Una piccola “chiosa” al dibattito tra La Valle e Serra

Ho inserito “in grassetto” le argomentazioni “debolissime” di Serra a sostegno del suo assenso alla proposta referendaria (sono le stesse argomentazioni diffuse da una congerie di supporter governativi che giudicano la migliore tra le peggiori modifiche costituzionali quella che invitano a votare in modo favorevole): qui le riporto staccate dal contesto che per intero troverete in fondo.

io credo che la riforma Boschi- Renzi preveda un blando rafforzamento dell’esecutivo, una semplificazione degli iter legislativi e un pasticciato rimaneggiamento del Senato che sarebbe stato molto meglio abolire per passare a un sistema monocamerale.

Se è così, perché votare “SI”? quando è possibile, riconoscendo che si è perso qualche mese in un dibattito su ciò che è già stato deciso e non – come sarebbe stato naturale – su ciò che si poteva più utilmente decidere INSIEME?

Raniero La Valle risponde a Michele Serra:
Votare “sì” non è di sinistra

Sulla “Repubblica” di domenica scorsa Michele Serra ha ripreso il mio intervento pubblicato su MicroMega dal titolo: “Il vero quesito: approvate il superamento della democrazia parlamentare?”. Egli si mostra d’accordo con la mia “spiegazione” secondo cui la Costituzione renziana è il punto d’arrivo di una restaurazione consistente nel trasferire la sovranità dal popolo ai mercati, concetto da lui definito “folgorante” per quanto è vero. Ma poiché ciò si sarebbe già realizzato da tempo, segnando una sconfitta della sinistra, nella quale lo stesso Serra si annovera, i trenta-quarantenni di oggi non farebbero che prenderne atto.

Secondo questa tesi la riforma Boschi-Renzi non farebbe che tradurre in norme questa nuova realtà, e questa sarebbe la ragione di votare “sì” a questa innocente proposta. Ne verrebbe dunque confermato che il popolo non è più sovrano, sovrani sono i mercati e la nuova Costituzione invece di permettere e promuovere la riconquista della sovranità al popolo, la consegnerebbe, irrevocabile, al Mercato. E poiché le Costituzioni sono destinate a durare, questa è la scelta che noi, sconfitti, lasceremmo a determinare la vita delle generazioni future.

È molto sorprendente che questa posizione (implicita ma negata nella propaganda ufficiale) sia ora resa esplicita e formalizzata sulla pagina più autorevole della “Repubblica”. Certo, non c’è niente di disonorevole in una sconfitta politica. Ma nel passaggio dello scettro dal popolo ai signori del Mercato non c’è solo la sconfitta della sinistra, c’è la sconfitta di tutto il costituzionalismo moderno e dello stesso Stato di diritto: il popolo sovrano è il cardine stesso della democrazia e della Costituzione.

Mettere super partes la nuova realtà per cui esso è tolto dal trono, sottrarre questo mutamento alla lotta politica, accettarlo come un fatto compiuto e finale, non è solo un efficientismo da quarantenni, è una scelta. E se a farlo è la sinistra, non è solo una sconfitta, è una caduta nella “sindrome di Stoccolma”, è un suicidio, ma col giubbotto esplosivo addosso, che distrugge insieme alla sinistra la politica, la democrazia e la libertà.

* * *

LA RISPOSTA DI MICHELE SERRA
da Repubblica, 26 ottobre 2016

Caro La Valle, io credo che la riforma Boschi- Renzi non c’entri nulla con la perdita di sovranità del popolo e il trionfo dei mercati. Credo preveda un blando rafforzamento dell’esecutivo, una semplificazione (sperata, chissà se realizzabile) degli iter legislativi e un pasticciato rimaneggiamento del Senato che sarebbe stato molto meglio abolire per passare a un sistema monocamerale. Credo, insomma, che si tratti di una riforma tecnico-istituzionale sulla quale è assurdo scaricare il peso di mutamenti strutturali della società e dell’economia (la “sovranità dei mercati”) già avvenuti da tempo, nonostante gli sforzi, a volte generosi a volte solo presuntuosi, di una sinistra che non ha retto l’urto del cambiamento e forse di quel cambiamento, in qualche caso, neppure si è avveduta.

Credo anche che di quei mutamenti strutturali della società occidentale, in specie della fine della centralità operaia e del lavoro salariato a tempo determinato, Renzi non sia certo il fautore, né, per dirla con una battuta, l’utilizzatore finale. Al massimo gli si può imputare di esserne il gestore a cose fatte, ma al pari di TUTTA la politica corrente, che appare succube degli assetti economici e con un margine di intervento minimo. Veda un poco, come vicenda amaramente esemplare, il pochissimo che è riuscito a fare il governo di sinistra-sinistra insediatosi in Grecia con la speranza, evidentemente eccessiva, di un cambiamento paradigmatico rispetto alle politiche di austerità imposte dall’Unione Europea.

Infine, per utilizzare il suo stesso metro di valutazione, le dirò che la “sovranità del popolo” non mi pare sia stata efficacemente rappresentata e tutelata dai precedenti assetti normativo-funzionali delle nostre istituzioni, a meno che i 62 governi (in neanche settant’anni) che hanno preceduto questo siano da considerarsi il sintomo di una estrema vivacità politica del popolo italiano.

(25 ottobre 2016)

UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA 1- 2- 3

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 1

L’Italia certamente sta vivendo un passaggio cruciale nella sua Storia. La certezza l’avranno i nostri figli ed i nostri nipoti, che la racconteranno ai loro figli ed ai loro nipoti; ma i prodromi sono drammatici e le responsabilità di tutto questo sono da addebitare ad una classe di governo incapace di aggregare, di unire, di ascoltare, condividere, riflettere e far riflettere, un gruppo di potere per il Potere che non guarda all’unità del Paese ma fa prevalere i propri interessi immediati a scapito di quelli generali di più lunga durata.

Non si può comprendere tutto quel che sta accadendo senza la memoria di quello che è avvenuto negli ultimi anni. L’ascesa di Renzi e del suo gruppo di fedeli (“il cerchio magico”) amici di lunga data e approfittatori provvisori, pronti a fiutare l’aria dove si appalesa il “padrone di turno”, ha provocato nell’agone politico un cambiamento “rivoluzionario” che ha di fatto esautorato la pratica democratica diffusa. Da qui promana poi la solitudine di gran parte dei dirigenti locali, alcuni dei quali si sono accodati, assuefatti alla situazione nuova in attesa di tempi migliori, e di una gran parte dei militanti che avevano costituito la “base” per tanti anni, di certo invecchiando ma mai chiusi al “nuovo”.

A Prato c’è stata l’esperienza di alcuni Circoli che avevano guardato con grande attenzione all’analisi politica di Fabrizio Barca. In essa (“UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”) vi erano molte “parole chiave” accattivanti e promettenti per costruire e/o rafforzare un percorso democratico che partisse dalla periferia (Fabrizio Barca, che non ho mai smesso di stimare e di ringraziare, scelse di partire dal mio Circolo di Prato per il suo viaggio italiano, “LA TRAVERSATA”).
Era, quella, la base per far crescere la democrazia. Chi legge sa, come sa chi scrive, quanto è avvenuto in questi ultimi anni e quanta differenza “sostanziale” vi sia nell’approccio politico da parte di coloro che dirigono il maggior Partito della Sinistra e il Paese (“dirigono” – non governano!).
Non ho fiducia nella leadership del PD ed i motivi – per carità – non sono collegati a bisogni di collocazione (ho 70 anni ed il mio futuro è breve, comunque breve, non ho velleità di ricoprire incarichi da portar via a chi legittimamente intendesse partecipare alla loro conquista), ma non si fa politica di divisione senza poi essere costretti a pagarne le conseguenze: per mesi ed ormai qualche anno nelle periferie non si discute più.
Esempio lampante è la vicenda della Riforma costituzionale, nell’iter della sua approvazione parlamentare che si è protratto dal marzo 2014 all’aprile 2016 nè le Direzioni nè le Assemblee provinciali ed i Circoli sono stati coinvolti, sentiti, fino a quando non è partita la corazzata referendaria per acquisire il consenso. Una modalità che ha ben poco a che vedere con la pratica democratica e che, da sola, distingue anche il “merito” della proposta di modifica costituzionale, la cui pericolosità è “insita” nella mentalità di chi l’ha promossa che, si badi bene, non è il Parlamento, ma una parte maggioritaria di esso, che è apparso sotto ricatto ( ci si ricordi delle sostituzioni d’imperio dei parlamentari dissenzienti all’interno delle Commissioni ) e debole dal punto di vista democratico.

Di che cosa parliamo?

Vogliamo dare a questo gruppo di Potere (ma ce ne potrebbe essere anche di peggiori) il “giocattolo” giusto per la sua idea di governabilità? NO NO NO

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 2

Un Paese democratico non si addice ad un leader (qualsiasi sia la sua appartenenza politica) che non si adoperi per smorzare le differenze utilizzando la mediazione. Abbiamo vissuto venti anni di berlusconismo e ne volevamo uscire non con una forma di alternativa omogenea ma con un completo rinnovamento: invece ci ritroviamo una forma di “imperio” che è solo in apparenza verbale ma ha anche risvolti drammaticamente fattuali.
Non c’è un reale desiderio di coinvolgimento di coloro che razionalmente dissentono, ma la volontà di umiliarne le potenzialità riducendone la loro praticabilità.

Quando si ragiona sul futuro, si sente dire da coloro che dovrebbero avere una cultura di Sinistra che purtroppo non vi sono alternative. E questo in assoluto non è una buona notizia: e la sottolineo proprio a coloro che discutono animatamente nel contrastare l’ipotesi che il Governo Renzi e ciò che si annuncia sia il suo proseguimento abbia dentro di sè – grazie anche alle “riforme” preparate e difese strenuamente – il germe del dispotismo. Un Paese – ed una classe politica – che non è in grado di proporre un’alternativa è una nave destinata ad andare allo sbando verso spiagge e scogliere pericolose. Ancor più se il suo timone fosse una legge generale come quella che si vorrebbe far approvare nel referendum del 4 dicembre.

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Votare NO serve a fermare una possibile deriva.
Perché “possibile” e non certa?

Eh, bella domanda! Rispondo riferendomi anche alle motivazioni che hanno reso difficile il rapporto di alcuni, come me, con questa leadership del PD: “Se a condurre le sorti di un Partito che si è voluto definire “Democratico” ci fosse stato un gruppo sinceramente aperto al confronto con il dissenso interno (e cioè disponibile “davvero” ad accogliere diverse posizioni ed idee, peraltro chiaramente appartenenti alla Sinistra) quella proposta di riforma avrebbe forse potuto contenere anche qualche elemento di riferimento alla minoranza “interna” (è inammissibile considerare con sentimenti di avversione sprezzante i propri “compagni”); ed invece alle critiche sono state contrapposte offese e derisioni, nemmeno si trattasse di avversari storici come la Destra. E’ quindi del tutto evidente che il futuro, qualsiasi sia il risultato del Referendum è pieno di nuvole nere.

NULLA SARA’ COME PRIMA, grazie a questa conduzione del Partito, spregiudicata e velenosa.

L’unico modo per indurre questa leadership a più miti consigli è quella di VOTARE NO: e – lo dico alle mie amcihe ed agli amici che più e più volte mi hanno invitato a scendere nel merito – non c’è più MERITO di questo, ve lo assicuro. C’è da salvare il nostro Paese!!! VOTATE NO!!!!

Imparare a dire NO

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UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA – parte 3

Le responsabilità del Premier/Segretario del PD e della sua “corte” saranno immense, comunque vadano le cose il 4 dicembre.

UNA COSA E’ CERTA: NIENTE SARA’ COME PRIMA

O vince il sì o vince il NO ciò avverrà – se i sondaggi finora espressi sono vicini alla realtà – per differenze minime.

IL PAESE SARA’ SPACCATO IN PARTI PIU’ O MENO UGUALI.

Con un’aggravante: i toni esasperati da una parte e dall’altra.
Ma diciamoci la verità, e non certo per amor di parte (io sono per il NO), è normale che i toni siano esasperati da chi si pone all’opposizione; non è altrettanto normale che ciò accada – e non da ora – da parte di chi governa.
Se chi si oppone e vota NO afferma che il nostro Paese corre dei rischi sarebbe cosa logica, buona e giusta, andare a verificare gli addebiti e non rispondere più o meno con un’alzata di spalle e lanci di improperi offensivi.
Non è solo una questione di Legge elettorale; l’impianto della Riforma da solo si basa sulla pretesa ricerca di “governabilità” ma la persegue a scapito del rapporto democratico accentrando molteplici funzioni e poteri.
Lo sanno molto bene anche quegli oppositori interni al PD (Cuperlo, Bersani e Speranza uber alles) che sembrano argomentare soltanto sulle possibili modfiche alla Legge “Italicum” semplicemente perché è l’unico elemento su cui, a prescindere dal Referendum che in questo momento è impossibile fermare, poter incidere. Non se ne farà nulla: e voteranno “NO” così come farò io dal di fuori di quel PD ormai snaturato anche da presenze aliene.