Fuochi – un PERCORSO NELLA MEMORIA – 4

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Fuochi – un PERCORSO NELLA MEMORIA – 4

Erano quasi le venti ed avevamo appena finito di cenare, Mary ed io con I bambini. Quella stessa sera eravamo tornati da Napoli dove avevamo avuto impegni di lavoro e di famiglia. I bambini erano rimasti con i nonni al mare e noi a scuola per gli Esami di Stato. Finiti quelli, avevamo programmato di tornare a casa, a Prato per una settimana e saremmo andati poi in vacanza per un altro paio di settimane sulla riviera romagnola.
Il viaggio di ritorno era stato come sempre snervante. I nonni facevano a gara per colmarci di cibarie tradizionali – il pane, la mozzarella, i pomodori buoni, il vino, l’olio – questi due ultimi dopo la nascita del secondo bimbo avevamo evitato per mancanza di spazio di portarli. I primi no, perché a Lavinia il “pane di Pozzuoli” piaceva da matti e per noi la “mozzarella di bufala campana” è ancora oggi il non plus ultra dei prodotti tipici. I pomodori, poi….erano quelli grandi e senza molti semi. Caricare la macchina era uno stress e lo è ancora oggi. E poi dover percorrere 500 chilometri non era poco, se per farne solo dieci ci si impiegava un’ora nel traffico intenso sulla Tangenziale, irta di pericoli che non ti aspettavi con autisti di Formula 1 su Alfette e 500 che zigzagavano a tutto gas, senza controlli e senza alcuna segnalazione. Mary era stanca e si insediò nello studio, lasciando tutte le finestre e le porte-finestre aperte e spalancate perchè passasse un po’ di aria fresca.
Avevo promesso ai bambini di portarli fuori: loro non erano stanchi, si erano svegliati tardi quella mattina e poi avevano dormicchiato per alcune ore durante il viaggio.
Lavinia si preparò più velocemente del solito, mentre per Daniele fu necessario il mio aiuto. Era già buio quando uscimmmo di casa. Io ero già cotto abbastanza ed avrei volentieri fatto a meno, ma ogni promessa, come si dice, è un debito. E così uscimmo. Malvolentieri allo stesso modo risalii in macchina, ne avrei fatto a meno ma non potevamo andare a piedi. Il luogo era un parco di medie dimensioni che durante l’estate veniva utilizzato per feste e fiere varie e quella era l’ultima sera della Festa de l’Unità. Parcheggiammo in uno spiazzo sterrato abbastanza sconnesso e polveroso; ci aiutò a cercare un posto in una marea di auto un ragazzo di colore che mi chiese un contributo. Poi come sempre accadeva c’era la forca dell’ingresso con la distribuzione delle coccarde a quel tempo ancora rosso fuoco, in cambio di un contributo a piacere, minimo 1000 lire però! L’ingresso era comunque quello secondario che portava ad un viale appartato dal resto della Festa, ma fummo tutti sorpresi dalle voci che sentivamo provenire dal pratone al di là delle alte siepi. Lavinia e Daniele saltellavano mentre ancora li tenevo per mano, timorosi di potersi smarrire tra la folla. Le voci indistinte e confuse ci arrivavano mentre i venditori degli stand che erano sistemati lungo il vialone principale invitavano gli astanti e i passanti ad assaggiare i loro prodotti o ad acquistare l’ultimo dei biglietti disponibili per il sorteggio che di lì a poco – dicevano – sarebbe avvenuto con l’utilizzo della ruota. Daniele era attratto dallo zucchero filato mentre Lavinia gradiva le schifezzuole gommose davvero disgustose.

fine quarta parte….continua….

Joshua Madalon

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