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A POZZUOLI primissimi anni Settanta del secolo scorso – il GUAP: “Il piccolo caffè” di Tristan Bernard nella rielaborazione dialettale di Enzo Saturnino (parte prima)

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A POZZUOLI primissimi anni Settanta del secolo scorso – il GUAP: “Il piccolo caffè” di Tristan Bernard nella rielaborazione dialettale di Enzo Saturnino (parte prima)

Nella prima metà degli anni Settanta a Pozzuoli molto vivace era la presenza di gruppi teatrali, filodrammatici e collettivi, impegnati a rappresentare diverse opere, soprattutto riadattandole. Ebbi modo di essere tra questa parte della gioventù, non impegnata in modo diretto nell’attivismo politico che pure era in auge (noi spesso venivamo visti come disimpegnati, ma il nostro lavoro sotto traccia ha creato un humus socio culturale che ha dato frutti) ma che si preoccupava di realizzare rivisitazioni, adattamenti anche allo scopo di preservare il nostro dialetto, che ha una sua storia molto particolare.
Quello che segue è la presentazione di uno dei lavori ai quali partecipai direttamente, sia nella fase istruttoria (scelta del testo e lavoro di riadattamento) sia in quella artistica dalla scelta degli interpreti sino alla messa in scena vera e propria.

Siamo qui a presentarvi un nuovo lavoro del Gruppo Universitario Artistico Puteolano, dopo quello che riscosse il più vivo successo e che per forza maggiore fu messo in scena solo una volta nella nostra città, Pozzuoli: ci si riferisce a “’O Vico” di Raffaele Viviani.
Allora, la compagnia era agli esordi. Oggi, dopo alterne vicende, il G.U.A.P. si ripropone al pubblico con questo lavoro di Tristan Bernard, che il bravo regista Saturnino potendo contare su altri validi elementi ha adattato nel nostro dialetto. Protagonista nelle vesti del cameriere Alberto, il nostro maggiore attore Alberto Carmidio, cioè Carmine Amodio che ha scelto per sè quello pseudonimo: il suo talento e la sua abilità scenica sapranno ben interpretare il ruolo assegnatogli. Accanto a lui le attuali maggiori brillanti giovani attrici del teatro puteolano: Luisa Cavaliere e Alina Zinno. Di entrambe conosciamo la grande passione, l’amore che esse portano al teatro affrontando insieme a tutti gli altri gli enormi sacrifici, cui si dedicano tutti quelli che impegnano gran parte del loro tempo libero per un hobby. Anche se, occorre dire che per tutti noi il teatro non è solo un hobby. Siamo pervicacemente a confermarlo: la nostra è una vera e propria seria ambizione. Nei loro rispettivi ruoli queste due giovani dimostreranno di saperci fare e di possedere una vera e propria “vis drammatica”, con la quale loro come tanti attori ed attrici di razza si trasformano diventando personaggi. Biagio Cassese dopo il successo de “’O Vico” non si è fermato. Con questa ultima interprretazione potrà ancora una volta fornire una valida prova di fronte al pubblico e verrà senz’altro premiato. Suo complice, in una losca faccenda di cui non vi diremo molto, sarà un signore, interpretato da Andrea Basile, che esordisce nella nostra compagnia in una parte che lo pone nettamente in luce, rendendo questo personaggio in maniera precisa in modo da non alterare il significato del testo originale che pur sembrava all’avvio delle prove potersi perdere tra i rivoli del nostro vernacolo.
Abbiamo iniziato con Basile il discorso sui debuttanti: dobbiamo a questo punto accennare al lavoro continuo, alla cura talora pignola che il bravo regista Enzo Saturnino ha saputo dedicare agli ultimi arrivati.
Li ha nutriti, imboccandoli, li ha creati, fornendo demiurgicamente l’humus vitale necessario per iniziare una nuova vita: da attore a personaggio. Anna Maria Indiveri e Rossella Parisi sono allieve dell’Istituto Magistrale. Per un puro caso qualcuno ( e sembra la solita montatura pubblicitaria) un giorno le notò e le indicò come probabili perfette interpreti dei ruoli di “Cassiera” e di “Ivonne”. Da allora non ci furono dubbi: sarebbero stati quei personaggi. La loro grazia, il sorriso che sanno regalare, la loro allegra e squillante risata hanno riempito di gioia le seriose serate delle nostre prove, contribuendo a portare un po’ di sana giovane allegria.
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5. CINEMA Storia minima – Primi anni Trenta – continua (per la precedente vedi 5 agosto)

5. CINEMA Storia minima
Primi anni Trenta – continua

E’, questo, un momento davvero entusiasmante per gli artisti e per tutti coloro che amano il Cinema. L’avvento del sonoro impresse una svolta poderosa al concetto di spettacolo totale. In Italia, dopo la famosa ma non esaltante prima prova sonora nello stesso anno, 1930, Alessandro Blasetti gira “Nerone”, riuscendo anche a mettere in evidenza il talento artistico di Ettore Petrolini. Altri artisti si sbizzarrirono e produssero veri e propri capolavori.

Uno di questi in Francia, sempre nel 1930, fu “Sous les toits de Paris” nel quale Renè Clair mette insieme una storia brillante piena di colpi di scena e con varie parti “cantate”. Il regista francese ci prova così gusto che l’anno successivo, il 1931, ripropone lo schema vincente per ben due volte prima con “Le million” un sorta di tourbillon alla ricerca di un biglietto della lotteria che ha vinto il “milione” del titolo; e poi con “A nous la liberté” un nuovo capolavoro “ibrido” (con le sue parti cantate), socialisteggiante e libertario, che fu anche oggetto attrattivo per Charlie Chaplin. Il film è infatti anticipatore del pieno di speranze e deludente Fronte popolare francese (1936-39) e fu probabile fonte di ispirazione del grande Charlot in “Tempi moderni” del 1936.

Anche Jean Renoir si addentra con il 1931 nell’uso del sonoro e, dopo il ricorso alla pochade di Feydeau, “On purge bebè”, realizza un film drammatico, cupo e tragico, come “La chienne”, ambientato nella Montmartre degli artisti che il regista, figlio del grande Auguste, ben conosceva.
Quanto a Chaplin, nel 1931 realizza “Luci della città” rifiutando l’uso del sonoro limitatamente al parlato.

Seguendo la strada delle grandi linee tematiche del 1931 abbiamo da segnalare due film, nei quali con personaggi diversi si seguono le “strade del Male diabolico”: ci si riferisce a “Dracula” di Tod Browning nell’interpretazione eccezionale di Bela Lugosi ed a “Frankenstein” di James Whale con l’altrettanto straordinario interprete, Boris Karloff. Il 1931 è anche l’anno del film di Roberto Mamoulian, che apre un nuovo percorso praticato nel prosieguo storico del Cinema, “Dr. Jekyll and Mr. Hyde”, un altro classico del terrore e del brivido. E non va dimenticato il recupero di un percorso già avviato da un decennio: quello del vampiro, solo in parte rappresentabile nel Dracula di Browning. Avremo infatti nel 1932 il “Vampyr” di Carl Theodore Dreyer, che si ispirò alle atmosfere del cinema espressionista, creando tuttavia un capolavoro autonomo da quello.

Il 1931 è anche l’anno d’uscita di un nuovo capolavoro della cinematografia tedesca per opera di Fritz Lang, “M – Il Mostro di Dusseldorf”, che viene a diritto considerato il prototipo del “noir”, anticipatore di tutta una serie di film che il regista tedesco realizzerà negli Stati Uniti. Ad interpretare il protagonista del film, Hans Beckert il Mostro, fu Peter Lorre che – come Lang – emigrerà dapprima in altri paesi europei e poi negli Stati Uniti dove si caratterizzò proprio per l’interpretazioni di personaggi squallidi ed abietti, proprio in linea con il film con cui in modo particolare salì agli onori del palcoscenico.

“Turarsi il naso…e anche la bocca” e “Votare il minor male” sono inviti inaccettabili e autodenunciano la deriva civile delle forze politiche che li diffondono

Turarsi il naso
“Turarsi il naso…e anche la bocca” e “Votare il minor male” sono inviti inaccettabili e autodenunciano la deriva civile delle forze politiche che li diffondono

Non si rendono nemmeno più conto di quel che scrivono e dicono alcune persone, tra le quali anche emeriti e quotati politici amministratori ex e attuali, quando per convincere i cittadini riottosi e critici si dedicano al proselitismo “pro domo loro” (non è corretto questo “latinorum” ma serve a rendere il senso di quanto mi appresto a dire) invitandoli a “turarsi il naso” e “votare il male minore”. E’ un modo davvero ameno di condurre la campagna elettorale che denuncia come costoro, appartenenti imperterriti a quello che ancora oggi si chiama Partito Democratico, che avrebbe fatto meglio a sciogliersi qualche mese fa (da me era partito in tal senso un invito accorato e sincero, ma era stato colto come una eresia, e me ne sono fatta una ragione!), costoro – per l’appunto dicevo in questo lungo “periodo” – siano in ogni caso “alla frutta”(a fine pasto?= sarebbe stato – e sarebbe – un buon segno lo si fosse fatto e speriamo che lo si faccia al più presto). Si dirà “chi di speranza vive disperato muore”: lo si dirà anche per esorcizzare la paura di una débâcle facendo i classici scongiuri verso questa evenienza. Sono un “cristiano” laico non credente e non praticante e mi limito a sottolineare che il “male” non ha graduazioni: forse per un cattolico vi è una classifica di “peccati” ad uso del confessore. Ma il “male” è – sia esso “maggiore” che “minore” – tale da rappresentare un “pericolo”, comunque.
Tra l’altro parlando di “male minore” autodefinendosene partecipi e complici (il “male minore” sarebbe il PD) si finisce per denunciare la profonda limitatezza della Politica e l’esigenza di rimettere il tutto in gioco; nel mentre però ci si avvale di quell’appartenenza per l’ottenimento di vantaggi poco più che personali: non si nega certo il riconoscimento di un particolare impegno per la collettività, ma al di sopra di tutto c’è il proprio “ego” e l’ambizione di sentirsi importanti, ai vertici (il Gotha) di forze politiche e il conseguimento di benefit economici non comuni.
Tra l’altro quell’invito potrebbe sortire una riflessione sfavorevole a chi lo propone: l’elemento comune tra “male maggiore” (se ce ne è uno “minore” è chiara l’esistenza del “maggiore”) e “male minore”, è il termine “male”. Dunque, perchè non votare il Male? E, di converso, dove sarebbe invece il “bene”, che naturalmente dovrebbe contrapporsi al “male”? sono domande logiche, la cui risposta sfugge ai proponenti, anche perché non si capirebbe perché mai continuino a sostenere una parte del “male” benchè “minore”.
L’altra forma di invito, quella di “turarsi il naso” finisce per essere ancor più un lampante riconoscimento del fetore che emana da quella congerie. E’ in definitiva un invito a starsene lontani e quindi ad abbandonare la pratica politica naturale della partecipazione, non solo al voto: molto curiosa è poi l’ipocrita denuncia della disaffezione generale, che a volte la Politica assume come contrappeso, nel mentre da Destra e da Sinistra (più il Centro che contribuisce all’infezione generale) si approfitta della bassa affluenza per continuare a riprodurre germi nocivi per la Democrazia.
Come altri (non tanti) non mi turo il naso e non mi accodo a sostenere alcun “male”: sono profondamente disgustato dal “parterre” composto da inutili profeti.

Giuseppe Maddaluno

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XII – UN MIO AMPIO INTERVENTO (per la parte XI vedi 3 agosto)

XII – UN MIO AMPIO INTERVENTO (per la parte XI vedi 3 agosto)

La polemica si è poi incentrata sullo Statuto. Lo si vuole modificare per ridurre l’autonomia del CdA, forse lo si vuole modificare anche per adeguarlo maggiormente alle nuove leggi (vedi “designazione del Presidente”), forse lo si vuole modificare per garantire un peso maggiore del principale Socio fondatore, qualche altro vorrebbe intervenire sulle indennità, considerate troppo elevate. Trovo legittime tutte le necessità, a patto che non si finisca per stravolgere le ragioni fondamentali dell’Istituzione. Considero meno importanti – per me – la prima e l’ultima, in quanto ritengo che chi si occupa in maniera seria e professionale di un Ente così rilevante non possa farlo bene ed in modo sereno se non è incentivato anche con una dignitosa indennità. Allo stesso tempo credo che, senza stare a ripetermi troppo, non sia poi così straordinaria l’autonomia del Consiglio di Amministrazione se ci si capisce, se ci si confronta, se si riesce a ragionare tra uomini ragionevoli e assennati, tra persone competenti che abbiano quale scopo principale uno spirito di servizio costruttivo. Ho sentito, in questi giorni che anche tra i compagni ce ne è qualcuno che alimenta la polemica su questo Consiglio di Amministrazione. Anche io ho perso la pazienza, una volta, ma invito tutti a leggere bene quell’intervento nella stesura originale non quella riportata dalla stampa: avevo lanciato messaggi (forse non in maniera abbastanza chiara) affinchè questo CdA comprendesse che vi era la necessità che da parte dei membri si facesse un passo verso il nuovo Consiglio Comunale, che si aprissero in questo modo alla città. Lo dico ancora una volta, anche al Sindaco, anche all’Assessore: la nuova legge elettorale dà poteri straordinari al Sindaco e alla Giunta, ma sul fronte ci siamo anche noi piccoli consiglieri che dobbiamo alzare la manina per approvare o disapprovare per cui le strategie non si possono discutere soltanto tra un CdA e il Sindaco e l’Assessore, altrimenti non ci si può sorprendere se c’è qualche dissenso. Anche io ho ritenuto opportuno dire la mia su un Consiglio di Amministrazione troppo appiattito sulla punta di iceberg del Potere, ma ho anche capito che è necessario consentire in una fase come questa l’importanza della tranquillità operativa a chi sta lavorando, senza risparmiare nè critiche nè elogi quando avremo i risultati di questo impegno.
Grandi responsabilità tra le altre cose potrebbero essere addebitate a chi non riuscisse a far crescere il progetto produttivo, moltiplicando (è possibile farlo, non è un’utopia) i fondi e riducendo progressivamente l’intervento del Comune e degli altri Soci. Ai compagni che alimentano la polemica dico che hanno la memoria corta. Fondazione e Statuto, la produzione, il Consiglio di Amministrazione sono state approvate dalla passata legislatura poco più di un anno fa; occorrerebbe ricordarsi che alcuni dei nostri attuali compagni e qualche collega dell’opposizione erano presenti ad approvare il tutto, e, quindi, (a parte il fatto che in Politica può sempre accadere di tutto: mai dire mai) mi sembra abbastanza curioso che ci si stia ripensando.

…fine parte 12…

UN PROGETTO PER IL CINEMA 6 (per la parte 5 vedi 2 agosto)

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UN PROGETTO PER IL CINEMA 6 (per la parte 5 vedi 2 agosto)

Uno straniero

E’ evidente che questo “scenario” lo si può guardare così bene solo dall’esterno: uno “straniero” lo può fare! E, quantunque io mi ostini a considerarmi dei vostri, non mi è parso affatto che ufficialmente, che chiaramente vi sia da parte vostra – si dice, per aride ragioni burocratiche e gerarchiche – un pur semplice riconoscimento in tal senso. Durante quest’anno di permanenza a Prato ho sempre offerto impegno e disponibilità, trovando scarsissima disponibilità e pochissime soddisfazioni e, quando qualcuno argomenta sui risultati che non sono venuti, il mio pensiero corre a qualche chilometro di distanza (vedi Firenze, vedi Empoli –soprattutto-), dove lo “straniero”, pur rimanendo tale, in una realtà tutto sommato non diversa da quella di Prato, con una struttura cinematografica, l’UNICOOP, già attiva da anni, con un gruppo dirigente preparato e consolidato (BALDESCHI, BERTI, PAGLIAI, ecc…), ha contribuito in prima persona a realizzare due rassegne, il cui significato e la cui garanzia e serietà professionale non sono certo riconosciute soltanto dal sottoscritto, presuntuoso impenitente. E’ giustificabile, almeno lo penso, che il mio atteggiamento negli ultimi tempi sia diventato nervoso e guardingo e mi convinco sempre di più che non valga la pena lavorare – anche per una causa così onesta e disinteressata, per qualcosa che si è visto nascere e che si vorrebbe veder crescere – senza ottenere delle garanzie, delle rassicurazioni, dei riconoscimenti morali. E di fronte a questa disillusione, che anche io spero possa svanire al più presto, il mio pensiero si svolge su toni di elevato pessimismo.
Ritorniamo alle “assenze”
“Arrogante e superficiale, spregiudicato e impavido, anche se consapevole dei propri limiti ma pronto a vendere anche del fumo”: la differenza fra me e molti altri potrebbe essere questa: io non faccio velo nè dei miei pregi nè dei miei difetti, non mi piace la falsa modestia; altri nascondono anche i loro pregi, alcuni per giunta rimuovono i loro difetti per una sorta di autodifesa, altri li celano a bella posta, in mala fede, ma in fondo per il potere ucciderebbero anche la loro madre, per parafrasare un illustre toscano. Ed è proprio nel Machiavelli che, per altri versi, bisogna ricercare un’indicazione organizzativa – un misto di spregiudicatezza, prudenza ed intelligenza – per la nostra attività cinematografica.
Stavo accennando poco fa alle “assenze” ed ho messo in evidenza quelle politicamente più grandi ed importanti – ci riguardano molto da vicino – ma forse anche sono limpide e più – come dicevo prima – rimosse dalla nostra coscienza. Esistono però altre “assenze” a Prato che direttamente ed indirettamente sono legate ad un nucleo così importante come la nostra Associazione. E qui, analizzando la realtà in maniera personale approfondirò indirettamente anche la tematica del presunto provincialismo pratese.
Avevamo parlato di cinque “assenze”:
1) A Prato risulta “assente” un centro promotore e coordinatore di attività culturali cinematografiche, manca fino ad ora nella volontà politica dei vari gruppi operanti sul territorio una scelta di questo tipo, anche se, per vie settoriali, c’è un gruppo che si interessa dei rapporti tra Cinema e Musica ed un altro che interviene periodicamente sul tema “Cinema e Fumetti”………..

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Fatevi la domanda e datevi la risposta

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Fatevi la domanda e datevi la risposta

Una campagna elettorale ha dei costi insostenibili per gruppi popolari
In una campagna elettorale sostenere interessi di gruppi di potere rende più facile il cammino
In Toscana sia la Destra che la Sinistra sostengono interessi non popolari ma afferenti a quelli di gruppi di potere
Alcuni di questi interessi non collimano con quelli di una gran parte dell’elettorato

Fatevi la domanda e datevi la risposta

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO (a Prato) – parte quinta (per la parte 4 vedi 1 agosto)

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO (a Prato) – parte quinta (per la parte 4 vedi 1 agosto)

….prosegue dal blocco 4 (giugno 2020) la mia risposta alla mail di Alberto……

Le stesse “nuove primarie” di cui parli avrebbero bisogno per essere organizzate di un organismo capace di agire con pari dignità insieme ai Partiti: anche perché diversamente ci troveremmo o a dover fare i conti subito con le forze politiche o con un’assoluta anarchia confusionale, dove tutti sono candidat ma ciascuno farà “campagna” se lo vorrà per conto suo. Nel primo caso a decidere chi siano i candidati e i rappresentanti della “società civile” finiranno per essere proprio i Partiti che, bontà loro, potrebbero al massimo concedere a qualche “volenteroso” di affermare la propria idea e la propria proposta di rinovamento democratico.
Successivamente, a breve giro di posta, invitai in modo “ufficiale” Alberto al primo incontro del costituendo Comitato. Avendo fatta una verifica tra coloro che erano più o meno favorevoli alla costituzione di un soggetto che avesse forma ed identità associativa, riuscii a trovare una sede provvisoria dove incontrarsi che non fosse l’anticamera di un professionista (diciamo che questo era uno dei limiti “formali” che non piacevano) e fissai anche una data e l’ora in cui vederci. Il luogo era il Dopolavoro Ferroviario, dove in altre occasioni avevo avuto modo di organizzare per la Circoscrizione Est, nella quale in quel tempo svolgevo il ruolo di Presidente della Commissione Cultura, alcune iniziative di medio alto livello, e mi ero rivolto agli amici Lucio e Nicola, che erano tra l’altro convinti della necessità da noi espressa di doversi adoperare per dare forma e struttura alle pur poche idee che nel Comitato per così dire etereo si erano concretizzate.
La mail è datata 23 ottobre 2006
“Carissimo Alberto negli ultimi mesi il Comitato non ha espresso molte proposte concrete mentre a livello nazionalen e regionale i gruppi e le Associazioni, i Comitati, donne ed uomini si sono mossi ed hanno prodotto iniziative ad alcune delle quali (Roma, Napoli e Pistoia) a livello personale, ma facendo riferimento al nostro Comitato, siamo stati presenti. Tu non avverti alcuna difficoltà, forse perch>é in ogni caso ti senti, e noi non facciamo di certo fatica a riconoscertelo, leader e sempre in ogni caso ritieni giustamente di essere il punto di riferimento a Prato del Comitato,punta di diamante del Comitato. Non ho alcun problema anche io a considerarti tale; ma questo Comitato così come esso è ora non può contare di più se non a livello di puro “volontariato” nobile e disinteressato. Sono dell’opinione che occorra prendere l’iniziativa senza più indugiare e creare una “struttura” (non può essere in ogni caso un nuovo Partito perchè deve essere costituzionalmente a termine) che non garantirà in modo diretto i suoi aderenti “tesserati” ma che dovrà porsi come obiettivo quello di catalizzare intorno a sè quei cittadini liberi che non abbiano oggi spazio nelle attuali forze politiche costituenti o che non si riconoscano pienamente in esse ma vogliano provare a svolgere un ruolo attivo di stimolo per il rinnovamento della Politica.
….continua mail del 23 ottobre 2006…….

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UCCA 1985 parte 8 e ultima (vedi 31 luglio per parte 7)

…8….
UCCA 1985 parte 8 e ultima

Occorre inoltre un intervento da parte nostra relativamente alla legislazione esistente che è carente al massimo e che occorrerebbe aggiornare con le opportune garanzie e, d’altra parte, sarebbe importante anche decidere quali caratteristiche debba avere una sala video, onde evitare di trovarci di fronte a dei semplici “doppioni” di sale cinematografiche che tuttavia non garantiscono nè la qualità, nè l’originalità nè la novità nè tantomeno la serietà dell’iniziativa. Dal confronto che con il 7 maggio avvieremo al nostro interno vogliamo conoscere lo “stato delle cose” nei Comitati territoriali toscani quanto ai “video” ed organizzare il nostro successivo, ed immediato, intervento nel settore che, fra le altre cose, prevede l’organizzazione di un Convegno, forse nazionale, che dibatta queste tematiche. Si prevede successivamente anche un confronto diretto con l’Ufficio Cinema della Regione e con gli operatori della Mediateca Regionale per comprendere quali siano gli orientamenti di questi ultimi e per far pesare il nostro ruolo di maggiore Associazione presente sul territorio.
d) Per “strutture intendo sia i locali esistenti sul territorio che facciano anche attività o che abbiano in sè valenze e potenzialità per essere utilizzati al nostro scopo o che siano “miracolosamente” in fase di nuova apertura, sia quelle società che sono già attive o che stiano per costituirsi sia quelle altre Associazioni attive e sostanzialmente legate all’ARCI da vincoli politici, culturali ed economici (Consorzio Toscano Cinematografico e Centro per la Documentazione e Ricerca Cinematografica – CEDRIC). A queste ultime, con le quali abbiamo condiviso e continuiamo a condividere esperienze culturali e politiche, io chiedo una collaborazione attiva che garantisca la realizzazione di questo “progetto”, formulando in conclusione la richiesta di risolvere al più presto quelle incomprensioni che hanno caratterizzato il primo periodo del mio impegno quale responsabile dell’UCCA in Toscana. Proprio per questo mi piacerebbe andasse convocato un incontro specifico a breve scadenza che sia fatto precedere da una larga rapida consultazione e che veda la partecipazione più elevata di coloro che hanno giudizi da esprimere e suggerimenti da offrire.
Nel complesso per quel che riguarda le strutture, occorrerà rafforzare la nostra presenza sul territorio, sia andando a sostenere quelle realtà che apparissero in grado di reggersi con un piccolo nostro intervento di supporto, sia provvedendo a creare le condizioni per un rilancio (non asrà di certo possibie dappertutto) o per una ristrutturazione, sia ancora intervenendo in strutture esistenti ma non di nostra competenza (privati o enti locali) con proposte di programmazione e gestione culturale degli spazi.
Conclusioni

Il nostro impegno, per il resto, è quello di far crescere l’attenzione di territoriali e delle istituzioni intorno al nostro settore, sollecitando interventi sia sul piano politico che su quello finanziario, allo scopo di valorizzare l’esistente ed organizzare nuovi stimoli e creare nuove occasioni in quelle realtà dove non esistono o dove sono scomparse pur permanendo l’interesse del pubblico locale; incentiveremo per questo nei prossimi mesi il nostro lavoro di rapporti con le suddette realtà, anche per arrivare al Congresso di fine anno avendo elaborato una linea – che possegga dei contenuti concreti – tale da permettere una maggiore incidenza nella nostra realtà. Questo documento – lo si ripete – è da considerare perciò solo come un primo contributo al dibattito congressuale e va integrato con le esperienze, la professionalità e la competenza di quei compagni che in Toscana hanno già da tempo impegnato parte della loro esistenza e le loro forze in questo settore.
Prato – Firenze, Martedì 23 aprile 1985 Il responsabile UCCA Regionale
Giuseppe Maddaluno

Parte 9 – LA SCUOLA AL TEMPO DI BERLUSCONI (per la 8 vedi 30 luglio)

Parte 9 – LA SCUOLA AL TEMPO DI BERLUSCONI (per la 8 vedi 30 luglio)

…..Al “Livi” i maturati nel quinquennio superano l’80% e al “Copernico” il 76%. Inciampa, invece, circa la metà degli iscritti all’Istituto Magistrale. La media pratese degli abbandoni e delle bocciature si aggira invece sul 52 per cento contro il 39 per cento circa su scala nazionale. Preoccupanti anche i dati relativi alle promozioni degli alunni iscritti alle prime classi. Considerando anche in questo caso sia i promossi di giugno che quelli di settembre, in alcuni istituti si sfiorano livelli davvero allarmanti. Al “Marconi” sono 97 su 205 gli iscritti alle prime che accedono al secondo anno, al “Buzzi” 113 su 184, al “Rodari” 273 su 347, al “Gramsci” 121 su 213, e così via. I dati presentati ieri si prestano subito a tre osservazioni. Occorre in primo luogo riflettere su una scuola che appare squilibratissima, con l’assenza di una vera connessione fra medie e superiori. E sembra mancare anche un vero orientamento dello studente che si appresta ad entrare in un istituto superiore, così come un periodo di ambientamento, nel quale verificare con test la predisposizione, le conoscenze di base e gli handicap di ogni singolo allievo. Appare inoltre evidente che chi sceglie il liceo ha già formata una sua caratteristica di base, mentre non sempre chi opta per un istituto professionale o tecnico sa bene a che va incontro o come affrontare il ciclo quinquennale. Appare inoltre evidente che chi sceglie il liceo ha già formata una sua caratteristica di base, mentre non sempre chi opta per un istituto professionale o tecnico sa bene a che cosa va incontro o come affrontare il ciclo quinquennale. Con la diffusione dei dati sulla dispersione scolastica, all’interno dei quali i movimenti trasversali, da e per altre città o altre scuole, si compensano, il PDS spera di aprire il dibattito sui problemi della scuola pratese. Certo è, infatti, che rispetto all’intero paese, Prato si pone come uno dei casi peggiori per dispersione e difficoltà scolastiche.
Fabio Barni Il Tirreno Cronaca di Prato pag. IV del venerdì 29 gennaio 1993
In contemporanea anche “La Nazione” su pagina regionale lanciò l’allarme con un articolo di Sandro Bennucci il cui sommario era “Studenti toscani, metà non arriva al diploma” il sottotitolo recitava “Deludente radiografia nella regione: grande fuga nei primi due anni di media superiore”.
Bennucci, accanto al tema della dispersione e dell’abbandono, tocca anche un altro argomento che è da sempre “fondamentale”: le strutture scolastiche.
FIRENZE – Uno studente su due non arriva al diploma di scuola media superiore. E si fa lezione in edifici modesti, spesso costruiti per altri usi. Ecco la “fotografia” della scuola toscana scattata dalla Regione. Un’istantanea deludente, che mostra approssimazione in chi organizza gli studi e incertezze; dispersioni e addirittura “fughe” da parte dei ragazzi. Ragazzi cresciuti in una fetta d’Italia evoluta sul piano culturale, ma inclini a scoraggarsi e ad abbandonare alla prima, o magari alla seconda difficoltà. Se quasi il cento per cento dei bambini iscritti alla prima elementare arriva a superare l’esame di quinta, la percentuale si contrae considerevolmente nella scuola media: solo l’87 per cento ottiene la licenza……

…fine 9….

PACE E DIRITTI UMANI – XX 20 (per la XIX 19 vedi 29 luglio)

PACE E DIRITTI UMANI – XX 20

…Prosegue l’intervento della Signora Liviana Livi, delegata di Amnesty International (voglio qui ricordare che la relazione è stata tenuta il 30 novembre del 2000; in questi venti anni alcune cose sono cambiate, in meglio ed in peggio: vi fornisco un link da cui partire per capire lo “stato delle cose” nel 2020)
Nel Giappone vengono condannati a morte anche gli anziani: uno di 68 anni dopo 11 anni di detenzione nel braccio della morte ed uno di 70 anni dopo 18 anni di reclusione. In alcuni paesi vengono condannati i giovani, quelli che erano legalmente bambini al momento del delitto: negli Stati Uniti nel 1990 sono stati condannati 7 giovani, in Nigeria è stato messo a morte pubblica un ragazzo di 17 anni ed in Pakistan è stato impiccato un ragazzo che aveva 14 anni al momento del crimine. Nei lunghi anni che i detenuti USA trascorrono nel braccio della morte vivono in celle di 2 metri per 3, un letto fissato al muro, un lavandino di acciaio, il water e la TV. La luce al soffitto non può essere mai spenta, quasi tutti si trovano in isolamento e solo una piccola parte viene ammessa al lavoro interno pagato 3 centesimi l’ora. Gli orari: sveglia alle 3.30 del mattino, colazione alle 3.45, ora d’aria dalle 6.15 alle 7.00. alle 9 possibilità di incontrare gli altri detenuti, pranzo alle 10, cena alle 16. Chiusura della giornata alle 16.30. Una lettera al mese da sottoporre a censura, una telefonata ogni 6 mesi, una doccia ogni 5 o 7 giorni. In cella niente effetti personali, un solo libro alla volta. I tentativi di suicidio non sono rari, ma non riescono quasi mai per l’intervento delle guardie.
Ed ora alcuni esempi, in Afghanistan 4000 spettatori che il 21 luglio affollavano gli spalti dello stadio di Kabul hanno implorato invano che venisse risparmiata la vita di un assassino. Il fratello di una delle vittime ha proceduto all’esecuzione, sgozzando un uomo di nome Mohamed Daud, autore di un duplice omicidio in un quartiere orientale della capitale. In base alla rigida interpretazione della legge islamica seguita dai Talebani, il gruppo al potere in Afghanistan, i familiari di una vittima possono perdonare l’assassino o eseguire la condanna a morte con le proprie mani. Il condannato è stato portato all’interno dello stadio da alcuni soldati con il volto coperto da una sciarpa bianca, ha pregato per 10 minuti; quindi gli sono state legate le mani. Ma Ulvi Moasil, l’autore dell’esecuzione è entrato nello stadio con una delle due vedove ed i tre figli di quest’ultima, si è avvcinato lentamente a Mohamed Daud e gli ha tagliato la gola. Poi ha detto: “Non lo perdonerò mai, ha spezzato il cuore di una grande famiglia, adesso abbiamo avuto la nostra vendetta, ora dormirò tranquillo. Ho fatto una cosa giusta”. Quella del 21 luglio è stata la prima esecuzione pubblica allo stadio di Kabul dal nvembre del 1999.
In Cina le autorità di Pechino hanno annunciato l’intenzione di ricorrere sempre di più alla iniezione di veleni al posto della fucilazione come metodo di esecuzione: l’iniezione letale è praticata già da 4 anni. In una dichiarazione ripresa dall’ “Indipendent” e dalla “CNN”, un Professore di legge ha affermato che se paesi sviluppati e civili come gli USA ed il Giappone usano ancora la pena di morte, questo vuol dire che è necessaria.

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