UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

L’Italia certamente sta vivendo un passaggio cruciale nella sua Storia. La certezza l’avranno i nostri figli ed i nostri nipoti, che la racconteranno ai loro figli ed ai loro nipoti; ma i prodromi sono drammatici e le responsabilità di tutto questo sono da addebitare ad una classe di governo incapace di aggregare, di unire, di ascoltare, condividere, riflettere e far riflettere, un gruppo di potere per il Potere che non guarda all’unità del Paese ma fa prevalere i propri interessi immediati a scapito di quelli generali di più lunga durata.

Non si può comprendere tutto quel che sta accadendo senza la memoria di quello che è avvenuto negli ultimi anni. L’ascesa di Renzi e del suo gruppo di fedeli (“il cerchio magico”) amici di lunga data e approfittatori provvisori, pronti a fiutare l’aria dove si appalesa il “padrone di turno”, ha provocato nell’agone politico un cambiamento “rivoluzionario” che ha di fatto esautorato la pratica democratica diffusa. Da qui promana poi la solitudine di gran parte dei dirigenti locali, alcuni dei quali si sono accodati, assuefatti alla situazione nuova in attesa di tempi migliori, e di una gran parte dei militanti che avevano costituito la “base” per tanti anni, di certo invecchiando ma mai chiusi al “nuovo”.

A Prato c’è stata l’esperienza di alcuni Circoli che avevano guardato con grande attenzione all’analisi politica di Fabrizio Barca. In essa (“UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”) vi erano molte “parole chiave” accattivanti e promettenti per costruire e/o rafforzare un percorso democratico che partisse dalla periferia (Fabrizio Barca, che non ho mai smesso di stimare e di ringraziare, scelse di partire dal mio Circolo di Prato per il suo viaggio italiano, “LA TRAVERSATA”).
Era, quella, la base per far crescere la democrazia. Chi legge sa, come sa chi scrive, quanto è avvenuto in questi ultimi anni e quanta differenza “sostanziale” vi sia nell’approccio politico da parte di coloro che dirigono il maggior Partito della Sinistra e il Paese (“dirigono” – non governano!).
Non ho fiducia nella leadership del PD ed i motivi – per carità – non sono collegati a bisogni di collocazione (ho 70 anni ed il mio futuro è breve, comunque breve, non ho velleità di ricoprire incarichi da portar via a chi legittimamente intendesse partecipare alla loro conquista), ma non si fa politica di divisione senza poi essere costretti a pagarne le conseguenze: per mesi ed ormai qualche anno nelle periferie non si discute più.
Esempio lampante è la vicenda della Riforma costituzionale, nell’iter della sua approvazione parlamentare che si è protratto dal marzo 2014 all’aprile 2016 nè le Direzioni nè le Assemblee provinciali ed i Circoli sono stati coinvolti, sentiti, fino a quando non è partita la corazzata referendaria per acquisire il consenso. Una modalità che ha ben poco a che vedere con la pratica democratica e che, da sola, distingue anche il “merito” della proposta di modifica costituzionale, la cui pericolosità è “insita” nella mentalità di chi l’ha promossa che, si badi bene, non è il Parlamento, ma una parte maggioritaria di esso, che è apparso sotto ricatto ( ci si ricordi delle sostituzioni d’imperio dei parlamentari dissenzienti all’interno delle Commissioni ) e debole dal punto di vista democratico.

Di che cosa parliamo?

Vogliamo dare a questo gruppo di Potere (ma ce ne potrebbe essere anche di peggiori) il “giocattolo” giusto per la sua idea di governabilità? NO NO NO

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

L’Italia certamente sta vivendo un passaggio cruciale nella sua Storia. La certezza l’avranno i nostri figli ed i nostri nipoti, che la racconteranno ai loro figli ed ai loro nipoti; ma i prodromi sono drammatici e le responsabilità di tutto questo sono da addebitare ad una classe di governo incapace di aggregare, di unire, di ascoltare, condividere, riflettere e far riflettere, un gruppo di potere per il Potere che non guarda all’unità del Paese ma fa prevalere i propri interessi immediati a scapito di quelli generali di più lunga durata.

Non si può comprendere tutto quel che sta accadendo senza la memoria di quello che è avvenuto negli ultimi anni. L’ascesa di Renzi e del suo gruppo di fedeli (“il cerchio magico”) amici di lunga data e approfittatori provvisori, pronti a fiutare l’aria dove si appalesa il “padrone di turno”, ha provocato nell’agone politico un cambiamento “rivoluzionario” che ha di fatto esautorato la pratica democratica diffusa. Da qui promana poi la solitudine di gran parte dei dirigenti locali, alcuni dei quali si sono accodati, assuefatti alla situazione nuova in attesa di tempi migliori, e di una gran parte dei militanti che avevano costituito la “base” per tanti anni, di certo invecchiando ma mai chiusi al “nuovo”.

A Prato c’è stata l’esperienza di alcuni Circoli che avevano guardato con grande attenzione all’analisi politica di Fabrizio Barca. In essa (“UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”) vi erano molte “parole chiave” accattivanti e promettenti per costruire e/o rafforzare un percorso democratico che partisse dalla periferia (Fabrizio Barca, che non ho mai smesso di stimare e di ringraziare, scelse di partire dal mio Circolo di Prato per il suo viaggio italiano, “LA TRAVERSATA”).
Era, quella, la base per far crescere la democrazia. Chi legge sa, come sa chi scrive, quanto è avvenuto in questi ultimi anni e quanta differenza “sostanziale” vi sia nell’approccio politico da parte di coloro che dirigono il maggior Partito della Sinistra e il Paese (“dirigono” – non governano!).
Non ho fiducia nella leadership del PD ed i motivi – per carità – non sono collegati a bisogni di collocazione (ho 70 anni ed il mio futuro è breve, comunque breve, non ho velleità di ricoprire incarichi da portar via a chi legittimamente intendesse partecipare alla loro conquista), ma non si fa politica di divisione senza poi essere costretti a pagarne le conseguenze: per mesi ed ormai qualche anno nelle periferie non si discute più.
Esempio lampante è la vicenda della Riforma costituzionale, nell’iter della sua approvazione parlamentare che si è protratto dal marzo 2014 all’aprile 2016 nè le Direzioni nè le Assemblee provinciali ed i Circoli sono stati coinvolti, sentiti, fino a quando non è partita la corazzata referendaria per acquisire il consenso. Una modalità che ha ben poco a che vedere con la pratica democratica e che, da sola, distingue anche il “merito” della proposta di modifica costituzionale, la cui pericolosità è “insita” nella mentalità di chi l’ha promossa che, si badi bene, non è il Parlamento, ma una parte maggioritaria di esso, che è apparso sotto ricatto ( ci si ricordi delle sostituzioni d’imperio dei parlamentari dissenzienti all’interno delle Commissioni ) e debole dal punto di vista democratico.

Di che cosa parliamo?

Vogliamo dare a questo gruppo di Potere (ma ce ne potrebbe essere anche di peggiori) il “giocattolo” giusto per la sua idea di governabilità? NO NO NO

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