ALLA SINISTRA CHE VERRA’ (SE LO VORRANNO DONNE ED UOMINI CHE DICONSI DI SINISTRA) parte 4

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ALLA SINISTRA CHE VERRA’ (SE LO VORRANNO DONNE ED UOMINI CHE DICONSI DI SINISTRA) parte 4

Noi non siamo necessari ma possiamo essere utili e molto utile è l’esperienza individuale e collettiva (per piccoli gruppi) che ciascuno di noi può portare da individuo in un nuovo collettivo. Noi possiamo sentirci “protagonisti” ma da soli o da soli/separati – monadi sparse e senza un senso di marcia – non andremo da nessuna parte. Tuttavia è proprio dall’esperienza che ciascuno di noi “porta” al collettivo – piccolo o grande che esso sia – che bisogna partire.

E, allora, la “mia” esperienza è quella di una “fuga” e di un rifugio in attività costruttive ma personalissime soprattutto in ambito culturale. Ma “la fuga” di cui parlo è quella da un consesso all’interno del quale si vuole produrre un “collettivo” di Sinistra il più unitario possibile; la “fuga” l’ho già fatta ed il “rifugio” è stato già ben strutturato. Un anno e mezzo fa quando si cercava di trovar nuova casa si comprese di essere entrato in un vero e proprio “caravanserraglio” della sinistra italiana, dove tutti volevano comandare o perlomeno ciascuno aveva impresso dentro una forza centrifuga che ci spingeva ai margini e su rotte diversissime.

Quell’esperienza ha segnato la sconfitta di quel consesso, se non altro per coloro che intendevano “costruire” una forma di alternativa al neo-centrismo dipinto di un colore molto lontano dal “rosso” delle bandiere rosse che sono ancor oggi un simbolo significativo per molti di noi. Ed è da quella esperienza di “sconfitta”, prevedendo la quale decidemmo di allontanarci nel nostro rifugio, che occorrerebbe partire.

Intanto, riconoscerla.
Poi, agendo di conseguenza.
La sensazione è che anche il più ricco tra noi (mi riferisco ai saggi onniscienti dispensatori di certezze) non abbia ancor chiaro “chi si sia, chi si voglia diventare da grande, dove dirigersi”. E la sensazione brutale che ho è che il tatticismo prevalga ancora su tutto e si voglia costruire una “macchina” per dirigerla dove sia più comodo e solo per rincorrere obiettivi poco più che personali, mortificanti per la stessa personale dignità ma che consentano di “sopravvivere” in attesa di tempi migliori.

Se questo dubbio permane si ritorna al rifugio; se si scioglie questo enigma si può proseguire.

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