LA FARSA DELLA PARTECIPAZIONE

LA FARSA DELLA PARTECIPAZIONE

Le forze politiche, quando si avvia un percorso amministrativo, si avvalgono di un uso di parole come “partecipazione”, “ascolto”, “coinvolgimento” e sinonimi vari a sostegno del loro concetto di “democrazia”. Spesso questo è un modo di mettere in scena il cosidetto “teatrino della Poltica” che finisce poi per far allontanare sdegnati i migliori cittadini, che lasciano campo libero ai “pescecani” ed ai creduloni. I primi sono coloro che sperano di poter raccogliere quanto più possono della melma che rimane, i secondi invece si attestano a far da manovali semplici, portatori d’acqua.
La partecipazione dovrebbe essere l’anima della Democrazia, ma quando essa si sviluppa come dovrebbe finisce per essere fastidiosa ed insopportabile per coloro che hanno già fissato in stanze segrete i limiti del loro agire. In effetti, questi limiti sono dettati da organismi leciti ed illeciti esterni che tendono a condizionare l’azione politica dettando le scelte da compiere, seguendo più che gli interessi collettivi quelli della finanza privata. Tale è non solo quella che fa riferimento a gruppi economici imprenditoriali ed immobiliari ma anche quella che si connette ad un associazionismo cooperativo multicolore che, per sopravvivere, deve attingere necessariamente alle provvigioni pubbliche.
La partecipazione vera, cioè quella che non conosce steccati, rischia di far fallire quegli obiettivi e dunque non può essere consentita “oltre” il necessario “maquillage” progettuale.
Questo accade nella nostra città, care amiche ed amici, ma non si può pensare che “così va il mondo” e far finta di niente.
A Prato, alcuni di noi lo hanno denunciato da tempo, è stata fatta fallire miseramente l’esperienza del “decentramento”. E le ragioni sono esclusivamente, non quelle del suo costo, il livello di “democrazia partecipativa” che aveva attivato sui territori.
Di questo dobbiamo parlare.

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