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PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – parte decima – si conclude la testimonianza di Pietrino Vannucci

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – parte decima – si conclude la testimonianza di Pietrino Vannucci

Una lotta esemplare ed importante fu l’occupazione della Calamai Michelangiolo, ove 700 lavoratori, in maggioranza donne, occuparono l’azienda per molti giorni. Nel pratese i processi di ristrutturazione, di smantellamento, andavano oramai avanti a ventaglio, e migliaia erano i licenziamenti. Stabilimenti e lanifici (San Martino, Fratelli Lucchesi, manifattura di Casarsa, Giovannelli, Ciabatti, Forti, Lanificio La Briglia e altri) erano entrati in crisi, in una crisi dalla quale non uscirono più.
L’occupazione della Calamai galvanizzò in tutto il pratese il movimento nel suo insieme.
Alla testa di queste lotte si trovarono tante ‘Giovanne’: alla Calamai Michelangiolo ricordo Linda Fiaschi, Licia Cangioli, Magazzini. Al lanificio La Briglia, tra le tante, Teresa Martini. Al Fabbricone Tosca Brunini, Gina Vestri, Cangioli e tantissime altre. Tante donne delle quali non ricordo il nome ma di cui ricordo con affetto i volti e che voglio ancora ringraziare per quanto hanno fatto per il movimento operaio.
In quel periodo di grandi lotte venne a Prato il ministro Vanoni, ministro dell’allora governo De Gasperi. In una riunione presso la Unione Industriali incoraggiò gli industriali portando la solidarietà del governo e indicando loro i due inseparabili obiettivi da portare avanti: diminuire la caparbia resistenza dei lavoratori delle fabbriche perché erano, così diceva il ministro, strumentalizzati dai comunisti, e ristrutturare l’industria tessile rompendo i cicli continui nelle aziende, dando ai lavoratori il macchinario a sconto di lavoro. Il risultato fu l’incremento del lavoro a domicilio e per conto terzi, e l’ulteriore aumento dei licenziamenti.
E’ in questo quadro che nel 1953 i disoccupati decisero un grande sciopero alla rovescia, realizzando la ristrutturazione e l’allargamento della via Bologna, che era in condizioni pessime. Assieme a Bruno Fattori, che allora era segretario della Camera del Lavoro, partecipai all’organizzazione dello sciopero. Riuscii a reperire un camion per metterlo a disposizione dei disoccupati, e fummo assieme ai lavoratori fin dal primo colpo di piccone.
Lo sciopero fu un grande successo. Fu un successo per la tenacia e la decisione dei lavoratori e per la capacità professionale che dimostrarono, anche perché molti avevano lavorato nelle miniere del Belgio e quindi erano pratici di questi lavori. Anche qualche imprenditore, mi ricordo Sbraci Metello, proprietario di una fabbrica presso La Foresta, invece di prendere una posizione contraria solidarizzò coi lavoratori, espresse il suo compiacimento al sottoscritto e alle forze di polizia che erano intervenute massicciamente. Di fronte a queste posizioni e alla solidarietà che Prato esprimeva ai disoccupati in sciopero, le forze di polizia si ritirarono ed iniziò così una fase nuova, la costituzione di una cooperativa, diretta dal compagno Martini, che permise a questi lavoratori di conquistare il salario. Fu un successo importante che dette fiducia al movimento sindacale e democratico pratese, in un momento di gravi difficoltà, di fronte allo smembramento delle fabbriche e alla divisione che nel paese si tentava di creare tra i lavoratori.
Molti anni fa Giovanna venne proiettato di nuovo, per iniziativa del Comune di Prato, al ‘Controluce’, nella zona del Soccorso, con la partecipazione dell’allora vicesindaco Montaini e del sottoscritto in rappresentanza della Camera del Lavoro. Con Gillo Pontecorvo erano presenti il critico Ciruzzi ed altri. Nel rivedere il film rimanemmo entusiasti perché ci apparve ancora più bello, per il suo valore culturale, per la mano magistrale dei registi; inoltre rivedemmo con piacere i tanti lavoratori che avevano partecipato alla realizzazione. In quell’occasione ricordo di essere intervenuto per paragonare l’occupazione della fabbrica che avviene in Giovanna con quella del lanificio Balli, e ricordai l’estrema cura di questi lavoratori nel pulire e mantenere le macchine, perché finita l’occupazione si doveva tornare al lavoro. Vi erano state le occupazioni delle università, condotte spesso in maniera molto diversa, e io portai a modello per i giovani proprio il comportamento di quei lavoratori.

Pietrino Vannucci è stato dirigente sindacale, segretario degli edili, negli anni ’50, poi membro della segreteria CGIL, segretario dei tessili dal 1963 e negli anni ’70 segretario della Camera del Lavoro.

Pietrino

TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – un nuovo esempio – “I giardini di via dell’Alberaccio” – seconda parte

TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – un nuovo esempio – “I giardini di via dell’Alberaccio” – seconda parte

…Il quartiere fra gli anni Sessanta e i Settanta si era affollato a dismisura; vi erano arrivati nuovi immigrati – molti dal Sud altri dal Centro e dal Nord, i primi soprattutto i primi qui li chiamavamo “marocchini”. L’affluenza era stata così massiccia in un periodo di tempo molto limitato al punto che il Comune non ebbe modo, in effetti non volle, di verificare e seguire progettazioni e realizzazioni urbanistiche e i “palazzoni” sorsero come funghi, senza criteri prestabiliti e senza alcun controllo. Era tutto necessario ma ovviamente qualcuno ne approfittò.
A quel tempo ero ormai adulto; avevo altri amici con i quali ero cresciuto, Giuseppe, Vincenzo, Elda, Sirianna, Michelangelo e con loro si andava a ballare nei Circoli e nelle Case del Popolo; ce n’era uno al Centro ben frequentato, il Circolo “Rossi”, a due passi dal Castello dell’Imperatore e proprio sotto la sede del Partito Comunista. Con loro ero anche iscritto al Partito, tutti lo eravamo ed io insieme a Giuseppe ero nel Direttivo locale; e c’era anche una struttura di Quartiere con un Presidente ed un Comitato tutto di non eletti. in tutta quella confusione innescata da quegli arrivi “di massa”, nessuno – nemmeno noi che eravamo nel Quartiere e lavoravamo nelle Sezioni – sapeva quel che stava per accadere. In verità nessuno aveva mai saputo molte delle non-scelte urbanistiche che l’Amministrazione aveva attuato nel corso degli ultimi anni.
E così una mattina… ero appena rientrato dal turno di notte della tessitura che fu proprio Michelangelo a scampanellare dal portone. Mi affacciai per vedere chi fosse il disturbatore mattutino: “Oh vieni giù! ci sono già le ruspe…” Non capii bene cosa volesse dirmi ma mi riaggiustai i pantaloni alla meglio ed ancora in pantofole e con la tazzina di caffè tra le mani scesi per le scale e rapidamente, senza nemmeno badare alle ultime gocce la lasciai sul bordo del primo finestrone, fui giù. “Che succede, Michelangelo?” In effetti non ci avevo capito granché anche se mi ero reso conto della gravità della situazione. “Là in quello spiazzo dove noi abbiamo sempre pensato di farci un giardino ci sono le ruspe e gli operai lo stanno transennando…Saranno arrivati con il buio!” Rientrai in casa con la stessa velocità con cui ero sceso, misi le scarpe senza nemmeno allacciarle e volai giù. “E allora, andiamo!”
“Il sonno, Andrea, mi era passato ma allora non ci pensavo nemmeno. Lungo il percorso ci si fermò a chiamare altri compagni, altri amici cui spiegavamo il motivo della nostra concitazione: ed in men che non si dica anche questi ne chiamarono altri. Le donne accorsero con i bambini che avrebbero dovuto accompagnare a scuola, gli anziani sollecitati dalle donne informate da un tam tam mediterraneo erano confluiti tutti davanti a questo spiazzo, proprio qua dove ora ci troviamo, caro Andrea. E proprio io, insieme a Michelangelo ed Elda che ci aveva raggiunti, con questa folla alle spalle – più di centocinquanta forse duecento persone – andai a parlare con il capomastro, chiedendogli di sospendere i lavori. Era a tutta evidenza che volevano tirar su un altro “palazzone”! Lui però ci disse che non ci poteva fare nulla.
La gente diventò irrequieta e ci toccò calmarla facendo ragionare quelli che sembravano più agguerriti ma anche capaci di comprendere. Poi io e Elda andammo a casa del Presidente del Quartiere che dopo una nostra breve illustrazione ci accompagnò al Palazzo Comunale dove, grazie soprattutto a lui, al suo credito, fummo subito ricevuti dal Sindaco che, informato delle intenzioni “ragionevoli” della gente, telefonò ai vigili chiedendo che facessero sospendere, perlomeno in quella giornata, i lavori. Noi, però, chiedemmo al Sindaco di venire ad ascoltarci; mentre con la 500 del Presidente andavamo verso il Centro avevamo concordato con lui di convocare un’Assemblea urgente; ed era giusto che vi fosse invitato il Sindaco…. E tu lo vedi, come è andata a finire. I lavori non ripresero, anche se per più di un mese le ruspe ed altri attrezzi per gli scavi delle fondamenta e materiali vari rimasero minacciosi sul posto difesi da un doppio recinto di metallo e di legno.
A quel tempo Ginotto era andato già via, credo in Belgio ma non ne ho più avuto notizie ed alcuni dei miei amici sono partiti per sempre. Tu, Andrea, ricorda che gli interessi dei poveri come noi che pure stiamo ancora bene non sono quasi mai gli stessi dei ricchi, soprattutto quelli che hanno il brutto difetto di volere sempre di più, perché hanno una gran paura di diventare come noi o peggio di noi. E per noi un giardino conquistato ci fa stare bene, ci fa vivere meglio. Loro non ne sentono il bisogno o, forse, e questo è triste, non sanno nemmeno più di cosa hanno bisogno”.

FINE

“GIOVANNA” di Gillo Pontecorvo extra – un tentativo di metanarrazione ad uso personale – un recupero della memoria collettiva sulle conquiste che ci stanno rubando – seconda parte

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…Armida sorride e appare interessata a quel che le propongo. Il marito non c’è più, già da qualche anno. Le dico che le “compagne” comuniste la invitano prima a Figline, area nord di Prato e poi a Napoli. Si accende in lei il desiderio di recuperare quegli elementi di storia, della sua, così come quella delle altre donne che negli anni Cinquanta auspicavano con il loro impegno nel lavoro e nella società la conquista di un mondo migliore per i loro figli. Come doveva essere bella, alta e fiera, ancor più di quanto pur oggi appaia, Armida in quegli anni.
Non voglio rimanere a lungo; sento di essere rientrato anche se per pochi minuti nella sua vita senza un preavviso, in modo quasi furtivo; con la “signora” che le tiene compagnia abbiamo anche parlato delle nostre comuni origini “campane” ed anche lei sembra interessata alla possibile “trasferta” nel Sud.
Ci salutiamo. Prima poi di rientrare in auto chiamo Mirko, il compagno che mi aveva contattato; lo rassicuro “ho visto Armida e l’ho invitata ai due eventi” poi chiamo Pippo “ho bisogno di tutto il “girato” di tutte le interviste realizzate tra il 1990 ed il 1991” E’ un amico sempre disponibile soprattutto quando si parla di recupero della memoria. Non si smentisce, men che mai in questa occasione. Ed in pochi giorni mi richiama perché il materiale è pronto; e così mentre sono ad una “presentazione” di una Mostra sulle “autostrade” arriva con questo immenso “cadeau”. Regalate un nuovo giochino ad un bimbo e lo vedrete strabuzzare gli occhini; a me fa lo stesso effetto quel “disco” e corro a casa per rivedere tutto il lavoro che tra il 90 ed il 91 avevamo fatto nello studio di Franco Morbidelli in un vecchio palazzo alla confluenza tra il viale Montegrappa ed il viale Vittorio Veneto; Franco che con noi aveva sognato una Hollywood (o più semplicemente una Cinecittà) sul Bisenzio, progetto inseguito insieme a Giuliano Montaldo ma naufragato troppo prematuramente sulle scogliere del destino; Franco che quella sera prima di sentirsi male da quello studio mi chiamò e prendemmo appuntamento per il giorno dopo. In quelle immagini siamo tutti più giovani, tutti anche quelli che non ci sono più come Roberto Giovannini, storico Sindaco degli anni Cinquanta, Anna Fondi, operaia ed amministratrice lucidissima straordinaria interprete delle lotte per le conquiste sociali che a Prato hanno visto un’applicazione da pionieri; Pietrino Vannucci che si è speso fino all’ultimo suo giorno per il Sindacato; Gracco Giustini diviso tra Sindacato e Partito Comunista ed impegnato nel “sociale” all’interno delle Case del Popolo. E poi Gillo da me intervistato in contemporanea alle vicende che la CNN ci trasmetteva in diretta da Baghdad (era la prima volta che una guerra veniva seguita in “diretta”) di notte in una delle salette riservate dell’Hotel “Flora”. Tra le immagini registrate anche quelle del ricevimento d’onore per Giuliano Montaldo (quello previsto per Pontecorvo saltò per gli eventi internazionali che avevano accompagnato il suo arrivo: quel giorno migliaia di giovani manifestarono per la PACE inondando Piazza Mercatale proprio sotto la sede della Camera del Lavoro e Gillo non volle far mancare la sua partecipazione): con Giuliano c’erano Roberto Giovannini, Marcello Cappellini insieme ad Anna Buti ed Ambra Giorgi della CGIL, il Sindaco Claudio Martini, il Pelagatti capo di Gabinetto del Sindaco, qualche fotografo e qualche giornalista. C’era, ovviamente, Armida. Ci fu uno scambio di idee, un flusso di ricordi e Montaldo firmò l’Albo d’oro” del comune apponendovi una dedica “Per me e per altri cineasti Prato è – e sarà – un ricordo indelebile: una tappa importante nel lavoro. Per “Giovanna” Prato ci adottò…” in quelle immagini c’è anche un “ME” molto diverso da ora: venticinque anni pesano. Ma Armida no, non è cambiata. Credetemi: non è cambiata!

… fine seconda parte… continua

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SU “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – nona parte – continua intervista a Pietrino Vannucci

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PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SU “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – nona parte

…continua intervista a Pietrino Vannucci

“E’ in questo clima che Gillo Pontecorvo, Montaldo, Ciruzzi, Giraldi e gli altri giunsero a Prato, e con il concorso di molti lavoratori realizzarono il film Giovanna. Il film rappresenta un importante documento sulla condizione operaia, in particolare su quella della donna lavoratrice, doppiamente sfruttata sia nella fabbrica che nella società, e fu un contributo alla lotta per l’emancipazione del lavoro e per i diritti delle donne.

La presenza della donna nell’industria tessile pratese, a differenza delle industrie cotoniere dell’Italia settentrionale, non era maggioritaria, ma tuttavia era una presenza massiccia, pensiamo ai lavori di rammendatura e alle altre operazioni che particolarmente negli anni ’50 venivano fatte. Le donne erano insostituibili, ma non erano trattate a parità dell’uomo. Dal punto di vista salariale, anche a parità di mansioni e di lavoro, la donna riceveva una retribuzione inferiore e nella scala dei valori professionali era inquadrata contrattualmente nelle categorie più basse del mansionario. E quindi la battaglia per la parità sindacale fu uno degli aspetti centrali della rivendicazione sindacale degli anni ’50, e le donne pratesi dettero un contributo molto importante a questa lotta. Fra le protagoniste di quella battaglia voglio ricordare, tra le altre, Cesarina Tortelli, che lavorava alla fabbrica Sbraci Metello, un’attivista che ha dato tutta la vita al sindacato e al suo partito. Oltre a lottare assieme alle altre donne, face causa al suo padrone in un momento in cui era molto difficile far valere questo diritto tramite la magistratura e si rischiava il licenziamento. Cesarina Tortelli vinse la causa. Questa fu una vicenda importante nella lotta per giungere alla conquista della parità di salario a parità di mansioni, che contrattualmente viene sancita immediatamente dopo la fine degli anni ‘50.
A Prato vi fu una notevole partecipazione delle donne alla vita sindacale e politica, caratterizzata da grande passione, da un impegno quotidiano nell’attività e nella lotta. Anche se gli uomini erano in maggioranza nei posti di direzione del sindacato e anche nella fabbrica, le donne erano una parte importante e significativa nella struttura organizzativa. Nei reparti delle fabbriche erano soprattutto le donne che organizzavano i lavoratori al sindacato, riscuotevano i contributi sindacali, organizzavano la partecipazione agli scioperi. Era questa un’attività pericolosa, infatti molte delle nostre compagne sono state per questo licenziate. Furono centinaia i licenziamenti per attività sindacale, chi con una scusa chi con un’altra, e troppo spesso con il pretesto della mancanza di lavoro chi veniva colpita era in primo luogo l’attivista sindacale. Di queste voglio ricordare solo due nomi: Nara Marconi e Brunella Bini.
Ricordo inoltre che tra i 110 licenziamenti che avvennero al Fabbricone, la stragrande maggioranza era costituita da donne, dalle nostre meravigliose attiviste di reparto, che costituivano l’ossatura del sindacato in quella fabbrica che è sempre stata all’avanguardia delle lotte nel pratese. Già nel 1943 le donne della fabbrica Calamai Bruno avevano scioperato contro la tessera del pane e per la fine della guerra. Furono tutte costrette a salire sui camion, arrestate e portate a Firenze. Vi sono molti episodi in quell’epoca, l’epoca dell’occupazione nazista, ove le donne del Fabbricone, della Mazzini, della Magnolfi, della Cangioli, riescono a organizzare scioperi e manifestazioni contro il fascismo e per la fine della guerra. Anche negli anni ’50, le donne di quelle e di altre aziende furono sempre presenti nei momenti più difficili della storia del sindacato pratese.
…fine parte nona … continua

“GIOVANNA” di Gillo Pontecorvo – extra “un tentativo di metanarrazione” ad uso personale – un recupero della memoria collettiva sulle conquiste che ci stanno rubando! prima parte

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“GIOVANNA” di Gillo Pontecorvo – extra “un tentativo di metanarrazione” ad uso personale – un recupero della memoria collettiva sulle conquiste che ci stanno rubando! – prima parte

Di questi tempi quando ti arriva un sms su Facebook è un mondo intero che con velocità stratosferica all’indietro ti passa davanti agli occhi: “ salve, parlando con …. mi ha indicato te come persona informata per i contatti a riguardo il film “GIOVANNA” .di Gillo Pontecorvo… dobbiamo proiettare il film a Napoli alla Assemblea nazionale delle donne comuniste a metà Marzo … abbiamo deciso di ospitare, come PCdI pratese, l’Assemblea regionale toscana, la domenica 1 marzo, con pranzo a Figline e pensavamo di contattare attrici, protagoniste. sindacalisti eccetera. magari se mi contatti per telefono al n° 0574 …. ne parliamo a voce. in attesa grazie mille”. E ti riconcili con il tuo “mondo” quello della Solidarietà della Legalità e dell’Equità nascondendo per un attimo le ottusità e le nequizie che ci tormentano in questi ultimi mesi. Non penso di cambiare bandiere, anche perché quelle che sventolano dentro di me sono dello stesso colore “rosso” e non mi sento lontano da loro che si considerano “comunisti”. Sono “Democratico” ribelle e polemico; ma non demordo: e lo lascio intravvedere nelle mie azioni. Richiamo il mio interlocutore senza ottenere risposta e rispondo su chat “Ho provato a richiamarti allo 0574 … alle ore 21.50 di questa sera 4 febbraio. Domani se puoi chiamami al 346 …. perché sarò in viaggio verso Napoli. Ne parlo volentieri. Grazie. Giuseppe” ed è infatti in viaggio che contatto il “compagno” e fissiamo per rivederci tra una settimana al mio ritorno a Prato.
Sul film “Giovanna” di Gillo Pontecorvo sono diventato un esperto e quando qualcuno se ne ricorda fa riferimento a me.
Si tratta di un film breve, non so dire se un corto o un mediometraggio; ma di certo è un “piccolo grande film” che rappresenta uno straordinario sguardo all’indietro che si riflette sul presente e sul futuro delle attuali e prossime generazioni. Girato fra il 1955 ed il 1956 a Prato racconta di un tempo in cui le lotte operaie erano foriere di conquiste che tardarono ma vennero raggiunte fra gli anni sessanta ed i settanta (la parità salariale e la legge sulla maternità prime fra tutte); oggi siamo a raccogliere i cocci degli interventi maldestri della Destra berlusconiana e quelli furbeschi della Destra renziana, ben più pericolosi perché portati avanti con bandiere truccate.
L’invito è molto gradito anche perché ho in progetto una “visita” ad Armida Gianassi che da qualche anno non rivedo. Armida è stata la protagonista del film; è lei la “Giovanna” di Gillo Pontecorvo. Mentre sono a Pozzuoli digito sul mio pc il nome di suo marito alla ricerca di un numero telefonico che però non riesco a trovare. Pazienza; aspetterò di tornare a Prato, so dove abita e spero mi perdoni l’intrusione senza avviso. E così una mattina non troppo presto che non è corretto, ma verso le 11.00 sono sotto casa di “Armida Giovanna”. Suono e mi viene aperto; c’è una donna di mezza età che mi riceve con cordialità chiedendomi chi sia e chi cerco. Mi presento e chiedo della signora; mi fa accomodare mentre allo stesso tempo chiama Armida. La vedo come un tempo – siamo nel 2015 e la mia intervista è del 1990. E’ eretta e nobile nel portamento; il suo sorriso velato di tristezza è lo stesso che ho intravisto in lei la prima volta che ci siamo incontrati. Forse “a posteriori”, a ripensarci, un po’ più accentuato. Ma se la osservate bene nel film è lo stesso sorriso “triste” che rappresenta il tormento intimo del personaggio che interpreta: una “donna” consapevole della necessità di affrontare lotte che la condizioneranno irrimediabilmente; un’icona del “femminismo” progressista non radicale che non intende rinunciare a ricoprire il ruolo di moglie e di madre mentre difende il diritto al posto di lavoro delle sue compagne oltre che del suo.

J.M.
fine prima parte

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo e dall’ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE di Prato – prima parte

LE IDEE NON VIAGGIANO MAI DA SOLE – AIUTIAMOLE A MUOVERSI

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo di Prato e dall’ ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE all’interno di TRAMEDIQUARTIERE – Progetto seguito dall’IRIS Ricerche (Massimo Bressan, Massimo Tofanelli e Sara Iacopini) nell’ambito del PROGETTO PRATO della Regione Toscana (Andrea Valzania e Vinicio Biagi. “Gestire le diversità” è uno degli obiettivi da perseguire in una realtà come “questa” di San Paolo che è una vera e propria frontiera.
Ne avevamo parlato in altre occasioni e qui riproponiamo alcune parti di quelle elaborazioni che sono superate nelle “etichette” ma non nella necessità e nella nostra volontà (alcune parti possono essere “datate” riferendosi a nominativi oggi per fortuna “obsoleti” come quelli di Cenni e di Milone).
Ecco alcuni brani di un testo che avevamo preparato alcuni mesi fa:

OBIETTIVI E INTERVENTI INTEGRATI
L’obiettivo generale del nostro progetto è il cambiamento del clima nelle relazioni sociali ed economiche, nel quartiere dove operiamo, nella direzione della distensione e dell’accoglienza. La complessità dei temi da affrontare nel territorio di San Paolo-Macrolotto Zero impongono la scelta di interventi integrati che riguardino diversi campi d’azione: l’inter-cultura, l’ambiente, l’urbanistica e gli spazi pubblici, la viabilità, le relazioni economiche, la partecipazione dei cittadini (con le loro diverse origini culturali) alla gestione del territorio.
Inter-cultura
In una realtà così composita notevoli sono i fenomeni di disgregazione, di isolamento e di spaesamento. Per essere felici in un posto occorre avvertire il territorio nel quale si vive come luogo amico e per raggiungere questo obiettivo occorre conoscerlo nella sua storia nelle sue trasformazioni nelle sue caratteristiche sociali ed antropologiche. San Paolo è stato da tempo luogo di presenze di diversa provenienza territoriale: negli ultimi decenni forte è stata l’immigrazione interna a supporto dell’’industria tessile mentre negli ultimissimi anni notevole è stato l’afflusso di extracomunitari di origine soprattutto cinese, tanto è che il problema più rilevante è diventato proprio il rapporto fra la comunità pratese già di per sé composita ed i cinesi con le loro abitudini, i loro particolari stili di vita e la difficoltà di comunicare in modo agevole. Non è facile ma bisogna attivare ogni sforzo per ottenere anche piccoli risultati in positivo.
………………………………….

Riteniamo che il coinvolgimento della Scuola, insieme ad altre agenzie culturali, sia uno dei pilastri su cui basare un intervento efficace per mettere in collegamento i mondi diversi del territorio. Ci proponiamo di attivare i seguenti progetti:
– Percorsi di conoscenza storica, sociale e culturale in una scuola importante di San Paolo (via Toscanini).
Avvieremo incontri con i dirigenti scolastici ed i rappresentanti delle diverse etnie residenti sul territorio.
Costruiremo relazioni attraverso momenti di discussione e di “festa”.
Lavoreremo per costruire sul territorio di San Paolo occasioni per approfondimenti inter-culturali con agenzie culturali che supportano questo progetto (IRIS, ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE, Associazione “Dicearchia2008”) e le varie comunità.
Si accompagnerà il lavoro di ricognizione e studio che l’IRIS di Prato, in modo specifico il suo Presidente Massimo Bressan, va proponendo per un’analisi approfondita delle diverse trasformazioni sociali ed antropologiche che si sono presentate sul territorio del Macrolotto Zero e di San Paolo. Verranno coinvolti anche altri Circoli presenti, come il “Curiel” di via Filzi e la Cooperativa “Aurora” di via Ciardi. Saranno organizzate giornate di studio, seminari, incontri con esperti (etnologi, sociologi, antropologi, architetti); saranno allestite mostre fotografiche ed una vera e propria Mediateca delle testimonianze in video che saranno il risultato del progetto “Gestire la diversità” che IRIS attiverà utilizzando tecniche di “digital story telling” che coinvolgerà cittadini del quartiere delle diverse etnie.

……………………………….

Ambiente, urbanistica e spazi pubblici
Ci concentreremo su due aspetti distinti e paralleli. Il primo di carattere storico e culturale collegato al punto precedente tenderà ad una conoscenza degli studi accurati ed approfonditi che l’architetto urbanista Bernardo Secchi ed i suoi collaboratori, alcuni dei quali già disponibili a partecipare alla realizzazione di questo Progetto, avevano prodotto alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso e che vedevano come luogo di primaria rilevanza proprio il territorio di San Paolo e quello specifico del cosiddetto Macrolotto Zero. Il secondo aspetto sarà più specificatamente collegato alle questioni ambientali sociali e sanitarie si dovrà occupare degli stili di vita e delle condizioni abitative e lavorative della comunità cinese, anche allo scopo di evitare poi spiacevoli conseguenze nel rapporto con la popolazione italiana e con gli organismi di controllo istituzionali. Le due parti potrebbero avere come titolo:
1) Dal Piano Secchi al Piano strutturale: cosa recuperare e cosa modificare – Come rendere lo spazio vitale e comune più accogliente per tutti.
2) Acquisizione delle conoscenze in materia di rispetto dell’ambiente ed in materia sanitaria da condividere ed applicare.

fine prima parte

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AGGREGAZIONE DEMOCRATICA SAN PAOLO (A D S P) – CIRCOLO DELLE IDEE – riflessioni sui nostri percorsi

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AGGREGAZIONE DEMOCRATICA SAN PAOLO (A D S P) – CIRCOLO DELLE IDEE – riflessioni sui nostri “percorsi”

Nella vita c’è chi precorre i tempi e chi invece si attarda. Noi al Circolo di via Cilea da alcuni mesi avevamo compreso (sappiamo che è tutto “soggettivo” e “relativo” ma per noi è COSI’) che non potevamo più rimanere all’interno di un contenitore nel quale si erano infiltrate persone di cui non ci fidavamo più. Non ci hanno mai impressionato il piglio e la volontà di “cambiare”: abbiamo a lungo condiviso la necessità di metterci alle spalle anni ed anni di “governo” della cosa pubblica in modo “personalistico” e discutibile dal punto di vista etico; abbiamo denunciato le modalità accentratrici scarsamente democratiche delle gestioni passate; abbiamo criticato i metodi e proposto – scrivendone e praticandoli – le giuste alternative.

Non intendiamo più essere presi per i fondelli; chi lo desidera lo fa ad esclusivo suo piacere. Ecco che di tanto in tanto si leva qualche voce dissidente; oggi tocca a Bersani dopo Fassina, Civati e Cofferati. Intanto la Dirigenza si è accorta che vi è stato un gran calo del tesseramento, tanto è che si è levato il “grido d’aiuto” degli “amministratori” che battono cassa anche per “il calo generale degli introiti derivati dal tesseramento”.
Ecco, si chiedano come mai; ma, lo si sa, come accade per noi di San Paolo c’è un muro che ci separa e nessuno ha avuto la benché minima idea di dover dialogare.

Poiché queste cose le scriviamo da tempo, ora il tempo è scaduto irrimediabilmente: il nostro PARTITO DEMOCRATICO non è più quello del quale vanno parlando loro che lo hanno ridotto ad un “partito democratico” qualunque che riesce ancora a vincere grazie ai sempre più numerosi “sfiduciati” della POLITICA che rinunciano ad andare a votare.

Noi abbiamo un grande rispetto della parola “POLITICA” e non rinunciamo a praticarla.

Siamo stati e siamo punto di riferimento forte ed essenziale nell’area di San Paolo e del Macrolotto Zero. Lo attestano anche le “IDEE” che abbiamo messo in pubblico e che ci vedono veri “PROTAGONISTI” nella vita sociale, politica e culturale di quest’area.

G.M.

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – ottava parte – la testimonianza di un grande protagonista delle lotte operaie nel “pratese”: PIETRINO VANNUCCI

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PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – ottava parte – la testimonianza di un grande protagonista delle lotte operaie nel “pratese”: PIETRINO VANNUCCI

Pietrino Vannucci è stato dirigente sindacale, segretario degli edili, negli anni ’50, poi membro della segreteria CGIL, segretario dei tessili dal 1963 e negli anni ’70 segretario della Camera del Lavoro.

‘Giovanna’ e le lotte operaie a Prato negli anni ‘50. Testimonianza di Pietrino Vannucci

La realizzazione di Giovanna avviene in un momento molto difficile per il movimento sindacale e democratico. Con la cacciata delle sinistre dal governo nazionale finisce quella esaltante stagione della unità nazionale che tanti frutti politici aveva dato al nostro paese per il suo risorgere e che tanta speranza aveva riposto nell’animo dei lavoratori e delle masse popolari. La cacciata del fascismo, la nascita della Repubblica, la Costituzione erano marcati da questa partecipazione, e la stessa ricostruzione morale, civile e democratica del nostro paese era avvenuta attraverso le lotte popolari e l’unità nazionale.

A Prato i lavoratori e il movimento partigiano riuscirono da soli a salvare dalla distruzione buona parte delle attrezzature industriali tessili. Il sacrificio dei fratelli Buricchi e di altri partigiani è un esempio del prezzo pagato per questa dura lotta, per la quale, oltre ai fratelli Buricchi, perirono molti lavoratori e partigiani. Immediatamente dopo la liberazione fu così possibile riprendere l’attività produttiva. Le macchine che erano state smontate dai lavoratori e portate in vari luoghi furono rimontate, ed iniziò prima del previsto la ripresa produttiva, che avveniva sotto l’egida dei comitati di gestione, dei consigli operai, secondo una volontà ed una decisione espressa dai comitati di liberazione nazionale. Il potere dei lavoratori si era potuto così positivamente affermare, sia nelle fabbriche che nel paese.

I capitalisti italiani ed anche gli industriali pratesi, che erano stati emarginati da questi processi politici liberatori, anche perché molti di questi erano compromessi col fascismo, approfittarono della nuova situazione politica per tentare la restaurazione alla vecchia maniera. L’attacco ai lavoratori ed ai diritti sindacali e democratici si giustificava e avveniva in nome dell’anticomunismo e poco importava se il Partito Comunista e il Partito Socialista erano dalla parte dei lavoratori e in difesa della democrazia. Lo scopo era di giungere ad una piena restaurazione capitalistica e quindi alla eliminazione del potere contrattuale dei lavoratori nelle fabbriche e nel paese.

Nel pratese l’attacco fu duro e veemente. Gli industriali, invece di affrontare il rinnovo del macchinario e lo sviluppo produttivo dell’industria tessile, scelsero la via dell’attacco alle libertà dei lavoratori, la via dei licenziamenti e della smobilitazione. Sono questi anni terribili e di grandi sofferenze per il movimento sindacale pratese, per i lavoratori. e le loro famiglie, in particolare per coloro che perdevano il lavoro. Sono gli anni della nuova resistenza, caratterizzata da memorabili lotte, da un grande impegno in difesa del posto di lavoro contro il ricatto della fame, per lo sviluppo economico, democratico e sociale del paese. Il 1953 e tutti gli anni ’50 sono caratterizzati in tutta Italia dalla lotta per il lavoro, con l’occupazione delle terre incolte o mal coltivate, con gli scioperi a rovescio nel quadro del piano di lavoro promosso dalla CGIL. Sono anche anni segnati dal sangue operaio e contadino, con gli eccidi di Avola, Montescaglioso, Modena, Reggio Emilia, dove operai e contadini vengono uccisi solo perché partecipavano alla difesa del posto di lavoro, chiedendo di poter vivere assieme alle loro famiglie in libertà e in democrazia. Il 1953 è anche l’anno in cui la sinistra e il movimento sindacale ottengono un primo grande successo con l’affossamento della ‘legge truffa’, che doveva rafforzare e far avanzare la tentazione autoritaria nel paese. I lavoratori e le masse popolari bocciano, con le elezioni, questo disegno ed è per tutto il movimento una boccata d’ossigeno. Riprendono le lotte con più vigore e più fiducia, e continuano per tutti gli anni ’50, culminando nel ‘60 nei grandi movimenti popolari dove i primi giovani con le maglie a strisce sconfiggono la prepotenza del governo Tambroni.

…fine ottava parte… prosegue testimonianza di Pietrino Vannucci

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TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – (ri)mettiamoci alla prova

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TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – (ri)mettiamoci alla prova

il 4 febbraio scorso avevo già pubblicato una prima parte – il titolo è più o meno lo stesso – ci manca solo il (ri)
Ma fate attenzione: è solo una “prova” di metanarrazione (le altre che ho già peraltro pronte non le pubblicherò “in chiaro”!)
Giuseppe Maddaluno o, se preferite, Joshua Madalon (e su questo nome c’è ben poco da scherzare: ah già! lo dovevo spiegare e lo farò nei prossimi giorni. Sappiatelo che è una cosa seria!).

……Gli altri sono già agli “orti sociali”, una bella realtà, non c’è che dire: e di spazi così, abbandonati e ricettacolo di sterpi, rettili e qualche oggetto di arredamento fuori posto ma ancora degno di essere esposto in qualche “mercatino dell’usato” o in qualche “installazione di arte contemporanea”, ve ne sono altri qui in giro. Spazi che potrebbero essere utilizzati proprio come “orti sociali” destinati ad anziani, a famiglie, a bambini. I giovani del workshop si sbizzarriscono nel chiedere e nell’impostare inquadrature di uomini e natura. E qualcuno vi si perde e smarrisce. E il gruppo lo perde, proseguendo il suo viaggio pomeridiano tra strade, giardini privati, spazi verdi ordinati e spazi grigio-verdi disordinati e polverosi, antiche fabbriche dagli eleganti sontuosi aristocratici contorni architettonici che emanano sensazioni vetuste ma ancora caratterizzate da una certa nobiltà: quante operaie ed operai vi hanno agito? Quali tragedie quante e quali sofferenze e quante e quali festose ricorrenze hanno vissuto? Dentro esse abita la Storia di questa città e ne respira ora solo un lontano sentore colei o colui che vi transita riconoscendone i profondi valori storici che da lì promanano. Ora esse, pur rimanendo ancora erette con grande signorile apparente dignità, rischiano di essere destinate dall’incuria dei contemporanei ad essere abbandonate al degrado. Qualche espressione da “terzo paesaggio” attira le attenzioni dei giovani fotografi ed in particolare una struttura muraria che divideva gli spazi fra San Paolo e quello che era al di là di San Paolo, che poi solo di recente è stato identificato da Bernardo Secchi come “Macrolotto Zero”, mostra ad ogni modo di possedere una sua peculiare storica distinzione. Fra un’area coltivata ed uno spazio dove il disordine regna indisturbato si giunge al grande Giardino di via Colombo, luogo di incontro e raduno dal mattino alla sera della pacifica e disciplinata comunità cinese – con orari scanditi da ordinanza sindacale dopo le vibranti assurde proteste di un cittadino che lamentava la confusione ingenerata dagli strumenti che accompagnano la pratica del Tai-chi. Altre etnie – Prato ne è piena e ne conta più di cento – frequentano questo luogo. Ci sono anche gli italiani, ma provate per credere e venite pure a vedere, i cinesi – ebbene sì – sono la maggioranza. E ce ne sono davvero tanti, cosicché Valeria si appresta a rubare istantanee con le quali intende dimostrare ( e ce lo dirà solo dopo ) che è pur sempre un lunedì pomeriggio e c’è ancora luce e dunque non può essere del tutto vero che i cinesi lavorino soltanto, che lavorino tanto come si dice così spesso. Racconto a chi mi sta vicino l’esperienza di Emma Grosbois, una giovane fotografa che installa provocazioni artistiche e narro del comportamento dei cinesi, la loro compostezza, la ritrosia, la timidezza su cui però poi, quando Emma aveva completato l’installazione e se ne allontanava, prendeva corpo e forza la curiosità. Andiamo oltre e Valeria si diverte a fotografare i panni stesi dentro e fuori i terrazzini delle abitazioni cinesi lungo il nostro percorso. Li ricerca con curiosità: utilizzano gli “stand” industriali non potendo, per limiti regolamentari dei condomini, esporli all’esterno alla maniera delle famiglie mediterranee; ma non tutti in effetti sono rispettosi e Valeria di questo non può che essere contenta: riprenderà questi tessuti colorati che creano una sarabanda cromatica di straordinaria bellezza.

J.M.

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prosegue il viaggio ———-

TRAMEDIQUARTIERE E GRANDI SPERANZE – venerdì 27 febbraio ore 17.30 CIRCOLO ARCI SAN PAOLO VIA CILEA – vale come invito

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VENERDI’ 27 FEBBRAIO ORE 17.30 PRESSO CIRCOLO ARCI VIA CILEA SAN PAOLO – PRATO PRESENTAZIONE UFFICIALE DEL PROGETTO ALLA CITTADINANZA – CHI LO DESIDERA E’ INVITATO A PARTECIPARE

https://www.facebook.com/events/362352447285577/?fref=ts

TRAMEDIQUARTIERE E GRANDI SPERANZE di Giuseppe Maddaluno

Vivo un periodo di grandi cambiamenti e di grandi straordinarie prospettive legate soprattutto alla mia vita “culturale”. Da qualche mese ho ripreso a percorrere le “antiche strade” e sono diventato un “viaggiatore frenetico e curioso”; mi vado rioccupando di Cinema, di Teatro, di Letteratura, di Arte: ho ripreso a scrivere e lo vado facendo con piacere, escludendo da questo impegno l’ambizione di conseguire successi che quasi certamente non merito. Lo faccio, dunque, con “piacere” intimo e non racconto soltanto di me ma per lo più, osservando la vita, racconto le donne e gli uomini che incontro che, con le loro ansie, le loro paure, le contraddizioni, costruiscono le loro storie, le storie del mio Paese, della mia gente, del mio quartiere. Lo faccio utilizzando tutte le occasioni di conoscenza e questo mi spinge ad ampliarle o comprimerle in sintesi; lo faccio con un’avidità bulimica che non conosce appagamenti e godo infinitamente delle grandi opportunità che le amiche e gli amici mi forniscono anche quando lo fanno involontariamente. Tramediquartiere – scritto così – è una di queste splendide occasioni; con alcune amiche ed alcuni amici ci siamo ritrovati ad operare nella società che ci circonda alla ricerca di una Conoscenza e di una Cultura che dal popolo salga su su fino ad innalzarsi a valore universale. Non è difficile spiegare il senso di Trame; il suo valore è di tipo sperimentale e si basa su argomentazioni sociologiche, antropologiche, urbanistiche ed ambientali, in parole semplici “CULTURALI”. L’ambito in cui si svolge è quello di San Paolo e del Macrolotto Zero! Un ambito ristretto ma complesso nella zona Ovest della città di Prato, quella parte caratterizzata dalla presenza di vaste comunità straniere, in primo luogo quella cinese. E’, questa, una parte della città sacrificata all’accoglienza disordinata delle migrazioni prima interne (anni settanta ) e poi esterne (anni Novanta in avanti); è un luogo “chiuso”, un ghetto prima involontario poi, con l’incuria delle Amministrazioni , volontario: da una parte la Ferrovia impedisce il collegamento con la zona Nord della città per larga parte , da Ovest la Tangenziale e da Sud la Declassata la imbottigliano definitivamente.
Le vie verso il centro sono un ingorgo continuo.
A questi problemi si aggiungano le ormai croniche mancanze di spazi pubblici per una fruizione diversificata del tempo libero, la riduzione di servizi essenziali e l’inadeguatezza di quelli già presenti. Tramediquartiere è un progetto che abbiamo seguito fin dalla sua “nascita”; anzi, se vogliamo essere concreti, abbiamo partecipato al suo concepimento: ce ne sentiamo “genitori” alla pari dei suoi proponenti principali. E, come “genitori” gli vogliamo un bene dell’anima. Non ce ne voglia “nessuno”; al Circolo di via Cilea avevamo compreso il valore di questo Progetto. Lo avvertiamo “ambizioso” e ci sentiamo orgogliosi di parteciparvi, soprattutto perché ne abbiamo intuito le potenti potenzialità strutturali. Abbiamo anche noi delle ambizioni ma coloro che aspirano ad ottenere posti in alto, in mezzo o in basso (disponibile anche qualche strapuntino di stramacchio o straforo) non se ne preoccupino: non è questa la “nostra” AMBIZIONE, anche se qualcunao ad usum dei fessi volesse farci credere che è d’accordo con noi (lo si sappia: siamo in una fase pre-elettorale nella quale la nostra collocazione non è in discussione “in assoluto”).
La nostra AMBIZIONE è quella di poter costruire nei prossimi anni una realtà più accogliente, più ricca di opportunità, più a misura di bambino, di uomini e donne soprattutto giovani, genitori ed anziani in questa parte della città di Prato. Ed uno degli strumenti di sperimentazione per il futuro è di certo questo TRAMEDIQUARTIERE.

J.M.