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VERSO L’ VIIIa EDIZIONE DI “FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA” E IVa EDIZIONE DEL PREMIO MICHELE SOVENTE – PRESENTAZIONE DELLA SILLOGE “SCRITTURA SOTTOLUCE” – LAGO FUSARO – CASINA VANVITELLIANA – SABATO 27 DICEMBRE 2014 – ORE 17.00

Il diario

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Stemma Bacoli

Stemma M. di P.

Stemma Poazzuoli

VERSO L’ VIIIa EDIZIONE DI “FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA” E IVa EDIZIONE DEL PREMIO MICHELE SOVENTE – PRESENTAZIONE DELLA SILLOGE “SCRITTURA SOTTOLUCE” – LAGO FUSARO – CASINA VANVITELLIANA – SABATO 27 DICEMBRE 2014 – ORE 17.00

Non credo di essere stato né il primo né l’unico, subito dopo il 28 settembre a conclusione della IIIa Edizione del “Premio Sovente”, ad avere espresso la necessità di un “supplemento” che chiudesse quell’Edizione e, come si fa di solito, ne aprisse la fase successiva. Anche perché mi era parsa davvero un’occasione sprecata la distribuzione, in quel momento, della Silloge “Scrittura sottoluce” che contiene i Testi partecipanti al Premio Michele Sovente nella Ia e nella IIa Edizione, senza una sua presentazione e senza un commento e senza dare voce ai suoi protagonisti, alcuni dei quali peraltro in quel contesto erano presenti.
In questi tre mesi abbiamo discusso, quasi tutti i giorni, su quello che doveva essere, e come e quando, questa nostra nuova iniziativa.
Gli impegni di ciascuno di noi, quelli familiari, quelli di lavoro, quelli organizzativi culturali ci hanno sospinto, quasi accompagnandoci, verso una data che in questo momento appare benaugurale, fra la festa del Natale e la chiusura dell’anno, per le prospettive. Il 27 dicembre potremo brindare ai nostri successi e rivolgerci alle nuove imprese con animo forte.
Trovo che sia straordinario per la passione e per le competenze questo gruppo di “viaggiatori” alla ricerca di percorsi e di lidi inesplorati, di nuove emozioni da vivere insieme , da condividere senza crearsi limiti e senza chiusure in recinti ristretti. C’è un comune desiderio di diffondere nell’aria versi e narrazioni, suoni dolci e parole possenti che rimbalzando nelle menti accrescano la loro energia nel coinvolgimento generale di chi “ama”.
Onore e merito a chi è all’origine di tutto questo: innanzitutto a Michele Sovente che è sempre presente in tutti coloro che lo hanno incontrato, conosciuto ed apprezzato (alla fine degli anni Sessanta ci siamo “sfiorati” e nel 2001 ci siamo incontrati di nuovo alla presentazione di un libro di un suo amico); e poi di Angelina Schiavone che è, oltre che Presidente dell’Associazione “Il diario del viaggiatore” che organizza tutte queste iniziative, la rappresentante più alta di questo gruppo di “argonauti viaggianti”.
Onore e merito anche alle Amministrazioni comunali di Bacoli, Monte di Procida e Pozzuoli; in particolare all’Assessore Flavia Guardascione della città di Bacoli, ma senza trascurare Nunzia Nigro, Presidente del Consiglio e Maria Castiglia Assessore della città di Monte di Procida, e Franco Fumo assessore del Comune di Pozzuoli.
Gli organizzatori attendono dunque autrici ed autori, poetesse e poeti – sia quellei che hanno partecipato alle tre edizioni sia quellei che potrebbero partecipare alle prossime sabato 27 dicembre 2014 alle ore 17.00 presso la Casina Vanvitelliana sul Lago Fusaro.

Nei prossimi post pubblicherò 1) l’introduzione al libro “Scrittura sottoluce” curata da Angela Schiavone; 2) un elenco delle autrici e degli autori presenti nella Silloge; 3) la presentazione della casa editrice Valtrend che lo ha pubblicato.

Giuseppe Maddaluno

DISCIPLINA DI PARTITO

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DISCIPLINA DI PARTITO
di Giuseppe Maddaluno

Negli ultimi giorni si è levata alta la polemica intorno al “comportamento” di alcuni parlamentari del Partito Democratico che hanno inteso contraddire le indicazioni del loro Partito in relazione ai percorsi avviati di riforme costituzionali, oltre a quelle riforme per cui oggi 12 dicembre CGIL, UIL e UGL hanno indetto lo sciopero generale. Al di là della simpatia (o antipatia) che ciascuno di noi possa avere nei confronti dell’Infante (detto così per il suo caratteristico “broncio”), ritengo sia abbastanza fuori luogo richiamarsi ad una disciplina di Partito riferendosi al Partito Democratico in questa fase. E’ del tutto chiaro che esista una profonda dissonanza fra i parlamentari che rappresentano il PD di Bersani e di Epifani ed una Dirigenza, quella attuale, scaturita da Primarie “con il trucco”, Primarie “aperte” a chicchessia. Tra le altre questioni mi chiedo da giorni se anche gli attuali Dirigenti scaturiti da quelle Primarie non siano il frutto di avvelenamenti e commistioni che vedano fra i loro sostenitori anche personaggi come Carminati e Buzzi; in quelle Primarie si accostarono ai Circoli ed ai “gazebo” persone che poco o nulla avevano a che fare con la tradizione “Democratica”, e questo ciascuno può se non è ipocrita o in malafede testimoniarlo. Da qualche parte qualcuna di queste persone venne allontanata; ma personalmente non posso mettere la mano sul fuoco che ciò sia accaduto dappertutto. Mi si creda, vorrei che fosse già stata fatta una verifica in tal senso e che chi ha dubbi come me venisse in ciò rassicurato. Forse mettendo da parte l’atteggiamento ricattatorio e minaccioso di “troike” e “porcellinum”, di sfracelli generali sarebbe il caso che ci si rivolgesse agli iscritti (e Renzi e compagnia bella potrebbero averla vinta, visto il “tracollo” delle iscrizioni) o per davvero si andasse al voto (anche in questo caso Renzi & C. sarebbero in una botte di ferro, ma avrebbero se non altro il viatico elettorale che non posseggono: e questo è un altro motivo per cui richiamarsi alla disciplina è davvero fuori luogo!).

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 20

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VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 parte 20.

“Sì, ricordo. Era bello. C’era la luna…”
“Sì, c’era. E tu mi chiedesti di parlarti di me, dei miei amici, ed io te ne parlai. Ma di tutto quel che ti dissi poco era vero. Ti feci capire quanto fossi stimato, peccando di presunzione, perché ero solo io a stimarmi”.
“non importa. Era bello lo stesso e c’era la luna, quella luna furbacchiona!”.
“Ti parlai di tante ragazze come se ne conoscessi tante e tanto bene, fossero state tutte mie, ma in effetti non ne avevo avuta mai nessuna”.
“Questo non lo ricordo. C’era la luna e le parlammo”.
“E ci baciammo, lo ricordo. E quante bugie ho detto alla luna, quella notte. Io…”.
“…ci baciammo. Sembravi quasi brillo”.
“Un’altra finzione. Fra le tante…come ho potuto essere così meschino…”.
“Non me ne sono mai accorta. In quel momento ti ho voluto bene veramente, anche se ti conoscevo da poche ore e forse, a pensarci, te ne voglio ancora. Non posso considerarti cattivo…non lo sei. Forse non ne ho la forza…forse è perchéprobabilmentetiamo. Ed anche se siamo così lontani, io ancora ti penso ed immagino a volte che anche tu in un modo o nell’altro mi stai pensando”.
“Sì, sì, hai detto proprio bene: in un modo o nell’altro. Perché è così che ti penso. Non so cosa fare, ma ti penso, perché è sul tuo che non so cosa fare. Non so se sono sincero, quando ti scrivo. Certo è che, per me, questo scriverti non è altro che un’azione meccanica, un esercizio letterario, uno sforzo continuo di creare qualcosa che suoni di nuovo per me e per te. E proprio per questo io mi sento in colpa. Non riesco a trovare più per te una frase che mi piaccia. Non riesco a dire neanche le bugie, così come quando ci salutammo, l’ultima notte…”
Quel pomeriggio, era venuta giù la neve. Nella Basilica camminavamo sottobraccio.
I colori di Giotto, di Cimabue, di Simone Martini. Dal Chiostro, l’abside appariva, tra il cielo grigio e la neve bianca, immersa nella nebbia. Dietro la Tomba di San Francesco, nel buio, mettemmo paura ad un frate. Sulla neve ormai ghiaccio a scivolare, a tenerci stretti. Al calore di un bar cogli occhiali appannati, a caccia delle nostre labbra. Si avvicinava l’ora dell’addio. Io al Sud, tu al Nord.
“…e piangesti, piangesti con me sul nostro troppo breve incontro.”
“Piansi, piansi, sì, ma chissà se era la verità. Forse non piangevo per te. Chi ama piange sempre per il dolore dell’altro. Io piangevo per me, perché stavo perdendo te che eri fatta a mia immagine e somiglianza. Solo per una donna piangevo, la donna che era in te, che avrei voluto portare dentro di me mentre sapevo che non sarebbe stato possibile. Se l’amore è così crudele, lo rinnego. Chi ama piange sempre per il dolore dell’altro ed io non piangevo per il tuo ma per il mio dolore. Poi, ricordo, ti ho salutata, dandoti la mano, stringendola forte forte. Un ultimo lungo abbraccio, l’ultimo frettoloso bacio per dimenticare, ho lasciato la tua mano e ti ho guardata salire le scale basse, hai aperto la porta, in punta di piedi per non svegliare le tue amiche sei entrata, hai acceso la luce ed in silenzio mi hai detto:
“Buonanotte”.
“…poi hai chiuso. Ed io sono rimasto seduto sulle scale per qualche altro minuto, così, il mento fra le mani, la testa fra le nuvole, a pensare non so cosa. Faceva freddo, ma non lo sentivo. Potevo anche morire, in quel momento. Sarei stato felice.
Era molto tardi. Le valigie non erano ancora pronte. Le ho preparate. Mi sono disteso sul letto, vestito, ma mancava poco alla partenza. Per questo non mi sono addormentato”.

fine parte 20 – continua….
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VIAGGIATORI – GIUSEPPE E MARIA (una bozza di sceneggiatura) – parte 10 e ultima

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VIAGGIATORI – GIUSEPPE E MARIA (una bozza di sceneggiatura) – parte 10 e ultima

Particolare sulla pioggia che cade in Piazza Duomo. PP di Federico con alternanza PP di Giuseppe e particolari vari. “Non so, non credo, forse sì forse no. Il cinema è quello che tu dici, ma non è alla portata di tutti realizzarlo, nemmeno! E’ impossibile anche un rapporto con la gente: chi li vede i miei film?! Pochi, o nessuno. Chi li capisce? Quasi nessuno. Non parlo, non dialogo, siamo tutti personaggi muti. Gli altri, prima di me, o sono stati fortunati e sono andati via, o sono andati via per cercar fortuna, non so nemmeno io, mah! Certo che bisogna provare, certo! Non so più cosa è giusto, e cosa no. Una cosa è certa, però, io vorrei fare qualcosa, qui, a Prato, a casa mia, mettiamo ( e qui sorride e poi ride nervoso ) una specie di “Hollywood sul Bisenzio” Mah! Chissà!”
PPP di Giuseppe pensieroso. Poi Musica new age da scegliere e zoom all’indietro dall’alto, poi carrellata su particolari fino a quando si capisce che non piove più. Fuori campo voce di Giuseppe: “Parlammo ancora per un po’… da soli, io e Federico, Maria se ne stava assorta nei suoi pensieri; il giovane mi descriveva una realtà per me incredibile, di certo venata da un suo particolare pessimismo. La città mi era apparsa diversa, attiva, allegra, aperta, ricca di umanità e di cultura, grandi potenzialità, una gioventù colorata… Lui me la dipingeva in negativo: il buio della notte e la pioggia mi portarono una profonda tristezza, ma la mia caparbietà le si opponeva ed un progetto prendeva i suoi precisi contorni. Ci scambiammo numero di telefono ed indirizzo…poi spiovve del tutto”.
Panoramica dall’alto; da una parte Giuseppe e Maria che vanno via di spalle; di fronte Federico che va via dall’altra parte. Campo Lungo Giuseppe e Maria di fronte, mano nella mano; poi si fermano, si abbracciano e si baciano sotto il campanile del Duomo. Ellissi dissolvenza in uscita
Ellissi dissolvenza in entrata. Interno camera d’albergo. Giuseppe e Maria sono già a letto. Maria legge “Dubliners” di James Joyce, Giuseppe ha fra le mani “Le ceneri di Gramsci” di Pier Paolo Pasolini. Maria: “La giornata è stata fruttuosa. Poteva andar meglio, ma alla fine poteva anche andar peggio. Non ci sono case per noi ma un alloggio anche se provvisorio io l’ho trovato; e vedrai che quando arriverò qui a settembre lo troverò anche per te, per noi!” Giuseppe ascolta con stanchezza poi ha un gesto di noia con gli occhi e li ruota intorno. PPP di Giuseppe che ruota gli occhi intorno a sé, infastidito da qualcosa. Si sente un ronzio di zanzara. Maria continua a parlare; Giuseppe si alza e va a caccia di zanzare con una copia de “l’Unità”, con alternanza di Maria e Giuseppe. Alternanza fra Maria e Giuseppe nell’azione precedentemente esposta. E’ sempre Maria a parlare: “I parenti saranno stati delusi; ma non importa. Avremo tempo poi per incontrarli e stare insieme quando io verrò, quando verremo e, poi, quel che sembra un problema oggi non è detto che lo sia domani. Che chiasso, tutti quei bambini, non ti sarai proprio divertito!…”
Di tanto in tanto Giuseppe ritorna in campo seguendo una zanzara. Alternanza con Maria che continua a parlare: “Stasera ero molto stanca e non riuscivo più a seguirti nei tuoi discorsi con quel ragazzo sotto il Duomo: avrei preferito andar via anche sotto la pioggia. Ti ho fatto dei segni, ma non mi hai capito, eri troppo preso dalle tue chiacchiere… Buonanotte, domani ci aspetta un lungo viaggio, buonanotte, quando hai finito di fare il cacciatore vieni a letto e spegni la luce, cosa vuoi che siano due punzecchiature di zanzare….”

“GIUSEPPE E MARIA” si conclude così. Ho voluto prima raccontare l’antefatto e poi ho ripreso da un vecchio diario del 1988 un manoscritto sotto forma di “appunti” per una sceneggiatura. Ovviamente ci sono molti limiti sia nella “prosa” che nella “sceneggiatura” e dovrebbero essere apportati dei ritocchi. Non sono oggi sicuro che possano interessare a qualcuno.

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LUX IN FABULA, DALLA LANTERNA MAGICA A OGGI… dicembre 9, 2014 – di Marina Vagnoni

ringrazio Claudio Correale e Marina Vagnoni di Lux in Fabula per questo articolo così interessante sulla Storia del Pre-Cinema

Joshua Madalon

 

LUX IN FABULA, DALLA LANTERNA MAGICA A OGGI…
dicembre 9, 2014
INTERVISTA A CLAUDIO CORREALE, PRESIDENTE DI LUX IN FABULA
Perché avete proposto di recente un “riepilogo” delle attività dell’associazione?
Superati i trent’anni di vita, per tutti è tempo di riannodare i fili del proprio percorso, ripercorrere le orme variegate che hanno segnato la propria storia e cercare di scovarvi una traccia unitaria. Questo vale anche per le associazioni: per questo di recente Lux in Fabula ha compendiato la sua lunga attività in un ciclo di incontri tenutisi al Pan, intitolato “L’immagine dalla lanterna magica ai droni”. Questo titolo esprime appieno il senso della ricerca condotta dall’associazione nel corso degli anni: partire dal recupero di strumenti e tecniche antichi per arrivare a esplorare le potenzialità delle più recenti tecnologie fotografiche e cinematografiche.
Avendo restaurato e riportato in vita strumenti come la lanterna magica, il fenachistiscopio, lo zootropio ed altri, possiamo affermare che questi non hanno mai perso il loro fascino, del quale anzi si può dire che aumenti con il passare del tempo. Nell’epoca d’oro delle lanterne magiche queste erano strumenti straordinari, che catturavano la fantasia, perché certamente le persone non vivevano immerse in un bombardamento di immagini come oggi. Esisteva solo la pittura come mezzo di comunicazione visiva, e la lanterna magica dava vita alle immagini pittoriche, cosa che rappresentava un’esperienza incredibile.
Oggi la lanterna magica conserva ancora lo stesso fascino, anche se per motivi diversi. Proprio la sua semplicità, la sua antichità, la rendono un oggetto prezioso ai nostri occhi, anche se siamo abituati a ben altre tecnologie. E lo stesso discorso vale per gli altri strumenti ottici che noi abbiamo ricostruito. Sembrano dei giochi, e in effetti hanno molta presa soprattutto sui bambini, com’è naturale, ma in realtà quelli sono i primordi di quella che poi sarebbe stata la cinematografia, con il loro tentativo di riprodurre il movimento.
Durante la lunga vita dell’associazione abbiamo realizzato una collezione di strumenti ottici, fotografici, cinematografici degna di un piccolo museo, che contiamo di realizzare presto.
Come sono iniziate queste ricerche?
Personalmente ho iniziato le mie ricerche all’inizio degli anni ’80, partendo dai primi esperimenti di Giambattista Della Porta (1535-1615) sulla camera obscura.

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Giovanni Battista Della Porta, 1535 – 1615

Della Porta era un tipico uomo di scienza di epoca rinascimentale: un po’ mago, un po’ scienziato, molto interessato ai segreti della natura. Fu tra i primi che si occupò dell’immagine, descrivendo nel libro XVII della sua opera Magiae naturalis libri XX (Napoli 1589) le possibilità di rappresentazione visiva di una -grande- camera oscura con disegni dipinti su lastre di vetro: “…in una stanza buia, su un lenzuolo bianco si possono vedere cacce, banchetti, battaglie, giochi, in modo così chiaro e luminoso come se uno li avesse davvero davanti agli occhi….”

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Napoli, Palazzo Della Porta con la targa

E fu un illustre napoletano: il suo palazzo si trova al centro di Napoli, nei pressi di piazza Salvo D’Acquisto, segnalato da una targa che ricorda l’importanza di questa figura di scienziato.

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Napoli, la targa

Dopo circa sessant’anni il fisico olandese Christiaan Huygens realizzò una riduzione in scala della stessa apparecchiatura. Nel 1676 Christoph Sturm, matematico bavarese, descriveva e fabbricava un modello portatile di camera oscura, mentre nel 1666 il matematico Francesco Eschinardi, nel collegio Romano, la definì “Lanterna magica”.
Andando avanti nelle ricerche ho scoperto che c’è un filo sottile che lega la città di Napoli alla storia della fotografia e della cinematografia: molti studi fondamentali sono stati condotti proprio qui, e alcune delle testimonianze cinematografiche più antiche sono state realizzate nella città di Partenope.
Qual è il legame tra Napoli e la nascita del cinema?
Fu in particolare Etienne Jules Marey (1830-1904), fisiologo francese, a legare indissolubilmente la cinematografia alla città di Napoli alla fine del XIX secolo. A questo scienziato non troppo conosciuto abbiamo dedicato, negli ultimi anni, alcuni lavori che ricordano il suo prezioso contributo e mostrano le sue straordinarie opere.

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Marey a Napoli

L’importanza di Marey sta nell’aver compreso e applicato le potenzialità degli strumenti ottici che venivano realizzati da suoi contemporanei: egli perfezionò le tecniche ancora rudimentali che esistevano e le utilizzò a scopo scientifico per lo studio del movimento, con una precisione prima impensabile. Probabilmente non ebbe l’intuizione, geniale, di usare gli stessi strumenti a scopo commerciale e di intrattenimento: chi dopo di lui l’ha fatto, infatti, è passato alla storia come l’artefice di una rivoluzione epocale (si pensi ai fratelli Lumière). In realtà questa rivoluzione è stata preparata e lentamente realizzata da coloro che, passo dopo passo, hanno realizzato strumenti e tecnologie sempre più sofisticati. Marey ha avuto un ruolo cruciale in questo.

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Marey, fucile fotografico

Inventore del fucile fotografico (1882), che costruì, perfezionò e usò a Posillipo dove viveva gran parte dell’anno, fotografava gli uccelli in volo, ma i napoletani lo chiamavano “Scemo di Posillipo” perché non udivano spari e neanche vedevano uccelli cadere. Una delle intuizioni più geniali di Marey fu probabilmente quella di trasformare il fenachistiscopio – strumento ottico inventato nel 1832 da Joseph Plateau, che consente di visualizzare immagini animate – da dispositivo per creare l’illusione dell’immagine in movimento, in apparecchio per catturare il movimento stesso dalla realtà, chiudendolo in una camera oscura con obiettivo e lastra sensibile.

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Villa Maria, Posillipo, Napoli, casa di Marey

Così nel 1883, nella sua casa/laboratorio a Posillipo, Marey inventò il cronofotografo a lastre fisse, con una sola finestra invece delle 12 presenti sul fenachistiscopio classico, e dove il disco del fenachistiscopio “al contrario” fa da otturatore.

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Fenachistiscopio ricostruito da LUX in FABULA

Alcuni anni dopo egli lo perfezionò con un modello a pellicola sensibile mobile, utilizzando anche la Kodak di George Eastman, ma senza perforazioni, e realizzò brevissimi e poetici film, i primi proprio a Napoli nel 1888-’90 – famosissima L’onda (La vague) – un po’ di anni prima del cinematografo dei Lumière. Queste pellicole sono visibili nel documentario che ho realizzato nel 2013 dal titolo: Dalla fotografia al cinema: Marey e lo “Scemo di Posillipo”.

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Etienne-Jules Marey, cronofotografo a lastre fisse, 1883
Nel 1887 a Napoli Marey fa modellare da uno scultore locale undici gabbiani in volo in posizioni diverse, prima in cera e poi li farà fondere in bronzo. Dipinti questi modellini di colore bianco li sistemerà in uno ZOOTROPIO, ottenendo una precisione realistica del volo mai ottenuta prima. Presenterà poi questo apparecchio (uno zootropio tridimensionale) all’Académie des Sciences, e i suoi studi saranno indispensabili per la progettazione degli aerei: il volo degli uccelli è descritto nei minimi particolari.
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Marey, cronofotografo a lastre fisse

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Zootropio tridimensionale di Marey, 1887 a Napoli

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Cronofotografo a pellicola

Come utilizzate questi strumenti recuperati?

Una cosa di cui siamo particolarmente orgogliosi è il fatto che non ci siamo limitati a raccogliere questi oggetti e a farne pezzi da museo. Alcune delle nostre lanterne magiche sono perfettamente funzionanti, le abbiamo rimesse in sesto, adattate a corrente elettrica e messe in grado di fare il loro lavoro. Dal 1995 organizziamo spettacoli di lanterne magiche, in cui proiettiamo lastre originali dell’800. Non solo i bambini, ma anche gli adulti restano stregati, e si tratta di storie molto semplici, magari le favole che leggevamo o ci leggevano nell’infanzia.

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Lux in Fabula, lanterna magica, data stimata 1890

Anche con tutti gli altri strumenti che abbiamo restaurato o realizzato ex novo facciamo spesso laboratori per i bambini, in cui loro possono farli funzionare da sé: pur essendo bambini abituati agli effetti speciali più incredibili con cui ormai si realizzano film e cartoni animati, restano a bocca aperta nel vedere un uccellino che appare dentro la gabbia o un semplicissimo cavallo che galoppa. Potere dell’illusione ottica.

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Lux in Fabula, Lanterna magica

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Lux in Fabula, lanterna magica corredata di 11 lastre e un cromatropio, risalente al 1850 circa

Il nostro interesse comunque è rivolto alle arti visive in toto, e così abbiamo seguito l’evoluzione delle tecnologie fotografiche e cinematografiche in tutto il loro sviluppo. Come artista ho realizzato numerosi lavori audiovisivi, molti in origine erano diapositive presentati in dissolvenza incrociata, e di recente sono stati digitalizzati con il contributo di molti volontari dell’associazione, soprattutto giovani in servizio civile. Negli scorsi mesi abbiamo scoperto le grandissime potenzialità artistiche dei droni, e abbiamo realizzato con Michele Albano, esperto in materia, alcuni lavori in HD con visioni inedite dei Campi Flegrei effettuate dall’alto: immagini straordinarie ed emozionanti, e questo grazie a una tecnologia sempre più avanzata che oggi è alla portata quasi di tutti.
Alcuni degli spettacoli e dei video qui descritti sono stati presentati l’8 Novembre 2014 a Città della Scienza a Bagnoli nell’ambito di FUTURO REMOTO, manifestazione scientifica dedicata quest’anno al mare. La nostra iniziativa si è intitolata “L’Oceano iconografico: dalle lanterne magiche ai droni. Conferenza-spettacolo con esposizione interattiva di antichi strumenti ottici”.
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Claudio Correale, FUTURO REMOTO, Citta’ della Scienza 08-11-2014 Napoli

In questa occasione, oltre a un vero spettacolo con un’antica lanterna magica, è stato organizzato anche un laboratorio per bambini sull’educazione all’immagine, con l’uso di lanterne magiche di metà ‘800. La collaborazione con Futuro Remoto era iniziata già nel 1989 e proseguita nei due anni successivi.
La nostra ricerca sull’immagine poi è sfociata in un libro (LUX in FABULA, l’immagine) che contiene elementi di educazione all’immagine. Il libro è pensato soprattutto per insegnanti, i quali hanno a che fare con bambini e adolescenti che subiscono passivamente un bombardamento di immagini senza capirne il linguaggio specifico. Cerchiamo di spiegare in modo semplice il significato di alcuni elementi del codice visivo, che oggi ha un’importanza enorme in tutti i campi (si pensi alla pubblicità, alla politica e così via). Questo libro fu già pubblicato nel 1990 per la CUEN, e ora abbiamo intenzione di ripubblicarlo in versione ovviamente arricchita e aggiornata, dato che da allora l’universo dei media è stato ulteriormente rivoluzionato da strumenti e tecnologie in continua trasformazione. Come sempre abbiamo fatto, cerchiamo di restare al passo perché ogni rivoluzione tecnologica è una conquista e una minaccia: porta con sé nuove potenzialità espressive e artistiche, ma anche nuove possibilità di manipolazione, a cui i ragazzi sono sempre più esposti, purtroppo senza sufficiente consapevolezza.

Marina Vagnoni

Riferimenti Bibliografici
– Giovanni Battista Della Porta, Magia Naturalis, sive de miraculis rerum naturalium, libri IV, Napoli, 1558. Edizione ampliata in 20 volumi, Napoli, 1589, lib. XVII.
– Etienne Jules Marey, La Nature, n. 91 – 15 Novembre 1890
– Laurent Mannoni, La grande arte della luce e dell’ombra, 1994
– Virgilio Tosi, Il cinema prima del cinema, 2007

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Claudio Correale, conferenza-spettacolo al PAN, Palazzo Arti Napoli 12-06-2014

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Lux in Fabula, Napoli, spettacolo con lanterna magica

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Lux in Fabula, Napoli, spettacolo con lanterna magica

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Lux in Fabula, Napoli, spettacolo con lanterna magica

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Lux in Fabula, laboratori didattici sull’educazione visiva

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Lux in Fabula, laboratori didattici sull’educazione visiva, Città della Scienza, Napoli

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Lux in Fabula, laboratori didattici sull’educazione visiva, Città della Scienza, Napoli

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Lux in Fabula, laboratori didattici sull’educazione visiva, Città della Scienza, Napoli

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Lux in Fabula, una conferenza – spettacolo al Museo Archeologico di Napoli

 

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Lux in Fabula, una conferenza – spettacolo al PAN, Palazzo delle Arti di Napoli

 

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PAN, lanterna magica di Lux in Fabula

EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI – parte 4

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EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI – parte 4

Carlotta è in vacanza all’Isola d’Elba. Ha meno di un anno ed è la “coccola” di mamma e papà e dei due giovani zii. A Porto Azzurro hanno trovato un appartamento ampio per starci tutti, anche se all’inizio della vacanza gli zii erano stati in un albergo ma la cucina lasciava a desiderare per cui hanno deciso di “appoggiarsi” per il resto della loro vacanza con Loretta e Raffaele. Carlotta è contenta di avere anche gli zii dalla mattina alla sera con lei; al mare impasticcia la sabbia e costruisce castellini con zio Giulio mentre Loretta e Francesca chiacchierano e litigano su crostate e parmigiane. Nei pomeriggi assolati zio Giulio regolarmente porta a spasso cercando luoghi ombrosi la piccolina sul suo elegante passeggino anche per consentire al resto della famiglia di riposare, visto che non sempre di notte Carlotta intende dormire; è una bambina tendenzialmente curiosa ed i quadretti del corridoio con i suoi paesaggi acquarellati la attirano in maniera particolare e pretende indicandoli con precisione che le vengano descritti: Carlotta non parla ancora ma, se vogliamo, si esprime con estrema chiarezza con la sua imperiosità. E la sua sete di Cultura non può essere confusa con un “capriccio”! così come non è un capriccio quello che proprio in quei giorni accadde. All’improvviso Carlotta rifiutò di mangiare la solita minestrina. Era stata preparata da Raffaele con tutti i crismi consolidati da qualche mese di esperienza: un pomodorino, una carotina, una costolina di cipolla, mezza patata, un tenero rametto di sedano, una fogliolina di basilico. Il tutto bollito in tre bicchieri di acqua minerale e frullato, come tutti i giorni. Ma quel giorno lì, 23 luglio 1992, era un giovedì e Raffaele se lo ricorda ancora. Non ci fu verso di far ingoiare a Carlotta un solo minuscolo cucchiaino di minestrina; eppure come sempre facevano sia Loretta che Raffaele la assaggiarono ed era molto ma molto buona anche con la pastina mini anellini che avevano fatto cuocere prima separatamente e poi riscaldata nel composto. Ma Carlotta si rifiutò categoricamente di mangiare, sputacchiando il tutto senza alcuna remora e senza avere alcuna pena dei propri genitori – oltre che gli zii – che si disperavano. Carlotta urlava, sputacchiava e piangeva per la frustrazione di non potersi spiegare. “Io quella schifezza non la voglio più!” avrebbe potuto dire ma non poteva. “Scusate, ma perché non mi fate assaggiare quel cibo colorato di rosso che avete preparato per voi?” avrebbe detto ed in effetti, ad un certo punto, riuscì ad indicarlo con il ditino indice della mano destra sporgendosi dal seggiolone in modo pericoloso. E fu la zia Francesca che ebbe l’idea di farle assaggiare una delle pennette al pomodoro fresco che era già pronto nei piatti dei “grandi”. E Carlotta gradì.

CAPRICCI DI BAMBINI – fine parte 4 continua…

LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – presentazione silloge “SCRITTURA SOTTOLUCE” sabato 27 dicembre 2014 ore 17.00

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Il Festival della Letteratura nei Campi Flegrei – Libri di mare libri di terra – III Edizione del Premio “Michele Sovente” che si è svolto tra Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida fra il 26 ed il settembre u.s. avrà un nuovo appuntamento il prossimo 27 dicembre ore 16.00 presso la Casina Vanvitelliana sul Lago Fusaro.
Già all’indomani della conclusione del 28 settembre gli organizzatori concordarono che sarebbe stata necessaria una seduta ben più lunga e complessa per consegnare i Premi della IIIa Edizione a coloro che non ebbero la possibilità di intervenire in quell’occasione, ma anche per presentare nella maniera più corretta ed adeguata il libro “Scrittura sottoluce”, silloge che raccoglie le opere poetiche, i racconti e gli articoli giornalistici che avevano partecipato alla Ia e IIa Edizione.
Dunque, il 27 dicembre, “Il diario del viaggiatore” intende invitare tuttei lei partecipanti alle tre Edizioni, consegnare i premi a coloro che non erano presenti il 28 settembre (giustificati ampiamente dal fatto che per motivi organizzativi i risultati del Concorso sono stati ufficializzati solo un’ora prima della cerimonia di consegna) e tracciare le linee della prossima Edizione.
Nei prossimi giorni approfondiremo i contenuti dell’incontro.

Il diario

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – PARTE 19

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – PARTE 19.

L’avevo conosciuta ad Assisi, qualche anno prima. Adesso mi passava davanti, qui, a Ponza. Gridai il suo nome, incerto, ritraendo un po’ il viso vigliacco, nel caso avessi sbagliato. No, proprio lei. Un po’ fredda, frettolosa di concludere il nostro incontro.
“Ci vediamo”. Così generico da fare male.
Il nostro amore, solo due giorni. Due giorni di qualche anno prima.
Salutai e tornai al muretto. Io, che non torno indietro, forse per paura, lo avrei voluto adesso. Due giorni, così pochi!
Questi pensieri, costanti. Al bar, il solito, i soliti personaggi. Quelli della sera prima. Uguale gioco, un dubbio irrisolto, tuttora. Allegria di marinai napoletani a bisboccia. Stupide discussioni, guardando la gente passare. Abbaiare di cani, segno – così ci dicono – dell’eclisse.
Non ci interessava! La giornata con la sua escursione fatta a piei era stata faticosa. La luna, poi, da dove stavamo, era invisibile. Quasi mezzanotte. Un’altra giornata era andata via. Bisognava tirare le somme. All’indomani avremmo fatto ritorno a casa. Così, stanchi e mogi, ci avviammo verso il nostro rifugio ponzese.
Fuori, a prendere il fresco i nostri amici dell’albergo.battute spiritose. Risate. Controbattute. Quasi un’ora di spettacolo gratuito. I miei pensieri, altrove. La mia mente un po’ sconvolta. Dei napoletani si parla dappertutto. Anche a Ponza.
Anche ad Assisi, quell’anno. Napoletani furbi e un tantino cialtroni e, in nostro onore, simpatici. Aneddoti divertenti e letterari.
Ricordo una donna, lassù, fra le altre, sulla loggia dell’albergo, dolce e simpatica, attraente eterea come se vivesse in una soffice nuvola.
La sorellina giocava con i gatti e con i cani, non più nemici, accarezzandoli come si trattasse di noi, guardandoci con quegli occhi neri e sorridendo, cercando quella carezza che né cani né gatti avrebbero potuto farle mai.
“Bella, la signora” non appena fummo in camera, il mio amico. E, sbadigliando, lo andava ripetendo. Sotto le lenzuola a cercare il silenzio.
Scoprire di trascorrere le vacanze nello stesso posto, pretesto per iniziare. Un’amica occasionale ci presentò. Andammo insieme agli altri del mio gruppo, fino a Perugia, in pullman, da Assisi. Al ritorno eravamo già più che amici.
Un ritrovarsi voluto nella sera. Un localino di campagna dove ti cucinano, a poco prezzo, quaglie e spiedini, tutto sui carboni ardenti. Con un fumo ed un vino che dà alla testa, lentamente. L’ambiente, goliardico.
All’uscita, sottobraccio, l’aria fresca ci invitava a tenerci più stretti. Abbracciati, lungo la strada, a barcollare e a saltare. La strada sgombra e noi seduti a terra, poi distesi. Ora sui bordi dei canali, ora aggrappati ad un segnale stradale. E la luna, su.
Era dicembre. Faceva un freddo! L’estate prima, lei ed io, eravamo stati a Procida in vacanza, ma non ci eravamo mai incontrati.
Scrivere una lettera: esitare alla ricerca di una form. Scrivere qualcosa. Strappare. Tanti pezzi nel cestino. Con gli occhi nel vuoto, al buio interiore.
“ Mai una volta sincero, anche stavolta non riesco a capacitarmi quanto debba essere insincero verso di te, e cattivo anche. Sei stata una buona esperienza per me; soltanto una buona esperienza, non provo altro e per questo ne soffro, – come – forse tu non puoi neanche pensarlo. Sei stata l’unica con cui sono stata insieme e bene per quel poco di tempo che ci concedeva il convegno, ma non ho provato niente di quello che chiamano amore. Per me eri un’amica e tale sei.
Ti ho scritto, tante lettere, tante bugie, sarai stata ogni volta felice di ricevere la mia lettera, di leggerla, ma dentro era tutto falso, falso, falso e così oggi sono così…così… E’ vero, mai sono stato sincero con te, ma forse mai sono stato sincero con alcuno, neanche con me stesso. Ricordi quella notte, ad Assisi?….”.

IL MUSCHIO NASCE A SUD – opera prima di LUCA MARANO

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IL MUSCHIO NASCE A SUD – opera prima di LUCA MARANO

“Il muschio nasce a Sud” di Luca Marano – Tullio Pironti Editore

Luca Marano. Lo conosco da un paio di mesi, ma è come se fossimo amici da anni. Forse anche perché poco avanti del primo incontro in occasione del Festival della Letteratura nei Campi Flegrei – Libri di mare libri di terra di fine settembre il suo nome era stampato sul Programma ma non ero riuscito, fino al giorno prima dell’avvio del Festival, ad incontrarlo né tantomeno a sentirlo telefonicamente come avevo fatto con tutti gli altri partecipanti. Son solito preparare possibilmente nei dettagli gli incontri culturali, anche se ho imparato negli anni ad affrontare gli imprevisti e volevo farlo anche per quella tranche del Festival che ci avrebbe visti insieme… Confrontandomi con Angela, di Luca mi disse che era un giovane docente di Linguistica in attesa di pubblicare il suo primo romanzo, “Il muschio nasce a Sud”. Presentando tante scrittrici e tanti scrittori, di cui avevo letto e commentato i lavori, era naturale la mia curiosità nei confronti di questa “opera prima” e mi iscrissi alla lista dei futuri “lettori” del “muschio” di Luca. Letto soprattutto di notte o nelle albe insonni, come faccio di norma, le pagine scorrono rapide. La prosa è ricca ed abbina cultura a capacità narrative ben evidenti nella descrizione dei personaggi e degli ambienti all’interno dei quali la storia di MatteoLuca Ferretti si snoda. “Il muschio” è una tipica “opera prima” nella cui struttura si coglie un substrato linguistico di primissimo livello. Al di là dei possibili riferimenti autobiografici appare ben chiaro che Luca tenda ad identificarsi nel personaggio Matteo, utilizzando anche la “scrittura” per una ricerca interiore che porti a soluzione la consapevolezza della scissione con cui si confronta dall’inizio alla fine del romanzo. Di certo a fargli raggiungere la maturità e superare il dissidio interno saranno le esperienze non sempre positive che costellano gli anni in cui la vicenda si svolge. Di tanto in tanto il binomio Storia Danza riappare anche in contrapposizione alla rigorosa ricetta impostagli dalla severa docente con la quale svolgerà parte del suo dottorato di ricerca. Nel romanzo c’è molte volte la parola “Due” fino al finale che ovviamente non penso di svelare. Luca qui, ad esempio, parla di Matteo ma in fondo forse i “due” sono la stessa identica persona entrambe sdoppiate: “Credeva di essere qualcosa che non può esistere. Sapeva di essere due, diversamente due, inconciliabilmente due. Ma dentro di sé desiderava ardentemente che ci fossero altre persone come lui. Persone vere, e non fantasie o sogni della mente” E poi c’è il “mare” che è simbolo di riconciliazione con se stessi nella profonda necessità di rinnovarsi. Luca Marano scrive da scrittore ormai provetto, mostrando grandi capacità di dilatare i tempi dell’azione e, quando necessario, allo stesso tempo comprimerli e sintetizzarli. Il suo romanzo può essere letto come una “metafora”, con livelli di grande realismo, universale dell’essere giovani in una società più complessa di quella nella quale i miei “giovani” coetanei hanno vissuto.
“Il muschio nasce a Sud” è edito da Tullio Pironti, storico libraio napoletano e da tempo editore molto attento alla scoperta di talenti. Ho letto “a posteriori”, cioè dopo aver scritto la parte centrale di questo commento, la Prefazione di Massimo Cacciapuoti e mi ha aiutato a capire meglio sia Luca che il suo romanzo. Un’ultima notazione per la splendida copertina di Roberta Oriano, che ho avuto il piacere di incontrare, anche se ne conoscevo già lo stile, proprio durante l’ultima giornata del Festival della Letteratura organizzato da Angela Schiavone, vulcanica Presidente dell’Associazione “Il Diario del viaggiatore”.

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IL MUSCHIO NASCE A SUD – opera prima di LUCA MARANO

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IL MUSCHIO NASCE A SUD – opera prima di LUCA MARANO

“Il muschio nasce a Sud” di Luca Marano – Tullio Pironti Editore

Luca Marano. Lo conosco da un paio di mesi, ma è come se fossimo amici da anni. Forse anche perché poco avanti del primo incontro in occasione del Festival della Letteratura nei Campi Flegrei – Libri di mare libri di terra di fine settembre il suo nome era stampato sul Programma ma non ero riuscito, fino al giorno prima dell’avvio del Festival, ad incontrarlo né tantomeno a sentirlo telefonicamente come avevo fatto con tutti gli altri partecipanti. Son solito preparare possibilmente nei dettagli gli incontri culturali, anche se ho imparato negli anni ad affrontare gli imprevisti e volevo farlo anche per quella tranche del Festival che ci avrebbe visti insieme… Confrontandomi con Angela, di Luca mi disse che era un giovane docente di Linguistica in attesa di pubblicare il suo primo romanzo, “Il muschio nasce a Sud”. Presentando tante scrittrici e tanti scrittori, di cui avevo letto e commentato i lavori, era naturale la mia curiosità nei confronti di questa “opera prima” e mi iscrissi alla lista dei futuri “lettori” del “muschio” di Luca. Letto soprattutto di notte o nelle albe insonni, come faccio di norma, le pagine scorrono rapide. La prosa è ricca ed abbina cultura a capacità narrative ben evidenti nella descrizione dei personaggi e degli ambienti all’interno dei quali la storia di MatteoLuca Ferretti si snoda. “Il muschio” è una tipica “opera prima” nella cui struttura si coglie un substrato linguistico di primissimo livello. Al di là dei possibili riferimenti autobiografici appare ben chiaro che Luca tenda ad identificarsi nel personaggio Matteo, utilizzando anche la “scrittura” per una ricerca interiore che porti a soluzione la consapevolezza della scissione con cui si confronta dall’inizio alla fine del romanzo. Di certo a fargli raggiungere la maturità e superare il dissidio interno saranno le esperienze non sempre positive che costellano gli anni in cui la vicenda si svolge. Di tanto in tanto il binomio Storia Danza riappare anche in contrapposizione alla rigorosa ricetta impostagli dalla severa docente con la quale svolgerà parte del suo dottorato di ricerca. Nel romanzo c’è molte volte la parola “Due” fino al finale che ovviamente non penso di svelare. Luca qui, ad esempio, parla di Matteo ma in fondo forse i “due” sono la stessa identica persona entrambe sdoppiate: “Credeva di essere qualcosa che non può esistere. Sapeva di essere due, diversamente due, inconciliabilmente due. Ma dentro di sé desiderava ardentemente che ci fossero altre persone come lui. Persone vere, e non fantasie o sogni della mente” E poi c’è il “mare” che è simbolo di riconciliazione con se stessi nella profonda necessità di rinnovarsi. Luca Marano scrive da scrittore ormai provetto, mostrando grandi capacità di dilatare i tempi dell’azione e, quando necessario, allo stesso tempo comprimerli e sintetizzarli. Il suo romanzo può essere letto come una “metafora”, con livelli di grande realismo, universale dell’essere giovani in una società più complessa di quella nella quale i miei “giovani” coetanei hanno vissuto.
“Il muschio nasce a Sud” è edito da Tullio Pironti, storico libraio napoletano e da tempo editore molto attento alla scoperta di talenti. Ho letto “a posteriori”, cioè dopo aver scritto la parte centrale di questo commento, la Prefazione di Massimo Cacciapuoti e mi ha aiutato a capire meglio sia Luca che il suo romanzo. Un’ultima notazione per la splendida copertina di Roberta Oriano, che ho avuto il piacere di incontrare, anche se ne conoscevo già lo stile, proprio durante l’ultima giornata del Festival della Letteratura organizzato da Angela Schiavone, vulcanica Presidente dell’Associazione “Il Diario del viaggiatore”.

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