La Politica senza l’apporto della Cultura – delle Culture – è una pratica arida

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La Politica senza l’apporto della Cultura – delle Culture – è una pratica arida. Uno dei motivi per cui la nostra società sta regredendo in modo vertiginoso sta nella mancanza di un punto di riferimento prioritario sui temi della Conoscenza e del Sapere da parte di quella che è stata ed è la classe politica italiana. Accanto all’incultura si ritrova in essa l’arroganza e la presunzione di essere pervenuti ai vertici fondamentalmente in modo immeritevole. Non c’è Buona Politica senza la Conoscenza profonda ed il Sapere diffuso; sono elementi base che non appartengono alla leadership vincente. Quella precedente aveva dentro di sé il germe di quella che oggi appare egemone o comunque alla ricerca della conquista di un’egemonia demoniaca. Il berlusconismo ed il renzismo hanno preparato “insieme” questo mix pericoloso per la “democrazia”, rincorrendo allo scopo di ottenere consenso i poteri forti (l’Alta Finanza, le lobbies più variegate a partire da quelle locali per andare a quelle internazionali) e dimenticando di difendere gli interessi dei più deboli. Gli stessi interventi a favore di questi ultimi sono sempre stati contrassegnati da atteggiamenti pietistici e caritatevoli che offendevano la dignità delle persone per bene, che chiedevano certezze e sicurezze per la sopravvivenza delle proprie famiglie. Si sono infatti trincerati a difesa dei loro interessi con scelte “ad personam” sia Berlusconi che Renzi. Quest’ultimo – accompagnato poi dal successivo governo Gentiloni – ha stretto accordi con la Confindustria ben sapendo che gli incentivi alle imprese per sostenere il Job’s Act sarebbero stati utili solo a far arricchire ulteriormente la parte peggiore – che è purtroppo la parte maggiore – degli imprenditori. Nel caso in cui qualcuno volesse giurare che non sia stato voluto in questo modo per insipienza, bisognerebbe anche aggiungere che non si conosce la realtà e si capirebbe come l’attuale Governo rappresenti la continuità non l’eccezione non il cambiamento non il rinnovamento che invece si vuole rappresentare populisticamente. Su quest’ultima caratteristica bisognerebbe davvero operare un approfondimento di tipo sociologico, dal momento che credo non sia una novità rappresentata da Salvini e Di Maio, ma sia stata ben preparata dai venti anni precedenti, culminati in quello sciagurato Referendum del 4 dicembre 2016. Ad ogni modo e senza alcun dubbio coloro che verranno di fronte alle macerie dell’incultura – generate, si spera, da una guerra senza morti e feriti, senza prigionieri e torture – dovranno cominciare a recuperare il gusto del bello e del sapere, interrogando prima di tutto se stessi nel profondo, partendo dal dubbio e rinunciando alla certezza assoluta del proprio credo.
In generale questa apatia che ci ha bloccato le menti accompagnata da un pragmatismo ideologico funesto va abbandonata. Bisognerà partire certamente dai valori fondamentali retaggio delle Rivoluzioni culturali dei secoli passati ma con l’obiettivo di analizzare gli errori e procedere per la creazione di una società che sappia partire dalle Culture, abolendo l’Ignoranza.

Joshua Madalon

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