutto necessario ma ovviamente qualcuno ne approfittò.
A quel tempo ero ormai adulto; avevo altri amici con i quali ero cresciuto, Giuseppe, Vincenzo, Elda, Sirianna, Michelangelo e con loro si andava a ballare nei Circoli e nelle Case del Popolo; ce n’era uno al Centro ben frequentato, il Circolo “Rossi”, a due passi dal Castello dell’Imperatore e proprio sotto la sede del Partito Comunista. Con loro ero anche iscritto al Partito, tutti lo eravamo ed io insieme a Giuseppe ero nel Direttivo locale; e c’era anche una struttura di Quartiere con un Presidente ed un Comitato tutto di non eletti. in tutta quella confusione innescata da quegli arrivi “di massa”, nessuno – nemmeno noi che eravamo nel Quartiere e lavoravamo nelle Sezioni – sapeva quel che stava per accadere. In verità nessuno aveva mai saputo molte delle non-scelte urbanistiche che l’Amministrazione aveva attuato nel corso degli ultimi anni.
E così una mattina… ero appena rientrato dal turno di notte della tessitura che fu proprio Michelangelo a scampanellare dal portone. Mi affacciai per vedere chi fosse il disturbatore mattutino: “Oh vieni giù! ci sono già le ruspe…” Non capii bene cosa volesse dirmi ma mi riaggiustai i pantaloni alla meglio ed ancora in pantofole e con la tazzina di caffè tra le mani scesi per le scale e rapidamente, senza nemmeno badare alle ultime gocce la lasciai sul bordo del primo finestrone, fui giù. “Che succede, Michelangelo?” In effetti non ci avevo capito granché anche se mi ero reso conto della gravità della situazione. “Là in quello spiazzo dove noi abbiamo sempre pensato di farci un giardino ci sono le ruspe e gli operai lo stanno transennando…Saranno arrivati con il buio!” Rientrai in casa con la stessa velocità con cui ero sceso, misi le scarpe senza nemmeno allacciarle e volai giù. “E allora, andiamo!”
“Il sonno, Andrea, mi era passato ma allora non ci pensavo nemmeno. Lungo il percorso ci si fermò a chiamare altri compagni, altri amici cui spiegavamo il motivo della nostra concitazione: ed in men che non si dica anche questi ne chiamarono altri. Le donne accorsero con i bambini che avrebbero dovuto accompagnare a scuola, gli anziani sollecitati dalle donne informate da un tam tam mediterraneo erano confluiti tutti davanti a questo spiazzo, proprio qua dove ora ci troviamo, caro Andrea. E proprio io, insieme a Michelangelo ed Elda che ci aveva raggiunti, con questa folla alle spalle – più di centocinquanta forse duecento persone – andai a parlare con il capomastro, chiedendogli di sospendere i lavori. Era a tutta evidenza che volevano tirar su un altro “palazzone”! Lui però ci disse che non ci poteva fare nulla.
La gente diventò irrequieta e ci toccò calmarla facendo ragionare quelli che sembravano più agguerriti ma anche capaci di comprendere. Poi io e Elda andammo a casa del Presidente del Quartiere che dopo una nostra breve illustrazione ci accompagnò al Palazzo Comunale dove, grazie soprattutto a lui, al suo credito, fummo subito ricevuti dal Sindaco che, informato delle intenzioni “ragionevoli” della gente, telefonò ai vigili chiedendo che facessero sospendere, perlomeno in quella giornata, i lavori. Noi, però, chiedemmo al Sindaco di venire ad ascoltarci; mentre con la 500 del Presidente andavamo verso il Centro avevamo concordato con lui di convocare un’Assemblea urgente; ed era giusto che vi fosse invitato il Sindaco…. E tu lo vedi, come è andata a finire. I lavori non ripresero, anche se per più di un mese le ruspe ed altri attrezzi per gli scavi delle fondamenta e materiali vari rimasero minacciosi sul posto difesi da un doppio recinto di metallo e di legno.
A quel tempo Ginotto era andato già via, credo in Belgio ma non ne ho più avuto notizie ed alcuni dei miei amici sono partiti per sempre. Tu, Andrea, ricorda che gli interessi dei poveri come noi che pure stiamo ancora bene non sono quasi mai gli stessi dei ricchi, soprattutto quelli che hanno il brutto difetto di volere sempre di più, perché hanno una gran paura di diventare come noi o peggio di noi. E per noi un giardino conquistato ci fa stare bene, ci fa vivere meglio. Loro non ne sentono il bisogno o, forse, e questo è triste, non sanno nemmeno più di cosa hanno bisogno”.

FINE

“GIOVANNA” di Gillo Pontecorvo extra – un tentativo di metanarrazione ad uso personale – un recupero della memoria collettiva sulle conquiste che ci stanno rubando – seconda parte

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…Armida sorride e appare interessata a quel che le propongo. Il marito non c’è più, già da qualche anno. Le dico che le “compagne” comuniste la invitano prima a Figline, area nord di Prato e poi a Napoli. Si accende in lei il desiderio di recuperare quegli elementi di storia, della sua, così come quella delle altre donne che negli anni Cinquanta auspicavano con il loro impegno nel lavoro e nella società la conquista di un mondo migliore per i loro figli. Come doveva essere bella, alta e fiera, ancor più di quanto pur oggi appaia, Armida in quegli anni.
Non voglio rimanere a lungo; sento di essere rientrato anche se per pochi minuti nella sua vita senza un preavviso, in modo quasi furtivo; con la “signora” che le tiene compagnia abbiamo anche parlato delle nostre comuni origini “campane” ed anche lei sembra interessata alla possibile “trasferta” nel Sud.
Ci salutiamo. Prima poi di rientrare in auto chiamo Mirko, il compagno che mi aveva contattato; lo rassicuro “ho visto Armida e l’ho invitata ai due eventi” poi chiamo Pippo “ho bisogno di tutto il “girato” di tutte le interviste realizzate tra il 1990 ed il 1991” E’ un amico sempre disponibile soprattutto quando si parla di recupero della memoria. Non si smentisce, men che mai in questa occasione. Ed in pochi giorni mi richiama perché il materiale è pronto; e così mentre sono ad una “presentazione” di una Mostra sulle “autostrade” arriva con questo immenso “cadeau”. Regalate un nuovo giochino ad un bimbo e lo vedrete strabuzzare gli occhini; a me fa lo stesso effetto quel “disco” e corro a casa per rivedere tutto il lavoro che tra il 90 ed il 91 avevamo fatto nello studio di Franco Morbidelli in un vecchio palazzo alla confluenza tra il viale Montegrappa ed il viale Vittorio Veneto; Franco che con noi aveva sognato una Hollywood (o più semplicemente una Cinecittà) sul Bisenzio, progetto inseguito insieme a Giuliano Montaldo ma naufragato troppo prematuramente sulle scogliere del destino; Franco che quella sera prima di sentirsi male da quello studio mi chiamò e prendemmo appuntamento per il giorno dopo. In quelle immagini siamo tutti più giovani, tutti anche quelli che non ci sono più come Roberto Giovannini, storico Sindaco degli anni Cinquanta, Anna Fondi, operaia ed amministratrice lucidissima straordinaria interprete delle lotte per le conquiste sociali che a Prato hanno visto un’applicazione da pionieri; Pietrino Vannucci che si è speso fino all’ultimo suo giorno per il Sindacato; Gracco Giustini diviso tra Sindacato e Partito Comunista ed impegnato nel “sociale” all’interno delle Case del Popolo. E poi Gillo da me intervistato in contemporanea alle vicende che la CNN ci trasmetteva in diretta da Baghdad (era la prima volta che una guerra veniva seguita in “diretta”) di notte in una delle salette riservate dell’Hotel “Flora”. Tra le immagini registrate anche quelle del ricevimento d’onore per Giuliano Montaldo (quello previsto per Pontecorvo saltò per gli eventi internazionali che avevano accompagnato il suo arrivo: quel giorno migliaia di giovani manifestarono per la PACE inondando Piazza Mercatale proprio sotto la sede della Camera del Lavoro e Gillo non volle far mancare la sua partecipazione): con Giuliano c’erano Roberto Giovannini, Marcello Cappellini insieme ad Anna Buti ed Ambra Giorgi della CGIL, il Sindaco Claudio Martini, il Pelagatti capo di Gabinetto del Sindaco, qualche fotografo e qualche giornalista. C’era, ovviamente, Armida. Ci fu uno scambio di idee, un flusso di ricordi e Montaldo firmò l’Albo d’oro” del comune apponendovi una dedica “Per me e per altri cineasti Prato è – e sarà – un ricordo indelebile: una tappa importante nel lavoro. Per “Giovanna” Prato ci adottò…” in quelle immagini c’è anche un “ME” molto diverso da ora: venticinque anni pesano. Ma Armida no, non è cambiata. Credetemi: non è cambiata!

… fine seconda parte… continua

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SU “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – nona parte – continua intervista a Pietrino Vannucci

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PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SU “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – nona parte

…continua intervista a Pietrino Vannucci

“E’ in questo clima che Gillo Pontecorvo, Montaldo, Ciruzzi, Giraldi e gli altri giunsero a Prato, e con il concorso di molti lavoratori realizzarono il film Giovanna. Il film rappresenta un importante documento sulla condizione operaia, in particolare su quella della donna lavoratrice, doppiamente sfruttata sia nella fabbrica che nella società, e fu un contributo alla lotta per l’emancipazione del lavoro e per i diritti delle donne.

La presenza della donna nell’industria tessile pratese, a differenza delle industrie cotoniere dell’Italia settentrionale, non era maggioritaria, ma tuttavia era una presenza massiccia, pensiamo ai lavori di rammendatura e alle altre operazioni che particolarmente negli anni ’50 venivano fatte. Le donne erano insostituibili, ma non erano trattate a parità dell’uomo. Dal punto di vista salariale, anche a parità di mansioni e di lavoro, la donna riceveva una retribuzione inferiore e nella scala dei valori professionali era inquadrata contrattualmente nelle categorie più basse del mansionario. E quindi la battaglia per la parità sindacale fu uno degli aspetti centrali della rivendicazione sindacale degli anni ’50, e le donne pratesi dettero un contributo molto importante a questa lotta. Fra le protagoniste di quella battaglia voglio ricordare, tra le altre, Cesarina Tortelli, che lavorava alla fabbrica Sbraci Metello, un’attivista che ha dato tutta la vita al sindacato e al suo partito. Oltre a lottare assieme alle altre donne, face causa al suo padrone in un momento in cui era molto difficile far valere questo diritto tramite la magistratura e si rischiava il licenziamento. Cesarina Tortelli vinse la causa. Questa fu una vicenda importante nella lotta per giungere alla conquista della parità di salario a parità di mansioni, che contrattualmente viene sancita immediatamente dopo la fine degli anni ‘50.
A Prato vi fu una notevole partecipazione delle donne alla vita sindacale e politica, caratterizzata da grande passione, da un impegno quotidiano nell’attività e nella lotta. Anche se gli uomini erano in maggioranza nei posti di direzione del sindacato e anche nella fabbrica, le donne erano una parte importante e significativa nella struttura organizzativa. Nei reparti delle fabbriche erano soprattutto le donne che organizzavano i lavoratori al sindacato, riscuotevano i contributi sindacali, organizzavano la partecipazione agli scioperi. Era questa un’attività pericolosa, infatti molte delle nostre compagne sono state per questo licenziate. Furono centinaia i licenziamenti per attività sindacale, chi con una scusa chi con un’altra, e troppo spesso con il pretesto della mancanza di lavoro chi veniva colpita era in primo luogo l’attivista sindacale. Di queste voglio ricordare solo due nomi: Nara Marconi e Brunella Bini.
Ricordo inoltre che tra i 110 licenziamenti che avvennero al Fabbricone, la stragrande maggioranza era costituita da donne, dalle nostre meravigliose attiviste di reparto, che costituivano l’ossatura del sindacato in quella fabbrica che è sempre stata all’avanguardia delle lotte nel pratese. Già nel 1943 le donne della fabbrica Calamai Bruno avevano scioperato contro la tessera del pane e per la fine della guerra. Furono tutte costrette a salire sui camion, arrestate e portate a Firenze. Vi sono molti episodi in quell’epoca, l’epoca dell’occupazione nazista, ove le donne del Fabbricone, della Mazzini, della Magnolfi, della Cangioli, riescono a organizzare scioperi e manifestazioni contro il fascismo e per la fine della guerra. Anche negli anni ’50, le donne di quelle e di altre aziende furono sempre presenti nei momenti più difficili della storia del sindacato pratese.
…fine parte nona … continua

“GIOVANNA” di Gillo Pontecorvo – extra “un tentativo di metanarrazione” ad uso personale – un recupero della memoria collettiva sulle conquiste che ci stanno rubando! prima parte

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“GIOVANNA” di Gillo Pontecorvo – extra “un tentativo di metanarrazione” ad uso personale – un recupero della memoria collettiva sulle conquiste che ci stanno rubando! – prima parte

Di questi tempi quando ti arriva un sms su Facebook è un mondo intero che con velocità stratosferica all’indietro ti passa davanti agli occhi: “ salve, parlando con …. mi ha indicato te come persona informata per i contatti a riguardo il film “GIOVANNA” .di Gillo Pontecorvo… dobbiamo proiettare il film a Napoli alla Assemblea nazionale delle donne comuniste a metà Marzo … abbiamo deciso di ospitare, come PCdI pratese, l’Assemblea regionale toscana, la domenica 1 marzo, con pranzo a Figline e pensavamo di contattare attrici, protagoniste. sindacalisti eccetera. magari se mi contatti per telefono al n° 0574 …. ne parliamo a voce. in attesa grazie mille”. E ti riconcili con il tuo “mondo” quello della Solidarietà della Legalità e dell’Equità nascondendo per un attimo le ottusità e le nequizie che ci tormentano in questi ultimi mesi. Non penso di cambiare bandiere, anche perché quelle che sventolano dentro di me sono dello stesso colore “rosso” e non mi sento lontano da loro che si considerano “comunisti”. Sono “Democratico” ribelle e polemico; ma non demordo: e lo lascio intravvedere nelle mie azioni. Richiamo il mio interlocutore senza ottenere risposta e rispondo su chat “Ho provato a richiamarti allo 0574 … alle ore 21.50 di questa sera 4 febbraio. Domani se puoi chiamami al 346 …. perché sarò in viaggio verso Napoli. Ne parlo volentieri. Grazie. Giuseppe” ed è infatti in viaggio che contatto il “compagno” e fissiamo per rivederci tra una settimana al mio ritorno a Prato.
Sul film “Giovanna” di Gillo Pontecorvo sono diventato un esperto e quando qualcuno se ne ricorda fa riferimento a me.
Si tratta di un film breve, non so dire se un corto o un mediometraggio; ma di certo è un “piccolo grande film” che rappresenta uno straordinario sguardo all’indietro che si riflette sul presente e sul futuro delle attuali e prossime generazioni. Girato fra il 1955 ed il 1956 a Prato racconta di un tempo in cui le lotte operaie erano foriere di conquiste che tardarono ma vennero raggiunte fra gli anni sessanta ed i settanta (la parità salariale e la legge sulla maternità prime fra tutte); oggi siamo a raccogliere i cocci degli interventi maldestri della Destra berlusconiana e quelli furbeschi della Destra renziana, ben più pericolosi perché portati avanti con bandiere truccate.
L’invito è molto gradito anche perché ho in progetto una “visita” ad Armida Gianassi che da qualche anno non rivedo. Armida è stata la protagonista del film; è lei la “Giovanna” di Gillo Pontecorvo. Mentre sono a Pozzuoli digito sul mio pc il nome di suo marito alla ricerca di un numero telefonico che però non riesco a trovare. Pazienza; aspetterò di tornare a Prato, so dove abita e spero mi perdoni l’intrusione senza avviso. E così una mattina non troppo presto che non è corretto, ma verso le 11.00 sono sotto casa di “Armida Giovanna”. Suono e mi viene aperto; c’è una donna di mezza età che mi riceve con cordialità chiedendomi chi sia e chi cerco. Mi presento e chiedo della signora; mi fa accomodare mentre allo stesso tempo chiama Armida. La vedo come un tempo – siamo nel 2015 e la mia intervista è del 1990. E’ eretta e nobile nel portamento; il suo sorriso velato di tristezza è lo stesso che ho intravisto in lei la prima volta che ci siamo incontrati. Forse “a posteriori”, a ripensarci, un po’ più accentuato. Ma se la osservate bene nel film è lo stesso sorriso “triste” che rappresenta il tormento intimo del personaggio che interpreta: una “donna” consapevole della necessità di affrontare lotte che la condizioneranno irrimediabilmente; un’icona del “femminismo” progressista non radicale che non intende rinunciare a ricoprire il ruolo di moglie e di madre mentre difende il diritto al posto di lavoro delle sue compagne oltre che del suo.

J.M.
fine prima parte

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo e dall’ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE di Prato – prima parte

LE IDEE NON VIAGGIANO MAI DA SOLE – AIUTIAMOLE A MUOVERSI

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo di Prato e dall’ ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE all’interno di TRAMEDIQUARTIERE – Progetto seguito dall’IRIS Ricerche (Massimo Bressan, Massimo Tofanelli e Sara Iacopini) nell’ambito del PROGETTO PRATO della Regione Toscana (Andrea Valzania e Vinicio Biagi. “Gestire le diversità” è uno degli obiettivi da perseguire in una realtà come “questa” di San Paolo che è una vera e propria frontiera.
Ne avevamo parlato in altre occasioni e qui riproponiamo alcune parti di quelle elaborazioni che sono superate nelle “etichette” ma non nella necessità e nella nostra volontà (alcune parti possono essere “datate” riferendosi a nominativi oggi per fortuna “obsoleti” come quelli di Cenni e di Milone).
Ecco alcuni brani di un testo che avevamo preparato alcuni mesi fa:

OBIETTIVI E INTERVENTI INTEGRATI
L’obiettivo generale del nostro progetto è il cambiamento del clima nelle relazioni sociali ed economiche, nel quartiere dove operiamo, nella direzione della distensione e dell’accoglienza. La complessità dei temi da affrontare nel territorio di San Paolo-Macrolotto Zero impongono la scelta di interventi integrati che riguardino diversi campi d’azione: l’inter-cultura, l’ambiente, l’urbanistica e gli spazi pubblici, la viabilità, le relazioni economiche, la partecipazione dei cittadini (con le loro diverse origini culturali) alla gestione del territorio.
Inter-cultura
In una realtà così composita notevoli sono i fenomeni di disgregazione, di isolamento e di spaesamento. Per essere felici in un posto occorre avvertire il territorio nel quale si vive come luogo amico e per raggiungere questo obiettivo occorre conoscerlo nella sua storia nelle sue trasformazioni nelle sue caratteristiche sociali ed antropologiche. San Paolo è stato da tempo luogo di presenze di diversa provenienza territoriale: negli ultimi decenni forte è stata l’immigrazione interna a supporto dell’’industria tessile mentre negli ultimissimi anni notevole è stato l’afflusso di extracomunitari di origine soprattutto cinese, tanto è che il problema più rilevante è diventato proprio il rapporto fra la comunità pratese già di per sé composita ed i cinesi con le loro abitudini, i loro particolari stili di vita e la difficoltà di comunicare in modo agevole. Non è facile ma bisogna attivare ogni sforzo per ottenere anche piccoli risultati in positivo.
………………………………….

Riteniamo che il coinvolgimento della Scuola, insieme ad altre agenzie culturali, sia uno dei pilastri su cui basare un intervento efficace per mettere in collegamento i mondi diversi del territorio. Ci proponiamo di attivare i seguenti progetti:
– Percorsi di conoscenza storica, sociale e culturale in una scuola importante di San Paolo (via Toscanini).
Avvieremo incontri con i dirigenti scolastici ed i rappresentanti delle diverse etnie residenti sul territorio.
Costruiremo relazioni attraverso momenti di discussione e di “festa”.
Lavoreremo per costruire sul territorio di San Paolo occasioni per approfondimenti inter-culturali con agenzie culturali che supportano questo progetto (IRIS, ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE, Associazione “Dicearchia2008”) e le varie comunità.
Si accompagnerà il lavoro di ricognizione e studio che l’IRIS di Prato, in modo specifico il suo Presidente Massimo Bressan, va proponendo per un’analisi approfondita delle diverse trasformazioni sociali ed antropologiche che si sono presentate sul territorio del Macrolotto Zero e di San Paolo. Verranno coinvolti anche altri Circoli presenti, come il “Curiel” di via Filzi e la Cooperativa “Aurora” di via Ciardi. Saranno organizzate giornate di studio, seminari, incontri con esperti (etnologi, sociologi, antropologi, architetti); saranno allestite mostre fotografiche ed una vera e propria Mediateca delle testimonianze in video che saranno il risultato del progetto “Gestire la diversità” che IRIS attiverà utilizzando tecniche di “digital story telling” che coinvolgerà cittadini del quartiere delle diverse etnie.

……………………………….

Ambiente, urbanistica e spazi pubblici
Ci concentreremo su due aspetti distinti e paralleli. Il primo di carattere storico e culturale collegato al punto precedente tenderà ad una conoscenza degli studi accurati ed approfonditi che l’architetto urbanista Bernardo Secchi ed i suoi collaboratori, alcuni dei quali già disponibili a partecipare alla realizzazione di questo Progetto, avevano prodotto alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso e che vedevano come luogo di primaria rilevanza proprio il territorio di San Paolo e quello specifico del cosiddetto Macrolotto Zero. Il secondo aspetto sarà più specificatamente collegato alle questioni ambientali sociali e sanitarie si dovrà occupare degli stili di vita e delle condizioni abitative e lavorative della comunità cinese, anche allo scopo di evitare poi spiacevoli conseguenze nel rapporto con la popolazione italiana e con gli organismi di controllo istituzionali. Le due parti potrebbero avere come titolo:
1) Dal Piano Secchi al Piano strutturale: cosa recuperare e cosa modificare – Come rendere lo spazio vitale e comune più accogliente per tutti.
2) Acquisizione delle conoscenze in materia di rispetto dell’ambiente ed in materia sanitaria da condividere ed applicare.

fine prima parte

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NIENTE E’ COME SEMBRA – cronaca di un sopralluogo per TRAMEDIQUARTIERE – Prato 19 gennaio 2015 – una metanarrazione

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L’immagine in evidenza è esemplificativa!

PER CHI LO AVESSE PERSO O PER CHI E’ PIGRO E NON VUOLE AFFATICARSI A RICERCARE LE TRE PARTI DEL RACCONTO DA ME PUBBLICATO SU QUESTO BLOG eccolo per intero

NIENTE E’ COME SEMBRA – cronaca di un sopralluogo per TRAMEDIQUARTIERE – Prato 19 gennaio 2015 – una metanarrazione

1920 gennaio – “un po’ per celia, un po’ per non morire”
Quella parte della macchina fotografica che inquadra il soggetto – o l’oggetto? – che decidi di riprendere collocandolo in un suo attimo eterno di fissità assoluta non poteva essere chiamato in maniera così distante dalla sua concreta essenza. L’ “obiettivo” è infatti ciò che più lontano non può essere rispetto alla reale “obiettività”. Tutto è fuorché “obiettivo”!
E, pur volendo rappresentare la realtà, la verità, non può che rappresentarne, sulla linea infinita del tempo, una minima minuscola infinitesimale parte di esso.
La dimostrazione pratica di quel che si scrive è data dalla impossibilità di fornire un’unica spiegazione logica “obiettiva” di qualsiasi fotografia.
Ecco, dunque, quel che accade quando ci troviamo, come persone comuni, di fronte agli oggetti che vogliamo fotografare: anche l’attimo che scegliamo e che riusciamo ad ingabbiare, che impropriamente chiamiamo “istantanea”, è inevitabilmente successivo a quello che avremmo voluto fermare. In questo caso l’obiettività ricercata sfugge a noi stessi che la intendevamo invece accogliere come unico ed essenziale punto di vista.

I ragazzi hanno percorso le strade di San Paolo. I ragazzi – ma sono soprattutto ragazze – che seguono il Progetto delle Trame li abbiamo indirizzati ed accompagnati ed hanno così potuto interrogare le varie realtà del quartiere con i loro strumenti, a partire da quelli fisiologici, gli occhi e le menti. Tutto è, dunque, relativo: al momento, alla persona che inquadra ed a ciò che viene inquadrato. Il momento della giornata, delle stagioni e del clima diverso, della luce che cambia. Ed anche le contingenze storiche e sociali di una minima realtà condizionano sia i risultati che le loro interpretazioni in modo emotivo. Diversamente.
Dal Circolo di via Cilea partiamo e chissà perché mi vengono in mente Pirandello ed Imperiali, in particolar modo quella storia “pirandelliana” che quest’ultimo narra ne “La fontana del Comune”. Sarà un presagio? Sarà un presagio!
Un gruppo va verso il “pallaio”, luogo di incontro soprattutto di anziani ( ma i giovani non mancano anche se sono una eccezione)che giocano o solo osservano giocare a bocce e mentre trascorrono il loro tempo al coperto ed al riparo dalle intemperie discorrono sulle malefatte dei Governi e su qualche maldicenza locale.
Accompagno Valeria alla CONADDE mentre Gino e Siria con gli altri, una parte se ne è già andata subito dopo pranzo, va verso l’area Baldassini. C’è un grande giardino attrezzato ed una quinta di archeologia industriale di esaltante bellezza, tanto è che l’urbanista, lo storico ed il costruttore difficilmente condividerebbero un unico pensiero.
Con Valeria corriamo, le chiedo se il mio passo sia troppo rapido per lei: lo faccio anche per marcare il mio segreto desiderio di non essere considerato quel che oggettivamente sono, un anziano troppo spesso rammollito e pantofolaio. Parliamo; in verità parlo soprattutto io per tutto il tempo, chissà che non annoi come fanno con me alcuni. Ma siamo veloci a ritornare dopo pochi minuti. E ci ricongiungiamo al gruppo, dopo aver scartato , solo in parte, l’incontro con uno strano tipo che, chissà perché, aveva sbagliato il tempo di un appuntamento con Saverio, il nostro coordinatore di Circolo Piddì, e mi tampinava. Bye Bye, gli dico, e fatti rivedere un altro giorno. Mi sento un verme, ma non sono in grado di essere migliore se mi si limita.

Parte 2
……Gli altri sono già agli “orti sociali”, una bella realtà, non c’è che dire: e di spazi così, abbandonati e ricettacolo di sterpi, rettili e qualche oggetto di arredamento fuori posto ma ancora degno di essere esposto in qualche “mercatino dell’usato” o in qualche “installazione di arte contemporanea”, ve ne sono altri qui in giro. Spazi che potrebbero essere utilizzati proprio come “orti sociali” destinati ad anziani, a famiglie, a bambini. I giovani del workshop si sbizzarriscono nel chiedere e nell’impostare inquadrature di uomini e natura. E qualcuno vi si perde e smarrisce. E il gruppo lo perde, proseguendo il suo viaggio pomeridiano tra strade, giardini privati, spazi verdi ordinati e spazi grigio-verdi disordinati e polverosi, antiche fabbriche dagli eleganti sontuosi aristocratici contorni architettonici che emanano sensazioni vetuste ma ancora caratterizzate da una certa nobiltà: quante operaie ed operai vi hanno agito? Quali tragedie quante e quali sofferenze e quante e quali festose ricorrenze hanno vissuto? Dentro esse abita la Storia di questa città e ne respira ora solo un lontano sentore colei o colui che vi transita riconoscendone i profondi valori storici che da lì promanano. Ora esse, pur rimanendo ancora erette con grande signorile apparente dignità, rischiano di essere destinate dall’incuria dei contemporanei ad essere abbandonate al degrado. Qualche espressione da “terzo paesaggio” attira le attenzioni dei giovani fotografi ed in particolare una struttura muraria che divideva gli spazi fra San Paolo e quello che era al di là di San Paolo, che poi solo di recente è stato identificato da Bernardo Secchi come “Macrolotto Zero”, mostra ad ogni modo di possedere una sua peculiare storica distinzione. Fra un’area coltivata ed uno spazio dove il disordine regna indisturbato si giunge al grande Giardino di via Colombo, luogo di incontro e raduno dal mattino alla sera della pacifica e disciplinata comunità cinese – con orari scanditi da ordinanza sindacale dopo le vibranti assurde proteste di un cittadino che lamentava la confusione ingenerata dagli strumenti che accompagnano la pratica del Tai-chi. Altre etnie – Prato ne è piena e ne conta più di cento – frequentano questo luogo. Ci sono anche gli italiani, ma provate per credere e venite pure a vedere, i cinesi – ebbene sì – sono la maggioranza. E ce ne sono davvero tanti, cosicché Valeria si appresta a rubare istantanee con le quali intende dimostrare ( e ce lo dirà solo dopo ) che è pur sempre un lunedì pomeriggio e c’è ancora luce e dunque non può essere del tutto vero che i cinesi lavorino soltanto, che lavorino tanto come si dice così spesso. Racconto a chi mi sta vicino l’esperienza di Emma Grosbois, una giovane fotografa che installa provocazioni artistiche e narro del comportamento dei cinesi, la loro compostezza, la ritrosia, la timidezza su cui però poi, quando Emma aveva completato l’installazione e se ne allontanava, prendeva corpo e forza la curiosità. Andiamo oltre e Valeria si diverte a fotografare i panni stesi dentro e fuori i terrazzini delle abitazioni cinesi lungo il nostro percorso. Li ricerca con curiosità: utilizzano gli “stand” industriali non potendo, per limiti regolamentari dei condomini, esporli all’esterno alla maniera delle famiglie mediterranee; ma non tutti in effetti sono rispettosi e Valeria di questo non può che essere contenta: riprenderà questi tessuti colorati che creano una sarabanda cromatica di straordinaria bellezza.

J.M.

Parte 3
Lungo il tratto – via Puccini via Respighi via Rota, tutti grandi musicisti – che porta verso via Pistoiese, si incrociano etnie orientali islamiche, donne velate e bardate da drappeggi variopinti di gran buongusto. Anche io fotografo qualche scorcio e privilegio la figura umana e la documentazione del lavoro dei nostri giovani. Inquadro infatti la realtà in movimento e per questo temo sempre che vi sia qualcuno che possa non gradire queste mie intromissioni. Ecco infatti che da un auto ferma c’è qualcuno dall’interno, che a me sembra proprio un cinese, che mi apostrofa – lo vedo agitare la mano – e suona per tre volte anche se non in modo imperativo il clacson: faccio finta di nulla, potrei non essere io il destinatario, anche se sembra proprio il contrario, di tale protesta; ma il tizio insiste ed un signore dai tratti occidentali che gli è accanto all’esterno mi fa segno di avvicinarmi. Diamine, che vorrà da me, ora; e temo per la mia incolumità. Ma no! E’ un amico che ha voglia semplicemente di scherzare, dal momento che mi vede in mezzo a tanta bella giovane compagnia. Lo saluto con cordialità, rinfrancato. Una parte della bella compagnia se ne va verso la Stazione di Porta al Serraglio. Rimaniamo in cinque e ci inoltriamo nel cuore di quella che chiamano “Chinatown” un guazzabuglio di corpi e linguaggi in luoghi pittoreschi ma maleodoranti. Procediamo in questi ambienti e ne cogliamo alcuni aspetti conservandoli nei nostri “aggeggi” elettronici: ristoranti, pescherie, ortofrutta, supermercati caotici, sale giochi e per la strada avventori, passanti casuali, garzoni di bottega, signori ben vestiti con valigette e computer accesi ed operanti si mescolano in ambienti degradati. In una di queste strade, leggermente più riservata, accanto ad un’officina meccanica chiaramente italiana ( in questo settore i cinesi non si sono mai inseriti) c’è una chiesa cristiana rivolta ad ospitare parte della comunità cinese (è in un capannone industriale ) e di fronte ad essa si nota un asilo nido anche questo in tutta evidenza – oltre che per le insegne esterne bilinguistiche dalle decorazioni interne – al servizio delle famiglie cinesi, che attualmente sono le più prolifiche.
Si va facendo sera e così si ritorna verso il Circolo. Attraversiamo di nuovo via Pistoiese e per via Umberto Giordano (ritorniamo ai musicisti!) costeggiamo le mura ben mantenute della vecchia fabbrica Forti. Ne ammiriamo alcune parti soprattutto gli spazi antistanti via Colombo che ne evidenziano l’abbandono. La luce sta venendo meno ed è sempre più difficile fotografare; ci limitiamo a documentare ed infatti riprendo alcuni atti del gruppo residuo sulla “rotonda” di via Giordano/ via Colombo con la cornice bassa delle fabbriche abbandonate. E poi in un’istantanea Siria è con Valeria ed in fondo lungo la recinzione Gino leggermente voltato indietro verso un auto della Polizia Municipale “apparentemente” ferma allo Stop.
Diciamoci la verità: quell’auto si era messa in posa per essere fotografata! La foto “istantanea” casuale scattata senza una vera e propria volontà non avrebbe alcun significato. E non avrei potuto scattarne altre per documentare i fatti per non aggravare la situazione del “povero” Gino, malcapitato. L’auto era ferma, proprio, non apparentemente, ferma, ben piantata sullo Stop. Così come fermo era Gino, impietrito e stupito.
Cosa era accaduto? Fa parte della relativizzazione di cui accennavo soprattutto nell’avvio. Ciò che si vede può essere realtà ma anche impressione, suggestione. Questo lo sapevo, ma vaglielo a spiegare ai due solerti vigili urbani.
Lo dico sempre a mia moglie quando la sento imprecare contro quel tizio che ha parcheggiato malissimo ed ha occupato parte del posto nel quale lei dovrebbe parcheggiare. Ma cosa succede al ritorno? La macchina dell’autista che le ha maledetto è andata via ed ora è inevitabile che sia proprio la sua, quella di mia moglie, ad essere parcheggiata “da bestia”. Apparenza ma anche parte di realtà! Anche ai due vigili urbani era parso che il nostro Gino avesse divelto quel reticolato rugginoso ed incerto che si sbriciolava a pezzi solo a toccarlo: il nostro amico a tanti tipi può somigliare ma non di certo all’incredibile Hulk. Oppure sì? È forse un altro esempio di “relativizzazione” della realtà? Siamo di nuovo a chiederci se sia o meno “reale” quel che vediamo, quel che percepiamo? O soltanto ci illudiamo? Forse sì, la vita davvero è un sogno, bello a volte brutto in altre, ma pur sempre un sogno.

G.M.

AGGREGAZIONE DEMOCRATICA SAN PAOLO (A D S P) – CIRCOLO DELLE IDEE – riflessioni sui nostri percorsi

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AGGREGAZIONE DEMOCRATICA SAN PAOLO (A D S P) – CIRCOLO DELLE IDEE – riflessioni sui nostri “percorsi”

Nella vita c’è chi precorre i tempi e chi invece si attarda. Noi al Circolo di via Cilea da alcuni mesi avevamo compreso (sappiamo che è tutto “soggettivo” e “relativo” ma per noi è COSI’) che non potevamo più rimanere all’interno di un contenitore nel quale si erano infiltrate persone di cui non ci fidavamo più. Non ci hanno mai impressionato il piglio e la volontà di “cambiare”: abbiamo a lungo condiviso la necessità di metterci alle spalle anni ed anni di “governo” della cosa pubblica in modo “personalistico” e discutibile dal punto di vista etico; abbiamo denunciato le modalità accentratrici scarsamente democratiche delle gestioni passate; abbiamo criticato i metodi e proposto – scrivendone e praticandoli – le giuste alternative.

Non intendiamo più essere presi per i fondelli; chi lo desidera lo fa ad esclusivo suo piacere. Ecco che di tanto in tanto si leva qualche voce dissidente; oggi tocca a Bersani dopo Fassina, Civati e Cofferati. Intanto la Dirigenza si è accorta che vi è stato un gran calo del tesseramento, tanto è che si è levato il “grido d’aiuto” degli “amministratori” che battono cassa anche per “il calo generale degli introiti derivati dal tesseramento”.
Ecco, si chiedano come mai; ma, lo si sa, come accade per noi di San Paolo c’è un muro che ci separa e nessuno ha avuto la benché minima idea di dover dialogare.

Poiché queste cose le scriviamo da tempo, ora il tempo è scaduto irrimediabilmente: il nostro PARTITO DEMOCRATICO non è più quello del quale vanno parlando loro che lo hanno ridotto ad un “partito democratico” qualunque che riesce ancora a vincere grazie ai sempre più numerosi “sfiduciati” della POLITICA che rinunciano ad andare a votare.

Noi abbiamo un grande rispetto della parola “POLITICA” e non rinunciamo a praticarla.

Siamo stati e siamo punto di riferimento forte ed essenziale nell’area di San Paolo e del Macrolotto Zero. Lo attestano anche le “IDEE” che abbiamo messo in pubblico e che ci vedono veri “PROTAGONISTI” nella vita sociale, politica e culturale di quest’area.

G.M.