UNA LETTERA DAL CARCERE DI ANTONIO GRAMSCI

UNA LETTERA DAL CARCERE DI ANTONIO GRAMSCI

Antonio Gramsci

Lettere dal carcere

6 marzo 1933 *

Carissima Tania,

ho ancora vivo il ricordo (ciò non sempre mi capita piú in questi ultimi tempi) di un paragone che ti ho fatto nel colloquio di domenica per spiegarti ciò che avviene in me. Voglio riprenderlo per trarne alcune conclusioni pratiche che mi interessano.

Ti ho detto su per giù cosí: – immagina un naufragio e che un certo numero di persone si rifugino in una scialuppa per salvarsi senza sapere dove, quando e dopo quali peripezie effettivamente si salveranno. Prima del naufragio, come è naturale, nessuno dei futuri naufraghi pensava di diventare… naufrago e quindi tanto meno pensava di essere condotto a commettere gli atti che dei naufraghi, in certe condizioni, possono commettere, per esempio, l’atto di diventare… antropofaghi.

Ognuno di costoro, se interrogato a freddo cosa avrebbe fatto nell’alternativa di morire o di diventare cannibale, avrebbe risposto, con la massima buona fede, che, data l’alternativa, avrebbe scelto certamente di morire. Avviene il naufragio, il rifugio nella scialuppa ecc. Dopo qualche giorno, essendo mancati i viveri, l’idea del cannibalismo si presenta in una luce diversa, finché a un certo punto, di quelle persone date, un certo numero diviene davvero cannibale.

Ma in realtà si tratta delle stesse persone? Tra i due momenti, quello in cui l’alternativa si presentava come una pura ipotesi teorica e quella in cui l’alternativa si presenta in tutta la forza dell’immediata necessità, è avvenuto un processo di trasformazione «molecolare» per quanto rapido, nel quale le persone di prima non sono piú le persone di poi e non si può dire, altro che dal punto di vista dello stato civile e della legge (che sono, d’altronde, punti di vista rispettabili e che hanno la loro importanza) che si tratti delle stesse persone.

Ebbene, come ti ho detto, un simile mutamento sta avvenendo in me (cannibalismo a parte). Il piú grave è che in questi casi la personalità si sdoppia: una parte osserva il processo, l’altra parte lo subisce, ma la parte osservatrice (finché questa parte esiste significa che c’è un autocontrollo e la possibilità di riprendersi) sente la precarietà della propria posizione, cioè prevede che giungerà un punto in cui la sua funzione sparirà, cioè non ci sarà piú autocontrollo, ma l’intera personalità sarà inghiottita da un nuovo «individuo» con impulsi, iniziative, modi di pensare diversi da quelli precedenti.

Ebbene, io mi trovo in questa situazione. Non so cosa potrà rimanere di me dopo la fine del processo di mutazione che sento in via di sviluppo […].

RITORNO A CASA – seconda parte

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RITORNO A CASA – seconda parte

…E si è raggiunta casa in questo finale d’autunno ancora tiepido, da queste parti. Ci siamo lasciati indietro il maltempo anche se le prospettive – meteorologiche – per la settimana che si apre non sono del tutto positive. Umido fuori per le piogge notturne, calda ed asciutta dentro la casa ci è apparsa madre accoglienti dalle braccia ancora forti, ricolma di ricordi d’amore e di passioni giovanili. Gli aromi degli aranceti che la circondano e l’odore intenso di zolfo che ne permea le terre ed i cieli ci ha accolti come sempre ed ogni volta immancabilmente ci sorprendono come se fosse la prima volta. In questa terra siamo nati e siamo vissuti; la nostra infanzia, la nostra adolescenza e parte consistente della giovinezza è trascorsa qui.
La serenità del viaggio si accompagna a quella dell’accoglienza calda e silenziosa.
E ci dimentichiamo di tutto il resto come naufraghi che approdino ad un’isola ricca di vegetazioni e di misteri.
Non vi è più stanchezza nè dolore in noi, mentre riordiniamo i numerosi bagagli scaricati alla rinfusa così come erano stati caricati perché riempissero tutti i varchi vuoti dell’auto. E si disseminano disordinatamente nell’ingresso e nel primo corridoio. Accendo la caldaia: funziona a meraviglia come se non fosse stata mai abbandonata e gli uccellini dagli alberi vicini festeggiano il nostro arrivo, pregustando le briciole, generose lasciate sul terrazzino.
La presenza umana, l’unica che ci accompagna realmente ogni qualvolta torniamo, è quella della signora del piano di sopra, l’ultimo piano del palazzo. Le altre presenze non si sono palesate, anche se noi sappiamo che ci scrutano dalle tendine che lentamente si spostano, quando arriviamo nel parcheggio. E quindi sappiamo che il nostro arrivo è stato già oggetto di conoscenza per tutto il vicinato.
La signora di sopra abituata come è a non avere “ingombri” particolari nell’appartamento di sotto, cioè il nostro, sposta mobili o chissà cosa trascicandoli a qualsiasi ora del giorno e…della notte, quando peraltro “tacchettea” impunemente e si impegna in attività casalinghe varie come se fosse pieno giorno.

fine parte 2 – continua…