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VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 22

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VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 parte 22.

L’immaginazione andava oltre la realtà. I primi tempi, tutto bene. L’altro non c’era. Mi sentivo come sospeso nell’aria, un’atmosfera di agio, di sicurezza interiore che non ho mai più provato. Cominciai molto lentamente e le riuscii simpatico. Continuai così per molto tempo a starle accanto. Il nostro amore, fatto di sguardi furtivi, di strette di mano, di abbracci fatti per gioco non aveva avuto che un solo frutto: un unico bacio, anch’esso per gioco, accompagnato da una tensione nervosa da farci arrossire. Un solo bacio, per gioco, e niente più.
La vendemmia era il più grosso pretesto. Dalla cima delle viti, sulle scale, a cantare e a lanciarsi richiami, a vicenda, come gli uccelli.
Negli intervalli, ci si ritrovava. Io, con la mia timidezza. Tu, con la tua. Nessuno prendeva decisioni. Solo al buio, talvolta, tra i sentieri, ti prendevo la mano.
E una sera mi accorsi di lui. Tu non mi stringesti la mano, avesti un gesto di rifiuto improvviso, ritirandola.
Da allora a seguire le vostre mosse, costantemente, lasciandomi sfuggire per angoscia qualche occasione, nel timore di sapere troppo.
Lui, sempre più vicino a te. Io, da lontano, a controllare. La sera, davanti al televisore, a casa di sua nonna. Prima di perdere la battaglia, il tentativo ultimo. Anch’esso fallito.
Facendo la vendemmia, sento la sua voce e mi vien di rispondere. Il pensiero mi fa sentire la tua voce. Non canto nemmeno più. Fra me e te, una distanza ormai incolmabile.
Quando piove, non ho più voglia di cercare chiocciole. Sento la tua voce e rivedo lui che ti vien dietro, là, tra gli alberi e i rovi. Io, a guardare. Ed ancora ti amo.
Poi, con il sole tutto svanisce. I pensieri altrove. Ma ancora… Non è vero, urlando. Non può essere vero, urlando.
Risvegliarsi. Un po’ di luce attraverso le imposte.
Era giorno. Il mio amico, sguardo torvo, per averlo fatto svegliare a suon di urla. Ma non era tanto presto, poi.
Una telefonata a casa, come avevo promesso.
“Torniamo stasera”.
Facemmo le valigie. Disdicemmo la camera.
“Andiamo al mare. Le valigie le lasciamo dentro. Se arriva un nuovo cliente, ce le mettete fuori”.
Arrivati giù sulla stradina principale, quella delle botteghe e del passeggio, a pensare, fermi, dove dirigerci.
“Domani andiamo a…a Frontone”.
Così la mia amica, la sera prima.
Ed io allora: “Andiamo a Frontone”.
“Andiamo”.
Bisogna prendere un battellino, per arrivarci, a Frontone. Pieno di persone, tante, il battellino manovrava nel porto. Le acque per largo tratto inquinate di un colore cupo grigiastro. Più avanti, verso Santa Maria, passando accanto allo scoglio Ravia e di là da questo, limpide e fino a una certa profondità, lasciavano che lo sguardo si spingesse a vedere gruppi omogenei di pesci muoversi in direzione della costa.
Che contrasto alla visione che avevo avuto nel porto, dalla lordura alla purezza in un breve spazio di mare!
La parte della costa prospiciente si levava con vaste gittate a picco sul bel mare trasparente e poi man mano ci avvicinammo alla riva. C’era un pontile cui barche e battelli attraccavano, ma il mio sguardo era impegnato altrove. Per questo forse mi sorpresi quando il nostro traghettatore mi invitò a scendere ed io mi accorsi di essere rimasto a bordo, da solo, dopo che gli altri erano già sbarcati.
Non c’era nessuno sulla riva e nessuno so bene chi era.

I GIORNI – fine parte 22 continua…

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LA REGIONE TOSCANA RIVEDA IL PIANO SANITA’ – NON SI PUO’ RISPARMIARE SULLA SALUTE SOPRATTUTTO QUELLA DEI PIU’ DEBOLI

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Un Paese iniquo perché i loro “leader” sono tendenzialmente iniqui non può essere “riformato”.
La parola “equità” è semplicemente un “boccone avvelenato” offerto al popolo assetato di giustizia. La si prepara come fosse una “torta” per propinarla agli affamati; soprattutto gli ultimi Governi – da Monti a Renzi – hanno utilizzato come arma impropria il timore di interventi “esterni” sull’Economia per andare ad intaccare nel profondo più di quanto sia necessario il “welfare” soprattutto quello della “povera gente” sempre più povera e sempre più affollata (anche la classe media è toccata dalla crisi economica). I detentori della “ricchezza” sono sempre più ricchi; prevale la furbizia della “legalità”, ovverosia la capacità di utilizzare a proprio vantaggio le pieghe delle leggi sempre più costruite a favore dei “potenti” dai loro fedeli servitori. Di fronte agli scandali miliardari che hanno caratterizzato la storia recente e nei quali sono state coinvolte in maniera diretta donne ed uomini che della Politica hanno fatto il loro unico e redditizio “mestiere” si è voluto diffondere l’unico obiettivo di stringere i cordoni della borsa pubblica ma non si è proceduto nel contempo ad una vera e propria moralizzazione. Le forze politiche cui quegli “illustri” esponenti facevano (e fanno) riferimento non hanno per niente avvertito il dovere di operare un reale cambiamento al loro interno ma si sono impegnati fortemente ad intervenire sulla “spesa pubblica” tagliando le risorse ad essa destinate, sostenute in verità in questo loro intento da un’ opinione pubblica passionalmente sospinta nella richiesta di “giustizia ed equità”. Di fatti sta accadendo che gli interventi sulla “spesa pubblica” finiscono per mortificare gli onesti mantenendo inalterata la forza dei disonesti. Ne è prova certa l’intervento sulla Sanità che riducendo gli spazi “pubblici” per la Medicina di base e preventiva incentiva l’intervento “privato” anche per quelle fasce di reddito medio-basse, escludendo del tutto e relegandole verso le agenzie e gli organismi caritatevoli quelle sulla soglia ed oltre della miseria.

E’ quello che accade dappertutto ed un esempio ne è la scelta scellerata della Regione Toscana. In nome della “spending review” si chiudono alcuni Distretti sanitari ed il caso di Prato sollevato da questo BLOG ne è l’esempio. Qui di seguito quello che scrivevo l’11 novembre; subito dopo alcuni cittadini membri di un’Associazione locale ed altri membri del CIRCOLO ARCI di via Cilea si sono impegnati a raccogliere delle firme per una petizione.

LUNEDì 22 alle ore 21.00 presso il Circolo ARCI Borgonuovo in via Lorenzo da Prato ci sarà un’iniziativa dei cittadini per chiedere che la Regione faccia TOTALMENTE marcia indietro.

SMANTELLIAMO IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE in nome e per conto dell’Austerity
– PRATO DUE ESEMPI LOCALI –

Capita, e sì che capita, che in una certa parte della nostra vita si abbia più bisogno di cure, analisi, medicine e via dicendo, si abbia maggior bisogno della Sanità. E di certo ne hanno ancor più bisogno coloro che non sono vissuti negli agi e nella ricchezza; coloro che hanno tribolato, arrancato nelle loro attività lavorative e si trovano nella parte discendente della loro vita, semmai rinunciando ai costosi mezzi di trasporto personali, con difficoltà progressive nella deambulazione. La società anziana e sempre più povera con la crisi crescente subirà nuovi attacchi alla qualità della sua vita con altri interventi che si assommano a quelli già in atto. Per quel che riguarda la Toscana e Prato utilizzo due esempi concreti sui quali intenderei avere anche sostegni e risposte.
Il primo riguarda ciò che è già in atto e che appare un vero e proprio attacco al Servizio Sanitario Nazionale; non so se quel che accade qui in Toscana avvenga anche altrove, ma capita che per tantissime persone, sia per la mancanza di servizi adeguati sulla diagnostica (soprattutto radiografie, TAC e Risonanza Magnetica) sia per i costi, sia maggiormente conveniente servirsi di strutture private. In questo modo si profila il depauperamento del SSN ed il conseguente arricchimento dei “privati”.
Il secondo esempio ha caratteristiche locali. A Prato, a breve, il Distretto Sanitario Prato Ovest in via Clementi – San Paolo chiuderà i battenti. Qualcuno potrebbe dire che da pochi mesi a due passi c’è il “nuovo” Ospedale, ma già si sentirebbero opporre la certezza che quella struttura, per ampiezza (si fa per dire; è più piccolo di gran lunga rispetto al “vecchio”) e per competenze esplicate non ha alcuna possibilità di supplire alla operatività del Distretto di via Clementi. Qualcun altro potrebbe dire che gli ambienti di via Clementi sono angusti ed inadatti ad ospitare tali funzioni; bene! se i politici e gli amministratori si fossero guardati meglio intorno si sarebbero accorti che vi sono decine, forse centinaia di capannoni inutilizzati proprio in quell’area e che, dunque, prima di decidere lo smantellamento dei servizi, si attivassero sullo stesso territorio di San Paolo a trovare soluzioni utili per la collettività.
Il territorio di San Paolo e zone limitrofe è abitato densamente da una popolazione anziana e la chiusura del Servizio Sanitario di via Clementi apporterà un ulteriore arretramento della loro “qualità della vita”.
Il Circolo ARCI San Paolo di via Cilea si fa promotore di una raccolta firme a sostegno del “provvisorio” mantenimento dei servizi sanitari di via Clementi in attesa che venga reperito uno spazio più ampio e dignitoso dove espletarlo in futuro.

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“SCRITTURA SOTTOLUCE” Testi del Premio Michele Sovente – I e II Edizione a cura de “Il diario del viaggiatore” – Introduzione di Angela Schiavone

Casina Vanvit

“SCRITTURA SOTTOLUCE” Testi del Premio Michele Sovente – I e II Edizione a cura de “Il diario del viaggiatore” Edizione Valtrend – Introduzione di Angela Schiavone

Sabato 27 dicembre alle ore 17.00 ci vediamo alla Casina vanvitelliana sul Lago Fusaro per chiudere la III Edizione del Premio Sovente e la VII del Festival “Libri di mare libri di terra” e proiettarsi verso, rispettivamente, la IV e l’VIII. Sono invitatei tutte le persone (poetesse e poeti, scrittrici e scrittori, autrici ed autori) che hanno partecipato alle diverse Edizioni ed ovviamente sono invitati tutti coloro che vogliano condividere questo progetto nel prossimo futuro, collaborando a farlo crescere con il loro contributo e la loro eventuale partecipazione. Nell’incontro, sostenuto in primis dalla Città di Bacoli con la cooperazione della città di Monte di Procida e del Comune di Pozzuoli, verrà presentato il libro “Scrittura controluce” nel quale sono raccolte tutte le opere presentate nelle due precedenti edizioni del Premio intitolato a Michele Sovente. Il libro è edito da Valtrend.
In questo mio post come già annunciato presento l’Introduzione al libro scritta dalla Presidente dell’Associazione “Il diario del viaggiatore”, prof.ssa Angela Schiavone.

Introduzione di Angela Schiavone

Il premio Michele Sovente nasce dall’amore per questa poesia radicata nel territorio dei Campi Flegrei ma capace di estendere le sue radici all’universo.
Michele è, per lui adopererò sempre il presente, un poeta che sapeva dove voleva e poteva andare, ma è rimasto qui per quello strano miscuglio che rende alcuni cittadini del mondo nell’anima e abitanti sempre dello stesso luogo.
Nella silloge “Scritture sottoluce” ci sono i testi inediti che hanno partecipato alle prime due edizioni, 2012; 2013, dall’Associazione “Il diario del viaggiatore”.
Una testimonianza di Sovente è datata già nel festival “Libri di mare Libri di terra” del 2008 e, dopo la scomparsa del poeta, abbiamo sentito il bisogno di creare un momento di condivisione aperto a tutti.
L’atteggiamento col quale abbiamo promosso questi incontri flegrei è quello col quale Adriano Olivetti creò, proprio a Pozzuoli, la prima “fabbrica aperta” del mondo (ricordiamo che sue sono le “Edizioni di Comunità”) e, in anni in cui si dialoga essenzialmente in modalità telematica, il nostro desiderio è fondare una fabbrica del pensiero adeguata ai tempi e al genius loci.
Posso testimoniare come promotrice degli “Incontri” che la risposta del pubblico è stata confortevole, quasi si sia riusciti a intercettare una domanda di condivisione e di ascolto. Stare insieme agli altri, condividere emozioni e progetti potrebbe essere una modalità che ristabilisca contatti tra persone, ridandoci quella fiducia, quella energia capace di modificare sensibilmente il nostro territorio al fine di riscoprire sotto “la terra dei fuochi”, innaturale e criminale farcitura, la terra del fuoco, il valore magmatico della trasformazione e della rigenerazione.
La forma partecipativa degli incontri è leggera, aperta a chiunque comprenda la differenza tra i “parlanti” e i “dicenti” ed ha ambizioni multidisciplinari allo scopo di garantire un costante ricambio e germogliare di idee. Altresì, questa raccolta e le altre che verranno potrebbero servire per una mappatura delle energie culturali di stampo non accademico, pluriverse e operative. Il primo incontro, avvenuto presso le Cantine Grotte del Sole, gentilmente messe a disposizione dalla famiglia Martusciello. È stato caratterizzato da un reading poetico, dalla premiazione dei vincitori e da una performance di Lady Marion. Il secondo incontro presso le Terme Stufe di Nerone, struttura messa gentilmente a disposizione dalla famiglia Colutta, si è arricchito dell’intervento critico di Mimmo Grasso su aspetti della poesia di Sovente tratti dal suo libro “Il territorio dei versi i versi del territorio”, da una esposizione di quadri e fotografie, da performance artistiche e dalla premiazione.
Pregevoli i testi che hanno partecipato alla selezione dei due incontri e che costituiscono la struttura di questa prima silloge.
I ringraziamenti vanno al Presidente della Giuria Elio Pecora e ai giurati tutti per la collaborazione, all’amico Mimmo Grasso, sostegno culturale e organizzativo, ai performer che hanno arricchito, con i loro interventi, gli incontri, alle Cantine Grotta del Sole e alle Terme Stufe di Nerone, per aver accolto con grande ospitalità le due edizioni, al pubblico intervenuto e, per ultimo, per sottolineare il loro valore, ai partecipanti che hanno voluto contribuire al progetto.

Festival Pozzuoli

UTILE PROMEMORIA PER GLI ITALIANI ED IL SUO ATTUALE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Un rapido promemoria utile agli italiani ed al Presidente della Repubblica

16 novembre 2011 – Governo Monti (senza elezioni)
28 aprile 2013 – Governo Letta (dopo elezioni ma nominato da Napolitano)
8 dicembre 2013 – Primarie del PD aperte a tutti – Renzi le vince e diventa Segretario del PD
22 febbraio 2014 – Governo Renzi (dopo Letta nominato da Napolitano senza elezioni)
Le elezioni di cui il Presidente Napoletano teme l’anticipazione sarebbero semplicemente un atto dovuto per restaurare la “DEMOCRAZIA” in questo Paese. PUNTO
Occorre spiegarlo?
Attualmente c’è un Presidente del Consiglio non eletto dal POPOLO, chiamato a dirigere un Governo con un Parlamento di eletti in situazione assai diversa da quella attuale; e c’è un Segretario del Partito di maggioranza relativa (assai relativa visto che sarebbe il M5S ad aver ottenuto la maggioranza dei voti relativi) eletto a tale carica con il contributo di persone del tutto sconosciute ai valori della Sinistra.
Le elezioni sarebbero semplicemente “NECESSARIE”!
Dopo di che fate voi! Ma non pensate minimamente che io vada ad accrescere l’area dell’astensionismo! E lavorerò affinché ogni italiano senta il dovere di votare, anche come forma di protesta!

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LEZIONI DI CINEMA – L’ALBA DEGLI AUTORI – JACQUES TATI – seconda parte

Seconda parte

“Rido molto di più se sto sulla terrazza del caffè ed ho a disposizione questa finestra aperta sulla strada. Ecco perché ho scelto il grande schermo, che è appunto la finestra…Volevo una finestra; non un piccolo lucernario, una vera, grande finestra…La comicità esiste già fuori di noi. Il problema è saperla cogliere. Credo, perciò, che osservando il mondo che ci sta intorno si possano trovare centinaia di personaggi comici”.
Il giovane Tati, prestante e pieno di energia vitale e creativa, dedica anche molto tempo all’attività sportiva. Pratica varie specialità: il calcio, la boxe, l’equitazione, il tennis, il rugby, conquistando dei buoni successi. Ma anche in questo settore egli non tralascerà di osservare, di annotare, di cogliere tutti quei particolari movimenti, quegli impercettibili e divertentissimi (proprio perché nostri e non riconosciuti) tic e difetti della progenie umana. Se nella sua arte, più propriamente di music-hall e di cabaret, egli adopererà queste annotazioni con grande intelligenza e sapienza nella loro rielaborazione e ripetizione, il massimo obiettivo lo raggiungerà nel cinema nel famoso “gag” della partita a tennis delle “Vacanze di M. Hulot” (1949).
Le prime esperienze artistiche per Tati sono legate ad occasionali momenti di relax nella vita militare, allorquando si diverte ad intrattenere i suoi commilitoni, ricreando la vita, la realtà, gli uomini e le loro storie dinanzi a loro. Poi la sua storia sarà sempre più un susseguirsi di interventi e di presenze nel campo artistico: nel music-hall, nel cabaret, nella rivista, nel cinema. Le sue iniziali apparizioni in quest’ultima arte (quella che a noi interessa in modo specifico) avvengono in sette cortometraggi: cinque prima della guerra e due nell’immediato dopoguerra. Il primo di essi, realizzato pienamente da Tati (sceneggiatura, regia ed interpretazione), risulta estremamente importante per comprendere meglio la provenienza dei personaggi chiave di Tati: Francois il postino perdigiorno e stralunato di “Jour de fete” e Monsieur Hulot, la maschera tipica da lui inventata. Si tratta di “Oscar, champion de tennis” (1932) che, peraltro, rimanda ad una delle sue peculiari predilezioni mimico-sportive cui si accennava prima. Seguono negli anni 1934, “On demande une brute” per la regia di Charles Barrois; 1935, “Gui dimanche” regia di Charles Berr, ambedue sceneggiati da Jacques Tati e scarsamente importanti, anche se contribuiscono in qualche modo alla sua maturazione ed a quella del suo “personaggio”.
Nel 1936 è la volta di un film, la cui regia, affidata a René Clement, risulta decisiva per il successo di pubblico, che invece era mancato alle precedenti “performances”: parliamo di “Soigne ton gauche” che, trattando dell’ambiente sportivo pugilistico permette a Tati di esprimere quella sua capacità mimico-sportiva di cui si parlava prima e di affinare tutte le caratteristiche peculiarità del suo personaggio.
L’ultimo film del periodo anteguerra è “Retour à la terre” (1938) realizzato pienamente da Jacques Tati che pur non apparendo determinante per la sua carriera registra però già la presenza di qualche personaggio ed ambientazione tipica della sua produzione successiva (la campagna, i bambini vocianti, l’ameno postino).

GEMME E VERMI

GEMME E VERMI

E’ davvero difficile immaginare che la “corruzione” e l’illegalità di stampo camorristico e mafioso sia concentrata nelle grandi città come Milano, Napoli, Roma o Palermo. E’ inaccettabile che di fronte ad essa più che fare autocritica il Partito della Nazione alzi solo la voce e minacci sfracelli, forse nel tentativo di accontentare quella parte di “popolo bue” che negli ultimi tempi si beve di tutto anche se da contenitori diversificati.
Un Partito della Nazione ha di certo più che una semplice ambizione a raccattare di tutto ed è estremamente evidente che se si va a raccogliere la fanghiglia si possano trovare gemme e vermi allo stesso tempo. La disonestà e l’incoerenza, che è pur essa una forma di disonestà più aristocratica, sono molto diffuse si trovano purtroppo anche fra coloro che si dicono fermamente “democratici”, anzi “fortemente innovatori e rivoluzionari”.
Ieri sera un amico, Marco, compagno comune di brevi percorsi , correggeva la mia affermazione circa il motivo della mia disaffezione nei confronti del Partito Democratico e la mia profonda e netta disillusione verso la Sinistra (non parlo dei suoi valori ma della declinazione, ipocrita ed asservita ai propri interessi personali, che ne fanno i sedicenti Dirigenti); parlavo della mia volontà di rescindere qualsiasi rapporto con il PD ed annunciavo per il 31 dicembre la motivazione. Marco mi ha voluto correggere, non so se con severità critica o con ironia, chiedendomi se ve ne fosse solo una di motivazione. Di certo ve ne è una di tipo “sentimentale”; la rescissione vale come un’istanza di separazione o di divorzio ed i motivi sono tanti. Ma se uno non si sente più a proprio agio “insieme” a persone verso cui non ha più alcuna stima, è evidente che la motivazione sia soprattutto questa, che è il risultato di una sommatoria di umiliazioni ed offese ormai insostenibili.

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EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI – parte 6 (con prologo) ed ultima

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EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI – parte 6 (con prologo)

Prologo

“Capricci di bambini” non è un intervento da pedagogista; è semplicemente una delle tante modalità con cui esprimo il mio stupore sulla Vita. Non ha intendimenti di completezza ed infatti si concluderà con questo prossimo post; l’universo infantile è caratterizzato da migliaia e migliaia di “exempla” che non intendo, anche perché non vi riuscirei, trattare. Ciascuno di noi è stato bambino e saprebbe con molta più grande perizia costruire racconti che trattino episodi di incomunicabilità che troppo frettolosamente siamo soliti chiamare “capricci”.

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parte 6 ed ultima

Guai ad andare alle Poste, in un piccolissimo ufficio di periferia, una periferia affollata prevalentemente da gente anziana nei primi giorni del mese. Valerio, però, non poteva farlo che in quella mattina; doveva nella maniera più assoluta pagare delle bollette. Sarebbe poi partito per la Cina il giorno dopo e ci sarebbe rimasto per tutto l’inverno: non voleva, anche se la scadenza non era imminente, lasciare alla sua compagna anche quella incombenza.
L’ufficio era pieno di gente, tanti anziani ma anche qualche straniero (a Prato da alcuni anni se ne sono visti di tutti i “colori”), soprattutto albanesi, romeni, marocchini, pachistani e cinesi. Valerio ritirò il numero alla macchinetta distributrice e si sedette in un angolo disponendosi ad osservare. La giornata era luminosa ed abbastanza calda per trattarsi di novembre; molte di quelle persone che erano in fila preferivano starsene un po’ fuori a godersi il sole, chiacchieravano delle malefatte del governo che aumentava le tasse ma non garantiva servizi e non creava nuovi posti di lavoro soprattutto per i giovani, proprio mentre i meno giovani lo perdevano e chi per fortuna riusciva a mantenerlo vedeva sempre più allontanarsi l’età della pensione. Di tanto in tanto costoro lanciavano lo sguardo verso l’interno e brontolavano per la solita lentezza delle operazioni. Valerio osservava e ascoltava; molte delle donne, per lo più anziane, sedute accanto, dietro e davanti a lui attendevano in silenzio. Una giovane donna cinese aveva portato con sé un bambino, faccino tondo espressivo con una capigliatura scura scura e ben curata, che se ne stava buono buono tranquillo a giocherellare con una minuscola macchinina in un angolo sognando chissà cosa. Di tanto in tanto agli sportelli si accendeva qualche protesta, si alzava la voce, quasi sempre per ignoranza di meccanismi davvero barocchi, quelli che impediscono le persone oneste più di quanto limitino le disonestà sempre più diffuse.
Entrò un raggio di sole. Un signore in età da lavoro (un cassintegrato? Un disoccupato?) seguito da una piccola bambina nascosta tutta praticamente sotto un ombrellino coloratissimo con disegni di roselline e fiorellini vari. Era l’ombrello che si muoveva dietro quel signore, forse il padre, perché la bambina risultava coperta da quella bellissima cupola disegnata. Occhietti vispi e spiritosi saettavano intorno per raccogliere consensi meravigliati impossibili da nascondere e negare, mentre la piccolina si pavoneggiava rigirando l’ombrellino così come farebbe una provetta mannequin su un palco da sfilata.
Il signore badò innanzitutto a ritirare il suo “ticket” poi con amore si rivolse alla bambina e, senza parlare, le prese l’ombrellino richiudendolo. Le i non la prese bene, non aveva più un ruolo “unico” sulla ribalta; all’improvviso troppo uguale a tutti gli altri, anzi una vera nullità. I sorrisi che l’avevano accolta che l’avevano fatta sentire importante con quel suo bell’ombrellino colorato ora che lui, quell’omone gigantesco che l’accompagnava, glielo aveva chiuso si erano trasformati in sguardi compassionevoli di solidarietà timida ed ella si sentiva umiliata infinitamente. E non fu davvero facile placare la sua ira, fermare le lacrime frutto della frustrazione, della profonda offesa subita.

Fine

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VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 21

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VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 21.

“Quella notte anch’io non ho dormito. Pensavo che anche tu non avresti chiuso occhio. Ero felice. Sapevo che potevo contare su di te, che tu eri sincero. No, no, non parlare adesso. Sono convinta che tu allora sia stato sincero con me. Non è possibile che tu non lo sia ora? Riflettici. Quello che abbiamo detto, quello che abbiamo fatto insieme ha un valore; deve averlo. Forse tu non ricordi, forse tu non lo hai ancora scoperto. Se vuoi, posso ancora aiutarti”.
“Forse hai ragione. C’è qualcosa che ci tiene lontani da queste terre sconosciute ma promesse. Forse è la società o forse altro. Oppure siamo noi stessi, che formiamo la società, a brancolare ciechi contenti in mezzo a un mondo che non ci offre più niente. Aiutami, dunque; aiutami a capire”:
“Mi fa piacere che tu abbia compreso il mio discorso. Quando vuoi sono pronta. Io sono tua, di fronte al mondo, di fronte a Dio, a te. L’amore che ho scoperto insieme a te, quello che tu chiami insincero è per me la più bella delle cose, il più alto dei valori, come il più bello degli oggetti ed a giusta ragione eccotene la metà: quella che è tua e che tu hai perduta”.
Tutto scompare, tutto via. C’era dell’altro che non ricordo. Ma non era la stessa cosa.
Il mio amico russava. Nella notte, al buio della stanza, restare cogli occhi alla ricerca di segni particolari sul soffitto, per un quarto d’ora…
Riaddormentarsi.
Autunno nell’isola. La vendemmia. Quando piove non si lavora e subito dopo la pioggia, nemmeno. In casa, al caldo e all’asciutto, ad aspettare. Ascolti la radio, i dischi o giochi a carte.
Uscire alla ricerca di chiocciole sui costoni erbosi. Spedizioni e gare. Indossare un vecchio cappotto, un impermeabile sgualcito e scarpe grossissime di campagna. Senza un ombrello sotto la pioggia scrosciante, battendo i sentieri meno frequentati dagli altri concorrenti.
Una voce. Tu la senti e ti dirigi di là dove viene. Io la sento. E’ la stessa e viene di là dove vai. Avviluppati da sentimenti diversi, viviamo la nostra misera esistenza.
Io non mi muovo di qua. La piogia mi bagna, prenderò un bel raffreddore, come una punizione per te ed una consolazione per me.
Per adesso resto qui. Ma più tardi verrò a scoprire che cosa passa tra voi, che cosa si dicono i vostri occhi, se le vostre mani e i vostri corpi si toccano. Mi tormenterò, fingendo quella naturalezza che non avrò, mi tormenterò sorridendo.
Poi più tardi, ci vedremo a casa sua. Lei uscirà e tu, dopo un poco, dietro. Io resterò lì, a tenere discorsi, amostrare l’indifferenza.
Come un ipocrita! Con me stesso, con i miei pensieri. Cercherò di non tradirmi, continuando a sorridere, alle allusioni che farà, rientrando, il suo piccolo fratello. E dovrò ammettere di non avere il coraggio di uscire anch’io, dietro di loro, desiderando riavere quel che era mio.
E’ la stagione più tranquilla, l’autunno. E intanto io mi struggevo. Avrei dovuto abbandonare. Ma così giovane, quasi bambino, ad avere la forza… Io non l’avevo.

I GIORNI 1972 – fine parte 21 – continua….

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LEZIONI DI CINEMA – L’ALBA DEGLI AUTORI – JACQUES TATI – prima parte

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DAL FILM “I MISTERI DEL GIARDINO DI COMPTON HOUSE” (1982) DI Peter Greenaway (richiamo colto per i più curiosi che ne verificheranno il motivo per cui qui vengono inseriti)

JACQUES TATISCHEFF, in arte JACQUES TATI

La cinematografia francese nel corso della sua storia non ha annoverato in realtà molti nomi nel genere del “comico”; ma quando li ha avuti questi sono riusciti, con la loro maestria e la loro fama, a varcare i confini sulle terre e sugli oceani: basterebbe accennare a Max Linder, Louis De Funès, Fernandel per dare notizie per l’appunto dei più famosi. Si sarebbe tentati di andare “controcorrente”, considerando invece Jacques Tati un semplice realista, avendo verificato che le azioni dei suoi film sono sempre ispirate tutte alla vita quotidiana, alla normalità più assoluta; si sarebbe tentati anche di non ammetterlo fra i “grandi” perché la sua produzione è molto ridotta rispetto a quella dei suoi compagni; si sarebbe tentati di catalogarlo più come “mimo” o “attore di cabaret” che come “comico cinematografico”. Ma tutte queste tentazioni vanno ovviamente accantonate di fronte alle immagini filmiche, così come è accaduto quest’anno (ndr 1983) in una scuola di Empoli, con gli allievi attenti a seguire i numerosi “gag” del nostro “eroe di tutti i giorni”. La proiezione di “Mon oncle” oltre a divertire con grande razionalità, ha fatto scattare in alcuni allievi – la maggior parte in verità – il desiderio di conoscere qualcosa di più su Jacques Tati.
Sulla storia di Jacques Tati (questo cognome – con l’accento alla francese – ha aiutato indubbiamente alla sua divulgazione più ampia l’arte di Jacques Tatischeff) ci conforta poco la bibliografia ancora abbastanza scarna, ma alcuni particolari, alcune scelte, un certo tipo di impostazione anche tecnica del fare teatro e del fare cinema ce li possono svelare le sue argomentazioni e proprio la sua storia biografica.
Jacque tati nasce a Pecq, nei dintorni di Saint-Germain en Laye (e cioè alla periferia ovest di Parigi) il 9 ottobre del 1908. La sua famiglia era formata dal padre, russo di origine, figlio dell’ambasciatore dello zar e dalla madre francese, figlia di un corniciaio amico di Van Gogh. Dal nonno paterno gli deriveranno una certa tristezza e quei movimenti scarni ed essenziali, il suo sguardo spesso glaciale da Pierrot lunare con cui si presenta davanti al pubblico; quei suoi tratti aristocratici non gli impediranno tuttavia di “rifare” al cinema, in particolare, ed in teatro modi ed abitudini tipici del popolo e della media borghesia.
Suo padre, scegliendo anche lui –come il suocero – il mestiere di corniciaio (con lui lavorerà spesso anche il giovane Jacques), finì con il favorire non poco le future scelte tecniche del grande Tati. L’ “inquadratura” rievoca per l’appunto la “cornice” (la parola inglese “frame” significa alternativamente “fotogramma” o “cornice” ed in francese “cadre” è “quadro” e “cadrage” è “inquadratura”). Leggete ciò che egli dice quanto al suo modo particolare di fare cinema: “Bisogna che siano i miei attori a muoversi, e non la mia macchina da presa a spostarsi…Ho cercato di dare, mediante la fissità del quadro, un’impressione di rilievo…”. Egli scopre che il primo cinema di ognuno di noi è quello fantastico dello sguardo attonito che voglia penetrare al di là di una cornice – sia essa piena, sia essa vuota -, cioè quelle fantasticherie che si fanno davanti alla scena ritratta in un quadro o in una fotografia (e Jacques apprezzerà molto l’opera di Jean Renoir, figlio di Auguste, ed in particolare “Une partie de campagne” che più ampiamente si ispira all’opera pittorica del padre) o affacciandosi a qualsiasi finestra e guardando la vita scorrere, le azioni compiersi, immaginando i dialoghi, gli alterchi, le emozioni ed i sentimenti della gente, il loro rapporto con gli oggetti e con gli altri, tutte questioni essenziali che vengono riprese nel futuro impegno artistico di Tati.

Fine prima parte – continua…

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EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI – parte 5

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CAPRICCI DI BAMBINI – parte 5

Il Supermercato oggi è pieno di luci, più del solito è addobbato con centinaia di festoni colorati; Natale è ancora lontano ma già da metà novembre ci si prepara. Ed arrivano anche le super offerte vantaggiose per i soci e quelle per i clienti abituali 3 x 2, cassette di vini, spumanti e liquori di marca, frutta secca, dolci vari dai più piccoli ai più voluminosi e via via, via dicendo. Gli scaffali sono una fantasmagoria di colorazioni che attirano i clienti come fanno con gli insetti i fiori e tu, se non sei accorto, compri di tutto ed accumuli offerte inutili nei ripostigli e nelle dispense traboccanti spesso dimenticando il tutto sotto le nuovissime offerte vantaggiose dello stesso o di altri supermercati fino a quando poi non scopri che la data di scadenza è superata da qualche mese ed a volte da più di un anno. Anche Valeria ha deciso questo pomeriggio di partecipare a questa comune e diffusa frenesia. Oggi non lavora, il suo ultimo datore di lavoro ne utilizza le competenze a progetto e da una settimana Valeria è a casa, in attesa di una nuova chiamata. Vive da sola con Ginevra di poco meno di un anno; il suo compagno, diciamo così “quello stronzo” l’ha lasciata non appena gli aveva detto di essere incinta. Una consuetudine purtroppo frequente che spinge molti uomini, diciamo così “maschi”, a non assumersi le proprie responsabilità. Ginevra è una bambina solare, sorridente, socievole con tutti; è proprio un amore di bimba, l’unico vero amore per Valeria, la cui famiglia di origine vive a Roma: i suoi sono ancora, diciamo così “giovani”, e lavorano entrambi al Ministero degli Esteri, ha un fratello di poco più grande che si interessa di teatro ed è, anche per questo, ancora sulle spalle dei genitori, ed una sorella più piccola che studia ancora Filosofia.
Ginevra è come sempre, anche oggi, festosa, seduta sulle griglie del carrello di fronte alla mamma che lo sospinge. Già, lo sospinge! Come sarebbe bello per Ginevra guidarlo semmai lontano da quei strani contenitori con quella roba verdolina (è ovvio che il colore lo decretiamo noi per far capire che si tratta di foglie di insalata o di verdure) che non le piace, che non le è mai piaciuta. E come vorrebbe dirlo! “Via da questi cavoli e da quella roba giallina” che la mamma ogni giorno sbuccia e sminuzza nell’acqua che intanto si avvia a bollire sul fuoco. “Spostati mamma, spostati mamma e, diamine!, andiamo di là dove c’è quella roba rosa, quella che mi piace tanto, e quelle palline arancioni che tu mi premi e poi le versi nel biberon a merenda.”
Valeria avverte un po’ di agitazione in Ginevra che si muove e si spenzola dal carrello in maniera pericolosa; ma è anche intenta ad acquistare con oculatezza, guardando i prezzi e soppesandoli da brava massaia. Ha comprato carote, pomodorini, delle zucchine e supera la frutta ( a casa ne ha ancora da consumare ) per andare verso le patate. Ginevra è spazientita, sbuffa e lancia un gridolino prolungato e stridulo; poi si cheta. Ora la sua mamma è interessata a comprare del formaggio ma Ginevra ha buttato gli occhi su alcuni pacchettini pieni di biglie marroni e vorrebbe dire alla mamma di avvicinarsi a quelle ma Valeria è distratta da una sua amica, che non vedeva da settimane e si intrattiene a parlare dei loro comuni problemi di lavoro. La bambina è irrequieta ed allora inusualmente comincia a gridare, a piangere, ad urlare, e non basta che Valeria, lasciando l’amica, la prenda in collo, mentre con una sola mano guida il carrello. Si allontana da quelle splendide biglie e le lacrime scorrono sul volto di Ginevra, povera dolce bimba incompresa.

CAPRICCI DI BAMBINI – parte 5 fine – continua…

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