VIAGGIATORI – GIUSEPPE E MARIA (una bozza di sceneggiatura) – parte 9

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GIUSEPPE E MARIA – PARTE 9

Piano Americano di Giuseppe che ascolta, mentre Maria si asciuga i capelli bagnati dalla pioggia scuotendoli. PP di Federico che continua a parlare poi C.L. su Piazza Duomo sotto la pioggia: “Ho chiesto un contributo al Comune, me l’ha anche accordato. La Segretaria dell’ Assessore mi ha fatto vedere anche che è nel Bilancio del prossimo anno e quindi prima che mi arrivino i soldi, stiamo freschi! Dovrò anticiparli comunque io. Tu, piuttosto, di dove sei, di cosa ti occupi?” P.A. di Giuseppe con Maria che si è seduta su una sporgenza all’esterno del Duomo, dove intanto i tre si riparano dalla pioggia: “Siamo napoletani, io e Maria, e siamo qui per lavoro. Siamo insegnanti. Io quasi certamente sarò qui per fine ottobre o novembre, Maria arriverà ai primi di settembre. Veniamo dal Veneto. Questa città ci piace, l’abbiamo scoperta piena di vita, ricca di cultura. E’ stata una giornata con incontri, occasioni, conoscenze. Bella città, davvero…” Particolare di una pozzanghera con la pioggia che continua a battere. Contropiano di Federico: “Io ci vivo da quando sono nato e devo dire che non mi ci trovo più bene. Mi sento sempre più solo, più emarginato, c’è sempre meno sensibilità nella gente, in modo particolare in quella che conta o che dovrebbe contare.” PP di Giuseppe: “Intanto riesci a fare qualcosa, ad esprimerti, a realizzare…Oggi ti abbiamo visto più volte….” PP di Federico: “…ma non basta. Non mi basta più. E’ impossibile parlare a gente che non ti ascolta, o per lo più finge di farlo perché non vuole ascoltarti; Prato, per me, è una città molto lontana da quella che tu stai immaginando, da turista, alla fine di questa sola unica giornata…La gente è abituata a lavorare, e questo è senza dubbio un pregio, ma non ha attenzione verso la Cultura, anche perché non la capisce, la subisce e, quando può – e può – la calpesta.” PP di Giuseppe con Maria che ora gli è vicina. Federico in PP continua: “Non voglio parlarti di ciò che amo e privilegio cioè il Cinema, ma di quella che è considerata un’istituzione in questa città: il Metastasio. La gente che lo frequenta in gran parte viene da fuori, e questo è bene, ma rimane l’amarezza di una struttura che esiste e che ai pratesi serve solo come “fumo”.” PA di Giuseppe: “Ma…i giovani come te non hanno la forza, la capacità di fare qualcosa di nuovo, di mettersi insieme, di organizzarsi?” PA di Federico: “La prima risposta che si dà a questa difficoltà anche in questo caso è quella che conta, come nei quiz. I giovani sono disillusi rispetto alle loro utopie, spesso si allontanano, emigrano come accade per i paesini dell’entroterra verso lidi nuovi più promettenti. E pensa tu che siamo a pochissimi chilometri da Firenze ed anche lì non si sta meglio…” PA di Giuseppe: “Secondo me dovreste provare qualcosa di nuovo, bisogna avere coraggio, non ci si può arrendere…quando ritornerò qui intanto spero di ritrovarti, vorrei provarci anche io, anche a me piace il Cinema. Vorrei lavorare insieme con altri come te. Il Cinema è la forma più pura e completa dell’arte. E’ essa stessa Arte: può contenere volgarità e banalità ma essere Poesia; può servire a tutti, a pochi o a nessuno. Basta intendersi. E’ così che voglio esprimermi, e non vorrei rinunciarci”

fine parte 9 – continua….

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reloaded de LA POETICA DELLE INTERCAPEDINI “E’ di vetro quest’aria” racconti di Monica Pareschi IN OCCASIONE DEL PREMIO “RENATO FUCINI”

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FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI
“E’ di vetro quest’aria” di Monica Pareschi – LA POETICA DELLE “INTERCAPEDINI”
Dopo aver letto un libro, per poterlo comprendere,entro i miei limiti, a pieno, ho la necessità di fermarmi e di riflettere. A volte come in questo periodo nel quale leggo tantissimo, dopo aver finito una lettura ne avvio subito un’altra. A qualcuno questo metodo non piace perché, dice, gli crea confusione. Io sono fatto così: voglio apprezzare la diversità fra uno stile e l’altro, fra un autore e l’altro, fra una storia e le altre, ed è così che mi aiuto in quest’impresa.
“E’ di vetro quest’aria” di Monica Pareschi – edizioni Italic Pequod 2014 appartiene a quei libri (agili nella forma tascabile e non corposi nella stesura di poco più di un centinaio di pagine suddivise in sette racconti brevi – solo uno dei quali – “Il Progetto” – è più esteso) che già prima di finirli vorresti riprendere a leggere.
Lo stile non è di quelli semplici e piani, il livello è colto ed alto e la “rilettura” ti aiuta ad entrare meglio in sintonia con l’autrice. La prosa si avvale di un’esperienza letteraria internazionale, acquisita nel tempo attraverso la traduzione di grandi classici contemporanei (Doris Lessing, Bernard Malamud, James Ballard); la narrazione si caratterizza forse anche per questi riferimenti autoriali per essere calata in luoghi “estranei” alla nostra Cultura, mai banali, mai volgari, di certo elitari e raffinati; le ambientazioni sono gelide, nordiche, anonime, spesso “scialbe ed incolori” come le albe del protagonista de “Il progetto”. La forza della prosa di questo libro risiede nell’incisività, nell’asciuttezza, nel realismo, in una certa magistrale crudezza, una forma di cinismo e di estraneità che spesso porta ad uno sguardo freddo ed esterno rispetto alle vicende narrate. Lo scorrere della vita si realizza nei diversi racconti ed in diversi modi attraverso momenti unici difficilmente comprensibili nell’immediato (ecco perché necessitano di una rilettura). I racconti appaiono come tessere spaiate di diversi puzzle che non riescono ( e se lo faranno, dureranno fatica) a comporsi; sono infatti “tranches de vie”, attimi e sequenze, osservate e seguite con la freddezza di chi si lascia coinvolgere con parsimonia; c’è una quotidianità portata all’eccesso ed esaltata con bravura a livelli letterari sublimi (solo per riferire degli esempi si legga la parte finale di “Corpo a corpo” pag. 34; oppure quella, anche questa conclusiva del già citato “Il progetto” e l’intero coinvolgente racconto “Come in autunno sul boulevard” con le sue atmosfere che non possono essere nascoste ad un cinefilo.
Non esistono, come i più attenderebbero, dei percorsi che si concludono. Gli eventi importanti sono “prima” forse “dopo”. E’ come se si privilegiassero gli “spazi vuoti”, ciò che esiste “tra” non ciò che accade “in”. E’ la poetica delle ”intercapedini”.
Leggetelo e rileggetelo, vi farà bene!