FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – 26-28 SETTEMBRE 2014

Davide D'UrsoDavide D'Urso 2

Vado concludendo la lettura del libro di Davide D’Urso – fra qualche ora lo recensirò – “Tra le macerie” racconta vicende fondamentalmente ahimè normali di un gruppo di giovani e di uno in particolare, Marco, in una Napoli contemporanea oppressa come gran parte del nostro paese da una profonda crisi lavorativa (nessuno si salva, anche i suoi amici, coetanei tutti trentenni, apparentemente fino a poco tempo prima più fortunati). Alcuni capitoli si inoltrano nell’universo dei call-center con le sue gerarchie e le sue atmosfere da GF orwelliano. Ma le passioni prevarranno? uno spiraglio sembra annunciarsi.  Il “domani è un altro giorno” della Rossella di Mitchell e Fleming verrà anche per Marco? Finisco la lettura e ve lo dico.

LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – ANTONELLA CILENTO – CAMPI FLEGREI 26-28 SETTEMBRE 2014

cilento 2
Caravaggio

E, dunque, il “Festival della Letteratura nei Campi Flegrei – Libri di mare libri di terra” si svolgerà fra Pozzuoli e Bacoli dal 26 al 28 settembre. Antonella Cilento ne sarà protagonista.

Una donna che nasce nel Seicento, non importa se nobile o popolana, se ricca o povera (ricordate la manzoniana Gertrude?), non aveva altro sbocco se non in un matrimonio e non aveva alcuna possibilità di acculturarsi al di là di insegnamenti impartiti sulle “buone maniere” e sulla qualità dei cibi e la ricchezza dei vestimenti. Lisario è una bambina, figlia di don Ilario Morales comandante della guarnigione di stanza al Castello di Baia sul Golfo di Pozzuoli, una ragazzina di 11 anni, che si ribella al “potere” della famiglia e dei maschi e si imbeve di letture in segreto, visto che alle donne era negato l’accesso alla Conoscenza ed alla Cultura. La protagonista, che solo per un attimo nel corso del romanzo conosceremo come Bellisaria, è diventata suo malgrado muta e ne conosciamo il punto di vista attraverso le riflessioni scritte segretamente su fogli recuperati qua e là. Antonella Cilento, autrice del romanzo, infatti vi inserisce ad intervalli abbastanza precisi le “Lettere” di Lisario indirizzate “alla Signora Santissima della Corona delle Sette Spine Immacolata Assunta e Semprevergine Maria”. La giovanissima donna, di fronte alla possibilità di andare “sposa di un vecchio bavoso e gottoso”, trova un modo tutto suo di protestare, negandosi provvisoriamente alla vita e cadendo in un sonno profondo. Ed è così che prende avvio il romanzo. Ho già scritto che si tratta di libro avvincente nella sua narrazione rapida e nella sua struttura per capitoli e paragrafi che appaiono, a chi, come me, è avvezzo a trattar di Cinema e Teatro, come Scene pronte ad essere trasformate in immagini. Ma ne parlerò dopo. L’ambientazione è in una Napoli cupa, buia, resa insicura da rivolte ed epidemie, dove si muovono personaggi di alto livello artistico insieme a malfattori, delinquenti, mistificatori ed avventurieri di ogni specie e provenienza; è la Napoli dove c’è il segno di Caravaggio, la presenza di Ribera; è la Napoli dove arrivano artisti come il francese Jacques Israel Colmar, il fiammingo Michael de Sweerts (questi, entrambi protagonisti di primo piano del romanzo di cui si parla), il valenciano Juan Dò; ed è la Napoli di Masaniello e dei Vicerè; la Napoli nella quale si rappresentano melodrammi interpretati da “voci bianche” nelle parti femminili; è la Napoli delle prostitute di basso e di alto rango ed è la Napoli dei “femminielli” e degli ermafroditi; la Napoli che crede ai miracoli non avendo nella realtà molto di cui essere felice. In questo ambiente meschino ancorché  aristocratico e culturalmente, in senso potenziale, elevato si muove la vicenda di Lisario e la profonda incapacità da parte dei maschi di poter accettare l’incredibile scoperta che il catalano, medico di scarsi scrupoli, Avicente Iguelmano compie dapprima spiando la giovane moglie, per l’appunto Lisario (tralascio, benchè significative le modalità con cui Avicente conosce e sposa la giovane), e successivamente leggendo alcune pagine di un libro sui “piaceri solitari” reperito nella ricca Biblioteca di un signorotto locale, Tonno d’Agnolo, degno rappresentante della spregevole classe politica di ogni tempo, rozzo procacciatore di amanti per gli ambienti del vicereame spagnolo.
In quelle pagine per l’appunto si leggevano “cose che gli parevano impossibili. Bugie senza fondamento”. La storia si dipana concedendo deviazioni e colpi di scena coinvolgenti fino alla conclusione. E’ un libro, lo ripeto, che mi ha ridato fiducia verso le nuove generazioni di autori letterari e non è un caso che l’autore in questione sia una donna. Nelle presentazioni pubbliche del romanzo si sottolinea giustamente, in un punto di vista femminile, la modernità dell’argomento: la protagonista, pur oppressa da una società (quella del Seicento) profondamente maschilista, emerge in ogni senso e sconfigge i limiti imposti, prima di tutto quegli stessi relativi alla mancanza della “voce”. Ed è infatti dalla “voce” di Psiche nell’ ultimo paragrafo del romanzo che prenderei il via se dovessi scrivere, come sempre vado pensando mentre leggo, una sceneggiatura. Dalla voce di Psiche che sconvolge il “vecchio e malandato” Avicente inondandolo di infiniti malinconici ricordi farei partire il tutto; perché è quello il momento in cui tutto ha un senso.

L’attualità del romanzo rimanda a temi che, forse da maschio, continuo a considerare ambigui; la violenza sulle donne così frequentemente portata agli orrori delle cronache è il risultato di un’educazione antropologica sbagliata attraverso la quale il “mondo” ha costruito dei ruoli che oggi, nel momento in cui socialmente li mettiamo in discussione, finiscono con il creare confusione e sbandamento nella mente dei più deboli (al di là del livello culturale e professionale) fra i maschi. Aggiungerei che nelle istituzioni educative (la famiglia, la scuola, il consesso civile allargato) non si è ancora riusciti a raggiungere la consapevolezza che la parità dei generi giustamente ricercata a livello legislativo ed istituzionale ha bisogno di tempi lunghi per essere realizzata e le “vicende” traumatiche cui da tempo assistiamo sgomenti ed infuriati sono parte di un percorso che ha tuttavia bisogno di ulteriori sostegni al di là delle giuste manifestazioni pubbliche cui volentieri partecipiamo. La sensibilità non si conquista con le norme legislative ma attraverso percorsi educativi naturali non imposti.

Nel video, un’intervista ad Antonella Cilento sul Seicento al Pio Monte della Misericordia (Napoli, via dei Tribunali 253) dove si trova l’opera di Caravaggio “Sette Opere di MIsericordia”