CASE – un viaggio nella memoria a partire da TRAMEDIQUARTIERE n. 3

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CASE – un viaggio nella memoria a partire da TRAMEDIQUARTIERE n. 3

In quella mia prima modesta abitazione in via Campana 25 come dicevo non vi era un vero e proprio “bagno” attrezzato (in quel tempo nella maggior parte delle case era così!) ma l’acqua corrente ci permetteva utilizzando oggetti “volanti” di sopperire alle necessità igieniche. Avevamo bacinelle e tinozze di ogni forma e misura e mia madre riscaldando l’acqua sulla “fornacella” in ampi e capienti recipienti mi faceva il bagno almeno una volta alla settimana. Per fortuna c’era – all’esterno dell’appartamento – un vano ripostiglio per così dire “condominiale” dove questi materiali ingombranti venivano riposti dopo l’uso. Quella “casa” aveva anche un’altra stanza che di solito era un luogo proibito affinché l’ordine non venisse sconvolto da presenze umane; vi si accedeva andando appena oltre la stanza di ingresso-salotto e consisteva in un altro salotto più riservato sempre ordinato ed inaccessibile. In effetti tutta la casa era inaccessibile ai più: mia madre inorridiva al pensiero che qualcuno potesse dissacrare, profanare il suo “regno” e non gradiva nemmeno invitare miei amichetti, anche – e forse soprattutto – quelli che abitavano appena un piano sotto, ma con i quali di tanto in tanto giocavo. Non avevo molta compagnia e sono stati, quelli in via Campana, anni di solitudine e di incubazione della mia voglia di evadere e del desiderio di condividere con altri i miei progetti ed i miei sogni. Così è stato per i miei primi cinque anni; non si trattava di “reclusione” perché comunque si usciva, si scendeva giù verso la città bassa, si andava al Cinema, a volte veniva mia zia da Procida e mi portava con lei, in altre occasioni si andava in campagna a Toiano o al lago d’Averno dove vi erano dei parenti di mio padre. A Toiano vi era la famiglia di una “sposina” che abitava nel palazzo accanto: il marito era un operaio edile molto amico di mio padre, che lo stimava per le qualità professionali ed umane e la mattina di solito si incontravano sotto casa per recarsi insieme al lavoro. Fu proprio per questo motivo che una di quelle mattine quel giovane non si ritrovò al solito appuntamento e mio padre dopo aver fischiettato sotto il balcone per chiamarlo decise di andare su a bussare alla porta dell’appartamento. Questo gesto li salvò da morte certa: di notte il braciere che serviva per riscaldare gli ambienti aveva diffuso monossido di carbonio e quando il suo amico aprì la porta svenne e fu necessario l’intervento dei medici per lui e per la moglie, ma quell’episodio fortunatamente servì loro per essere più attenti da quel momento in avanti nell’uso della carbonella nelle notti fredde. L’amicizia si rinsaldò fortemente dopo quell’evento e la loro generosità si espresse per tutto l’arco della vita; spesso eravamo in campagna, venivano a prenderci con la carrozzella fin sotto casa e vi ci riportavano spesso a notte fonda nelle giornate di festa. Andavo anche dai nonni paterni che abitavano non molto lontano sulle Palazzine municipali, quelle che ora non ci sono più perché dopo gli eventi bradisismici e sismici degli anni settanta ed Ottanta vennero abbattute. Mio nonno aveva anche un sottoscala di sua competenza dove continuava a svolgere alcune attività hobbystiche di grande valore (ho già ricordato il suo estro di falegname mobiliere) carpentieristico; costruiva modellini di barche, di navi ed aveva messo su un grande presepe che era il suo vanto allorquando a Natale lo addobbava inserendovi tutti i personaggi ed i relativi meccanismi luminosi e automatici che lo rendevano “vivo”. In quelle occasioni consentiva a chi lo desiderava di poterlo visitare e spesso, partecipando a concorsi, vinse anche dei premi.

CASE…. fine parte 3… continua