LA VITA SPIATA di Eliana Petrizzi – una “Spoon river” in prosa

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Eliana Petrizzi. In realtà la conosco da meno di un anno, ma è come se la conoscessi da tanto tempo: la sento “amica” e non solo per la gentilezza che ha avuto nel concedere di pubblicare l’immagine di una delle sue opere sulla copertina della silloge poetica dedicata al quarantennale della scomparsa di Pier Paolo Pasolini. Non l’ho mai incontrata, peraltro! L’ho solo sentita a telefono due-tre volte e dialogato su Facebook. L’ho invitata alla presentazione della silloge quando sono stato a Napoli ma lei ha declinato l’invito poiché abitualmente risiede in una zona interna nell’Irpinia, a Montoro. E quando ho letto che aveva pubblicato un libro di racconti l’ho acquistato immediatamente, facendomelo spedire da uno dei siti più noti sul mercato.
“La vita spiata” è composto da 28 brevi racconti tutti intitolati agli abitanti (in massima parte donne) di questo paese indistinto di una provincia di confine, un luogo-non luogo nel quale la vita si trascina e si rimane imbrigliati in una rete di solitudini dalla quale ciascuno non riesce a districarsi. Ognuno vive la sua esistenza a prescindere da quella degli altri ed anche quando ci si incontra nulla di nuovo accade: tutto è cristallizzato nell’immobilità di una realtà addormentata. Nel complesso “La vita spiata” sembra una “Spoon river” in prosa dove i protagonisti sembrano ancora vivi ma in defintiva non lo sono mai stati, sono ombre che si muovono con stanchezza svolgendo nelle loro solitudini il filo della vita.
Beh, è vero che – espresso così – il mio giudizio appare essere deludente; ma…la mano della scrittrice ha un suo stile profondo che si accomuna a quella dell’artista, dalle cui opere emerge un universo sfocato, nebbioso, onirico, indistinto; un mondo che si avvicina ai sentieri dell’Averno e va incontro all’apocalisse. “La vita spiata” è, dal punto di vista letterario, un esemplare trattato antropologico della “vita” di provincia, fatta di piccole storie tutte diverse ma tutte uguali, voci difficilmente riconducibili ad una coralità. D’altronde, la stessa autrice si rappresenta così nella “Premessa”: “La mia vita sociale è prossima allo zero….Ogni giorno mi dico: “Non chiuderti, conserva una mente curiosa, la capacità di amare l’esistenza col suo carico di povertà, varietà e bellezza.” Quando il salto arriva, la vita va come un vento portato dall’urgenza del suo racconto. Ho tempo, ne ho molto in questo vivere nel poco, cercando sempre quello che è già mio, nella certezza di esistere che avrei, se solo io ci fossi.”
Ebbene, le immagini che scorrono in quella realtà a noi che viviamo in metropoli affannate sembrano lontane e diverse, ma le solitudini si somigliano ed a ciascuno di noi rimane soltanto l’illusione che “altrove” la vita possa essere “vissuta”! Ma è soltanto, come scrivo, un’illusione!

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