Ritornare per conoscere e (ri)conoscere parte 7

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2487,0,1,0,336,256,383,2,2,199,53,0,0,100,0,1973,1968,2177,812616
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Ritornare per conoscere e (ri)conoscere parte 7

Comincia ad esserci un certo ordine nell’afflusso. Non si sgomita più, c’è più movimento dentro-fuori che viceversa. Noi osserviamo tutto questo seduti sulla lunga panca riservata a chi osserva e medita: il mondo ha una gran fretta. Ci alziamo e decidiamo di rivedere le teche senza l’assillo di chi sosta e di chi sbircia. Poi visitiamo la Mostra didattica riservata ai gruppi scolastici ma gradevole anche al popolo spicciolo. Uscendo comprendiamo che è cambiata l’organizzazione per l’ingresso. C’è una lunga fila d’attesa e quanti ne escono tanti ne entrano. Intuiamo che quel signore elegante che è rimasto dentro a gestire il personale sia un funzionario: solo qualche giorno dopo in un servizio sulla rete pubblica regionale abbiamo potuto capire che si trattava del Direttore degli scavi di Ercolano.
Scendiamo verso il basso. L’antica Ercolano appare come una città catacombale, ma questa sensazione è dovuta al fatto che quando il Vesuvio eruttò nel 79 d.C. essa fu ricoperta da cenere e poi lava che tappò tutta la struttura abitativa procedendo verso il mare. La cenere e protesse in modo consistente le case, i negozi, le strade, i luoghi comuni come piazze e templi mentre implacabile, insieme ai vapori, fu per gli esseri viventi. La lava poi ricoprì il tutto defluendo, come se fosse una crema su una torta, a mantenere il tutto per l’eternità.
Ed è così che, come per Pompei, la cui struttura abitativa è stata in qualche modo più, e comunque diversamente, fortunata, si gira per le strade antiche affacciandosi di qua e di là dentro le abitazioni e i luoghi. Ercolano appare composta e piccola, racchiusa in una sorta di vallone. Ma questo è dovuto al fatto che, mentre il territorio di Pompei aveva mantenuto in modo continuativo nel tempo la tradizione agricola, questo di Ercolano è stato invece ricoperto da centinaia e centinaia di abitazioni che hanno inserito le loro unghie nel terreno che sovrastava l’antica città. Ora è perduta per sempre. In realtà questo destino è comune con tantissime altre realtà, come quella di Pozzuoli, città che ben conosco, là dove uno dei due Anfiteatri, di cui l’antica Puteoli andava fiera, è stato completamente smembrato e distrutto dalla voracità degli umani del ventesimo secolo.
Risaliamo verso l’alto dopo esserci fermati nel Foro ad osservare alcuni monumenti e poi decidiamo di risalire attraversando una lunga galleria. Non siamo particolarmente stanchi, ma abbiamo bisogno di ristorarci: non tanto mangiando ma per lo più bevendo qualcosa. L’età suggerisce di non appesantirsi ma di aggredire il caldo. Ci fermiamo alla buvette interna. Solo acqua, temperatura ambiente. Chiediamo se da Ercolano c’è un servizio di trasporti per fare ritorno a Napoli. Ci sconsigliano di utilizzare la Circumvesuviana, indicandoci come più adatta la linea principale, in pratica quella con la quale siamo arrivati a Portici.
Consultiamo il vaticinio di Internet. C’è un treno tra circa cinquanta minuti e così decidiamo di accogliere il suggerimento e ci avviamo verso Portici, percorrendo all’inverso la strada di prima.

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