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3 settembre – Afghanistan – parte 3 – con un doveroso breve preambolo – La consapevolezza della (dura) realtà ed una serie di constatazioni anche valide per noi

Afghanistan – parte 3 La consapevolezza della (dura) realtà ed una serie di constatazioni anche valide per noi

Preambolo Ogni popolo ha conquistato in modo autonomo le sue libertà; le grandi Rivoluzioni hanno visto protagoniste le masse, semmai guidate da un ceto borghese o popolare, ma intellettuale. Anche il popolo afgano, se vuole che tutto cambi a favore di una civiltà di tipo occidentale, deve essere in grado “liberamente” di assumersi quest’onere, senza pensare che “altri” svolgano tale compito in sua vece – Noi occidentali possiamo indicare la via, ammesso (e non concesso) che sia quella giusta ma poi, al netto della necessaria solidarietà per tutt3 coloro che vogliano allontanarsi temendo per la vita loro e delle loro famiglie, per le quali le nostre “porte” devono essere spalancate, bisogna che siano in grado in piena autonomia di decidere sul loro futuro, sia esso quello del mantenimento dello stato attuale (talebani e aderenza islamica) sia altro

Sulla situazione che si è andata creando in Afghanistan sono Illuminanti le parole pronunciate da papa Francesco nel corso di una intervista ad una Radio cattolica spagnola. Le ha condivise, attribuendole alla calcelliera Merkel, ma appartengono ad un altro leader mondiale, quello russo, Vladimir Putin. Può sembrare curiosa questa involontaria concordia di pensiero, ma è quello che quasi certamente la stragrande maggioranza della popolazione mondiale pensa (anche se poi sono in pochi quelli che davvero contano sul piano della messa in pratica) e da molto tempo. “Per quanto posso vedere non tutte le eventualità sono state prese in considerazione qui, sembra, non voglio giudicare, non tutte le eventualità. Non so se ci sarà una revisione o meno, ma certamente c’è stato molto inganno forse da parte delle nuove autorità. Io dico inganno o molta ingenuità, non capisco” ha detto Bergoglio introducendo poi la lettura di un testo: “È indispensabile che la politica irresponsabile dell’ingerenza dall’esterno e della costruzione della democrazia in altri Paesi, ignorando le tradizioni dei popoli, abbia fine”.  

Di certo, sembra di essere entrati in una “commedia dell’assurdo” con tanti protagonisti che finiscono per apparire delle vere e proprie “caricature” come il “Miles gloriosus” plautino o il “Capitano” della nostrana Commedia dell’Arte. In questa vicenda finiranno per farci una davvero figura cacina gli americani la cui “intelligence” (merita a questo punto la minuscola) non è stata in grado di prevedere in modo più o meno vicini alla realtà – sarebbe il suo ruolo – gli esiti della faccenda: per loro non ci sarebbero stati problemi per le operazioni di rientro fino al termine dell’anno in corso. Sono stati gabbati, e con loro anche gran parte di tutti gli altri partecipanti alla “missione”, da un nugolo di personaggi da loro considerati a tutta evidenza “inferiori”. E che sul piano della preparazione strategica con una conoscenza millimetrica del territorio e della sua storia e delle sue tradizioni è di gran lunga “naturalmente” superiore a chicchessia.

A questo si riferisce il Papa, quando contribuisce a creare una forma di rispetto che tradizionalmente i “popoli” forti (sedicenti “civili”) non hanno avuto nei secoli verso popolazioni considerate “inferiori”. Bisogna evitare di cascare ideologicamente in tale “tranello”, partecipando ad un gioco mistificatorio intorno ad una presunta “occidentalizzazione” della civiltà afgana che sarebbe offuscata dalla protervia dei “talebani”.

La realtà è ben altra, molto lontana e diversa da quella che ci si vorrebbe far credere. Nel senso che, pur esistendo una tradizione che vede esclusa la donna dalla partecipazione sociale, che soffoca ogni forma di libertà di espressione simil-occidentale artistica e non solo, non si può pretendere che il cambiamento avvenga sotto forma di “occupazione” straniera (pur camuffata da “missione di pace”). La realtà cui oggi assistiamo ci dice che le condizioni sociali da venti anni a questa parte non sono migliorate per la stragrande maggioranza della popolazione. Una minoranza che a qualcuno è apparsa considerevole, grazie ad una propaganda mediatica profondamente scorretta, ha visto aprirsi varchi occidentali, ma alla fine dei conti “innaturali” rispetto ai contesti.

2 settembre – LE STORIE – altre (il Circolo San Paolo di via Cilea) 2009 seguenti – dopo una breve introduzione parte 4

Quanta acqua è passata sotto i ponti da quel 2010 – il documento che segue è una lettera aperta inviata da una delle principali attiviste del territorio di San Paolo agli iscritti del Partito Democratico (a partire dai suoi Dirigenti di allora, che sono ancora “miracolosamente” in prima linea). Da essa si evince una forte carica polemica, dovuta essenzialmente alla preoccupazione rispetto ad una “deriva” – forse, con gli occhi di oggi, inevitabile – verso la quale si stava dirigendo il Partito. Elisa ha poi, come tanti altri, scelto di fare Politica nella Sinistra fuori dal PD.

Elisa V. 07 giugno alle ore 18.40
Cari amici vicini e lontani
Vi chiedo due minuti per leggere questo appello, che riguarda la democrazia e la libertà di questo paese e di questa città, indipendentemente dal fatto che votiate PD o un altro partito.
Io credo nella democrazia, nell’uguaglianza, nella libertà. Vorrei un PD nuovo, dove le persone valgono più delle tessere, dove i valori e le esigenze della gente valgono più delle poltrone e dei meccanismi del potere.
Da tre anni faccio politica attivamente.
Per tre anni ho avuto pazienza, ho aspettato che i tempi cambiassero, che le varie elezioni che si sono susseguite a livello nazionale e locale lasciassero tempo e spazio a dibattiti ed attività diverse dal tesseramento, volantinaggio e porta-a-porta.
Ho sempre dato la mia disponibilità per questo tipo di manovalanza che è necessaria, ma che non può essere l’unico impegno di un circolo. Non è politicamente ed eticamente accettabile.
Ho fatto presente esigenze e proposte, condivise da altri giovani, in più sedi, a più persone, ripetutamente, ma non abbiamo mai ricevuto risposta e soprattutto non abbiamo mai visto la reale volontà di venir incontro alle nostre richieste nè di attuare un cambiamento.
Non ho mai visto sfruttare le persone per le competenze specifiche che avevano ed ho visto scorrettezze che non dovrebbero esistere.
Dopo tre anni di delusione mi sono trovata a parlare con persone che avevano la stessa mia delusione, ma che pure desiderano ancora di dare un contributo all’interno di questo partito. Ma anche con persone fin’ora lontane dalla politica, elettori non tesserati o semplici simpatizzanti che vogliono intraprendere un percorso nuovo.
E’ così che è nata l’idea di un nuovo circolo. Una nuova aggregazione di persone che vogliono dare un contributo attivo in questo partito dovrebbe essere sempre vista come una risorsa e mai come qualcosa da scongiurare e da guardare con sospetto. Non stiamo fondando un nuovo partito, nè vogliamo togliere niente a nessuno. Io personalmente non aspiro a cariche di nessun tipo e livello… Semplicemente c’è un gruppo di persone che rivendica una modalità nuova, moderna e dinamica di fare politica, e che chiede di poterlo fare in questa nuova sede per garantirsi un percorso autonomo ed un clima sereno fondato sul rispetto reciproco e sulla trasparenza.
Ognuno di noi deve trovare la modalità più consona al proprio carattere, più rispondente alla propria visione della partecipazione.
Ho il diritto di scegliere il contesto in cui desidero offrire il mio contributo, un contesto che mi metta in condizioni di esprimermi liberamente, che non reprima le mie esigenze e che non mi faccia sentire (in pratica e non solo in teoria) inferiore e meno importante degli altri solo perchè non ricopro nessuna carica politico/amministrativa.
Chiunque di voi riconosca il diritto delle persone di aggregarsi e di scegliere la forma in cui desiderano dare il proprio contributo all’interno di un partito (visto che nessuna norma lo vieta) può aderire a questo gruppo FB e sottoscrivere la nostra proposta.
Io non credo che il PD, in questo momento storico più che mai, possa permettersi il lusso di perdere adesioni e di rispondere negativamente ad una richiesta di questo tipo, già sottoscritta da cinquanta cittadini. Ci possiamo permettere, come partito, di fare discriminazioni e dire: “tu puoi dare un contributo solo alle mie condizioni ed alle mie regole, nel luogo che decido io per te”?
Per molti motivi e molte vicende locali e nazionali sto perdendo fiducia in questo partito. Questa è un occasione per dimostrare, a chi come me ha una fede che vacilla, che questo Partito è Democratico non solo nel nome, ma anche nei fatti. Attendo una dimostrazione e se non verrà neppure questa potrei anche decidere di non rinnovare la tessera. Perchè dovrei vergognarmi nel dirlo e nel rivendicare il mio diritto di esercitare lo spirito critico? Vediamo se a qualcuno interessa o meno perdere il mio voto…
(P.S: Sono laureata in Filosofia Politica e sarei certo in grado di elaborare un documento più strutturato e razionale, ma credo che la crisi della politica sia dovuta anche al fatto che ci si rifiuta di ascoltare gli sfoghi emozionali delle persone, quelli che, come questo, vengono dalla pancia…)

1 settembre – Afghanistan – parte 2 La consapevolezza della (dura) realtà ed una serie di constatazioni anche valide per noi

Afghanistan – parte 2 – La consapevolezza della (dura) realtà ed una serie di constatazioni anche valide per noi

Sarebbe bastato un livello di attenzione un po’ più elevato per far condividere al mondo intero le problematiche più crude che hanno caratterizzato la vita del popolo afgano e farle comprendere. Invece è accaduto proprio che il “mondo” intero sia stato interessato per quasi due anni da un flagello, “inatteso” anche da parte di quelle popolazioni direttamente interessate, in senso attivo e passivo, dalla occupazione ventennale.

A tale proposito, e non per una banale digressione, sarebbe il tempo per avviare una seria e profonda riflessione su quel che ha significato, e va significando, la nostra “clausura”, più o meno forzata, per la pratica della Democrazia partecipativa nelle nostre lande, periferiche e non solo, ma soprattutto le prime. Mi è sorto spesso in questi mesi il dubbio  (ed è molto più di un “dubbio”) che le stesse manifestazioni violente, di tipo politico, verificatesi nel corso di questi mesi (agitazioni a favore della “Libertà” sia da parte di coloro che volevano tenere aperto tutto, sia poi da parte di coloro che si ribellano al condizionamento civico derivante dal Green Pass) siano manovre antilibertarie che hanno lo scopo di far diffondere il contagio e costringere, così, le popolazioni a rimanere più o meno ferme nel loro “guscio”, pronte semmai a venir fuori per un “voto utile” ma solo per quello. “A pensar male spesso si fa peccato ma quasi sempre ci si indovina” diceva il saggio.

E la digressione lascia aperti tutti i dubbi anche su quel che è avvenuto in Afghanistan, dove la “Democrazia” non ha mai trovato applicazione, visto il livello bassissimo di partecipazione alle competizioni elettorali, che è per noi occidentali la cartina di tornasole che a tutta evidenza non è stata presa in considerazione da molti diplomatici e politici di razza. D’altra parte la stessa poderosa avanzata dei “talebani” ha segnalato che una parte della società afgana, la maggioranza indubbiamente, non aveva alcuna intenzione di resistere: l’Esercito formato da rappresentanti del popolo ha scelto in massa di alzare le mani in modo arrendevole di fronte alla marcia vittoriosa e prorompente di quella parte minoritaria, che aveva assunto ruoli di contrapposizione violenta e terroristica anche negli anni passati, non del tutto diversamente dalla temuta ISIS.

Per portare degli esempi sono a ricordarvi che a fine settembre 2019 in èra pre Covid le elzioni presidenziali si sono svolte sotto la minaccia armata – non dell’ISIS – ma di quei “talebani” che oggi alternano aperture a chiusure in modo confuso, forse ad arte. Quelle minacce non hanno sortito una presa di posizione decisa da parte delle forze che sventolano le bandiere della Democrazia, tanto è che in quella occasione ci furono anche attentati – non da parte degli  jihadisti  dello Stato islamico ma dei “talebani”. La partecipazione fu ridottissima. Come riporta un articolo de “Il Sole 24ore” 28 settembre 2019 a firma di Roberto Bongiorni

https://www.ilsole24ore.com/art/presidenziali-afghanistan-sfida-all-astensione-e-talebani-ACcLidn

“Solo un terzo dei cittadini sono iscritti alle liste elettorali. Nessuna donna candidata, l’incognita jihadista” e in questo articolo egli scrive anche “I motivi per essere pessimisti sono numerosi. I precedenti, peraltro, non depongono certo a favore di chi spera di veder questa martoriata terra avviare un genuino processo di democratizzazione. Finora le elezioni presidenziali sono sempre state la cronaca di un insuccesso annunciato. Macchiate da frodi, brogli, colpi bassi tra i candidati.”

31 agosto – Afghanistan – La consapevolezza della (dura) realtà

Il tempo del Covid ci ha condizionato, più di quanto non avvenisse prima, a prendere in considerazione solo – o poco ma davvero poco più –  ciò che ci circondava. Siamo rimasti vittime di quella sindrome dell’ombelico che probabilmente era tipica dei nostri progenitori nella società pastorale e contadina preindustriale. Gli stessi notiziari dei mesi primaverili del 2020 e poi di seguito quelli autunnali ed i seguenti invernali del 2021 erano esclusivamente collegati alla trasmissione dei dati pandemici; i rotocalchi televisivi dibattevano dal mattino alla notte sempre le stesse argomentazioni. Non è stato molto diverso il periodo più recente con lo snocciolamento dei dati sulla vaccinazione e le diatribe tra favorevoli e contrari. Poche davvero le variazioni fuori dal tema: in primo luogo di certo i contrasti paradossali e schizofrenici della Politica nostrana; in secondo luogo le notizie sportive collegate all’abbuffata di eventi che ha visto concentrarsi nel 2021 anche parte di quanto avrebbe dovuto svolgersi nel 2020 (Europei di Calcio, Olimpiadi e Paralimpiadi) ed era stato rinviato a causa della pandemia.

Negli ultimi giorni – forse proprio a causa di questa reclusione forzata del corpo e della mente che fino a poco tempo fa ci ha esclusi dalla “realtà” – è scoppiata la questione afgana. Ed è apparsa subito la grande difficoltà a comprendere la portata degli eventi che costringono la comunità internazionale ad assumersi responsabilità che fino a poco tempo fa erano state colmate dagli Stati Uniti, che si erano assunto il ruolo di “poliziotti del mondo” con interventi armati camuffati da “esportazione di democrazia”. Per molto tempo ed in particolare allorquando è venuta meno la ragione ideologica dello scontro tra capitalismo e comunismo gli Stati Uniti hanno dirottato i loro interessi politici ed economici nell’area medio orientale, agendo indisturbati sotto lo scudo di una falsa interpretazione della Civiltà e della Democrazia, valori che sono stati utilizzati per accaparrarsi fette di mercato né più né meno rispetto a quanto facevano regimi autoritari antidemocratici. L’Afghanistan non è Kabul e Kabul è solo in parte minima la cartina di tornasole che vorrebbe dimostrare quanta Democrazia fosse stata conquistata in questi venti anni. L’Afghanistan è un territorio immenso la  maggior parte del quale è rimasta nelle condizioni in cui si trovava negli anni precedenti; forse ancor peggio di prima. Anche questo spiega le ragioni per cui l’esercito “non ufficiale” dei “talebani” (il cui termine è stato nel nostro Occidente sempre declinato in modo negativo) ha avuto una straordinaria facilità nel conquistare l’intero territorio fino a Kabul in pochissimi giorni, battendo senza colpo ferire (o con pochissime perdite da una parte e dall’altra)  l’esercito “ufficiale” finanziato dall’Occidente per difendere gli “straordinari” risultati conseguiti.

Questo non elimina la profonda amarezza per tanti di noi, democratici occidentali, che speravano in soluzioni meno traumatiche e maggiormente collegabili ad uno stile di vita più simile al nostro. Non è stato e non è così. Sentiamo dire da vari commentatori che abbiamo potuto apprezzare quanti e quali “straordinari” risultati dal punto di vista “civile” (nel senso “occidentale”) sarebbero stati raggiunti nel corso di questi anni; ma le vicende recenti (il travolgente successo dei “talebani” versus “società – da noi detta – civile”) smentiscono questa tesi, mettendo in evidenza che – forse – solo una minima parte della società afgana aveva acquisito costumi più o meno simili ai nostri, quali una tendenza alla parità di genere e a una alfabetizzazione di valore medio superiore ed universitario. Occorrerà prendere consapevolezza di questo insuccesso, spiegarne le ragioni e con pazienza ricercare le vie d’uscita verso un vero e proprio “progresso”. Ma sarà dura e difficile, anche per la responsabilità occidentale di accontentarsi solo delle apparenze senza andare alla sostanza delle cose.

30 agosto un post del 30 agosto 2017 – RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – ALCUNE PRECISAZIONI DOPO IL MIO POST DI IERI ( vedi 17 agosto per post precedente )

RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – ALCUNE PRECISAZIONI DOPO IL MIO POST DI IERI

IMMAGINE 30 AGOSTO 2017 LASCIA UN COMMENTO MODIFICA

RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – alcune precisazioni….

Dopo il mio post di ieri su come vorrei che fosse la Scuola in merito ai Programmi ed ai tempi di loro attuazione dovrei precisare alcuni aspetti: 1) la riduzione degli anni da cinque a quattro proposta dalla Ministra Fedeli dovrebbe essere funzionale ad equiparare i percorsi di studio complessivi adeguandoli agli standard europei: ciò dovrebbe avvenire per tutto il resto, però! e mi spiegherò meglio dopo; 2) la ristrutturazione di alcuni Programmi, in particolare quelli che si basano su una loro specifica temporalità cronologica (per comprenderci meglio: Italiano, Storia e Letterature straniere), dovrebbe essere funzionale a creare delle specializzazioni anticipate rispetto all’Università, creando con quest’ultima un raccordo preventivo; 3) la distinzione all’interno del quadro docente tra burocrati (utilizzo il termine come qualifica positiva) ed insegnanti dovrebbe portare ad una valorizzazione delle specificità acquisite creando figure intermedie tra la Dirigenza e la Docenza.

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Parto da quest’ultimo punto – il terzo – per meglio precisare il mio pensiero: con la nuova funzione “burocrate” si eliminerebbero le figure ambigue e spurie di docenti che, proseguendo a svolgere la loro attività, si occupino “anche” degli aspetti organizzativi, accedendo a compensi aggiuntivi molto spesso inadeguati. Allo stesso tempo si risolleverebbero da incombenze burocratiche la gran parte dei docenti “insegnanti”. (Badate bene, la mia non è un’accusa nei confronti di chicchessia: ho detto ieri che “invidio” alcune capacità “professionali” più propriamente organizzative sul piano delle “burocrazie” ma poiché queste ultime “esistono” ed “insistono” sulle attività pedagogiche generali appesantendole trovo importante un intervento specifico nella direzione da me proposta!).

Quanto al secondo punto mi spiego meglio: lo studio di autori lontani da noi come Dante, Petrarca e Boccaccio (sono i tre grandi del Trecento, ma spesso sono accompagnati da altre figure di quel periodo) è estremamente faticoso per una platea generica come quella di un primo anno della seconda fase di studio superiore (c’è chi ha uno specifico interesse e c’è chi ha invece una crisi di rigetto letale verso la Letteratura tout court!): quegli autori parlano di tempi lontani in una lingua che avrebbe bisogno di essere tradotta in linguaggio corrente per poter far apprezzare il “pensiero” espresso. La mia proposta sarebbe quella di parlare di Letteratura come costruzione del “vissuto” personale: una sorta di Laboratorio di scrittura attraverso la lettura del proprio presente, quello che volgarmente oggi sentiamo chiamare “storytelling”. A coloro che apprezzano invece uno studio “storico” della Letteratura offrirei moduli da affidare a personale competente dedicati a periodi e figure tra le più rilevanti a livello internazionale. Per quanto concerne la Storia proverei ad avanzare una proposta “rivoluzionaria”: perché non farla studiare “a ritroso”? Utilizzando le “conseguenze” per recuperare le “cause”?

Sul primo punto intendo rilevare che va benissimo adeguare il nostro “corso di studi superiore” a quelli europei ma senza combinare quel pasticcio che è la proposta Fedeli. Intanto cominciamo con il dire che la scuola in Europa è strutturata in orari scolastici prolungati ma onnicomprensivi dell’impegno dello studente (in parole povere, quando il ragazzo esce da scuola non ha compiti da svolgere a casa, né scritti né orali); inoltre è noto che gli stipendi dei docenti nel resto d’Europa sono molto più alti di quanto non lo siano in Italia.
Ovviamente quel che scrivo è contrassegnato da alcuni limiti: 1) sono (stato) un docente di Materie letterarie in una scuola superiore di secondo grado; 2) sono in pensione; 3) mi occupo di scrittura creativa; 4) odio la burocrazia.

Perdonatemi! ma allo stesso tempo ascoltate quanto dico: il disastro della nostra Scuola italiana lo pagheranno i nostri figli ed i nostri nipoti, ma già adesso i segnali sono molto chiari e rischiamo di avere al Potere una massa di ignoranti delle loro stesse radici, delle ragioni primarie della nostra Storia. Abbiamo il dovere di parlare, anche se questo offenderà qualcuno….


Joshua Madalon

28 Agosto – INFER(N)I – altri Inferni – non solo Dante – “Metamorfosi” di Ovidio Libro X – Orfeo ed Euridice – 4

Proseguendo in una ricognizione di alcuni “viaggi” immaginati dai nostri predecessori non dovrebbe mancare il riferimento ad uno dei “miti” narrati in diverse stagioni – qui sotto ritroviamo uno dei più celebri, quello che Publio Ovidio Nasone inserisce nel Libro X delle “Metamorfosi” – Ne riporto una parte (vv. 1-77): ignoro chi sia l’autore della traduzione https://www.miti3000.it/mito/biblio/ovidio/metamorfosi/decimo.htm . Orfeo, mitico leggendario cantore, decide di andare negli Inferi a richiedere di poter riportare in vita la sua amata Euridice, ancora nel fiore della giovinezza, uccisa dal veleno di un serpente. Davanti a Persefone e Plutone egli racconta gli eventi e, commuovendo tutti i presenti, riesce ad ottenere di poter riportare con sé Euridice, a patto che egli non le volga lo sguardo prima di essere ritornato fuori dalle tenebre. Per il grande amore che porta alla donna, mentre la tiene con mano nel risalire i sentieri che li riportano fuori dagli Inferi cede alla passione ed al grande desiderio e gira verso di lei lo sguardo, segnando definitivamente il triste destino della donna e della loro vita in comune.

Di lì, avvolto nel suo mantello dorato, se ne andò Imeneo
per l’etere infinito, dirigendosi verso la terra
dei Cìconi, dove la voce di Orfeo lo invocava invano.
Invano, sì, perché il dio venne, ma senza le parole di rito,
senza letizia in volto, senza presagi propizi.
Persino la fiaccola che impugnava sprigionò soltanto fumo,
provocando lacrime, e, per quanto agitata, non levò mai fiamme.
Presagio infausto di peggiore evento: la giovane sposa,
mentre tra i prati vagava in compagnia d’uno stuolo
di Naiadi, morì, morsa al tallone da un serpente.
A lungo sotto la volta del cielo la pianse il poeta
del Ròdope, ma per saggiare anche il mondo dei morti,
non esitò a scendere sino allo Stige per la porta del Tènaro:
tra folle irreali, tra fantasmi di defunti onorati, giunse
alla presenza di Persefone e del signore che regge
lo squallido regno dei morti. Intonando al canto le corde
della lira, così disse: «O dei, che vivete nel mondo degl’Inferi,
dove noi tutti, esseri mortali, dobbiamo finire,
se è lecito e consentite che dica il vero, senza i sotterfugi
di un parlare ambiguo, io qui non sono sceso per visitare
le tenebre del Tartaro o per stringere in catene le tre gole,
irte di serpenti, del mostro che discende da Medusa.
Causa del viaggio è mia moglie: una vipera, che aveva calpestato,
in corpo le iniettò un veleno, che la vita in fiore le ha reciso.
Avrei voluto poter sopportare, e non nego di aver tentato:
ha vinto Amore! Lassù, sulla terra, è un dio ben noto questo;
se lo sia anche qui, non so, ma almeno io lo spero:
se non è inventata la novella di quell’antico rapimento,
anche voi foste uniti da Amore. Per questi luoghi paurosi,
per questo immane abisso, per i silenzi di questo immenso regno,
vi prego, ritessete il destino anzitempo infranto di Euridice!
Tutto vi dobbiamo, e dopo un breve soggiorno in terra,
presto o tardi tutti precipitiamo in quest’unico luogo.
Qui tutti noi siamo diretti; questa è l’ultima dimora, e qui
sugli esseri umani il vostro dominio non avrà mai fine.
Anche Euridice sarà vostra, quando sino in fondo avrà compiuto
il tempo che gli spetta: in pegno ve la chiedo, non in dono.
Se poi per lei tale grazia mi nega il fato, questo è certo:
io non me ne andrò: della morte d’entrambi godrete!».
Mentre così si esprimeva, accompagnato dal suono della lira,
le anime esangui piangevano; Tantalo tralasciò d’afferrare
l’acqua che gli sfuggiva, la ruota d’Issìone s’arrestò stupita,
gli avvoltoi più non rosero il fegato a Tizio, deposero l’urna
le nipoti di Belo e tu, Sisifo, sedesti sul tuo macigno.
Si dice che alle Furie, commosse dal canto, per la prima volta
si bagnassero allora di lacrime le guance. Né ebbero cuore,
regina e re degli abissi, di opporre un rifiuto alla sua preghiera,
e chiamarono Euridice. Tra le ombre appena giunte si trovava,
e venne avanti con passo reso lento dalla ferita.
Orfeo del Ròdope, prendendola per mano, ricevette l’ordine
di non volgere indietro lo sguardo, finché non fosse uscito
dalle valli dell’Averno; vano, se no, sarebbe stato il dono.
In un silenzio di tomba s’inerpicano su per un sentiero
scosceso, buio, immerso in una nebbia impenetrabile.
E ormai non erano lontani dalla superficie della terra,
quando, nel timore che lei non lo seguisse, ansioso di guardarla,
l’innamorato Orfeo si volse: sùbito lei svanì nell’Averno;
cercò, sì, tendendo le braccia, d’afferrarlo ed essere afferrata,
ma null’altro strinse, ahimè, che l’aria sfuggente.
Morendo di nuovo non ebbe per Orfeo parole di rimprovero
(di cosa avrebbe dovuto lamentarsi, se non d’essere amata?);
per l’ultima volta gli disse ‘addio’, un addio che alle sue orecchie
giunse appena, e ripiombò nell’abisso dal quale saliva.
Rimase impietrito Orfeo per la doppia morte della moglie,
così come colui che fu terrorizzato nel vedere Cerbero
con la testa di mezzo incatenata, e il cui terrore non cessò
finché dall’avita natura il suo corpo non fu mutato in pietra;
o come Oleno che si addossò la colpa e volle
passare per reo; o te, sventurata Letea, troppo innamorata
della tua bellezza: cuori indivisi un tempo nell’amore,
ora soltanto rocce che si ergono tra i ruscelli dell’Ida.
Invano Orfeo scongiurò Caronte di traghettarlo un’altra volta:
il nocchiero lo scacciò. Per sette giorni rimase lì
accasciato sulla riva, senza toccare alcun dono di Cerere:
dolore, angoscia e lacrime furono il suo unico cibo.
Poi, dopo aver maledetto la crudeltà dei numi dell’Averno,
si ritirò sull’alto Ròdope e sull’Emo battuto dai venti.

27 agosto – LA SALUTE prima di tutto parte 7 – GREEN PASS – “…e finiamola con questi capricci infantili!”

27 agosto – GREEN PASS – “…e finiamola con questi capricci infantili!”

Green Pass. Faccio uno sforzo a parlare di un tema paradossale, soprattutto se posto al confronto con la tragedia immane che si sta consumando in Afghanistan e della quale siamo tutti responsabili. Ma avevo preso un impegno e, allora!   

“Rinfreschiamo la memoria” – Ciascuno di noi, quando circola, di norma porta con sé la “sua” carta di identità, sulla quale ci sono molte indicazioni: tra le quali luogo e data di nascita, residenza ed una foto che abbia delle specifiche caratteristiche. Ma non solo; l’attuale carta di identità è “elettronica” e contiene molti più dati che potrebbero essere considerati “sensibili”, tra cui il “genere” ed elementi biometrici primari (fotografia) e secondari (impronta digitale). Quando poi siamo alla guida di un mezzo abbiamo l’obbligo di portare con noi anche il documento che attesti la nostra abilitazione alla guida, dove semmai sono segnalate alcune caratteristiche particolari come l’obbligo di utilizzare lenti oppure le diverse sanzioni che attestano nostre infrazioni a volte anche gravi e che comportano la decurtazione di alcuni punti.

Il Green Pass si configura nè più nè meno come una nuova “carta” di riconoscimento, che attesti la possibilità di poter usufruire di alcuni servizi (la Scuola, i luoghi pubblici, gli ambienti di lavoro), dopo aver ricevuto a pieno la vaccinazione contro il Covid19 e sue varianti. Escluderei che si possa avere un Green Pass collegato in modo esclusivo ad un tampone anche se periodicamente frequente, a meno che non ci si trovi di fronte a persone che siano attestate come soggetti che non possano essere vaccinate per seri motivi sanitari. Solo ed esclusivamente in questo caso potrà essere utilizzato come valido ma temporaneo l’esito di un tampone.

La grande confusione nella quale ci ritroviamo è dovuta essenzialmente alla debolezza del Governo, sia quello precedente sia questo attuale. In un tempo di emergenze esiste la legge del rigore, che non può essere confusa – se non in modo strumentalmente bipartisan – con una forma di strisciante dittatura. Quel che è utile e necessario per riportare alla normalità una situazione tutt’altro che ordinaria va messa in atto. In tanti, chiaramente democratici, hanno invocato scelte coraggiose e decise nel corso della pandemia; ma si è voluto accontentare un po’ tutti (in verità, qualche settore – come quello artistico – ha davvero patito discriminazioni incomprensibili) commettendo una serie di errori grossolani che hanno prodotto gravi danni.

E, visto che si parla sempre troppo a vanvera della necessità di semplificazioni lo si prescriva con chiarezza: vaccino obbligatorio per tutti con le distinzioni sempre valide per chi non può per motivi sanitari. E obbligo di avere con sè inserito sulla Carta di identità elettronica il cosiddetto Green Pass. E per farla finita con i distinguo che alcuni pongono in relazione alla possibilità di infettarsi anche dopo il vaccino, diciamocela: ciò è possibile ancor più se circolano elementi umani che, pur non avendo alcuna contraindicazione terapeutica continuano a rifiutarsi di vaccinarsi. Si aggiunga che chi è vaccinato e non ha patologie gravi pregresse non dovrebbe avere bisogno di cure ospedaliere, soprattutto quelle connesse alle terapie intensive o sub intensive. E smettiamola con questi “capricci” infantili!

26 agosto – LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – p.6 Green Pass (mah!) e riflessioni varie (ok!)

In alcuni post recenti ho più volte toccato, ma solo superficialmente annunciandolo, il tema del Green Pass. Sono stato quasi sempre lì lì per trattarlo, ma poi sono stato condizionato da altri stimoli, anche se pur sempre all’interno di questo tremendo tempo che ci è stato donato di vivere. Anche oggi, lo sento, sarò condizionato da alcune sortite, visto che mi trovo di fronte ad eventi, che pur essendo tristi ed inattesi non possono essere spiegati in modo unilaterale, con la lente degli oppositori all’utilizzo del vaccino. E’ accaduto che un noto uomo rappresentante della politica amministrativa sia stato colto da un malore improvviso e sia morto. Purtroppo, come ha ben rilevato un noto “NO VAX”, per tutti è prevista una data di scadenza (ovviamente il “noto” di cui parlo si riferisce esclusivamente al fatto che, dovendo perire, non è necessario accelerarne l’iter, assumendo un farmaco); è così ovvia ed intrisa di verità assoluta l’affermazione che la riporto solamente per contraddirne il senso voluto dal suo estensore.

Pur tuttavia il caso funesto cui mi riferisco mi consente anche di provare a rinfrescare la memoria di tanti che, a mio parere, non riescono a mantenerla in esercizio.

In un post di qualche giorno fa elencavo le manchevolezze della nostra Amministrazione nazionale, regionale e locale; trattavo di Lavoro, Scuola e Sanità e ricordavo che fino a pochi giorni prima che scoppiasse in maniera violenta la pandemia, da Codogno fino ai confini delle nostre dimore, la critica di tanta parte di noi verso quei settori mal gestiti sotto tantissimi aspetti era stata puntuale e severa. Ma, lo si sa, di fronte alle difficoltà tragiche si fa un passo indietro, tutti.

In quei giorni la maggior parte delle persone – con qualche  ameno e pittoresco distinguo – mantenne un comportamento composto, rispettoso delle regole, segregandosi per lunghe giornate nelle abitazioni, con brevi sortite collegate ai bisogni primari. Le famiglie si disgregarono: molti anziani per difendersi e difendere i giovani – e viceversa – si accontentarono di contatti telefonici o telematici con i loro figli e nipoti ed altri parenti ed amici,  quasi come se si vivesse in nazioni o continenti lontanissimi tra loro. Ma se la separazione fisica poteva garantire dal contagio, altre erano le preoccupazioni, soprattutto tra gli anziani. “E se, in questo periodo, avverto un malore, di quelli potenti, un ictus o un forte dolore al petto, alla spalla, quali possibilità ho di essere curato a dovere, tempestivamente?” ci si diceva tra noi e noi. Prima della pandemia, come accennato, non erano tutte rosee le prospettive; ma se non altro gli spazi ospedalieri con le terapie sub intensive ed intensive erano interamente dedicate a simili casi: vi era un livello di probabilità di riuscire a cavarsela assai più elevato di quanto non fosse in quel primo semestre del 2020.

Oggi con un numero di vaccinati (coraggiosi o sprovveduti, a seconda del punto di vista; ad ogni modo persone civili non piegate sul proprio ombelico) considerevole uno degli effetti cui occorre guardare con rispetto ed attenzione è la riduzione dell’occupazione delle terapie di urgenza per il Covid; la qual cosa, pur non garantendo che tutto possa funzionare meglio di prima (mi riferisco, per evitare equivoci, al pre 2020), ci permette di essere più tranquilli, nel caso di malori improvvisi e sospetti di conseguenze gravi.

…6… (e anche stavolta non ho trattato del Green Pass)

25 agosto – PICCERE’ – un recupero con revisione – 6

PICCERE’ – un recupero con revisione – 6

Picceré aveva più o meno rifatto un sugo che a casa sua aveva visto da sempre elaborare dalle sorelle (a lei toccava solo la manodopera “prendi questo prendi quello, taglia questo taglia quello”), una reinterpretazione molto personale della “classica pasta alla Norma” catanese. La pasta non doveva cuocere del tutto, perché un ulteriore passaggio era previsto nel forno e così dopo averla scolata non ancora del tutto al dente l’aveva disposta in un contenitore alto e profondo  di metallo sopra un letto di sugo mescolato con tocchettini di mozzarella e con le zucchine e le melanzane sfilacciate. Il tutto ricoperto da altro sugo altri pezzetti di mozzarella ed ancora formaggio e pane grattugiato e poi nel forno già caldo per un massimo di una decina di minuti, sorvegliati a vista…..

La cucina dei signori Puccini aveva un balcone che affacciava in una corte comune di quella palazzina trifamiliare ed il profumo “insolito” dei cibi che “Piccerè” aveva preparato si era diffuso. I signori di norma acquistavano cibi già pronti dal rosticciere di fiducia: andavano per la maggiore ribollite, polli allo spiedo, sedani ripieni alla pratese, salse varie e ramaioli di legumi, ceci e fagioli già cotti pronti da condire. E infatti anche quel giorno avevano provveduto a rifornirsi. Ma non avevano neanche imboccato il vialetto che dal portoncino blindato portava alla porta principale che furono inondati da quell’aroma che solo in pochissime occasioni avevano avuto modo di provare, così tanto diverso dalle “minestrine” che altre “ragazze” essenzialmente autoctone ed abituate a cibi molto meno conditi avevano prodotto per i loro “signori”, anche quelli vicini non molto dissimili dai Puccini. Costoro però non immaginavano quel che poi poterono constatare dopo essere saliti ed entrati nel loro appartamento: pensarono semplicemente che nel giardino accanto al di là del muretto divisorio i loro vicini avessero attivato il barbecue utilizzando spezie straordinariamente profumate.

La zaffata li colpì in pieno, aprendo la porta di casa. Picceré aveva preparato la tavola così come la signora le aveva insegnato ed era tutto pronto: mancava solo quello che lei aveva preparato in forno ed il cui aroma era essenzialmente fuoriuscito da quel piccolo varco quando lei lo aveva aperto per controllare il livello di cottura.

Come al solito, la signora non si smentì: appariva disturbata da quell’intensa fragranza, forse troppo popolana per i suoi gusti snob; diversamente l’ingegnere dopo aver aperto le narici per inebriarsi del profumo che emanava quel cibo, sgranò gli occhi quando la giovane fantesca mostrò il prodotto del suo ingegno contadino e, sollecitando la sua signora a mettersi comoda, si recò nella dispensa a scegliere il miglior vino possibile per accompagnare tale pasto. Contemporaneamente, pretese che Piccerè sedesse con loro a tavola, nuova ed inattesa reginetta di casa.

….6….

24 agosto – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 6 – vedi file PER BLOG 29 novembre 2008( su desktop “UNA STORIA” in 2021 17 maggio)

Nell’autunno del 2008 a Prato il Partito Democratico, dopo quel sondaggio così sfavorevole al Sindaco (ed al Presidente della Provincia, ma il problema non era lui!), si mosse con un certo stile baldanzoso per sostenere la candidatura di Paolo Abati. Lo fece utilizzando quelle forme centralistiche che non andavano mai al di là delle “chiuse stanze dell’apparato”, quello “ristretto” per capirci: gli altri, a partire dai corridoi, avrebbero dovuto “obbedir tacendo”. E fu fatto l’en plein all’interno dell’organismo direttivo, la Direzione e l’Assemblea, i cui membri per Statuto avevano il compito di sostenere la candidatura calata dall’alto. Con una serie di incontri i componenti furono, quasi tutti, convinti a sostenere la scelta della Segreteria. C’era tuttavia una possibilità di poter andare ad un’alternativa, solo con un voto di sostegno diverso, quello degli iscritti e dei “simpatizzanti” tra i cittadini, per poi partecipare alle conseguenti Primarie. Una parte del Partito Democratico tuttavia non aveva gradito questo metodo; erano in gran parte “minoranza” nel Partito, avevano sostenuto la Bindi nelle Primarie nazionali ed a livello locale avevano continuato a svolgere un ruolo critico pur rimanendo all’interno. Tra questi c’era anche Massimo Carlesi che, dopo molte esperienze amministrative, era stato promotore della lista che aveva sostenuto la “pasionaria” di Sinalunga pur senza proporre un suo specifico ruolo (nella “lista” il suo nome, così come il mio, era tra gli ultimi, quelli che non sarebbero stati eletti di sicuro). A lui pensarono di proporre in questa occasione una vera e propria “discesa in campo”.

Le mail che riporto qui sotto e poi nel prossimo post sono della fine del novembre 2008 (non riporterò i nomi delle persone, così come ho fatto in altre occasioni) – ogni testo viene preceduto da una data – non c’è ad ogni modo una cronologia precisa (infatti in un prossimo post troveremo una mail datata del 29 novembre 2008)

29 novembre 2008

Carissime\i

nelle ultime ore si va profilando una possibilità concreta di avere un “candidato” per le “vere” Primarie del PD (o di coalizione) diverso da quello segnalato dalle “stanze” segrete (questo aggettivo è spesso stato oggetto di contrasto ma mai smentito: fatto è che le decisioni “vere” (anche quelle che hanno caratterizzato il brutto “affaire” del sondaggio) vengono prese altrove e le Assemblee non decidono alcunchè.

Se la proposta “nuova” avrà un seguito si potranno riaprire i giochi “democratici” in questa città. Mi auguro che chi ha oggi in modo “assoluto” le leve del potere “Democratico” riesca a comprendere quel che davvero sia utile per questa città. In primo luogo, un confronto “vero”, “aperto”, disponibile a rimettersi in gioco, realmente e definitivamente “democratico”: fino ad ora non è stato così.

29 novembre 2008

Carissime

stamattina avete ricevuto una mail “scomposta” ed abborracciata, anche un po’ sibillina.

Massimo Carlesi mi ha chiamato ieri sera e mi ha annunciato la disponibilità a presentarsi come candidato alle Primarie per il Sindaco di Prato. Conosciamo le difficoltà insite anche nel Regolamento e negli aggiustamenti che ad esso “ad arte” possono essere fatti. Massimo ha ribadito che vuole correre tutti i rischi: è determinato. Occorre sostenerlo anche al di là della compagine “bindiana”. Ecco perchè vi sollecito ad adoperarvi affinchè molte adesioni dell’assemblea Provinciale confluiscano sul suo nome: nelle prossime ore avremo le schede per la raccolta delle firme di sostegno a Massimo Carlesi. Si ritorna a fare “democratico” questo Partito.

Ci sentiamo presto

Giuseppe Maddaluno