Tutti gli articoli di giuseppe

ANNIVERSARI 2017 a MONTEMURLO lunedì 20 novembre ore 21.00 IL PROF. ANGELO d’ORSI A MONTEMURLO con il suo libro “1917 L’ANNO DELLA RIVOLUZIONE” edizione Laterza

Volantino 1917 001

ANNIVERSARI 2017 a MONTEMURLO lunedì 20 novembre ore 21.00 IL PROF. ANGELO d’ORSI A MONTEMURLO con il suo libro “1917 L’ANNO DELLA RIVOLUZIONE” edizione Laterza

L’evento è organizzato dal Comune di Montemurlo che si avvale della collaborazione dell’Associazione Altroteatro Firenze coordinata dal prof. Antonello Nave.
Nelle scorse settimane si sono svolte due iniziative propedeutiche curate dagli stessi soggetti culturali con letture ed immagini. A leggere i brani erano Davide Finizio, Serena Mannucci, Serena Di mauro, Bianca Nesi. La scelta delle immagini era di Chiara Gori.

A preparare e svolgere la serata sarà lo stesso prof. Giuseppe Maddaluno, a nome di Altroteatro insieme all’attrice Giulia Calamai.
Il prof. d’Orsi è già stato gradito ospite di un’iniziativa organizzata a Prato da Altroteatro presso lo Spazio Aut di via Filippino 24 lo scorso 1 giugno. In quell’occasione con un’anteprima pomeridiana alla Feltrinelli di via Garibaldi è stato presentato l’altro importante saggio da lui pubblicato per i tipi della Feltrinelli dedicato alla figura di Antonio Gramsci.

24720

1917 L’Anno della Rivoluzione è un saggio intenso, una sintesi straordinariamente completa dei personaggi e delle vicende che costellano quell’anno che si chiuderà con la Rivoluzione d’Ottobre, con la occupazione del Palazzo d’Inverno e con l’avvio delle trattative di pace tra la Russia e gli Imperi centrali e la pubblicazione delle Tesi sull’Assemblea costituente.
Il saggio si concentra sul tema della Rivoluzione, evento che con la sua imponenza ma anche la sua “apparente” semplicità ha creato non poche speranze, sulle quali ancor oggi di tanto in tanto siamo ad interrogarci.
Il 1917 è senza alcun ombra di dubbio caratterizzato dalla presenza di personaggi come Antonio Gramsci, giovane di 26 anni attivo nella città di Torino dall’ottobre del 1911, da Nicolaj Lenin che ha 47 anni e vive gran parte della sua vita in esilio, e dagli avvenimenti del 4° anno di guerra. In tutto questo quadro si inseriscono altre vicende come la “Rivoluzione russa di marzo”, che da molti è considerata il vero snodo con la caduta dello zarismo, le apparizioni mariane a Fatima, le rivolte popolari diffuse anche ma non solo in Italia, la disfatta di Caporetto e si chiude con quella speranza di pace che si realizzerà soltanto un anno dopo.
Il libro del prof. D’Orsi è diviso in 12 capitoli ciascuno riferito ad un mese di quell’anno preceduti da una breve Premessa e da una Introduzione e conchiusi da una Cronologia, da una Bibliografia e sitografia imponente.
Noi pensiamo di dedicare la nostra introduzione alle due figure che abbiamo segnalato come dominanti: Gramsci e Lenin.

Al primo tra l’altro Angelo d’Orsi ha dedicato la sua vita. Uno dei più forse “Il più” recente dei suoi lavori è stato “Gramsci Una nuova biografia”.

L’ingresso è aperto. La biblioteca si trova in Piazza don Milani – Montemurlo.

Layout 1Gramsci una nuova biografia_

La caricatura di una “Sinistra” per denigrarne il Progetto – parte 2 – un avvio di proposta

La caricatura di una “Sinistra” per denigrarne il Progetto – parte 2 – un avvio di proposta

Parte 2

I denigratori di professione continuano a sottolineare che, senza il PD, non vi sia destino favorevole per chi sceglie una strada di autonomia ed indipendenza. E si danno da fare per augurare, a coloro che intendono segnare la differenza tra una Politica caratterizzata da una forma di neocentrismo che occhieggia alla Destra ed un possibile pieno recupero dei valori fondanti e dei principi della nostra Costituzione, modesti risultati. E descrivono la Sinistra, composita e variegata, come un’armata Brancaleone incapace di andare oltre la testimonianza di quei valori e principi tesa soltanto ad ottenere riconoscimenti poco più che personali dei vari leader, che la guidano.
Beninteso, tale rischio c’è: ma, come sottolineato nelle ultime ore, quel rischio sarebbe molto più alto se ci si integrasse all’interno di un quadro politico nel quale la Sinistra sarebbe compressa e la sua identità (quantunque oggi, come scrivo poi, non basta più affermare principi senza entrare nel vivo delle questioni e “sporcarsi” pragmaticamente le mani senza tuttavia compromettersi indegnamente) venisse praticamente ad essere fagocitata in toto in un ambiente sterile ed asfittico.
Rimarrebbe ovviamente il rischio di non riuscire a rappresentare i bisogni e le fondamentali necessità di una parte del nostro Paese cui gli utlimi Governi hanno riservato un trattamento pietistico di concessioni dall’alto.

Ecco cosa intendo per “caricatura” della Sinistra: una massa litigiosa alla ricerca di identità separate che si unisce senza rinunciare ad affrontare, analizzare ed avviare tentativi di soluzioni con proposte sui problemi più importanti che affliggono la nostra gente.
Questo quadretto ben poco idilliaco è in sintesi ciò che il PD e le Destre sperano che noi, donne ed uomini il cui cuore continua abattere a Sinistra, si sia.
Il rischio, come scrivevo, c’è. Ed alcuni segnali degli ultimi giorni lo hanno mostrato: mi riferisco alla questione Brancaccio, contrassegnata da un certo fastidio emerso in una parte delle Sinistre nei confronti dell’attivismo propositivo di due dei principali protagonisti della campagna referendaria vincente del 4 dicembre 2016, Anna Falcone e Tomaso Montanari. L’assemblea convocata al Brancaccio per il 18 novembre è stata annullata proprio per le difficoltà sorte tra le diverse forze politiche, che hanno irritato i due organizzatori. Ne è sorto un forte dibattito che ha coinvolto la società civile che aveva aderito al Progetto ed alcuni rappresentanti di quella parte della nostra gente si sono autoconvocati in un luogo diverso di Roma per proseguire a trattare quei temi e “andare avanti”!

18-nov

In proporzioni molto più ridotte ma ugualmente significative anche nella nostra realtà si è verificato uno stacco, un tilt nel percorso di quell’Assemblea “aperta” che abbiamo chiamato “Prato a Sinistra”.

18301215_10155285025844231_6459601118038759764_n

Ovviamente il livello nazionale “oggi” ha la precedenza, essendo l’appuntamento elettorale politico molto più vicino di quanto non lo sia quello amministrativo locale e, quindi, bisogna affrontare e risolvere la questione che per brevità ho chiamato “Brancaccio” (e chi legge sa che mi riferisco a quel luogo di Roma, il Teatro Brancaccio, dove nel giugno scorso si sono incontrati rappresentanti delle forze politiche alternative al PD e tantissime cittadine e cittadini intenzionati a partecipare ad un vero e proprio rivoluzionario rinnovamento dei metosi e delle pratiche politiche) se non si vogliono fornire alibi discriminatori alla leadership del Partito Democratico ed a quei gruppi che hanno scelto di aderire all’invito di aggregarsi al suo carro.

Il percorso è impervio (anche per la litigiosità meramente ed a tratti artatamente ideologica) ma affascinante: spetta a noi, a quella parte di cittadine e cittadini desiderosi di poter affermare la propria civicità, il desiderio di giustizia sociale, di restituire dignità al mondo del lavoro, di ricostruire un tessuto “culturale” che riesca ad affrontare le discriminazioni e le paure e soprattutto ridia fiducia e sicurezza.

Occorre puntare (e sì, è il mio chiodo fisso!) sulla funzione della Cultura nel senso ampio del termine: molti dei problemi dei nostri giorni si connettono proprio al progressivo sgretolamento dei processi collegati al mondo della Cultura e della Conoscenza.
Bisognerà lavorare, dunque, per riprendere il cammino che ci consenta di costruire un Progetto di Governo del Territorio che affronti le contraddizioni all’interno delle quali la Sinistra ha vissuto solo rivestita di una propria forza autonoma di testimonianza ed allargare il proprio orizzonte per conquistare una più ampia e solida rappresentanza.
Questa è la sfida dei prossimi giorni!

Joshua Madalon

D’AMORE E D’ALTRO di Daniela Tani – 14 racconti presentazione alla Feltrinelli di Prato

D’AMORE E D’ALTRO di Daniela Tani – 14 racconti presentazione alla Feltrinelli di Prato

E’ molto frequente, chiamati a presentare un libro l’essere banali, ovvi, generici e, oh mio Dio! Ecco per l’appunto che lo sono: nello sforzo di ricerca di superare tutti quei tranelli io ci casco ma temo che ciò sia inevitabile dovendo io parlare di un libro che contiene racconti che non ho scritto.
In effetti, è proprio a partire da questo che vorrei aprire la presentazione, forse ispirato dalla breve dedica in chiusura del libro, il “ringraziamento” a tutti coloro che hanno contribuito con i loro racconti alla genesi dei “nuovi” racconti.
E allora mi sono chiesto anche io, come autore minimo di narrazioni, perché mai uno scrive e così rincorrendo la domanda che si poneva Primo Levi (“L’altrui mestiere”) in modo serio e rigoroso facendo ad essa seguire risposte precise ed articolate sinteticamente esposte in nove possibilità mi inoltro nella piacevole chiacchierata

1) Perché se ne sente l’impulso o il bisogno.
2) Per divertire o divertirsi.
3) Per insegnare qualcosa a qualcuno
4) Per migliorare il mondo.
5) Per far conoscere le proprie idee.
6) Per liberarsi da un’angoscia.
7) Per diventare famosi.
8) Per diventare ricchi.
9) Per abitudine.

Altri scrittori hanno trattato il tema cercando di rispondere alla domanda, ricordo Baricco che non mi intriga molto ma anche Pasolini che amo alla follia. Alla domanda “Che senso ha scrivere?” Pasolini rispose:

“Mah..senso nessuno, mi sembra una cosa completamente priva di senso. Io continuo ad essere scrittore per forza di inerzia, ho cominciato a scrivere poesie a 7 anni e mezzo e non mi sono chiesto perchè lo facessi. Ho continuato a scrivere per tutta l’infanzia e l’adolescenza ed eccomi qui a scrivere ancora. L’unico senso possibile è un senso esistenzialistico cioè l’abitudine ad esprimersi cosi come si ha l’abitudine di mangiare e dormire”.

Svelata la mia passione per Pasolini, posso dirvi a conferma di quanto scritto prima che è da quel “ringraziamento” nell’ultima pagina del libro di Daniela che ricavo la mia interpretazione del senso che ha per lei la scrittura: “la straordinaria curiosità con cui ella guarda il mondo e la vita che vi si svolge e la declina e coniuga con la sua sensibilità”.
Ecco, dunque, la curiosità! Elemento fondamentale della nostra esistenza. E, lo dico a Daniela, non mi rifersisco a quella curiosità “morbosa” cui si accenna nel racconto “Il marito di mia cugina”.
Qualche giorno fa in un contesto molto triste e serio, un funerale di una partigiana ho assistito ad una strana inquietante omelia…….

Personalmente ho sempre chiesto ai miei studenti di essere sempre curiosi e mi appassionano e mi coinvolgono soprattutto coloro che sviluppano e praticano questa curiosità.
Quando mi hanno invitato a presentare il libro e l’autrice me ne ha fatto avere un testo in pdf ero in difficoltà, perché non mi piace leggere nè sui computer nè sui tablet e, pur avendo fatto uno sforzo per le prime pagine, ho atteso il cartaceo.
Andiamo al dunque! Dalla lettura emerge la capacità di Daniela di utilizzare un lessico familiare, piano, tipicamente quotidiano che è in grado di assecondare pienamente le caratteristiche delle figure umane che compongono le storie.
Nel libro vi sono 14 racconti; dal più ampio il titolo che ha di certo un riferimento alle passioni delle diverse protagoniste. E già! Bisogna dire che sono racconti scritti da una donna e tutti – come si dice? – “al femminile”. Anche per questo abbiamo pensato di far leggere alcuni brani da una donna.
L’universo femminile è profondamente diverso da quello maschile e può attirarsi anche delle ironie da parte dei maschi – alle quali ironie ne corrispondono altrettante verso i maschi da parte delle donne – ma è certamente affascinante soprattutto nelle sue caratteristiche profonde di mistero. I personaggi femminili dominano la scena ed ad essere sinceri quelli maschili svolgono ruoli marginali, a volte davvero effimeri e meschini, quasi sempre utilizzabili per le finalità di tipo sessuale, e via! Ecco, una bella rivincita da parte delle donne con questa serie di maschi (alcuni a dire il vero anche veri e propri “surrogati”) “usa e getta” e per chi leggerà questi racconti è un indizio! tranne quella figura straordinaria di Hassan su cui poi ci soffermeremo.
Tra le caratteristiche delle donne ce n’è una che proviene da molto lontano ed oggi si palesa nella bulimia del possesso, in quella che si chiama “mania compulsiva” sia dell’acquisto che del possesso tout court. E’ un’eredità antropologica che alle donne proviene dalla capacità atavica di scegliere, catalogare, elencare, governare il disordine. Ed ovviamente quella di scegliere per comprare. La protagonista del racconto “Gli amici e le cose” che ci consente di inoltrarci anche in quell’aspetto di società multiculturale molto cara a Daniela già da tempo ( i suoi due romanzi precedenti sono infatti “L’ospite cinese” del 2013 e “Kebab per due” del 2015).

daniela-tani-l_ospite-cinese1

kebabperdue_small

270496_copertina_frontcover_icon200

I brani sono letti da Giulia Calamai di ALTROTEATRO FIRENZE

Altroteatro

“GLI AMICI E LE COSE”

*****************************************************

C’è un altro aspetto del mondo moderno che affonda le sue radici nel mistero e nell’archetipico ed è il rapporto con il soprannaturale e la magia, un mondo arcaico dove si svolgono riti antichi che appartengono anche ai miei ricordi di infanzia. In verità sappiamo che ancor oggi queste pratiche vengono espletate e le formule magiche vengono tramandate dalle nonne alle nipoti (e già, sono soprattutto donne quelle che praticano questi riti e soprattuto donne quelle che vi fanno ricorso). In un altro racconto dal titolo promettente e significativo, “Il segreto”, troviamo Zeffira, una praticante di magia alla quale si rivolge la protagonista che narra.

“IL SEGRETO”

*****************************************************

Nel racconto più ampio che dà il titolo alla raccolta di cui leggeremo un brevissimo brano proseguiamo in quell’approfondimento di rapporti con culture e tradizioni diverse dalle nostre cui prima accennavamo. Quella che appare è per l’appunto una società multietnica che si affatica a creare collegamenti al suo interno, scontrandosi con le diversità e con le inevitabili contraddizioni che queste creano anche nei rapporti interpersonali e personali. Come in altri racconti di cui non abbiamo accennato emerge anche in questo la sfera sessuale delle protagoniste in modo sorprendente e prorompente ma sempre come naturale pulsione dell’esistenza umana, senza indulgere in forme di voyerismo peloso.
Protagonisti del racconto sono, oltre alla narratrice, la piccola Nazima e lo zio Mohamed. La lettura ce li presenta appena.

“D’AMORE E D’ALTRO”

*****************************************************

Con il prossimo brano ritorniamo a quella compulsività del possesso che può sfociare in cleptomania altrettanto compulsiva e “naturale”. Il racconto “Mia madre” contiene tuttavia anche altri riferimenti a quegli aspetti retrogradi del maschilismo attraverso la rappresentazione del padre, squallida figura, contornata dalla presenza della madre della protagonista, insignificante e sottomessa. Un modo questo per segnalare ancora una volta la necessità di una formazione che deve partire dal nucleo familiare. Ovviamente noi leggiamo solo una breve parte del racconto, significativa sì ma solo una parte.

“MIA MADRE”

*****************************************************

Avevamo preannunciato che avremmo parlato di Hassan. Abbiamo sottolineato come sia prevalente nei racconti la presenza di personaggi appartenenti a paesi lontani che hanno intrapreso viaggi tra mille ostacoli e pericoli e che oggi sono qui in mezzo a noi, a volte fuori di noi ma anche a noi vicini. Daniela conosce molto bene quella parte del mondo che si è avvicinato a noi. Ne ha analizzato con profonda sensibilità le forme, quelle delle province, delle periferie dell’esistenza: un mondo dolente dove la speranza si scontra poi con la paura ed il dolore. Siamo a concludere: i racconti come è giusto devono consistere in lampi epifanici o straccetti di vita – tranches de vie. Qui, in quest’ultimo racconto la vita incontra il destino drammatico di un popolo migrante.

*****************************************************

“LA LA LA”

J.M.

POVERA ITALIA, MODESTA SVEZIA

POVERA ITALIA, MODESTA SVEZIA

L’esclusione della Nazionale italiana di calcio dal prossimo campionato mondiale 2018 in Russia è semplicemente la certificazione conclusiva di un lungo percorso costellato da successi fortuiti e caratterizzato da un gioco prettamente difensivo che poteva poi sfociare in rapidi contropiedi vincenti. Raramente ho potuto in questi anni assistere a match divertenti ed aperti: quelle rarità si riferiscono a partite nelle quali le squadre avversarie lasciavano spazi aperti senza pressare, squadre tipo il Brasile che giocava e lasciava giocare.
Con la nazionale svedese l’Italia ha trovato una compagine che aveva ben imparato il classico “gioco all’italiana”, dimostrando altresì di possedere qualità fisiche superiori. Niente da recriminare, dunque. La Svezia è stata superiore dal punto di vista tattico e merita di superare il turno.

j.m.

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e cieco di chi non vuol vedere

2487,0,1,0,360,256,443,5,0,38,49,0,0,100,96,2303,2281,2337,1001703
2487,0,1,0,360,256,443,5,0,38,49,0,0,100,96,2303,2281,2337,1001703

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e cieco di chi non vuol vedere

La recente polemica che si è prodotta all’interno della Sinistra e del PD relativamente alle questioni sollevate da un Comunicato di Sinistra Italiana sui “ritardi” contestuali sia della demolizione del vecchio ospedale che del necessario rafforzamento quantitativo e qualitativo delle strutture sanitarie territoriali ha messo a nudo le differenze sostanziali con cui si guarda al futuro. Molto sinteticamente ho rilevato che sui problemi della città si è discusso fin qui molto poco e molto male, quasi sempre in forme di acquiescenza e subalternità al Partito Democratico. E’ il momento di occuparsene in modo più preciso e deciso.
Quel Comunicato è stato letto ed interpretato ad uso e consumo delle convenienze o perlomeno delle acquisizioni dogmatiche ed ideologiche di chi, senza approfondirlo, ha temuto potesse essere un attacco a quelle convinzioni. Ritengo non si possa continuare a privilegiare forme monolitiche di pensiero, dovranno essere affrontate e risolte molte delle contraddizioni che hanno fin qui caratterizzato gruppi della Sinistra poco più che autoreferenziali, se ci si vuole davvero confrontare con tutti. Rilevo poi che i temi dell’Ambiente non possano essere secondari a quelli della Sanità e viceversa; ed un dato di fatto concreto è che mentre quella vecchia struttura campeggia ancora intatta nella sua fatiscenza nulla di più e nulla di meno è stato realizzato per affrontare i disagi di una popolazione cui sono venute a mancare molte delle strutture pubbliche esistenti che non sono state sostituite da nuove, come peraltro era stato solennemente promesso. Pertanto chi si impegna a polemizzare spieghi cosa ha fatto, cosa sta facendo e cosa farà in merito a queste problematiche.

2487,0,1,0,360,256,443,5,0,38,49,0,0,100,96,2303,2281,2337,1001703
2487,0,1,0,360,256,443,5,0,38,49,0,0,100,96,2303,2281,2337,1001703

La caricatura di una “Sinistra” per denigrarne il Progetto – parte 1

unire-la-sinistra1

La caricatura di una “Sinistra” per denigrarne il Progetto parte 1

C’è una parte del popolo italiano che ancora crede che il Partito Democratico possa avere la giusta attenzione verso i problemi, i bisogni e le esigenze della gente meno tutelata (disoccupati, cassintegrati, precari, lavoratori a nero, sfruttati, pensionati, bisognosi di cure, poveri) e promuovere una progettualità che attenui progressivamente le differenze sociali sempre più stridenti.
Sin dal primo momento ho dato credito a questa possibilità nel momento fondativo del PD, ed ho avuto molta fiducia nel fatto che la Politica si rinnovasse nei metodi e nei protagonisti con un ringiovanimento non solo anagrafico; e mi sono impegnato a creare un luogo nel quale il confronto dialettico delle differenze fosse in grado di condurre a soluzioni il più possibile condivise. Questo mio impegno, e non solo il mio, è stato visto da coloro che oggi potrebbero cantar vittoria, ma irresponsabilmente, come un pericolo per il loro concetto di “democratico” che ha ben poco a che vedere con la natura stessa della Democrazia. L’assunzione del potere da parte di Renzi ha riportato in auge gran parte di quella leadership che era stata sconfitta perché rappresentativa di un modo di interpretare la Politica con modalità estranee ai movimenti democratici e molto lontane dalla sensibilità della gente comune, tanto è che si sono desertificati i circoli e molti tra i tesserati del periodo iniziale del PD – la fine del primo decennio e gli inizi del secondo di questo secolo – hanno abbandonato il Partito, a volte sostituiti (ma non sempre) da nuovi iscritti. A questo proposito vi riporto la parte finale di un articolo da “Repubblica” di ieri 12 novembre, un reportage di Paolo Ghiseri. Eccolo:

“Orbassano, periferia sud oves di Torino. La storia la racconta Gino Bianco, 66 anni, operaio alla Fiat a 17, 47 anni di iscrizione al partito. “Ce ne siamo accorti una mattina appena aperto il tesseramento. Normalmente noi abbiamo un’ottantina di iscritti. Hanno cominciato ad arrivare persone malate. Qualcuno addirittura con la bombola dell’ossigeno”. La bombola dell’ossigeno? “Certo. Abbiamo ricostruito dopo che erano i malati curati da un medico di base della zona. Lui li curava e diceva: ‘Se volete darmi una mano andate ad iscrivervi al Pd. Così mi candido in politica’. Sono arrivati in 170 e si sono presi la sezione. Il medico
porta i voti a uno della Famiglia”. La Famiglia? “Io non faccio il nome ma tutti sanno chi sono i signori delle tessere da queste parti. Ho segnalato tutto al partito ma non è successo nulla. Perché io dovrei rimanere? Chi me lo fa fare se la politica è diventata questo? Con altri stiamo ragionando se restare o andarcene”. Dove volete andare? “Qualcuno andrà in Mdp. Ma altri più semplicemente smetteranno di fare politica”.

C’è qualcuno che ancora può credere che chi sente di appartenere alla Sinistra possa aderire al PD o accodarsi – “accucciarsi” alla sua corte – oppure ancora come invita a fare qualcuno ”senza provare vergogna alcuna a pronunciare tale parola” a collaborare (è un termine padronale secondo il quale c’è chi comanda e chi collabora)? E pensa ancora qualcuno che possa valere, per riportare a più miti consigli, il “ricatto” della possibile vittoria delle Destre?
Sono questi ad avere perso il capo; non quelli che, preoccupati della deriva “dem” e della possibile vittoria delle Destre, spingono a trovare un accordo unitario della SINISTRA.

Un nuovo Partito, sì ma su basi programmatiche chiare e nette, poco dogmatiche ed ideologiche e molto più aderenti alla realtà di quella parte della popolazione i cui bisogni e necessità vanno ascoltati e meritano risposte che non siano demagogiche e populistiche, come quelle delle Destre ma purtroppo anche dell’attuale Partito Democratico.

…. fine prima parte….
Joshua Madalon

mensa-500x500_c

“Aprire le orecchie prima di aprire la bocca” un invito da Michele Serra che allargo ad interlocutori occasionali e locali

“Aprire le orecchie prima di aprire la bocca” un invito da Michele Serra che allargo ad interlocutori occasionali e locali

Un interlocutore occasionale su Facebook al culmine di una querelle, una delle solite tra chi sostiene la leadership renziana del sedicente PARTITO DEMOCRATICO e chi ritiene che sia necessaria una ALTERNATIVA di SINISTRA diversa sia dal PD (che ha smarrito completamente la strada a Sinistra) che dalle altre compagini a forma di cespuglietti potati dell’attuale Sinistra, mi ha dedicato “L’AMACA” di Michele Serra del 29 ottobre scorso che qui riporto integralmente

“LIBERALI, fascisti, socialisti, democristiani. Gente che rispetta la Repubblica insieme a gente che la odia. Nazionalisti e secessionisti. Animalisti e cacciatori. Libertini e omofobi. Il partito delle escort insieme a quello ‘della famiglia’. Tutte queste cose è il centrodestra italiano, più altre ancora. Gente che nemmeno si odia, perché per odiarsi bisogna avere qualcosa da spartire o un motivo del contendere. Gente che, semplicemente, si ignora. Ma alle prossime politiche si presenterà unita, senza uno straccio di visione comune del Paese, solamente per spartirsi il potere.

Da un certo punto di vista: che invidia. È una lezione di cinismo, ma anche di realismo. Di nihilismo ideale e inesistenza culturale, ma anche di umiltà, nel senso che nessuno di quei signori, evidentemente, si considera custode di qualche tabernacolo.

E dall’altra parte? Un odio tra le persone che non arretrerebbe nemmeno di fronte a un’emergenza nazionale: se prima muore lui, posso morire felice pure io. Una spocchia ideologica indivisibile, ognuno si tiene la sua. Una mancanza di pudore, e perfino di ipocrisia, che leva il fiato (vedi la vicenda Visco: non potevano sbrogliarsela nelle segrete stanze, pure se ridotte a stanzette?). Vinceranno Berlusconi (!?) e Salvini. Il primo, a sinistra, che oserà lamentarsi, prima di farlo si guardi allo specchio.”

Ovviamente, Serra fa un mestiere che lo costringe a scrivere quotidianamente e non sempre coglie davvero nel segno; o meglio – sono sincero – non sempre ne condivido il pensiero.
Fatto è che oggi 12 novembre 2017 Serra mi fornisce un assist poderoso affrontando il tema del “lavoro” in un modo (“involontariamente?”) critico verso il PD e la sua interpretazione reale (attraverso il “Job’s Act” difeso a spada tratta da Renzi & co.) delle politiche del lavoro.

Dice Serra: “…Tra le barricate in difesa del vecchio assetto super normatizzato, legato a un mondo che non esiste più, e lo sbraco liberista ci sono, nel mezzo, praterie di possibilità. Il lavoro della sinistra sarebbe occupare quelle praterie. Lavorare sul lavoro con caparbietà, laicità, capacità di ascolto, senza che gli opposti estremismi si accusino l’un l’altro di essere servi delle banche oppure mummie della storia. Aprire le orecchie prima di aprire la bocca. Quanti lo fanno, a sinistra?”

Ebbene, Serra mi dà la possibilità di rispondere sia all’interlocutore occasionale che ad altri che in questi giorni vanno disquisendo su questioni locali, in particolar modo collegate alla vecchia struttura dell’Ospedale di Prato ed all’inadeguatezza conclamata del Nuovo.

Il signor A.T., al di là delle forme ideologiche tra Destra e Sinistra si rende conto che le scelte del (Centro)Sinistra non si sono distinte da quelle della Destra? La differenza tra la Sinistra e la Destra dovrebbe perlomeno essere all’incirca quella tra la difesa degli interessi e dei bisogni dei ceti sempre più impoveriti ed emarginati e la difesa dei grandi interessi imprenditoriali e plutocratici. Il Partito Democratico ha difeso i primi? La crescita di cui si vanta costantemente sia il Governo che il PD ha prodotto effetti positivi per quella parte di popolazione – la maggioranza – che ha bisogno di recuperare potere (anche se in minima parte) d’acquisto e di ridurre il divario sociale?

Ai miei interlocutori locali faccio notare che la polemica indotta dall’intervento di Andrea Martinelli ha solide basi di ascolto anche se appare espressa in “time out”. Ed è così che mi sento semplicemente di offrire un suggerimento a chi ha contrapposto a quell’intervento (da “Campo Progressista” a qualche altro esponente della Sinistra, come il Consigliere Regionale Nicola Ciolini) un’improvvisazione complessiva che non è capace di approfondire le ragioni concrete che stanno alla base dell’intervento, che pochissimo hanno a che vedere con la questione del defintivo “smantellamento della vecchia struttura” e del futuro “Parco” e moltissimo hanno invece a spartire con l’inadeguatezza delle strutture ospedaliere in assenza perdurante di “strutture sanitarie intermedie”, di “strutture per il primo soccorso” (una sola Guardia medica per l’intero territorio a fronte di ben altre situazioni in piccoli Comuni a pochi chilometri da Prato) e con la chiusura di un Distretto come quello di san Paolo cui si contrappone soltanto la promessa di una “prima pietra” del “nuovo” nel prossimo anno ma senza la certezza di quando verrà invece posta “l’ultima pietra”.

Bene quel che dice Serra che pongo a chiusura del mio post: . “Aprire le orecchie prima di aprire la bocca.” Ecco! Aprirle – aggiungo io – ascoltando la gente. La Sinistra che verrà deve saperlo fare!

APPUNTI PER UNA SINISTRA che abbia caratteristiche chiare non dogmatica ma pragmatica – INTORNO ALLA POLEMICA sull’ Ospedale di Prato tra il vecchio e il nuovo

APPUNTI PER UNA SINISTRA che abbia caratteristiche chiare non dogmatica ma pragmatica – INTORNO ALLA POLEMICA sull’ Ospedale di Prato tra il vecchio e il nuovo

Nuovo ospedale

“Mentre scrivo e pubblico so che è in atto un chiarimento tra SI, MdP e Possibile, anche se il Comunicato che c’è in calce e che è stato prodotto ormai da quasi 48 ore – ed intorno al quale è stata imbastita una polemica strumentale (non si capisce ciò che non si vuol capire, o peggio: non si è in grado di capire!) – era molto chiaro!” (J.M.)

Non sempre quel che si scrive può essere condiviso tra interlocutori che posseggono solide e simili posizioni di partenza ma a volte si corre il rischio di fare come i capponi di Renzo (non “Renzi” si badi bene), che nella sorte cattiva (le difficoltà) non esitano a becchettarsi. Qualcuno poi lo fa strumentalmente e semplicemente in profonda mafede, senza sforzarsi di capire; altri invece lo fanno in carenza di approfondimenti che riescano a superare le antiche contraddizioni legate ad un approccio molto ideologico e scarsamente pragmatico ed in assenza di un confronto sui temi trattati finiscono per far immaginare una insanabile spaccatura nella Sinistra a Prato. Sarebbe opportuno evitare la pratica del “pensiero unico” di testimonianza ideologica e procedere verso un pensiero capace di essere rappresentativo dei problemi contingenti più urgenti e reali.
Il tema è quello della demolizione del vecchio Ospedale e della insufficienza del nuovo.
Va precisato che l’inaugurazione della nuova struttura è avvenuta il 21 settembre del 2013 e solo ai primi di ottobre di quell’anno vi è stato il trasferimento dei degenti nella nuova struttura mentre la vecchia è stata totalemente abbandonata. Va ricordato che si era nell’ultimo anno dei cinque amministrativi della Giunta di Centrodestra, sostituita dall’attuale giunta Biffoni di Centrosinistra.
Contemporaneamente è stato chiuso del tutto il Distretto Sanitario della popolosa frazione di San Paolo, che è stata praticamente anche dal punto di vista politico lasciata sola a battersi perché fosse ricollocato in quel territorio una nuova struttura di Distretto Sanitario che corrisponda ai bisogni sempre più urgenti, soprattutto e non solo a causa della inadeguatezza del nuovo Ospedale quanto a posti letto in assenza di tante delle promesse avanzate dalle istituzioni pubbliche (case della salute, punti di primo soccorso e strutture per le cure intermedie).
Una politica accorta e capace anche di prevedere le difficoltà “sulla pelle della gente più debole” avrebbe di sicuro fatto meglio a mantenere in piedi una parte della vecchia struttura per far fronte ad una parte delle necessità, in attesa che le “promesse” potessero essere realizzate, piuttosto che inoltrarsi in discussioni accademiche sui destini dell’area liberata sulla quale eventualmente insediare un parco che soddisfi le giuste attese degli ecologisti ma non prenda in considerazione le esigenze di una popolazione sempre più vecchia e bisognosa di cure.
Non tocca davvero a me, che sono un “single” politicamente assumere la difesa pedagogica ed interpretativa del comunicato di Andrea Martinelli di Sinistra Italiana, ma ne colgo in tale direzione il senso e lo condivido, sottolineando che non avverto per niente di essere in contrapposizione con quanti difendono l’idea che in quel luogo, quando sarà possibile – speriamo anche molto presto – possa sorgere un parco a poco più che zero cemento.
Qui di seguito riporto il Comunicato di SI così come lo rcavo dall’articolo de “Il Tirreno”:

“La demolizione del vecchio ospedale non può che lasciarci l’amaro in bocca. Non tanto per “l’inevitabilità” del fatto, in virtù delle carenze strutturali e dei rischi di salute e sicurezza, ma perché a quella demolizione non corrisponde un’adeguata pianificazione del territorio. L’ospedale nuovo, organizzato per intensità di cura, articola i propri servizi su 540 posti letto. Il vecchio ne poteva contare fino a 100 in più. Noi pensiamo che la trasformazione del tessuto demografico, sociale ed epidemiologico non debba trovare risposte nell’allargamento del numero dei posti letto ma debba rilanciare un’idea di salute territoriale che abbia nella diffusione delle case della salute, dei punti di primo soccorso e delle strutture per le cure intermedie la risposta ai bisogni di prevenzione e di salute. L’abbattimento del vecchio ospedale e la contestuale riduzione dei posti letto, in costanza di una crescita della popolazione, senza un rafforzamento delle strutture territoriali appare come uno schiaffo alla miseria, per i costi della demolizione, e un altro, ben assestato, alla sanità pubblica”.

J.M.

2487,0,1,0,360,256,443,5,0,38,49,0,0,100,96,2303,2281,2337,1001703
2487,0,1,0,360,256,443,5,0,38,49,0,0,100,96,2303,2281,2337,1001703

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione”. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 13 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione”. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 13 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

blobid1495638350947-3fbfac04277adc0552aa6b31b5a2f514

DECRETO SULLA PACE

In questi giorni 100 anni fa si andava compiendo quell’atto complesso che viene ricordato come “la Rivoluzione d’Ottobre”. In Russia era il 26 ottobre secondo il calendario allora in uso. Da noi, come potete immaginare era l’ 8 novembre, era un giovedì.

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

Relazione sulla pace

26 ottobre (8 novembre)
Pubblicato su Izvestia del CEC, n 208, 27 ottobre 1917
e Pravda, n. 171, 10 novembre (28 ottobre) 1917.

La questione della pace è la questione urgente, la questione nevralgica dei nostri giorni. Se ne è molto parlato, scritto, e voi tutti, certamente, l’avete non poco discussa. Permettetemi perciò di passare alla lettura della dichiarazione che dovrà pubblicare il governo da voi eletto.

Decreto sulla pace

Il governo operaio e contadino, creato dalla rivoluzione il 24-25 ottobre e forte dell’appoggio dei soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, propone a tutti i popoli belligeranti e ai loro governi l’immediato inizio di trattative per una pace giusta e democratica.

Il governo considera come pace giusta e democratica, alla quale aspira la schiacciante maggioranza degli operai e delle classi lavoratrici di tutti i paesi belligeranti, sfinite, estenuate e martoriate dalla guerra, la pace che gli operai e i contadini russi esigevano nel modo più deciso e tenace dopo l’abbattimento della monarchia zarista, una pace immediata senza annessioni (cioè senza la conquista di terre straniere, senza l’annessione forzata di altri popoli) e senza indennità. Questa è la pace che il governo della Russia propone a tutti i popoli belligeranti di concludere immediatamente, dichiarandosi pronto a compiere senza il minimo indugio, subito, tutti i passi decisivi fino a quando tutte le proposte di pace verranno definitivamente ratificate dalle conferenze, investite di pieni poteri, dei rappresentanti del popolo di tutti i paesi e di tutte le nazioni.

Per annessione o conquista di terre straniere, il governo intende – conformemente alla concezione giuridica della democrazia in generale e delle classi lavoratrici in particolare – qualsiasi annessione di un popolo piccolo o debole ad uno Stato grande o potente senza che quel popolo ne abbia espresso chiaramente, nettamente e volontariamente il consenso e il desiderio, indipendentemente dal momento in cui quest’annessione forzata è stata compiuta, indipendentemente anche dal grado di progresso o di arretratezza della nazione annessa forzatamente o forzatamente tenuta entro i confini di quello Stato e, infine, indipendentemente dal fatto che questa nazione risieda in Europa o nei lontani paesi transoceanici.

Se una nazione qualunque è mantenuta con la violenza entro i confini di un dato Stato, se, nonostante il suo espresso desiderio, – poco importa se espresso nella stampa, nelle assemblee popolari, nelle decisioni dei partiti o attraverso sommosse e insurrezioni contro il giogo straniero – non le viene conferito il diritto di votare liberamente, dopo la completa evacuazione delle truppe della nazione dominante o, in generale, di ogni altra nazione più potente, e di scegliere, senza la minima costrizione, il suo tipo di ordinamento statale, la sua incorporazione è un’annessione, cioè una conquista e una violenza.

Il governo ritiene che continuare questa guerra per decidere come le nazioni potenti e ricche devono spartirsi le nazioni deboli da esse conquistate sia il più grande delitto contro l’umanità e proclama solennemente la sua decisione di firmare subito le condizioni di una pace che metta fine a questa guerra in conformità delle condizioni sopraindicate, parimenti giuste per tutti i popoli senza eccezione.

Nello stesso tempo il governo dichiara di non dare affatto il carattere di un ultimatum alle condizioni di pace sopra indicate, di consentire cioè ad esaminare tutte le altre condizioni di pace, insistendo soltanto perché esse siano presentate il più rapidamente possibile da un qualsiasi paese belligerante, con la più completa chiarezza e con l’assoluta esclusione di ogni ambiguità e di ogni segretezza…….

CONTINUA…..

APPUNTI PER UNA NUOVA SINISTRA NEL PAESE e sui territori: DALLA “NON VITTORIA” ALLA ” NON SCONFITTA

APPUNTI PER UNA NUOVA SINISTRA NEL PAESE e sui territori: DALLA “NON VITTORIA” ALLA ” NON SCONFITTA

Ve la ricordate la “non vittoria” di Bersani alle politiche del 24 e 25 febbraio del 2013? Furono giorni di intenso freddo climaticamente parlando e lasciarono una striscia velenosa con le difficoltà a gestire quella “vittoria”. Poi vennero Letta, Renzi e compagnia bella e si parlò di “rinascita” con il 40 % per cento e poco più alle Europee, dovuto essenzialmente non alla bravura ed alla proposta del PD e di Renzi ma alla paura ed all’incertezza di fronte ai rampanti pentastellati, autori di una campagna elettorale suicida.
Ve la ricordate l’affluenza alle Regionali Emilia-Romagna del novembre 2014? e si parla di una Regione del Nord dove il senso civico è sempre stato radicato. A quelle elezioni partecipò il 37% dell’elettorato, a fronte del 70% che aveva affollato i seggi nel maggio per le Europee. Un trend rapidamente in declino, che fu considerato con un’alzata di spalle da parte del bullo di Rignano, il quale per l’appunto disse che “non importava quanti fossero andati a votare, ma come avevano votato!” Eppure il PD aveva perso in pochi mesi quasi 700.000 voti.
Ora si sta discutendo paradossalmente di “una non sconfitta”. Si badi bene, qualcosa è accaduto nel PD in questi ultimi tre anni e le sconfitte non sono mancate; e questa può a conti fatti e guardando alla Sicilia e solo alla Sicilia essere interpretata come “una non sconfitta”, perché tutto sommato il Partito Democratico ha tenuto i suoi voti: nel 2012 aveva raggiunto il 13.42% con 257.274 voti e domenica scorsa ha ottenuto il 13% perdendo solo 259 voti.
Il problema dunque non è certamente il PD siciliano, ma quello nazionale che non si è impegnato nel corso di questi cinque anni a costruire una classe dirigente che fosse all’altezza di essere capace di sostituire Crocetta, sul quale non vi è mai stato molto consenso da parte delle leadership, quasi certamente perché in grado di svolgere in autonomia un ruolo poltico nè più mè meno di qunto non lo avesse fatto a Roma Ignazio Marino, giubilato per questioni di poco conto dalle quali accuse è peraltro stato pienamente assolto. A Roma ovviamente il PD a partire da Renzi ed Orfini farebbe meglio a spargersi il capo di cenere senza stare tanto a criticare la giunta Raggi, al netto delle castronerie che commette, e riconoscesse di avere fatto una grande cappellata e, soprattutto, evitasse di rifarne di ben più gravi.
Ma lo si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio e Renzi con i suoi accoliti prosegue a non voler capire (non fa finta: non ci arriva!) che con quel suo carattere ha già distrutto il giocattolo e gli elettori non gli permetteranno (lo hanno dimostrato con il referendum del dicembre scorso) di distruggere anche il Paese, che sia lui o altri come lui il prossimo candidato. Oramai il Partito Democratico si è contaminato irrimediabilmente e molti pur riconoscendolo non se ne staccano perché si illudono di poterlo riportare in auge.
Ecco perché è indispensabile lavorare sodo per costruire una vera e chiara Alternativa di SINISTRA sia nel Paese che sui nostri territori.

Joshua Madalon

2004-07 (lug)