LEZIONI DI CINEMA – L’ALBA DEGLI AUTORI – JACQUES TATI – prima parte

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DAL FILM “I MISTERI DEL GIARDINO DI COMPTON HOUSE” (1982) DI Peter Greenaway (richiamo colto per i più curiosi che ne verificheranno il motivo per cui qui vengono inseriti)

JACQUES TATISCHEFF, in arte JACQUES TATI

La cinematografia francese nel corso della sua storia non ha annoverato in realtà molti nomi nel genere del “comico”; ma quando li ha avuti questi sono riusciti, con la loro maestria e la loro fama, a varcare i confini sulle terre e sugli oceani: basterebbe accennare a Max Linder, Louis De Funès, Fernandel per dare notizie per l’appunto dei più famosi. Si sarebbe tentati di andare “controcorrente”, considerando invece Jacques Tati un semplice realista, avendo verificato che le azioni dei suoi film sono sempre ispirate tutte alla vita quotidiana, alla normalità più assoluta; si sarebbe tentati anche di non ammetterlo fra i “grandi” perché la sua produzione è molto ridotta rispetto a quella dei suoi compagni; si sarebbe tentati di catalogarlo più come “mimo” o “attore di cabaret” che come “comico cinematografico”. Ma tutte queste tentazioni vanno ovviamente accantonate di fronte alle immagini filmiche, così come è accaduto quest’anno (ndr 1983) in una scuola di Empoli, con gli allievi attenti a seguire i numerosi “gag” del nostro “eroe di tutti i giorni”. La proiezione di “Mon oncle” oltre a divertire con grande razionalità, ha fatto scattare in alcuni allievi – la maggior parte in verità – il desiderio di conoscere qualcosa di più su Jacques Tati.
Sulla storia di Jacques Tati (questo cognome – con l’accento alla francese – ha aiutato indubbiamente alla sua divulgazione più ampia l’arte di Jacques Tatischeff) ci conforta poco la bibliografia ancora abbastanza scarna, ma alcuni particolari, alcune scelte, un certo tipo di impostazione anche tecnica del fare teatro e del fare cinema ce li possono svelare le sue argomentazioni e proprio la sua storia biografica.
Jacque tati nasce a Pecq, nei dintorni di Saint-Germain en Laye (e cioè alla periferia ovest di Parigi) il 9 ottobre del 1908. La sua famiglia era formata dal padre, russo di origine, figlio dell’ambasciatore dello zar e dalla madre francese, figlia di un corniciaio amico di Van Gogh. Dal nonno paterno gli deriveranno una certa tristezza e quei movimenti scarni ed essenziali, il suo sguardo spesso glaciale da Pierrot lunare con cui si presenta davanti al pubblico; quei suoi tratti aristocratici non gli impediranno tuttavia di “rifare” al cinema, in particolare, ed in teatro modi ed abitudini tipici del popolo e della media borghesia.
Suo padre, scegliendo anche lui –come il suocero – il mestiere di corniciaio (con lui lavorerà spesso anche il giovane Jacques), finì con il favorire non poco le future scelte tecniche del grande Tati. L’ “inquadratura” rievoca per l’appunto la “cornice” (la parola inglese “frame” significa alternativamente “fotogramma” o “cornice” ed in francese “cadre” è “quadro” e “cadrage” è “inquadratura”). Leggete ciò che egli dice quanto al suo modo particolare di fare cinema: “Bisogna che siano i miei attori a muoversi, e non la mia macchina da presa a spostarsi…Ho cercato di dare, mediante la fissità del quadro, un’impressione di rilievo…”. Egli scopre che il primo cinema di ognuno di noi è quello fantastico dello sguardo attonito che voglia penetrare al di là di una cornice – sia essa piena, sia essa vuota -, cioè quelle fantasticherie che si fanno davanti alla scena ritratta in un quadro o in una fotografia (e Jacques apprezzerà molto l’opera di Jean Renoir, figlio di Auguste, ed in particolare “Une partie de campagne” che più ampiamente si ispira all’opera pittorica del padre) o affacciandosi a qualsiasi finestra e guardando la vita scorrere, le azioni compiersi, immaginando i dialoghi, gli alterchi, le emozioni ed i sentimenti della gente, il loro rapporto con gli oggetti e con gli altri, tutte questioni essenziali che vengono riprese nel futuro impegno artistico di Tati.

Fine prima parte – continua…

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EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI – parte 5

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CAPRICCI DI BAMBINI – parte 5

Il Supermercato oggi è pieno di luci, più del solito è addobbato con centinaia di festoni colorati; Natale è ancora lontano ma già da metà novembre ci si prepara. Ed arrivano anche le super offerte vantaggiose per i soci e quelle per i clienti abituali 3 x 2, cassette di vini, spumanti e liquori di marca, frutta secca, dolci vari dai più piccoli ai più voluminosi e via via, via dicendo. Gli scaffali sono una fantasmagoria di colorazioni che attirano i clienti come fanno con gli insetti i fiori e tu, se non sei accorto, compri di tutto ed accumuli offerte inutili nei ripostigli e nelle dispense traboccanti spesso dimenticando il tutto sotto le nuovissime offerte vantaggiose dello stesso o di altri supermercati fino a quando poi non scopri che la data di scadenza è superata da qualche mese ed a volte da più di un anno. Anche Valeria ha deciso questo pomeriggio di partecipare a questa comune e diffusa frenesia. Oggi non lavora, il suo ultimo datore di lavoro ne utilizza le competenze a progetto e da una settimana Valeria è a casa, in attesa di una nuova chiamata. Vive da sola con Ginevra di poco meno di un anno; il suo compagno, diciamo così “quello stronzo” l’ha lasciata non appena gli aveva detto di essere incinta. Una consuetudine purtroppo frequente che spinge molti uomini, diciamo così “maschi”, a non assumersi le proprie responsabilità. Ginevra è una bambina solare, sorridente, socievole con tutti; è proprio un amore di bimba, l’unico vero amore per Valeria, la cui famiglia di origine vive a Roma: i suoi sono ancora, diciamo così “giovani”, e lavorano entrambi al Ministero degli Esteri, ha un fratello di poco più grande che si interessa di teatro ed è, anche per questo, ancora sulle spalle dei genitori, ed una sorella più piccola che studia ancora Filosofia.
Ginevra è come sempre, anche oggi, festosa, seduta sulle griglie del carrello di fronte alla mamma che lo sospinge. Già, lo sospinge! Come sarebbe bello per Ginevra guidarlo semmai lontano da quei strani contenitori con quella roba verdolina (è ovvio che il colore lo decretiamo noi per far capire che si tratta di foglie di insalata o di verdure) che non le piace, che non le è mai piaciuta. E come vorrebbe dirlo! “Via da questi cavoli e da quella roba giallina” che la mamma ogni giorno sbuccia e sminuzza nell’acqua che intanto si avvia a bollire sul fuoco. “Spostati mamma, spostati mamma e, diamine!, andiamo di là dove c’è quella roba rosa, quella che mi piace tanto, e quelle palline arancioni che tu mi premi e poi le versi nel biberon a merenda.”
Valeria avverte un po’ di agitazione in Ginevra che si muove e si spenzola dal carrello in maniera pericolosa; ma è anche intenta ad acquistare con oculatezza, guardando i prezzi e soppesandoli da brava massaia. Ha comprato carote, pomodorini, delle zucchine e supera la frutta ( a casa ne ha ancora da consumare ) per andare verso le patate. Ginevra è spazientita, sbuffa e lancia un gridolino prolungato e stridulo; poi si cheta. Ora la sua mamma è interessata a comprare del formaggio ma Ginevra ha buttato gli occhi su alcuni pacchettini pieni di biglie marroni e vorrebbe dire alla mamma di avvicinarsi a quelle ma Valeria è distratta da una sua amica, che non vedeva da settimane e si intrattiene a parlare dei loro comuni problemi di lavoro. La bambina è irrequieta ed allora inusualmente comincia a gridare, a piangere, ad urlare, e non basta che Valeria, lasciando l’amica, la prenda in collo, mentre con una sola mano guida il carrello. Si allontana da quelle splendide biglie e le lacrime scorrono sul volto di Ginevra, povera dolce bimba incompresa.

CAPRICCI DI BAMBINI – parte 5 fine – continua…

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