DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – OTTAVA PARTE – 5

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – OTTAVA PARTE – 5

“Szindbad”

Sindbad, il marinaio, il giramondo, l’uomo alla ricerca di se stesso, alla ricerca del suo passato: un viaggio nel tempo, senza passat-senza presente; Zoltàn Huszarik ci mostra nel prologo del film questo personaggio alla fine della sua vita, una vita dispendiosa di sentimenti, di gioie, di erotismi naturali. Egli rivela come sia possibile costruire un film fortemente erotico senza mostrare nulla di particolarmente piccante (ad eccezione del peperoncino, che con accuratezza meticolosa il protagonista si accinge a sminuzzare nel brodo): è l’erotismo dei sensi, elevato al massimo grado, l’erotismo delle stesse immagini che affascinano forse in misura talmente estetica da condurre lo spettatore al di là di ciò che è concreto ed essenziale. Le immagini che sanno di “decadenza”, di malinconico addio alle gioie della vita avviluppano le menti, coinvolgendo tutti nel sapore dolce amaro dell’eterna lotta dell’uomo che conduce alla sconfitta, destinandolo ad abbandonare tutto quello che ha posseduto nel compimento del destino mortale. Sindbad non ha legami, o forse ne ha mille e più; minuscoli e tenaci fili si collegano a lui: il ricordo, in quest’ora e mezza circa di immagini, musiche e danze, fa da padrone assoluto e la vicenda, volutamente scoordinata, si snoda davanti ai nostri occhi, offrendoci sensazioni mai provate o riposte e riscoperte d’un tratto. L’esaltazione dei sensi, il calore umano, la estrema voglia di trovare la quiete, la pace, di sentirsi a proprio agio già si avvertono nella prima sequenza riassuntiva: il ceppo acceso, le travi mature grondanti pioggia serena, i fiori che si schiudono e si chiudono, gli occhielli di grasso galleggianti nel brodo, la sazietà, l’esser cereti di aver sapèuto godere la vita elegantemente, sobria ma anche ricca di occasioni, mai abbandonate vigliaccamente.
La scena che, più di tutte, è apparsa significativa è quella che presenta la cena di Sindbad. Famose sono nella storia della letteratura e del cinema cene come quella di Trimalcione e quella altrettanto ricca e vorace a più dimensioni concettuali de “La Grande Bouffe” di Marco Ferreri. Nessuna delle precedenti eguaglia, a parer nostro, questi pochi minuti, che il noto critico Maurizio Grande ha definito “sequenza da antologia”. Sul piano della qualità e della quantità dei cibi il paragone non può essere operato (le portate nel film “Szindbad” sono appena tre): questa notazione ci offre l’estro di avviare una discussione sulle innumerevoli potenzialità dell’arte cinematografica nel saper rendere con poche immagini atmosfere e condizioni inesprimibili a pieno con le semplici parole. Questo film ha inoltre un’ulteriore valenza, dovuta ad un perenne richiamo all’alternanza tra la vita e la morte, un segno quasi premonitore del destino dei suoi protagonisti: anche Zoltan Latinovits, il superbo interprete del personaggio Sindbad, è prematuramente scomparso.

Di Huszarik avremmo voluto vedere, ma a Pesaro non è stato proposto, il suo ultimo film, “Csontvary” (1979). Sappiamo che vi ha lavorato per oltre un anno e mezzo, che per realizzarlo è stata spesa una fortuna. Questo film è dedicato ad un geniale pittore ungherese dei primo del ‘900, ma così come per Szindbad, ispirato ad un personaggio inventato da Gyula Krudy, non è un tentativo biografico, aneddotico. Disse Huszarik: “…il film su Csontvary segue un itinerario completamente diverso. Non intende rilevare le miserie, le fallibilità umane, non si riferisce alle debolezze dell’uomo. Non tace dei tratti della personalità, dei problemi psicologici, ma respinge i ricordi aneddotici che circondano la figura del pittore e non eleva al rango di mito la pazzia di Csontvary. La figura di Csontvary mi interessa in quanto personalità straordinariamente creativa”. Purtroppo non si sa molto di più: speriamo di poter vedere al più presto questo film.

……….giuseppe………………maddaluno………………….feltre ………………..28.06.1982