Una “fisima” seconda parte – “Sono i cinesi!”

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Una “fisima” seconda parte – “Sono i cinesi!”

Eh sì è anche per questo che poi avvengono fatti drammatici nella nostra città. Sembra, dico “sembra” non per prudenza ma per correttezza, che siano stati dei “cinesi” a picchiare l’altro giorno in modo violento ed apparentemente senza un motivo logico alcuni operai che, in un’azienda tessile condotta da cinesi, si erano ribellati denunciando il trattamento economico essenzialmente “a nero” e fortemente al di sotto del minimo della dignità.
Lo dico a voce alta: in un Paese nel quale l’elusione e l’evasione contributiva e fiscale non è mai stata adeguatamente controllata, sanzionata e punita, le comunità straniere trovano terreno fertile per allinearsi in tal senso e considerare a ragione (una ragione “amara” ma perfino comprensibile) atto di intolleranza xenofoba e persecutoria qualsiasi accertamento in materia fiscale. Possiamo certamente dire che entrando nel nostro Paese devono rispettarne le regole, ma non possiamo chiedere “solo” a loro di adeguarsi, perchè potrebbero rispondere che, certo, sono ben più integrati di quanto noi si chieda.
Se, e dico “se” per le ragioni di cui sopra, quel che è accaduto nel capannone di Montemurlo ha a che vedere davvero per una resa dei conti nei confronti di chi ha voluto denunciare al Sindacato il trattamento economico illegale, allora bisogna dire che molte sono le continue segnalazioni “anonime” (mi spiego meglio, io conosco chi segnala ma spesso per motivi “umanitari” mi chiede di non procedere in una denuncia) sul lavoro nero diffuso in questa città.
Sarebbe tempo di reagire e rimettere in circolo l’economia in modo legale, ma anche il Governo del “cambiamento” non ha tra le sue proposte questa scelta come priorità, alla faccia dell’ “Onestà” di cui ci si riempie la bocca.
Ritornando a questioni più umili, non meno serie, ma amene, vi parlo del dramma del “porta a porta” e degli esiti paradossali della sua diffusione.
Arrivarono forse sottopagati come tanti operatori delle cooperative ad illustrarci le magnifiche sorti e progressive della raccolta rifiuti porta a porta, condominio per condominio, scala per scala. Tutti muniti di opuscoli colorati su cui campeggiava, accompagnato dal simpatico Lupo Alberto, il logo dell’Azienda partecipata locale. Illustrarono con dovizia di particolari tutte le pratiche e le funzioni dei vari contenitori, annunciando che in una prima fase sarebbero state segnalate le infrazioni e successivamente sarebbero state sanzionate esplicitamente e solidamente.
L’uomo d’ordine, che –anche se non vi sembrerò tale (leggete il post del 6 novembre) – sono io, si propose di avviare all’interno della scala condominiale un controllo, segnalando le infrazioni “involontarie” per motivi logici collegati all’analfabetismo, di “andata” e di “ritorno”.
Diciamo che la “cosa” non funzionò; troppe volte pacchi maleodoranti e grondanti liquidi venivano per l’aggiunta depositati alcuni giorni prima di quando sarebbero poi stati prelevati dagli addetti. La carta che viene ritirata un solo giorno a settimana e per la quale espressamente era richiesto che fosse raccolta in modo compatto (e non alla rinfusa) veniva buttata a casaccio, con il risultato che allorquando traboccava e c’era il vento si spargeva per le strade.
Ero rimasto fermo con l’auto all’uscita dal passo carrabile. Davanti a me il furgone della raccolta della carta, abbandonato provvisoriamente per il tempo nel quale l’addetto, un giovanotto dall’aria intelligente e cortese, fosse tornato con un nuovo carico.
“Mi scusi. Deve uscire? Mi sposto” gli faccio cenno di no, anche se la posizione del mio mezzo rivela la bugia. Rimango lì a guardare il suo lavoro, rispettoso dei suoi tempi molto più cogenti dei miei. La macchina a cui ha agganciato i due contenitori solleva un carico di carta svolazzante. Glielo faccio notare. E lui: “Sono i “cinesi”!”

Joshua Madalon

….continua…

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