DISCIPLINA DI PARTITO

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DISCIPLINA DI PARTITO
di Giuseppe Maddaluno

Negli ultimi giorni si è levata alta la polemica intorno al “comportamento” di alcuni parlamentari del Partito Democratico che hanno inteso contraddire le indicazioni del loro Partito in relazione ai percorsi avviati di riforme costituzionali, oltre a quelle riforme per cui oggi 12 dicembre CGIL, UIL e UGL hanno indetto lo sciopero generale. Al di là della simpatia (o antipatia) che ciascuno di noi possa avere nei confronti dell’Infante (detto così per il suo caratteristico “broncio”), ritengo sia abbastanza fuori luogo richiamarsi ad una disciplina di Partito riferendosi al Partito Democratico in questa fase. E’ del tutto chiaro che esista una profonda dissonanza fra i parlamentari che rappresentano il PD di Bersani e di Epifani ed una Dirigenza, quella attuale, scaturita da Primarie “con il trucco”, Primarie “aperte” a chicchessia. Tra le altre questioni mi chiedo da giorni se anche gli attuali Dirigenti scaturiti da quelle Primarie non siano il frutto di avvelenamenti e commistioni che vedano fra i loro sostenitori anche personaggi come Carminati e Buzzi; in quelle Primarie si accostarono ai Circoli ed ai “gazebo” persone che poco o nulla avevano a che fare con la tradizione “Democratica”, e questo ciascuno può se non è ipocrita o in malafede testimoniarlo. Da qualche parte qualcuna di queste persone venne allontanata; ma personalmente non posso mettere la mano sul fuoco che ciò sia accaduto dappertutto. Mi si creda, vorrei che fosse già stata fatta una verifica in tal senso e che chi ha dubbi come me venisse in ciò rassicurato. Forse mettendo da parte l’atteggiamento ricattatorio e minaccioso di “troike” e “porcellinum”, di sfracelli generali sarebbe il caso che ci si rivolgesse agli iscritti (e Renzi e compagnia bella potrebbero averla vinta, visto il “tracollo” delle iscrizioni) o per davvero si andasse al voto (anche in questo caso Renzi & C. sarebbero in una botte di ferro, ma avrebbero se non altro il viatico elettorale che non posseggono: e questo è un altro motivo per cui richiamarsi alla disciplina è davvero fuori luogo!).

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 20

ASSISI

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 parte 20.

“Sì, ricordo. Era bello. C’era la luna…”
“Sì, c’era. E tu mi chiedesti di parlarti di me, dei miei amici, ed io te ne parlai. Ma di tutto quel che ti dissi poco era vero. Ti feci capire quanto fossi stimato, peccando di presunzione, perché ero solo io a stimarmi”.
“non importa. Era bello lo stesso e c’era la luna, quella luna furbacchiona!”.
“Ti parlai di tante ragazze come se ne conoscessi tante e tanto bene, fossero state tutte mie, ma in effetti non ne avevo avuta mai nessuna”.
“Questo non lo ricordo. C’era la luna e le parlammo”.
“E ci baciammo, lo ricordo. E quante bugie ho detto alla luna, quella notte. Io…”.
“…ci baciammo. Sembravi quasi brillo”.
“Un’altra finzione. Fra le tante…come ho potuto essere così meschino…”.
“Non me ne sono mai accorta. In quel momento ti ho voluto bene veramente, anche se ti conoscevo da poche ore e forse, a pensarci, te ne voglio ancora. Non posso considerarti cattivo…non lo sei. Forse non ne ho la forza…forse è perchéprobabilmentetiamo. Ed anche se siamo così lontani, io ancora ti penso ed immagino a volte che anche tu in un modo o nell’altro mi stai pensando”.
“Sì, sì, hai detto proprio bene: in un modo o nell’altro. Perché è così che ti penso. Non so cosa fare, ma ti penso, perché è sul tuo che non so cosa fare. Non so se sono sincero, quando ti scrivo. Certo è che, per me, questo scriverti non è altro che un’azione meccanica, un esercizio letterario, uno sforzo continuo di creare qualcosa che suoni di nuovo per me e per te. E proprio per questo io mi sento in colpa. Non riesco a trovare più per te una frase che mi piaccia. Non riesco a dire neanche le bugie, così come quando ci salutammo, l’ultima notte…”
Quel pomeriggio, era venuta giù la neve. Nella Basilica camminavamo sottobraccio.
I colori di Giotto, di Cimabue, di Simone Martini. Dal Chiostro, l’abside appariva, tra il cielo grigio e la neve bianca, immersa nella nebbia. Dietro la Tomba di San Francesco, nel buio, mettemmo paura ad un frate. Sulla neve ormai ghiaccio a scivolare, a tenerci stretti. Al calore di un bar cogli occhiali appannati, a caccia delle nostre labbra. Si avvicinava l’ora dell’addio. Io al Sud, tu al Nord.
“…e piangesti, piangesti con me sul nostro troppo breve incontro.”
“Piansi, piansi, sì, ma chissà se era la verità. Forse non piangevo per te. Chi ama piange sempre per il dolore dell’altro. Io piangevo per me, perché stavo perdendo te che eri fatta a mia immagine e somiglianza. Solo per una donna piangevo, la donna che era in te, che avrei voluto portare dentro di me mentre sapevo che non sarebbe stato possibile. Se l’amore è così crudele, lo rinnego. Chi ama piange sempre per il dolore dell’altro ed io non piangevo per il tuo ma per il mio dolore. Poi, ricordo, ti ho salutata, dandoti la mano, stringendola forte forte. Un ultimo lungo abbraccio, l’ultimo frettoloso bacio per dimenticare, ho lasciato la tua mano e ti ho guardata salire le scale basse, hai aperto la porta, in punta di piedi per non svegliare le tue amiche sei entrata, hai acceso la luce ed in silenzio mi hai detto:
“Buonanotte”.
“…poi hai chiuso. Ed io sono rimasto seduto sulle scale per qualche altro minuto, così, il mento fra le mani, la testa fra le nuvole, a pensare non so cosa. Faceva freddo, ma non lo sentivo. Potevo anche morire, in quel momento. Sarei stato felice.
Era molto tardi. Le valigie non erano ancora pronte. Le ho preparate. Mi sono disteso sul letto, vestito, ma mancava poco alla partenza. Per questo non mi sono addormentato”.

fine parte 20 – continua….
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