da “Helgoland” una lezione di vita per costruire un futuro di pace – parte prima

da “Helgoland” una lezione di vita per costruire un futuro di pace

Nei giorni scorsi ho accennato a questo saggio di Carlo Rovelli, mentre scorazzavo con la mente e le parole intorno a tematiche molto drammatiche, di cui ho sostanzialmente taciuto negli scorsi mesi: le vicende della guerra russo-ucraina si sono dipanate quasi interamente nel tempo in cui io ho avviato una singolar tenzone con la malattia…e pur avendo formato un mio personale giudizio (quasi certamente esso ha preso forma molto lentamente, costringendo le mie passioni a silenziose e solitarie riflessioni), ho tardato ad esporlo, rinunciando per più di due mesi ad utilizzare questo spazio.

Nondimeno ho letto molto ed il saggio di Carlo Rovelli, complice Alberto Crespi, mi ha rafforzato nei ragionamenti che andavo facendo tra me e me o poco più. Carlo Rovelli è un fisico, ed è un filosofo della scienza; Alberto Crespi è uno dei più grandi esperti della Storia del Cinema. Mi ha incuriosito il frequente richiamo bibliografico e le numerose citazioni, apposte ai punti più rilevanti (apertura e chiusura dell’ultimo suo saggio, “Short Cuts. Il Cinema in 12 storie”) derivanti dal testo di Carlo Rovelli, “Helgoland”. Quest’ultimo, solo in apparenza, tratta di argomenti di fisica quantistica lontani, dal mondo di cui parla Crespi.

In realtà la trattazione scientifica scorre per proprio conto ed è materia per chi è già esperto di quelle plaghe scientifiche: la storia narrata è affascinante e conferma l’assoluta distanza stratosferica tra i comuni mortali e i grandi possessori di scienza. Ma in quel saggio vi sono anche pagine che dovrebbero indurre a profonde riflessioni i nostri uomini politici, soprattutto quelli che ritengono di essere in possesso di qualità culturali superiori; senza andare a scomodare le solite affermazioni sulla Storia bisogna che vi sia la consapevolezza che “essa” ha un valore nel suo dipanarsi ma poi deve essere sempre sottoposta ad una verifica critica, che tenga conto delle variabili collegate ad una visione che sappia riconoscerle per adeguare le future scelte.

“Ogni visione è parziale” scrive Rovelli a pag.195 “Non esiste un modo di vedere la realtà che non dipenda da una prospettiva. Non c’è un punto di vista assoluto, universale. I punti di vista tuttavia comunicano, i saperi sono in dialogo fra loro e con la realtà, nel dialogo si modificano, si arricchiscono, convergono, la nostra comprensione della realtà si approfondisce.” E ancora, sempre in quella pagina: “Di relazioni è fatto il nostro io, le nostre società, la nostra vita culturale, spirituale e politica.”

In realtà Carlo Rovelli parla del lavoro dello scienziato, che non può fermarsi al dato oggettivo di un unico soggetto in un determinato momento ma ha bisogno di approfondire e comunicare inter relazionandosi con altri scienziati.

“Tutto quanto siamo stati capaci di fare nei secoli lo abbiamo fatto in una rete di scambi. Per questo la politica di collaborazione è più sensata ed efficace della politica di competizione”.

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