ALLA “SINISTRA che verrà” – APPUNTI per venir fuori dal guado (e non farsi ingoiare dal fango melmoso)

– per chi è disponibile a discutere ed a confrontarsi a partire da essere “ALTERNATIVI” al PD –

APPUNTI per venir fuori dal guado (e non farsi ingoiare dal fango melmoso)

ALLA “SINISTRA che verrà”

Quella che chiamiamo “galassia” della Sinistra è formata da corpuscoli che, presi singolarmente, valgono dal 2 al 3% se va bene e l’autoreferenzialità può garantire a qualcuno (ma forse “meno” di uno) una propria visibilità personale, la qual cosa contraddice aspetti “fondamentali” dell’essere di Sinistra, quali la capacità di rappresentare una parte importante degli interessi e dei bisogni, ma direi pure dei “diritti negati”, a coloro che sono già, o rischiano di rimanere, “indietro”, cioè gli “ultimi”, quelli che stentano ad avere una vera e propria rappresentanza.
Il tentativo di mettere “insieme” una parte di, o tutto, quel mondo al quale peraltro chi scrive sente di appartenere, è un banco di prova utile a far crescere la consapevolezza in ciascun gruppo che “da soli non si va da nessuna parte” ed ogni affermazione di principio isolata corre il rischio di non poter essere realizzabile, mantenendo la sua connotazione di “utopia” inutile. Con il risultato di far crescere ulteriore disaffezione verso la Politica positiva, non populistica non demagogica ma ragionata, e procurare linfa negativa a forze contrarie al nostro pensiero, antistoriche, di Destra ed ambigue (al di là del fatto che il livello dell’astensionismo crescerebbe ulteriormente, fornendo spazio al nichilismo ed al disinteresse).

Quel che è accaduto l’altra sera (17 ottobre) al Circolo Risaliti di San Giusto è stato – al di là della confusione apparente – un momento di profondo chiarimento che a mio avviso contribuirà a rafforzare l’esigenza di andare avanti nella costruzione di un nuovo “soggetto” che avvierà il “percorso” in un “prima e dopo” che corrispondono necessariamente.

– CHI CI STA CI STA ED AGLI ALTRI AUGURIAMO BUON VIAGGIO!!! –

Un nuovo “soggetto” completamente alternativo al Partito Democratico, che ha evidenziato di non avere le qualità di autonomia territoriale per affrontare le principali questioni che necessitano di avere particolare attenzione: in primo luogo la “convivenza civile” (camuffata da “insicurezza”), le problematiche del lavoro affossate da una profonda incapacità di collegare le esigenze dei lavoratori con quelle dell’imprenditoria (anche perché a Prato mancano per ora figure “illuminate” che concepiscano l’impresa privata in senso cooperativo), la questione del Territorio, soprattutto quello delle “periferie” che finiscono per interessare soltanto i “predatori” ed i loro “protettori” politici, la questione della Sanità e dei servizi sociali diffusi e, dunque, le problematiche squisitamente ambientali, che subiscono l’attacco da parte di imprenditori immobiliari e cooperative che non hanno ancora compreso la necessità di riconvertirsi, pur permanendo nello stesso settore; la questione irrisolta del Decentramento dopo la soppressione delle Circoscrizioni; e, non ultima, ma per me personalmente prima e centrale, la funzione della Cultura e della Conoscenza, che non può essere prerogativa assoluta dei grandi contenitori “centrali” e deve essere invece diffusa su tutto il territorio.

Per tutto questo (e non solo: non pretendo di essere esaustivo e lascio spazio a ciascuno di noi) dobbiamo impegnarci nella costruzione di questo nuovo “soggetto”. “A SINISTRA” a me è parso molto chiaro: chi ha paura della parola (SINISTRA) rinnega la propria identità, che non può essere considerata negativa di per sè, ma deve assumere il valore distintivo di quanto si è perso soprattutto negli ultimi anni, a causa dei “fake” che circolano.
Coloro che hanno espresso perplessità ieri sera nei confronti sia di un soggetto che di un percorso “alternativo” si assumeranno la loro responsabilità come è logico, accodandosi al più volte vituperato PD in condizioni di marginalità programmatica. Non hanno imparato nulla dal “passato” recente e persistono in quell’errore. Noi non possiamo attendere il loro rinsavimento; sarebbe imperdonabile! Abbiamo bisogno di lavorare intensamente a questo progetto, per costruire una Piattaforma Programmatica di alto livello, per garantirci cooperazioni diffuse su tutti i territori e puntare ad un consenso elettorale significativo corrispondente alle proposte che saremo in grado di produrre.

In definitiva, per ulteriore “sintesi” ritengo che “soggetto e percorso” debbano essere contemporanei, non essendo possibile un “percorso” in assenza di un “soggetto” e viceversa.

JOSHUA MADALON

ANNIVERSARI 1917 – 2017 – VERSO LA DISFATTA DI CAPORETTO

VERSO LA DISFATTA DI CAPORETTO

Non era certo una festa, come quella che sembrava alle folle osannanti degli interventisti e dei loro sostenitori inconsapevoli in quella fine di maggio del 2015, quando l’Italia abbandonata la Triplice Alleanza dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. I giorni, le settimane, i mesi erano trascorsi ed il morale delle truppe – costrette a subire i rigori dell’inverno in condizioni proibitive non solo climatiche nelle trincee alpine – era davvero ai più bassi livelli. Si diffondevano episodi di ribellione dovuti alla disperazione ed all’incapacità culturale di comprendere le ragioni di tanti sacrifici e tante sofferenze.

Il rigore nei confronti delle truppe viene delineato già nella Circolare n.1 del 24 maggio 1915 (il giorno della “entrata in guerra”). In essa preventivamente si legge: “la punizione intervenga pronta: l’immediatezza nel colpire riesce di salutare esempio, distrugge sul nascere i germi dell’indisciplina, scongiura mali peggiori e talvolta irreparabili”.
Ed il 28 settembre di quello stesso anno, probabilmente già a ragion veduta la Circolare m.3525 conferma: “chi tenti ignominiosamente di arrendersi o di retrocedere sarà raggiunto, prima che si infami, dalla giustizia sommaria del piombo delle linee retrostanti o da quello dei carabinieri incaricati di vigilare alle spalle delle truppe, sempre quando non sia stato freddato prima da quello dell’ufficiale”.
Nel novembre del 1916 una circolare di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta nipote di Vittorio Emanuele II re d’Italia ritorna a trattare con forza la questione evidentemente sempre più diffusa di “indisciplina”: “Intendo che la disciplina regni sovrana fra le mie truppe. Perciò ho approvato che nei reparti che sciaguratamente si macchiarono di grave onta, alcuni, colpevoli o non, fossero immediatamente passati per le armi”.

2nd_Duke_of_Aosta

E nove giorni dopo la tristemente nota circolare “delle decimazioni” da parte di Cadorna, la 2910 del 10 novembre 1916: “Ricordo che non vi è altro mezzo idoneo a reprimere reato collettivo che quello della immediata fucilazione dei maggiori responsabili e allorché l’accertamento personale dei responsabili non è possibile, rimane il dovere e il diritto dei Comandanti di estrarre a sorte tra gli indiziati alcuni militari e punirli con la pena di morte. A codesto dovere nessuno che sia conscio di una ferrea disciplina di guerra può sottrarsi ed io faccio obbligo assoluto ed indeclinabile a tutti i Comandanti”.

Luigi_Cadorna_02

La vita in trincea era davvero dura ma più incomprensibili erano gli “assalti” cui erano costretti (molto spesso le “ribellioni” erano verso questi atti assurdi che comportavano la sicura morte per i poveri fanti che dovevano uscire allo scoperto facili bersagli dell’artiglieria nemica). In “Isonzo 1917” Edizioni BUR Mario Silvestri scrive:
“Uscire dalla protezione della trincea e lanciarsi nel vuoto, verso le armi che sputavano fuoco secondo uno schema studiato da mesi; la sopravvivenza determinata da un fatto puramente statistico: il non trovarsi sul percorso di una pallottola; una decimazione ripetuta tante volte, che alla fine di una serie di attacchi solo un piccolo gruppo di superstiti si guardava smarrito e terrorizzato: questo toccava il limite delle possibilità di sopportazione dell’uomo normale.
Ogni volta che un essere umano era sottoposto ad una simile prova, perdeva una parte della sua personalità, una parte della capacità di intendere e di volere. Dopo un certo numero di queste esperienze il giovane combattente era trasformato in un essere psichicamente malato.
Si diedero casi di suicidio, per la paura di dover andare all’assalto. La pazzia improvvisa era tutt’altro che infrequente”.

La disfatta di Caporetto era molto vicina

Joshua Madalon

Marcia_nella_valle_dell'Isonzo