MELANIA PETRIELLO a Prato – Circolo “Matteotti” – venerdì 17 aprile ore 18.00 – MANIPOLATI storie violente di Melania Petriello

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Venerdì 17 alle ore 18.00 parleremo anche di questo Progetto al quale sta lavorando Melania Petriello

MANIPOLATI
storie violente

di Melania Petriello

Reading a più voci
con l’accompagnamento di Luca Aquino alla tromba
3 novembre 2014 – Teatro Eliseo di Roma
Una produzione Alt Academy

Manipolazioni della coscienza e del consenso, violenze urbane palpabili e sanguinamenti familiari, solitudini grevi nella centrifuga dal tempo, sogni e segni corrosi, il peso dell’incuria sulla prepotenza dell’oblio.
I fatti raccontano di un paese ferito e stanco, nelle cui pieghe si dipana il colore delle resistenze.
Dietro le storie, ci sono le donne e gli uomini che ne muovono l’epilogo. Vite abortite o consegnate, rinascimenti privati e silenzi affollati, memorie rapite dalla chiamata al racconto. Identità che appartengono alla storia comune, nelle quale ci sono colpevoli e vinti, carnefici mascherati e morti senza giustizia. Ci sono le città che viviamo e la città che siamo. C’è, anche, il non essere mai del tutto.
Con una sola, forte responsabilità che chiede riscatto: allargare la parentesi del bene.
Certe parole hanno ragione, e quando ci chiediamo che fine fanno le abbiamo già condannate.
Salvarle è provare a salvarsi.

prologo

Ci sono donne e uomini che fanno un mestiere complicato: costruiscono parole.
Assistono ogni giorno al miracolo del foglio bianco che prende a macchiarsi, si contamina, scalpita, grida, dissente, riempie di senso.
Le parole non sono segni ma percorsi: indicano, chiara, la direzione. E detengono il potere assoluto: avere torto o essere nella ragione. Ma è come nella commedia dell’arte: i figuranti prendono a moltiplicarsi, il gioco si fa duro, ha diritto la finzione, perdura il mascheramento, fluttua l’inganno.
Chi dice la verità? Sono i fatti a costruire il torto e la ragione, o le parole a dare ai fatti il beneficio del vero e il fardello della bugia? In un Paese preso, o perso, a rammendare brandelli di necessità sono utili entrambi.
Il dubbio fortifica, la giustizia cementa.
Sono tanti i punti interrogativi che la storia affigge. Come cemento cadono gli interrogativi, ma non restano i punti.
Chi ha ucciso Pasolini il primo novembre del ’75, cosa di fatto si è dissolto a Capaci, quante parole buone c’erano nell’agenda rossa di Borsellino e su quale comodino questa si trovi dal ’92, a chi ha fatto comodo la stagione delle stragi, quale meccanismo si sia innescato nella palestra Diaz di Genova, cosa abbiano ordito le sacche estremiste lente a svuotarsi, chi ha segnato gli 81 morti di Ustica e perché era troppo facile uccidere Mino Pecorelli o Giancarlo Siani, se la massoneria è morta o ha solo completato il disegno, in quanti stiano guadagnando dal crac del 2009.
L’Italia è quel paese nel quel si moltiplicano le commissioni d’inchiesta senza la conseguente moltiplicazione di riposte.
I costruttori di parole hanno la grande responsabilità di scegliere se mettersi a spolverare le storie sospese o ritenere la sospensione una imperdonabile, ma imprescindibile, matrice delle cose.
Non siamo noi ad interrogare il passato, è lui in carne e ossa che, quando ancora insoluto, ritorna su nuove gambe e con occhi nuovi.
Cambia nome e si mimetizza nella modernità.
Più stiamo zitti, più aumenta la sua capacità polmonare.
La radiografia di quello che siamo porta in sé i segni della lotta alla quale siamo sopravvissuti.
Le mafie, come le dittature, hanno più paura delle parole che della bomba atomica o del 41 bis. Perché le parole liberano dalla manipolazioni o stringono al collo come la corda del suicida.
Sono maldestri e a volte ingannano, ingenui o impazienti, ma i costruttori di parole ci servono più del pane. Perché le persone, anche a pancia vuota, possono scegliere da che parte stare.

…continua…

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