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AL MIO PAESE – SETTE VIZI UNA SOLA ITALIA al FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI

Al mio Paese - copertina

“Al mio Paese – sette vizi. Una sola Italia” di Melania Petriello 2012 Edimedia collectanea pensierolento si presenta come un’operazione molto intelligente con una struttura unitaria e compatta ma nell’insieme collettiva ed artisticamente varia e composita. Partendo dall’idea di utilizzare come “metafora” universale quella dei sette vizi capitali (ma con l’aggiunta di un Ottavo di cui la Petriello scrive ne “Dal Vizio perduto al Vizio ritrovato”) che sono la Superbia, l’Avarizia , la Lussuria, l’ Invidia, La Gola, L’ Ira, L’ Accidia tutti analizzati in interventi scritti dall’autrice-coordinatrice de “Al mio Paese”. In effetti, un Ottavo vizio era fino al VI secolo d.C. la Tristezza, ma fu “archiviata per volontà di Gregorio Magno. Nel proseguire questo intervento sull’Ottavo, la Petriello lo evidenzia come l’Impunità e, di certo, si riferisce alla realtà politica del nostro Paese. Dicevamo prima che si tratta di un’operazione collettiva ed artisticamente varia e composita. Perché? L’autrice non è sola; si è avvalsa di un gruppo forte di giornalisti ed artisti di vario genere. Intanto vi è un’introduzione che presenta l’idea, il progetto ed i diversi protagonisti che lo incarneranno, scritta con piglio deciso e battagliero facendo forza sul ruolo e la funzione della Cultura. Subito dopo viene data la parola ad uno dei giornalisti più impegnati degli ultimi decenni, Franco Di Mare che nel Prologo prova a scardinare, utilizzando i più validi esempi, la demonizzazione “tout court” dei vizi a scapito delle “virtù”.
L’Ira viene presa in carico da Vanni Truppi in “Mezzo/giorno” che ci racconta di un incontro con un anziano signore che poi si scoprirà essere uno dei maggiori meridionalisti – Nicola Zitara – durante un viaggio allucinante sui treni che dal Sud portano al Nord; e da Gianmaria Roberti in “In/Capaci” dove si analizza il “pozzo nero” colpevolmente inesplorato delle stragi mafiose (ad iniziare da quella di Capaci).
L’Invidia è affidata a Carlo Tarallo con “Monnalisa, Monnamia”; l’Avarizia verrà trattata da Luca Maurelli in “Capo di Gabinetto”; la Superbia da Giuseppe Crimaldi in “Alfa et Omega” che si lancia in un Giudizio Universale contrappuntato dal “Dies Irae”; il tema dell’Accidia è in “La camicia ripiegata” di Fausta Speranza che tratta dei ritardi della Chiesa su temi come quelli della “pedofilia”. La Gola è descritto da Tiziana Di Simone in “Consiglio Europeo, 15 dicembre” dove tratta con ironia amara il ruolo del Menu negli incontri “europei”. La Lussuria è materia analizzata da Luciano Ghelfi in “A letto con l’Italia” che sceglie di impersonare un personaggio molto importante per la Storia italiana, la contessa di Castiglione. Anche Carlo Puca tratta con modalità originalissime il vizio della Lussuria in “Re/pubbliche”.
La Petriello intervalla con suoi interventi quelli degli amici e colleghi che hanno accettato di partecipare a questa impresa. Perché mai manca l’Avarizia? E come mai non si è voluto aggiungere uno dei peggiori difetti che hanno condizionato la vita e l’esistenza dell’umanità ma, per senso di colpa (forse), non si vuole ammettere nel novero dei vizi capitali? Dove è l’IPOCRISIA?
Dicevamo composita questa operazione ed è infatti corredata da un malinconico ma vibrante epilogo scritto da Fabrizio Dal Passo a difesa della nostra Italia, di cui si sente, come tutti noi, figlio, fino a commuoversi. Ma non finisce qui. C’è anche una rielaborazione drammaturgica realizzata dalla Sezione Scuola del Teatro Eliseo ed uno short film – “Al mio Paese” scritto e diretto da Valerio Veloso che potete ritrovare su youtube cliccando


Cosa dirvi di più. Leggetelo!

 

FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – meno 2

Al mio Paese - copertina

Copertina libro BARBATO

Mancano due giorni all’apertura del Festival – Libri di mare libri di terra – Premio “Michele Sovente”
Vado leggendo ora il libro di Anna Barbato “Io è un’altra – cose che le donne non dicono” dopo aver terminato “Al mio paese” di Melania Petriello & co.
Andiamo avanti – Ieri pomeriggio siamo stati (è una delle poche cose cui ho collaborato con Angela Schiavone e Gabriella Romano che invece trottano alla grande) da Claudio Correale ed i ragazzi di “Lux in Fabula” sia per concordare la loro presenza al Festival sia per un’iniziativa della quale parlerò più diffusamente la prossima settimana.

Il diario

LORENZO DELLA FONTE – L’INFINITA MUSICA DEL VENTO – FESTIVALETTERATURA 2628 SETTEMBRE

Della FonteLorenzo Della Fonte

La lettura di “L’infinita musica del vento” di Lorenzo Della Fonte – 2014 Casa Musicale Eco Editore ha consentito di conoscere una storia realmente accaduta nei suoi contorni generali ed arricchita di elementi romanzeschi di ottimo livello. La figura di Francesco (Cesco o Francis come veniva chiamato a Napoli e verrà chiamato negli Stati Uniti d’America) viene seguita con meticolosa attenzione sin dai suoi primi passi a Napoli dove “dimostrò presto un talento fuori dal comune” già a quattordici anni, dopo aver bruciato le tappe come clarinettista alla “scuola” del maestro Ferdinando Sebastiani. La storia di Francesco viene accompagnata da altri personaggi, alcuni dei quali forse inventati, come Nicola, che imparerà a suonare il corno, uno “strumento…proprio come lui: tondo e, all’occorrenza, possente”. Accanto a Nicola nella prima parte vi è la figura di Sylvie (ma la sua ombra sarà molto presente nella seconda), che troverà un tragico destino sulla sua strada. Il romanzo per l’appunto si snoda in tre parti ben distinte (la prima riferita alla “formazione” dei protagonisti a Napoli; la seconda relativa al viaggio prima nel Mediterraneo e poi nell’Oceano Atlantico sulla “Brandywine”, una fregata della Marina americana; la terza tutta interamente ambientata in terra statunitense) contrappuntate da una serie di “interludi “ con preludi e postludio finale che non hanno alcun collegamento diretto con la “narrazione” degli eventi che contrassegneranno le “storie” intrecciate dei protagonisti nel loro svolgimento complesso. Gli eventi storici, come i prodromi risorgimentali italiani, la guerra fra Stati Uniti e Messico, lo sterminio dei “nativi” americani “pellerossa” ad opera dell’esercito statunitense, la preparazione della guerra di secessione, sono ben presenti ed accompagneranno lo svolgimento dei fatti, incidendo solo relativamente sulle vicende dei “nostri”. Lorenzo Della Fonte dirige l’insieme dei personaggi così come si conviene ad uno stimato (come egli è) Direttore d’orchestra; lo fa con stile e mano lieve, rendendo piacevole e scorrevole la lettura. Da sottolineare la precisione e la cura delle descrizioni, non solo quelle attinenti alla “musica” sulle quali l’autore non può che avere piena padronanza; ma soprattutto colpisce nella seconda parte la capacità di descrivere alla perfezione le caratteristiche minime dell’arte della navigazione. Molto interessante è anche la messa a punto delle problematiche caratteristiche collegate al mondo dell’emigrazione ed ai difficili rapporti tra i rappresentanti della comunità italiana e coloro che, pur provenendo da altre terre negli anni precedenti, intendevano vantare diritti superiori; come a dire: fate attenzione, anche oggi, molto spesso accade che ci sia più “razzismo” nei confronti di coloro che si avvertono come “estranei” proprio da parte di coloro che quelle discriminazioni le hanno vissute sulla propria pelle negli anni precedenti. Ovviamente non è possibile (anche se non sarebbe nemmeno giusto farlo) descrivere per intero le vicende dei personaggi e quelle in primo luogo di Francesco Maria Scala, che ad ogni modo troverà una sua collocazione di primissimo piano come musicista direttore della Banda dei Marines riconosciuto dal Congresso, entrando in diretto contatto anche con alcuni Presidenti degli States ed essendo da questi stimato. La storia ha un andamento rapido ed i colpi di scena si susseguono come in un interessante film d’avventura e d’azione (non mancheranno né i “pirati”, né assalti ai treni ed inseguimenti a cavallo; non mancano le tribù “pellerossa” qui viste dalla loro parte, né la corsa all’oro). Interessante è anche l’apparato didattico finale con le schede dedicate ad un centinaio di personaggi menzionati nella “storia” narrata (sono esclusi quelli dei 43 interludi, del preludio e del postludio e dei due preludietti) ed in ultimo l’elenco dei brani musicali citati negli interludi. Nei ringraziamenti poi Lorenzo Della Fonte chiarisce anche le fonti “umane” che lo hanno introdotto sui “sentieri” da lui meno conosciuti. LORENZO DELLA FONTE SARA’ A “LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI SABATO 27 IL POMERIGGIO DI SABATO 27 SETTEMBRE A BACOLI VILLA CERILLO

Festival Pozzuoli

DUE ANNIVERSARI IN OTTOBRE – 80 anni dalla morte di JEAN VIGO e 30 anni dalla morte di FRANCOIS TRUFFAUT

Vigo Truffaut

 

Nel 2005 ho organizzato un Convegno-Seminario nel centenario della nascita di Jean Vigo – in ottobre cadranno due anniversari importanti nella Storia del Cinema: 80 anni dalla morte di Jean Vigo e 30 da quella di Francois Truffaut. Per ricordarli entrambi organizzo due iniziative: la prima il 21 di ottobre a Pozzuoli; la seconda a fine ottobre (forse il 30) a Prato. In entrambe le occasioni saranno dei “giovani” a parlare della loro “scoperta” della loro “passione”. Sarete informatei in tempo utile e comunque dopo l’effettuazione del Festival della Letteratura del 2628 ottobre fra Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida (i Campi Flegrei ).

LETTERATURAFESTIVAL CAMPI FLEGREI LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – POZZUOLI – BACOLI – MONTE DI PROCIDA – PREMIO “MICHELE SOVENTE” 2628 SETTEMBRE

Stemma Bacoli

Stemma M. di P.

Stemma Poazzuoli

Il diario

Questo il Programma

Letteraturafestival “ Libri di Mare Libri di Terra “
Festival Itinerante nei Campi Flegrei
26/27/28 settembre 2014

Venerdi 26 settembre

Pozzuoli Rione Terra

h 16:30 Libri di mare Libri di terra dà il benvenuto agli incontri di scrittura, lettura, musica e teatro.
Saluto dei rappresentanti delle amministrazioni comunali e degli organizzatori.
Saranno presenti Giuseppe Russo,editore e Francesco Durante,critico e
Scrittore.

I luoghi saranno abitati dalla parola di : Alessio Arena, Antonella Cilento, Joseph Farrell, Matilde Iaccarino.

Voci di : Pasquale Ioffredo, Mariagrazia Liccardo, Wanda Marasco, Gea Martire.

Lady Marion legge Maurizio de Giovanni

Dopofestival al Bar Cannavacciuolo

Sabato 27 settembre

Villa Cerillo, Bacoli h 10.30

Lo sguardo della letteratura

Ne parliamo con gli scrittori: Davide D’Urso, Marco Ciriello , Riccardo Imperiali, Melania Petriello, Vincenzo Gambardella .

Conducono la conversazione Giuseppe Maddaluno e Luca Marano

Proiezione dei video di Claudio Correale e Aurelien Petit

Sulle tracce di Ian Fleming con Michelangelo Iossa e Antonio Tricomi, giornalista di Repubblica.

h 13:30 Appuntamento sotto l’Arco Felice Vecchio. In collaborazione con
“Lux in Fabula”: Lip’s convivium

Pausa pranzo in un ristorante convenzionato con il Festival .

Villa Cerillo, Bacoli h 16.30

Primo incontro: Dove sta andando la letteratura oggi?

Rispondono gli scrittori :

Anna Barbato, Emilia Bersabea Cirillo, Giuseppina De Rienzo, Lorenzo della Fonte, Matilde Iaccarino, Pino Imperatore .

Guidano la conversazione Giuseppe Maddaluno e Angela Schiavone

Secondo incontro : Come nasce una storia? Come sono nate le storie degli scrittori:
Monica Pareschi, Maria Caterina Magliocca, Elisabetta Montaldo, Licia Giaquinto, Margi De Filpo.

Ne discutono con gli autori: Cinzia Caputo e Giuseppe Maddaluno

Intanto, a Villa Cerillo, in un altro luogo si produce:

Laboratorio di scrittura creativa a cura di Aldo Putignano e Giancarlo Marino.

E’ presente la scrittrice Chiara Santoianni. Incursioni collaborative degli scrittori del festival.

Chiesa di San Sossio, Miseno h 19:30

Nel suggestivo scenario dei gradoni della Chiesa di San Sossio:

Taranterra
un testo di poesia trasformato in spettacolo itinerante

di Mimmo Grasso
regia Massimo Maraviglia

con Ettore Nigro e la compagnia Asylum 2014

Lo sviluppo della serata dipenderà, poi, dal pubblico. Decideremo insieme cosa fare in base alle emozioni dello spettacolo. Il territorio dei Campi Flegrei offre la sua varia ospitalità.

Domenica 28 settembre

Teatro di Miseno- h 10:30

Presentazione del sito a cura dell’associazione Misenum.

E’ il momento della poesia e dei poetI

In zona intermedia, tra mare e terra, con accompagnamento del gruppo Mundu Rua, reading di:

Cinzia Caputo, Floriana Coppola, Vera D’Atri, Annamaria Farabbi, Bruno
Galluccio, Claudia Iandolo, Costanzo Ioni, Ketty Martino, Lory Nugnes.

Wanda Marasco : omaggio a Sovente

Arnolfo Petri : da “Memorie di Adriano” di Marguerite
Yourcenar

Aperitivo poetico

Pausa pranzo

h 16: 00 : Visita guidata sui luoghi di Michele Sovente a cura di Antonio Sabatano, presidente dell’associazione Michele Sovente

Appuntamento in piazza Michele Sovente- Cappella di Monte di Procida

h 18:00 Complesso Vanvitelliano del Fusaro

Omaggio a Michele Sovente

Premiazione dei vincitori del concorso “Premio Michele Sovente” da parte della giuria presieduta dal poeta Elio Pecora.

Premiazione del migliore testo di scrittura creativa del laboratorio condotto dall’editor Aldo Putignano.

Distribuzione della silloge degli inediti delle due edizioni del Premio Sovente.

Chiusura del Letteraturafestiva : Geppino Scamardella in “ Caballetta”

CON ARTUMES A COMEANA (PO) 20 settembre 2014

Poggio 1

Stamattina mi sono concesso un po’ di relax “culturale” – sospendendo la lettura dei libri scritti dalle autrici e dagli autori che saranno presenti nei Campi Flegrei dal 26 al 28 settembre – e con mia moglie ed altri amici ci siamo affidati alle colte cure di una giovane archeologa, presidente dell’Associazione no profit “Artumes”, la dott.ssa Maria Antonia Serafini. Ci siamo perciò recati in località Comeana, frazione di Carmignano sulle pendici dolci del Montalbano in una realtà nella quale, oltre alla produzione di vino ed olio, permane la presenza storica della civiltà etrusca e medicea. Comeana si trovava e si trova in una posizione felice dal punto di vista produttivo (in questa zona si ricavava la pietra serena utilizzata per costruire palazzi e luoghi di culto) e strategico militare, perché dalle sue “alture” si dominava tutta la valle dell’Arno e la piana fiorentina. La Serafini ci ha illustrato in maniera precisa e storicamente scientifica la storia del “borgo” di Comeana accompagnandoci poi alla visita della Pieve di San Michele, proprietà della famiglia Mazzinghi della quale abbiamo visto anche la facciata cinquecentesca del Palazzetto lungo la via Alighieri.
Poi ci siamo recati a visitare Il tumulo etrusco di Montefortini la cui scoperta è recente ed è dovuta ad un’intuizione del dott. Borgioli e dello studente Emanuele Narducci che il 4 gennaio 1965 fecero pervenire alla sovraintendenza alle antichità d’Etruria di Firenze, nella persona del sovrintendente professor Giacomo Caputo, una prima segnalazione sulla sospetta collinetta di Montefortini. Il professor Caputo inviò subito l’ispettore dottor Nicosia che sul momento, pur mantenendo certe riserve, fu in linea di massima concorde a confermare i sospetti dei due studiosi comeanesi.. La struttura del tumulo è doppia in quanto il primo e più ampio fu interessato ad un crollo dopo soli 25 anni, forse per motivi sismici.

L’Associazione ARTUMES organizzerà una prossima visita al pomeriggio di sabato 11 ottobre alla Villa Medicea di Poggio a Caiano ed alla Chiesa di S.Maria Assunta a Bonistallo. Prenotazione obbligatoria. Per Info e prenotazioni: info@artumes.it, tel. 339 1958024

Artume (o anche Aritimi o Artames), nella mitologia etrusca era la dea della notte, della luna (come anche la dea Losna) e della morte. Era anche la divinità della natura, delle foreste e della fertilità. Era associata alla dea greca Artemide. Aritimi è anche considerata la fondatrice di Arezzo, l’etrusca Aritie.

ANTEPRIMA FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA 2628 SETTEMBRE POZZUOLIBACOLIMONTE DI PROCIDA

 

 

Anime bianche 11

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Questa notte ho finito di rileggere “Anime bianche -Racconti dal carcere” a cura di Matilde Iaccarino, Francesca Di Bonito, Maria Gaita, Lina Stanco – 2014 Valtrend Editore (il libro non è, a quanto ne so, ancora disponibile; ho riletto “Quattordici” di Matilde Iaccarino necessario punto di riferimento per comprendere “Anime bianche”. Ho finito di leggere “Liza” di Margi De Filpo. E, poi, mi sono concesso un diversivo andando a visitare, insieme ad un gruppo di amiche e di amici e guidati da una esperta di Archeologia etrusca, il sito di Comeana (il tumulo estrusco di Monteforini) sulle pendici del Montalbano. Fra poco scriverò. Nel pomeriggio avvio la lettura del libro di Lorenzo Della Fonte “L’infinita musica del vento”  2014 Casa Musicale Eco Editore. Andiamo avanti

 

Della Fonte

“IL MIO MESTIERE” (Natalia Ginzburg): CHE COSA SIGNIFICA SCRIVERE? Di Federica Nerini

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“IL MIO MESTIERE” (Natalia Ginzburg): CHE COSA SIGNIFICA SCRIVERE?

Di Federica Nerini
“Il mio mestiere è scrivere delle storie, cose inventate o cose che ricordo nella mia vita ma comunque storie, cose dove non c’entra la cultura ma soltanto la memoria e la fantasia. Questo è il mio mestiere e lo farò fino alla morte”, così Natalia Ginzburg definiva il suo duro e adorato lavoro: una ragione in più per vivere. Fin dall’antichità l’uomo ha avuto sempre l’esigenza di scrivere storie, miti, leggende solo per la gioia di ascoltare, di essere qualcun altro, e per esistere in modo diverso. Quindi la “voglia di scrivere” nasce con l’uomo, e “il desiderio” non ci deve di certo meravigliare.
Ma perché alcuni mentre scrivono, si illuminano di luce propria e ci fanno sognare altre vite, vivere in altri mondi e catapultare in altre ere? Bravura innata o potere donato da Dio? Noi nel momento in cui scriviamo aspiriamo al silenzio, alla vita, alla libertà e alla nostra felicità individuale, poiché ci liberiamo da ogni tristezza e melanconia. “Scrivere” è come andare dallo psicoanalista, infatti la Ginzburg afferma: “Quando uno scrive un racconto, deve buttarci dentro tutto il meglio che possiede e che ha visto, tutto il meglio che ha raccolto nella sua vita. E i particolari si consumano, si logorano a portarseli intorno senza servirsene per molto tempo”. Quindi, scriviamo noi stessi: ci allontaniamo e ci avviciniamo lentamente alla nostra persona. Il narrare è un flusso che proviene dall’inconscio e dall’anima dello scrittore; come le onde marine ritornano sempre nello stesso punto del bagnasciuga, anche le parole si accendono quanto più arriviamo a sfiorare l’Io, solo quest’ultimo è padrone delle nostre storie, soltanto lui saprà fin dove arriveremo e la nostra fine. L’unico problema è che il paziente comune racconta la sua vita soltanto allo psicoanalista junghiano di turno, mentre lo scrittore narra la sua “epopea” a tutte le future generazioni, inclusi noi. Per questo, sovente è bello scrivere, ma anche leggere fa la sua parte.
Il mestiere dello scrittore è un vero e proprio lavoro, perché implica uno sforzo intellettuale sovraumano, indi per cui è giocoforza definirlo non un “mestiere”, come lo definiscono in molti, bensì una “fatica” in senso vivo, interno e perturbante. In napoletano “lavoro” si traduce con ‘a fatìca proprio per indicare la sofferenza fisica a cui il lavoratore deve sottostare; ci deve essere il “trabajo”, come dicono gli spagnoli: l’anima si deve staccare dal corpo per la pena, il tormento e la fatica. Il sostantivo partenopeo ci fa capire la vera ragione dell’essere scrittori, la Ginzburg a tal riguardo scrive: “Ho scoperto allora che ci si stanca quando si scrive una cosa sul serio. È un cattivo segno se non ci si stanca […]. Uno, quando scrive una cosa che sia seria, ci casca dentro, ci affoga dentro proprio fino agli occhi”.
La maggior parte degli scrittori sono “artisti” infelici e spiegherò il perché. Possiamo infatti dire che le persone felici non fantasticano mai, lo fanno solo gli insoddisfatti. Ciò che rappresenta il “motore immobile” delle fantasie sono i desideri insoddisfatti, ed ogni singola fantasia è la realizzazione di un desiderio, una correzione della realtà insoddisfacente. I creatori di storie cercano di captare se stessi, la realtà, gli altri, inglobando ogni istanza nell’inconscio, per poi iniziare la produzione enucleata dentro loro stessi; questo è al centro del “meccanicismo artistico”: la volontà, l’insicurezza, l’infelicità, la solitudine e la bramosia della realizzazione. Il godimento del piacere, scaturito dalla fantasia con il soddisfacimento dei desideri inconsci, è alla base del “processo creativo”. Le fantasie sono come quelle molle elicoidali che si danno ai bambini quando sono piccoli, apparentemente sono prive di potenza, ma basta il minimo movimento per trasformare il potenziale in un dinamismo eccelso. Ecco, la creatività è una molla, e come ogni oggetto “nuovo” bisogna saperlo usare e non abusarne. Addomesticare la creatività di ogni artista è come avere a che fare con le belve selvatiche: è un processo arduo ed acuto, infatti non tutti gli artisti sono riusciti a manovrare questa “istanza oscura” e alcuni hanno fatto una brutta fine. Il tema in questione è affrontato non solo nella teoria freudiana, ma è anche contenuto in un saggio di Hanna Segal, psicoanalista britannica chiamato Delirio e creatività artistica: “Ma, come in ogni opera d’arte, il romanzo contiene anche la storia della sua stessa creazione ed esprime i problemi, i conflitti e i dubbi sulla stessa creatività dell’artista. L’angosciosa domanda che l’artista si pone è: Il mio lavoro è una creazione o un delirio?”. La produzione artistica è un vero è proprio delirio secondo la Segal, e noi non dobbiamo certo stupirci, poiché il progetto creativo vive ed è dato dalla catarsi sistematica generata dai ricordi e dalle esperienze dell’io. Si scrive quello che si prova in quel determinato momento, infatti veniamo “posseduti” dalla nostra stessa anima e influenzati dagli eventi accaduti: “Ma l’essere felici o infelici ci porta a scrivere in un modo o in un altro. Quando siamo felici la nostra fantasia ha più forza; quando siamo infelici, agisce allora più vivacemente la nostra memoria. La sofferenza rende la fantasia debole e pigra; essa si muove, ma svogliatamente e con languore, come i deboli moti dei malati […]. Ci è difficile distogliere lo sguardo dalla nostra vita e dalla nostra anima, dalla sete e dall’inquietudine che ci pervade” (Natalia Ginzburg).
Per ogni grande scrittore i momenti in cui scrive sono vissuti con grande intensità, basti pensare a Gustav Flaubert, il quale giunto nel momento di uccidere Madame Bovary, immaginò la sua agonia con tale intensità da sentire il gusto dell’arsenico nella sua bocca fino al punto di vomitare; egli su questo scrive: “perché, bene o male, scrivere – non essere più se stessi, muoversi in un universo di propria creazione – è una cosa deliziosa. Oggi, per esempio sono stato uomo e donna, amante e amata, sono stato a cavallo in un bosco, in un pomeriggio d’autunno, sotto le foglie gialle, ed ero i cavalli, le foglie, il vento, le parole che si dicevano e il sole rosso che faceva socchiudere le loro palpebre pesanti d’amore”. È un mestiere che si nutre di cose orribili, ma anche di cose bellissime.
Chi scrive è figlio del silenzio. Esso è essenziale per narrare. I personaggi dei romanzi classici da noi conosciuti parlano per ingannare il silenzio. Proust per tutto il tempo della “Recherche” è stato in una stanza imbottita da pareti di sughero, quasi in preda ad una crisi di isteria; Franz Kafka detestava ogni minimo bisbiglio, colpo di tosse, l’infinitesimo sussurro, il fruscio delle foglie che si disperde nell’aria, il lieve canto dei passeri solitari; perché qualunque cosa succeda è il suono che distingue la vita dalla morte, ed è il rumore l’archetipo distintivo della vita. “Voleva essere talmente chiuso, sbarrato, tagliato, abbandonato dal mondo: voleva altissimi e impenetrabili muri, come quelli della camera di Gregor Samsa o della cantina dove sognava di scrivere” (Pietro Citati). Del senso di colpa, del senso di inferiorità, del senso del panico, del silenzio, qualcuno cerca in qualche modo di guarire, debellando queste “malattie mortali”. Perché desideriamo così tanto il silenzio? Vivere significa saper “ascoltare” e “sopportare” la nostra cacofonica melodia di vita.
Se studiassimo le regole del “fantasticare”, capiremmo che noi tutti siamo potenzialmente degli scrittori, solo che molti passano la vita senza accorgersene, ed è per questo che esisterà sempre l’infelicità. Ma che cos’è la “fantasia” se non una continuazione di un gioco infantile? Che cosa sta alla base della sfera creativa? I poeti e gli scrittori sono degli eterni bambini: i narratori giocano con i loro trenini e le narratrici con le loro bambole, per sempre, per tutta la vita. Ed io, non smetterò mai di osservarli.

LA MERAVIGLIOSA STORIA DEL TRAPIANTO DI CUORE A NAPOLI – 3 OTTOBRE ORE 17.00 POZZUOLI – PALAZZO TOLEDO – invito ed anticipazione di commento

La meravigliosa storia del trapoianto
Venerdì 3 ottobre a Pozzuoli ore 17.00 presso la Sala polivalente del Polo Culturale del cinquecentesco Palazzo Toledo in via Pietro Ragnisco 29 verrà presentato il libro “La meravigliosa storia del trapianto di cuore a Napoli” 2014 Tullio Pironti editore, scritto da Maurizio Cotrufo e Gian Paolo Porreca, due importanti docenti universitari dei quali si allega in calce a questo post il curriculum. A presentare autori e libro ci sarà lo scrittore Maurizio De Giovanni ed il giornalista Ettore De Lorenzo, che svolgerà il ruolo di moderatore.
Nei prossimi giorni leggerò il libro e lo commenterò. Vi allego soltanto alcuni brani, così come riportati dall’invito che mi ha inviato il mio carissimo amico Flavio Cerasuolo, anch’egli cardiochirurgo, organizzatore dell’incontro.

«Quella mattina si doveva andare a Positano con il tuo gozzo. Eravamo tutti pronti per partire quando arrivò la telefonata dal “Monaldi”.
C’era il cuore pronto per il trapianto.
Fu una corsa a cambiarsi, lasciare il costume e infilarsi gli abiti d’ordinanza. Giacca in pieno agosto e borsa da lavoro; quella borsa che per il pittore
diventa scrigno di cuori in mano al professore, sotto il sole cocente della banchina del porto di Capri in attesa dell’aliscafo. Una tempera a cui sono molto affezionato […].
Era il 1988 e stavano chiamando dall’ospedale. C’era il cuore…
“C’è il cuore, c’è il cuore, c’è il cuore”, questa era la frase sussurrata che ci passavamo l’un l’altro, dopo averla appresa.
Maurizio doveva partire.
Ciao Maurizio, buona fortuna […]».

(dalla Prefazione di Gianni Pisani)

«Sono le 11.00, squilla il telefono in direzione.
A Barcellona un incidente stradale ha destinato un giovane studente a donare gli organi, è AB Rh positivo, il cervellone europeo non trova altri possibili riceventi compatibili se non il Sig. XY di Ponticelli, in lista d’attesa a Napoli.
“Non vi è tempo da perdere”, gli comunicano.
“Concedetemi almeno 30 minuti”, risponde.
Non trema, è lucido e vigile: è certo il peggior candidato per un primo trapianto, 65 anni, il diabete, la broncopatia, le arterie della gamba malate, Barcellona è lontana e quattro ore di ischemia possono danneggiare il cuore, un insuccesso sarebbe una pietra tombale per il programma.
Riflette, è forse l’ultima occasione concessa al paziente, la piazza attende la gloria, il mare di Napoli è azzurro e sereno, il Vesuvio gli sorride, il poker della domenica è stato fortunato […]».

Maurizio Cotrufo, nato a Napoli nel 1938, dopo la laurea in Medicina, è stato assistente ordinario nell’Istituto di Semeiotica Chirurgica dell’Università di Napoli, diretto dal Prof. Giuseppe Zannini.
Nel 1966 ha vinto una fellowship presso la Baylor University di Houston, Texas, dove ha completato un programma di training in Chirurgia Cardiovascolare, sotto la guida dei Proff. DeBakey e Cooley.
Ordinario di Cardiochirurgia dal 1974, fino al pensionamento ha diretto l’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia della Seconda Università di Napoli, che nel 1979 si è trasferita attraverso atto convenzionale presso l’Azienda Ospedaliera “V. Monaldi”.
Durante il suo percorso ha fondato e diretto la Scuola di Specializzazione in Cardiochirurgia, il Dottorato di Ricerca in Discipline Cardiopolmonari, il Dipartimento Universitario di Scienze Cardiotoraciche e il Dipartimento Ospedaliero di Chirurgia Cardiovascolare.
Presidente della Società Italiana di Chirurgia Cardiovascolare nel 1982, dell’Associazione Europea di Chirurgia Cardiotoracica nel 1992, ha fondato e presieduto il Collegio dei Professori Universitari Italiani di Cardiochirurgia.
È autore di 12 monografie e 530 pubblicazioni a stampa.
Nel 1988 ha eseguito il primo trapianto di cuore nell’Italia Meridionale e Insulare.
Nel 1992 è stato insignito della Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica per la Sanità Pubblica. Dal 2010 è Professore Emerito di Chirurgia Cardiaca presso la Seconda Università di Napoli.

Gian Paolo Porreca è nato a Napoli nel 1950.
Professore aggregato di Chirurgia Vascolare presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, svolge la sua attività assistenziale presso il Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare e dei Trapianti dell’Azienda Ospedaliera “V. Monaldi” del capoluogo campano.
Scrittore ancor prima di indossare il camice bianco, nel solco della grande narrativa partenopea degli anni Sessanta (Prisco, La Capria, Compagnone), ha esordito con A Gerben, con simpatia(Schettini, 1975), scritto a soli 19 anni. Ha pubblicato successivamente la raccolta di raccontiUna stagione fiamminga (Alfredo Guida, 1992); il romanzo Ti raccomando Raas (Limina, 1996);Pantani e io (Limina, 1999); Chiedimi chi era Merckx (Castelvecchi, 2013) e L’estate di P. ed altri racconti aurunci (Ikone-Byblos, 2013). Ha inoltre curato un volume di saggi in memoria di Luigi Compagnone.
È stato premiato in diversi concorsi letterari, dai Premi Coni ’78, ’86 e ’93 al Selezione Bancarella Sport ’93, dal Teramo ’69 al Domenico Rea – Isola d’Ischia ’97, al Premio Benevento 2000.
Giornalista pubblicista dal ’96, è collaboratore del quotidiano «Il Mattino».

FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – PREMIO MICHELE SOVENTE

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dal 26 al 28 settembre si svolgerà fra Pozzuoli (Rione Terra), Bacoli (Villa Cerillo ed altre locations) e Monte di Procida (Cappella e Casina Vanvitelliana) il Festival della Letteratura nei Campi Flegrei – Libri di mare libri di terra – Premio “Michele Sovente” III Edizione organizzato da “Il Diario del viaggiatore” con il patrocinio dei Comuni di Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida

Fra qualche ora inserirò anche il PROGRAMMA nei suoi dettagli. Mi sembrava logico accompagnare questo mio post con la canzone di Enrico Ruggeri “La poesia”

La poesia nel mondo
è un battito di ciglia
è una farfalla figlia del silenzio
che batte le ali e ha i colori del tempo
e non ha pace non ha età

La poesia nel mondo
è un bambino dispettoso
che non ama il potere e la decenza
e veste l’amore, sottolinea una partenza
ce la troviamo conficcata dentro noi

E dentro alle case tra il ridere e il piangere
quanto bisogno di correre via
quante carezze ed ognuno che aspetta la sua

Dacci quel sonno profondo
dentro a quei sogni che il mondo non fa
dacci una vita da vivere fuori di qua
dacci una vita

La poesia nel mondo
è un affare una salvezza
sospesa tra cinismo e tenerezza
che segna i momenti sui fogli di un diario
poi sbaglia l’orario e se ne va

E lungo le strade cercando di vivere
quanti si perdono lungo la via
quante parole ed ognuno che ascolta la sua

Dacci quel sonno profondo
lungo quel sogno che al mondo non c’è
fa che ciascuno si illumini dentro di se
dacci la vita

E il mondo si ferma e si meraviglia
se l’anima vola ed al cielo somiglia
già prima che scenda la notte leggera su noi

Dacci quel sonno profondo
dentro a quei sogni che il mondo non fa
dacci una vita da vivere fuori di qua
dacci una vita

E il mondo si ferma e si meraviglia
se l’anima vola ed il cielo somiglia a te

Dacci quel sonno profondo
lungo quel sogno che al mondo non c’è
fa che ciascuno si illumini dentro di se
dacci la vita..