VIAGGIATORI – una serie di racconti – Mimmo e Roberta – seconda ed ultima parte

Patetico tramonto 2

la seconda ed ultima parte

Mimmo e Roberta non possedevano alcun apparecchio televisivo in casa; avevano fatto una scelta così alternativa per mantenere intatto il bisogno di dialogare e di utilizzare il silenzio della loro abitazione, del loro nido. Possedevano una vasta biblioteca accumulata in modo separato quando ancora non si conoscevano e congiunto, poi, da quando vivevano insieme. Era una biblioteca speciale quasi esclusivamente settoriale, arricchita anche dai numerosi depliant e dalle cartine topografiche, tutta orientata al turismo. Avevano visitato tutto quello che c’era da visitare ma non disdegnavano ora di ritornare negli stessi luoghi per verificarne lo stato e per approfittare di qualche “mostra”, di qualche evento fieristico. Erano stanchi quella sera e, prima di sedersi sul comodo ampio lettone illuminato in modo soffuso da due abat-jour, entrambi avevano scelto alcune brochure e qualche volume su mete possibili per il giorno dopo. Amavano fare così; prima di andare leggevano, discutevano, programmavano, sognavano. Erano dei “viaggiatori” sognatori. Possiamo dirlo? In questo caso, in quel fine settimana avrebbero avuto a disposizione solo il sabato; la domenica erano stati invitati dai genitori di lei che abitavano sulle colline pistoiesi e non era mai facile – ed utile (la suocera, secondo Mimmo, cucinava da Dio, ma non sempre si sentiva di dirlo a Roberta, timoroso di poterla inutilmente offendere: anche Roberta era brava) – rinunciare. E, poi, le previsioni non erano buone per domenica e non era così faticoso il pensiero di rimanere in casa, semmai per Mimmo a seguire il campionato di calcio con il suocero su Sky e per Roberta parlare con la sua mamma sempre prodiga di consigli. Sul letto c’erano cartine di ogni Provincia della Toscana, dell’Umbria, della Liguria e dell’Emilia e libri che trattavano di varie località, dalla Lunigiana al Pratomagno, dall’Alta Tuscia al Mugello, dal Casentino al Valdarno: mancavano solo le Isole perché avevano escluso di potersi imbarcare visto il tempo così breve a loro disposizione. Roberta propose di sospendere la ricognizione quando si accorse che erano passate le undici e le palpebre si avviavano ad essere pesanti. Lasciarono che i libri e le cartine facessero da muraglia fra di loro e si addormentarono sognando il da farsi per il mattino dopo. Quando Mimmo aprì gli occhi erano già quasi le otto e sentì venire dalla cucina un odorino misto di caffè e di fritture: Roberta era sveglia da un po’ ed, oltre ad alcuni caffè per sé, aveva messo in forno per la loro uscita una bellissima soda frittata di spaghetti. Aveva già riempito la lavastoviglie in attesa delle ultime tazzine da caffè e poco altro e, prima di fare colazione, preparato anche dei panini con formaggio, bresaola con fettine di limone ed una borsa con tanta tanta frutta, ché a Mimmo non la poteva negare per quanto ne era ghiotto. E subito dopo la colazione ed il riordino cui Mimmo cooperò, rientrarono in camera da letto, raccattarono tutti i depliant, le brochure ed i libri turistici, li riordinarono in un carrello della spesa, rassettarono la camera arieggiandola brevemente, presero tutto l’occorrente per il pranzo e la merenda, presero anche il carrello della spesa, chiusero porta scesero nei garage, saltarono sul camper e, dopo aver sistemato il tutto Mimmo si pose alla guida Roberta accanto a lui e prima di avviare il motore aprirono il carrello della spesa e ripresero la riesanima della possibile destinazione della giornata. La discussione assunse toni paradossali, intervallata dal consumo di una parte delle provviste; se Mimmo proponeva di andare verso il Mugello e visitare Vicchio giottesca e Barbiana di don Lorenzo Roberta controbatteva proponendo con discrezione condita da innumerevoli particolari una visita a Vallombrosa; se Roberta avanzava un’ipotesi su Certaldo e san Gimignano Mimmo controbatteva con una bella visita all’Abbazia di Calci, dove peraltro c’era un Museo Paleontologico di notevole rilevanza scientifica; e così se Mimmo proponeva di fare una puntata in Lunigiana ed a Pontremoli Roberta rilevava che non sarebbe stato male visitare le Navi romane agli Arsenali medicei di Pisa con una sosta per il pranzo alla tenuta di San Rossore… Ogni proposta era dettagliata da commenti e letture. Le ore passarono, le discussioni erano stranamente pacate come se entrambi si accontentassero sì di viaggiare ma di farlo in maniera esclusiva… con la mente. E con le ore anche le provviste finirono; si fece sera ed i due se ne accorsero perché nel garage rientrarono i loro vicini di casa che erano stati all’Abetone e, vedendoli dentro al camper insieme, dividendosi la battuta: “Anche voi siete appena rientrati?” – dissero – “Dove siete stati di bello?”.

PASSIONE VIGOTRUFFAUT pillole – MICHEL SIMON – Pozzuoli presso Lux in Fabula 21 ottobre ore 18.00; Prato presso Liceo Cicognini via Baldanzi 30 ottobre ore 15.00

Michel Simon

Vigo

Michel Simon interpreta, ne “L’Atalante” di Jean Vigo, il personaggio di Pére Jules
Attore di teatro e poi di cinema dalla grande estrosità nell’interpretare ruoli comici, grotteschi ed anche ricchi di mistero e di ambiguità era nato a Ginevra nel 1895. La sua fisionomia da giovane-vecchio gli consentiva di interpretare ruoli diversi non rapportabili alla sua vera età anagrafica. Anche ne “L’Atalante” l’ ambiguità del personaggio risalta alla grande: come dice Truffaut, egli “…è allo stesso tempo un rozzo pilota di chiatte e un raffinato collezionista…Se hanno affidato a Michel Simon questi inquietanti doppi ruoli che in Francia lui soltanto poteva interpretare, è perché ci si è accorti inconsciamente che incarna allo stesso tempo la vita e il segreto della vita, l’uomo che noi sembriamo e quello che siamo veramente. Quando Michel Simon recita, penetriamo nel cuore del cuore umano.”
(F. Truffaut – febbraio 1968 “Il piacere degli occhi” pagg.223-224)

VIAGGIATORI – una serie di racconti – Mimmo e Roberta (prima parte)

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Il diario

Vi presento una serie di racconti dedicati ai “viaggiatori” (è un omaggio ad Angela Schiavone ed alla sua Associazione “Il Diario del viaggiatore”) Questo è “Mimmo e Roberta” prima parte

La settimana era stata dura; il lavoro per fortuna in quel periodo non mancava e Mimmo aveva anche dovuto fare degli straordinari: occorreva proprio in quel fine settimana provvedere alla spedizione di una commessa in Germania ed anche quel venerdì stava ritornando a casa stanco morto. Roberta lo sapeva: Mimmo l’aveva chiamata per avvertirla del ritardo, e lei c’era abituata. Roberta faceva la cuoca in una Scuola Elementare privata ed i suoi orari erano abbastanza regolari. Aveva imparato a cucinare per i bambini ed era molto apprezzata, tanto che ne aveva fatto un segno distintivo della “scuolina” e qualche famiglia attraverso il tam tam dei genitori iscriveva i suoi figli proprio a quella scuola per la fama di Roberta “cuciniera”. Quella sera aveva preparato un minestrone abbondante di verdure (lo preparava tagliuzzando in pezzettini minuti tantissime verdure: patate, cipolle, carote, sedano, porri, pomodori con l’aggiunta di piselli e fagioli e ci aggiungeva qualche pezzo di prosciutto per insaporirlo) ed uno stufato al vin santo che era venuto la fine del mondo. Mimmo era arrivato e, dopo essersi accertato che tutto – per Roberta – fosse andato bene in quel fine settimana si era introdotto nel vano doccia e vi era rimasto un buon quarto d’ora. Non avevano figli: erano sposati da cinque anni e, con tutto l’impegno possibile, non erano venuti. Era una coppia felice, però; e non si erano fatti mai mancare nulla, grazie anche al lavoro che non era mai scemato e ad una forma di ottimismo che li accompagnava sin da quando si erano incontrati, d’estate, in uno dei campeggi della costa tirrenica.
“Che profumino, Roberta!” le aveva detto, entrando in cucina “sei sempre al top” e le aveva cinto il fianco, abbracciandola e sfiorandole il collo con un bacino mentre accudiva agli ultimi ritocchi gastronomici aggiungendo un leggero spruzzo di vin santo allo stufato e mantenendolo in caldo a fiamma bassa, e già sulla tavola la zuppiera fumava per il caldo minestrone. A Roberta i bacini sul collo la facevano letteralmente impazzire. Abbandonò il mestolo, si girò e baciò con passione Mimmo “Ora però dobbiamo cenare. Non hai appetito? Beh, sembra proprio di sì. No? Vivresti di aria e di baci, tu. Ma dobbiamo anche nutrirci.” Ed a malincuore, ma l’appetito per l’appunto c’era, per il resto ci si poteva pensare dopo, i due si misero a tavola. Lasciamoli là a cibarsi come due piccioncini innamorati e discutere del loro lavoro e delle prospettive per le settimane future.
Mimmo era stato da sempre – e lo era potenzialmente (il lavoro non glielo consentiva agli stessi ritmi di quando era giovane, intendo “single”) ancora – un frequentatore di campeggi ed insieme a Roberta aveva acquistato un camper con il quale di tanto in tanto si spostavano per visitare qualche città d’arte (in Toscana non mancavano) o qualche località di montagna o di mare (ed anche quelle non mancavano affatto).

EPIFANIE – 6

Stagione

EPIFANIE 6

Non penso sia facile spiegare quali siano le motivazioni che mi hanno sollecitato in vari momenti della mia vita ad intraprendere strade di conoscenza diverse da quella “familiare”. Non sono né un moralista a senso inverso né un inguaribile dongiovanni e nemmeno, né nell’apparenza né tanto più nella sostanza, potrebbe celarsi in me una macchina da sesso, tanto per dirla con chiarezza. I messaggi, sinceri, non accennavano mai a particolari prestazioni né ne richiedevo. Ed infatti tutte le storie che ho vissuto sono partite da basi culturali e sulle basi culturali sono durate e su di esse sono terminate senza mai creare scompigli; forse a dire il vero qualcuna di queste storie potrebbe essere in modo davvero atipico ancora in piedi. Suggerirei a tal punto alla mia recente amica psicoterapeuta di attivare (tutto a suo vantaggio) uno studio su di me, considerando anche solo queste riflessioni oggetto di indagine psicologica con tratti di psicanalisi spinta. Accennavo ad una raccolta poetica; credo proprio di poter indurre chi legge in errore: non ho mai approfittato del mio ruolo e le “storie” sono nate quasi al di fuori, appena al di fuori del perimetro organizzativo. La prima di cui ricordo è relativa ad una giovane ragazza, collega di lavoro, di cui scopro alcuni versi su di un foglio volante (un manoscritto si sarebbe detto un tempo; ora non più in uso, anche se io stesso conservo molti appunti con gelosia maniacale, data la mia scarsa rilevanza “letteraria”); avverto profonda curiosità umana e prolungo le frequentazioni anche al di là dell’ambito lavorativo con delle fasi ricche di motivazioni. Di lei conservo ricordi lirici indimenticabili con un addio costruito con parole che da sole hanno rilevanza poetica. Conservo, per l’appunto, tutto nella memoria. Altra vicenda più complessa, più duratura, mi collega ad una figura ambigua per la quale continuo ad avere un affetto sostanzialmente quasi paterno. Mi viene da ripeterlo: l’uomo che ama non può essere accomunato all’uomo che ama ed odia allo stesso tempo; non ci può essere comunanza fra l’uomo che ama e l’uomo che, ritenendosi figura prevalente, tende a sopraffare fisicamente ed intellettualmente la donna. Ho ancora l’idea che occorra superare gli istinti e far operare i sentimenti; e questa idea che non mi ha mai fatto sentire uguale ad altri che sopravvalutano anche le loro fantasie la coltivo ancor più in questa età matura. Dunque, tutto quello che è accaduto che avrei anche potuto non narrare è semplicemente collegato ad una volontà di conoscenza e di approfondimento della conoscenza; e la prevalenza femminile in tutto questo mio modo di essere è il solo elemento, forse, istintivo che mi sospinge. Scopro mondi inesplorati, estremamente e straordinariamente fecondi anche se a volte territorialmente lontani; ho poche amicizie maschili ed a volte, fra queste ultime, preferisco persone che abbiano dentro di sé la doppia essenza. Cerco di continuo di comprendere l’animo umano; ne ho bisogno anche se a volte ho rischiato ( e rischio tuttora ) di non essere compreso. Ciascuna di queste “storie” e forse di quelle che verranno mi ha aperto varchi di conoscenza che non avrei potuto acquisire personalmente; in molti libri troviamo le “storie” di altri personaggi e le possiamo trasportare su noi lettori; ma è tutta un’altra cosa.

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PASSIONE VIGOTRUFFAUT – pillole DITA PARLO

Dita Parlo

DITA PARLO

Passione VigoTruffaut – Pillole
La Juliette de “L’Atalante” di Jean Vigo “era un prodotto dell’ultimo periodo del cinema muto in Germania. In particolare aveva avuto un grosso successo nel 1928, in un film di Joe May, Heimkehr (Il canto del prigioniero), dove aveva come partner Lars Hanson e Gustav Frolich. In Francia, fino ad allora, aveva avuto scarse occasioni….” (da P.E. Sales Gomes “JEAN VIGO Vita e opere del grande regista anarchico – Universale Economica Feltrinelli 1979 pag.157). Dita Parlo va ricordata soprattutto per l’interpretazione della Juliette di Vigo e dell’Elsa, protagonista femminile de “La grande illusione” di Jean Renoir. Juliette è una ragazza che non accetta i limiti di una vita matrimoniale in un ambiente così costrittivo come quello di una chiatta che naviga in su ed in giù per i canali francesi e si lascia affascinare dall’esterno (la Ville Lumiere, lo straripante suonatore ambulante) in una sorta di messa alla prova del suo “amore” per Jean. Indimenticabile questa interpretazione che da sola ha contrassegnato la carriera artistica di DITA PARLO.

reloaded VOCI FUORI DAL CORO

Ripropongo questo articolo

Libertà e Giustizia

VOCI FUORI DAL CORO
Da qualche mese non riesco a condividere più la linea ufficiale del Partito Democratico, che ho contribuito “in primo (non primissimo, ma comunque primo) piano” a far nascere, concependone la necessità già molto prima che altri la prendessero in considerazione. Orgoglioso e presuntuoso, sì; sono tale e sfido coloro che ne avvertissero per strumentalità la necessità di muovere questi addebiti come accuse ed elementi negativi a farsi avanti. Nondimeno, pur non condividendo tale linea, non rinuncio ad una battaglia “legale”, ma senza impegnare terze persone, perché venga riconosciuto il diritto a coloro che “fecero il PD” di sostenere le loro posizioni liberamente senza rinunciare all’appartenenza. Avverto che ciò, anche se nell’indifferenza “offensiva” di ipocriti gruppi dirigenti, in una situazione che spinge la leadership a limitare la libertà di espressione di alcuni parlamentari (il caso Mineo è evidenza logica e razionale = se non fai quel che ti si chiede sei fuori), non è affatto facile; ma questo aspetto non mi spaventa. Piuttosto, soccorso dalla Storia, quella più e quella meno recente mi avvio a delle riflessioni che, come intravedo da alcune letture recenti, non sono vaghe peregrine e meramente personali. Abbiamo sentito il leader del PD tuonare contro i disfattisti e farsi forte di una volontà popolare che è trasversale ed a-politica semplicemente riferendosi senza menzionarli a sondaggi che tendono ad accontentare il popolo indistinto ed inferocito a causa dei demeriti di una classe politica non estranea né a Renzi né a tantissimi di quelli che si dichiarano suoi sostenitori. Quel popolo a cui si intende dare ascolto è lo stesso popolo che dovrebbe ribellarsi (in effetti lo farebbe pure se non avesse perduto la fiducia nell’essere ascoltato nelle richieste sacrosante di far ripartire l’economia e far riavviare il mercato del lavoro) ma non lo fa perché non sa più nemmeno organizzarsi e non riesce più – anche per un deficit di cultura – a rappresentare le sue istanze se non in maniera individuale come elemento di sondaggio. Questo sfilacciamento consente ad una classe di potere furba ed avida che si picca di rappresentare il “rinnovamento” nelle forme e nella sostanza (ma né quelle – homines novi e giovani vecchi nei metodi – né questa – la furia selvaggia in un accelerato iter di “riforme” che mortificano la nostra Storia repubblicana – affermano o preludono ad un cambiamento davvero rivoluzionario) di appropriarsi (o riappropriarsi) delle leve del comando senza averne il “merito” ma semplicemente con un’azione scorretta di pirateria politica (le Primarie dello scorso anno). E così, andando avanti, continuando ad umiliare l’intelligenza e la cultura si rende sempre meno importante la partecipazione dal basso e si “valorizzano” (!) i piani intermedi e quelli alti del Potere. A casa mia tutto questo – sia chiaro – ha ben poco a che vedere con la Democrazia.
Parlavo di “disfattismo” e sono andato a rileggere un intervento di Adriano Prosperi su “Repubblica” del 15 giugno 2009. Il prof. Prosperi parlava di Mussolini e Berlusconi ma le sue riflessioni appaiono quanto mai attuali. L’articolo ha per titolo “Il fantasma necessario del disfattismo” e vi si legge:
“Il filo dell’ attacco al disfattismo non si interruppe qui. Fu il leit motiv della propaganda del regime. Se rievochiamo queste vecchie cose non è per tornare sulla questione generale se quello che si presentò anni fa come il «nuovo che avanza» sia in realtà qualcosa di molto vecchio, se il berlusconismo sia classificabile come fascismo. Quello che si presenta è una nuova declinazione di qualcosa che appartiene alle viscere profonde della storia italiana, alle magagne della nostra società, alle questioni non risolte nel rapporto tra gli italiani e il passato del paese. E’ il linguaggio del leader a svelare che il regime che giorno dopo giorno avanza nel nostro paese tende a riproporre qualcosa che l’ Italia ha già conosciuto. Il disfattismo fu per il regime fascista un fantasma necessario, continuamente evocato, il responsabile a cui imputare le difficoltà e gli insuccessi.”

Anche Libertà e Giustizia nell’aprile scorso ha elaborato una riflessione cruda ma drammatica del “cul de sac” in cui si è andato ad infilare la Sinistra con la sua incapacità di esprimere una via d’uscita negli anni passati. Ci si è felicemente crogiolati nei solipsismi intellettuali senza comprendere che si attraversava un periodo di “guerra-nonguerra” nel quale bisognava fare fronte comune senza storcere la bocca ma anche senza doversi necessariamente turare il naso.

E Salvatore Settis sempre nell’aprile di quest’anno elabora una riflessione sui rischi che con il Governo Renzi ad essere “rottamata” sia la nostra “Democrazia”:

“… occorre fermare la «svolta autoritaria» del governo, perché il progetto di riforma costituzionale tanto voluto dal premier è «affrettato, disordinato e assolutamente eccessivo». Tanto per cominciare, «non si può accettare che a incidere così profondamente sulla Carta sia un Parlamento di nominati e non di eletti, con un presidente del Consiglio nominato e non eletto»….Il guaio è che il male viene da lontano: si tratta di «decisioni prese in stanze segrete», che «non ci sono mai state spiegate», perché sono i diktat del neoliberismo che vorrebbe sbaraccare lo Stato democratico, visto come ostacolo al grande business…”
Continua il prof. Settis: “ Solo che finché si adeguano Berlusconi e Monti mi stupisco ben poco. Ma che ceda il Pd, che dovrebbe rappresentare la sinistra italiana, è incredibile. E porterà a un’ulteriore degrado del partito, e dunque a una nuova emorragia di votanti».

Secondo Settis, «La sinistra sta proprio perdendo la sua anima: si sta consegnando a un neoliberismo sfrenato, presentato come se fosse l’unica teoria economica possibile, l’unica interpretazione possibile del mondo».
Renzi cavallo di Troia di questo neoliberismo che ha colonizzato la sinistra? «Certamente l’unico elemento chiaro del suo stile di governo è la fretta».Dice Settis. «Dovrebbe prima spiegarci qual è il suo traguardo e poi come vuole arrivarci. Non basta solo la parola “riforma”, che può contenere tutto. Anche abolire la democrazia sarebbe una riforma». “Quello che cerca Renzi” continua Settis, «è l’effetto annuncio, il titolone sui giornali: “Renzi rottama il Senato”. Lui punta a una democrazia spot, a una democrazia degli slogan. Se il premier sostiene che la Camera alta non è più elettiva, ma doppiamente nominata, allora significa che ha veramente perso il senso di che cosa voglia dire “democrazia”». Un nuovo Senato composto da sindaci e presidenti di Regione? «Mi pare una concessione volgare agli slogan leghisti secondo i quali il Senato dev’essere la Camera delle autonomie, cioè l’anticamera dei secessionismi. È inutile festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia se poi i nostri figli rischiano di non celebrare il 200esimo compleanno».

Ecco perché, sentendomi purtroppo in buona compagnia, c’è da preoccuparsi e non si può far finta di niente.

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Settis Salvatore

PASSIONE VIGOTRUFFAUT – Pillole – Emile Cohl

PASSIONE VIGOTRUFFAUT – Pillole
In una delle scene di “Zero de conduite” in cui Huguet (Jean Dasté) intrattiene, facendo il funambolo, i ragazzi in classe Jean Vigo utilizza un disegno animato riprendendo lo stile di Emile Cohl. Siamo in un periodo di grande sviluppo dell’arte cinematografica, ma l’animazione è ancora in una fase sperimentale. Cohl realizza la sua prima opera nel 1908 (ha 51 anni), Fantasmagorie, che ha come protagonista un piccolo clown. È il primo lavoro del genere nella storia dell’animazione, 700 disegni per appena due minuti di proiezione al Théâtre du Gymnase.

CORSO DI STORIA E DIDATTICA DELLA SHOAH – Università Europea di Roma – prof.ssa Valentina Colombo

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Ho conosciuto la prof.ssa Valentina Colombo a Prato nel 2010 allorché la contattai per la presentazione di uno dei suoi libri di cui mi aveva parlato uno dei partecipanti a “Poesia Sostantivo Femminile”. L’invito ebbe una risposta sollecita ed entusiasta e nell’arco di pochi minuti alla mia determinazione fu corrisposta altrettanta volontà. Il 29 aprile del 2010 alla “Libreria Marzocco in via Valentini (ora è chiusa) presentai “Non ho peccato abbastanza – Antologia di poetesse arabe contemporanee”. Da allora il contatto è stato costante attraverso mail. Ieri mi è arrivata una nuova mail con il testo qui sotto interamente riprodotto. Le ho chiesto per mail se acconsentiva ad inserirlo nel mio Blog. La risposta positiva è stata sollecita. Grazie.

Valentina Colombo è docente di Geopolitica del mondo islamico presso l’Università europea di Roma.

Corso di Storia e Didattica della Shoah – Università Europea di Roma, 16 ottobre dalle 15 alle 19. Il giorno 17 ottobre è prevista la visita al Museo Ebraico di Roma
La “Rete Universitaria per il Giorno della Memoria” – costituita nel marzo 2011 e presentata ufficialmente il 24 gennaio 2012 alla Camera dei Deputati – si propone di diffondere, attraverso iniziative legate alla conoscenza della Shoah, i valori alla base del rifiuto di ogni forma di razzismo e antisemitismo, per un sentimento di cittadinanza condivisa e lo sviluppo di una cultura della convivenza, del pluralismo e della tutela dei diritti umani e civili.In tale ambito ha inteso promuovere, in numerosi atenei italiani, un corso di “Storia e Didattica della Shoah”, rivolto principalmente ad insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado indicando quale periodo, a memoria dei giorni tristemente noti del rastrellamento nazista e della deportazione degli Ebrei di Roma del 1943, del 17, 18 e 19 ottobre.
In Italia la memoria della Shoah rappresenta ormai un valore acquisito. Dall’anno 2000 questo valore è divulgato e protetto anche da una legge, la n. 211 del 2000, che fra l’altro istituisce il 27 gennaio Giorno della Memoria, in ricordo della Shoah e, insieme, di ogni persona caduta o discriminata per motivi etnici, sessuali o religiosi. Ben oltre l’obbligo di ricordare il passato, il senso profondo del Giorno della Memoria coincide con valori fondamentali di pacificazione civile, come la responsabilità individuale, la libertà democratica e la lotta al razzismo.
Come posso trasmettere la Shoah alle generazioni del futuro?E come posso farlo in modo equilibrato, nel rispetto cioè della sostanza storica ma al tempo stesso tenendo a distanza la retorica e la facile demagogia?Infine: quali fra le molte iniziative possibili offrono i migliori benefici sul piano didattico e formativo?
Per rispondere a queste domande l’Università Europea di Roma organizza il primo corso di storia e didattica della Shoah. La responsabilità scientifica è a cura della prof.ssa Valentina Colombo. Il corso è gratuito ed è rivolto prevalentemente a docenti della scuola secondaria. Il corso corrisponde due CF.
Il Corso dell’Università Europea è uno dei dodici organizzati negli stessi giorni dalla Rete Universitaria per il Giorno della Memoria in altrettanti atenei del Paese, con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, dell’Ambasciata d’Israele in Italia e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Per iscriversi al Corso inviare una mail alla Prof.ssa Colombo v.colombo@hotmail.it

La professoressa Colombo conferma la sua tempestività e nell’arco di pochi minuti mentre è ancora buio mi invi una precisazione. Grazie.

Carissimo Giuseppe, ti ringrazio. Specifico che cadendo il corso durante festività solenni ebraiche non avrà il patrocinio dell’UCEI e non vedrà la visita al Museo ebraico che verrà rinviata alle prossime settimane.

valentina-colombo

FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – risultati finali

Alla Dragonara Schiavone e Castiglia

Bacoli nei pressi della Dragonara

Le Assessore

QUESTI I DATI DEFINITIVI IN MIO POSSESSO GIA’ DA QUALCHE GIORNO, MA CHE NON AVEVO ANCORA PUBBLICATO –

Oltre 400 partecipanti in 3 giorni, più di 10 tra siti archeologici o di interesse architettonico e paesaggistico, oltre 40 tra autori, scrittori, intellettuali e critici letterari, più di 30 reading e letture teatralizzate, 4 spettacoli-concerti e performances, circa 10 tra librerie ed editori coinvolti, 9 partner culturali, 8 tra bar, ristoranti e strutture alberghiere del territorio flegreo: tutto questo – e molto altro – è stato “LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA 2014″, la settima edizione del Festival di Letteratura itinerante dei Campi Flegrei, organizzato dall’Associazione IL DIARIO DEL VIAGGIATORE e promosso dai Comuni di Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida.

Nel corso della giornata conclusiva di domenica 28 settembre, il festival ha accolto la cerimonia di consegna del Premio Michele Sovente [III edizione], dedicato al poeta, intellettuale e scrittore flegreo, considerato tra i maggiori poeti campani contemporanei neodialettali, scomparso nel marzo 2011.

Il Premio – in quattro diverse categorie (Poesia, Narrativa, Giornalismo, Illustrazione) – è stato assegnato, per questa edizione, a:

NARRATIVA
1) “ABBIAMO QUASI FINITO, MANCA SOLO IL SALONE” della pratese CRISTINA GIUNTINI

2) “ANONIMA” del romano ARISTIDE BELLOCICCO

3) “EL MUSS” del pescarese MARCO DE LUCA RADOCCHIA

ARTICOLI / GIORNALISMO:

1) ‘IL GIOIELLO DEL RIONE TERRA’ della napoletana LUISA DE CRISTOFANO (pubblicato su “L’Espresso Napoletano” nel giugno 2012)

2) ‘DIRITTI SINDACALI DI DUE SECOLI FA’ del tarantino ARTURO TUZZI

3) ‘DISCORSO INTORNO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE, COME COMPORTARSI’ della padovana CAMILLA BOTTINI

POESIA
1) “Linea di poesia delle tue fragole” del napoletano Raffaele Piazza

2) “Essere d’ombra” del novarese Aldo Ferraris di Novara

3) “Giunchi” della campana Giovanna Silvestri

GRAFICA – ILLUSTRAZIONI

1) RITA MASI (Pistoia)

2) ROBERTA ORIANO (Pozzuoli | NA)

3) ANTONIO MOIO (Napoli)

“Abbiamo voluto riportare gli scrittori nei Campi Flegrei per dar corpo e voce ai loro libri, far sentire la fatica e il respiro, l’immaginazione e la creatività – spiega la professoressa Angela Schiavone, presidentessa dell’associazione Il Diario del Viaggiatore e ideatrice della kermesse – e il nostro desiderio è stato quello di far attraversare questa terra, che ha tante ferite e tante rughe, da chi fa dell’arte un prolungamento necessario del mondo”.

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PASSIONE VIGOTRUFFAUT – pillole

Les Mistons  e Bernadette

PASSIONE VIGOTRUFFAUT 21 OTTOBRE ORE 18.00 A POZZUOLI PRESSO LUX IN FABULA RAMPE CAPPUCCINI 5
ED A PRATO 30 OTTOBRE ORE 15.00 PRESSO LICEO CLASSICO CICOGNINI VIA BALDANZI

“E’ sempre con emozione che ritrovo Bernadette Lafont, il suo nome o il suo viso, il suo profilo stampato su una rivista o il suo corpo flessuoso in un film, perché, anche se sono più vecchio di lei, abbiamo debuttato lo stesso giorno dell’estate 1957, lei davanti alla macchina da presa, io dietro. Il titolo del film scritto sul ciak era L’età difficile. Il cinema teneva Bernadette Lafont e non l’avrebbe più lasciata. Venti, trenta volte l’ho rivista sullo schermo, artista piena di fantasia e rigorosa allo stesso tempo, mai demagogica, candela dritta mai vacillante, sempre vigorosa, mai spenta. Quando penso a Bernadette Lafont artista francese, vedo un simbolo in movimento, il simbolo della vitalità, dunque della vita.”
Così scriveva Francois Truffaut per lo Studio 43, in occasione di una retrospettiva dei film di Bernadette Lafont nel 1984.

Bernadette Lafont è l’interprete della protagonista omonima del primo vero film di Truffaut (L’età difficile è il titolo provvisorio de “Les Mistons”) Con Truffaut ritornerà ad interpretare la parte della protagonista nel 1972 in “Une belle fille comme moi” che da noi si chiamerà “Mica scema la ragazza”.

Truffaut