ANNIVERSARI 2007-2017 il pd – non c’è molto da festeggiare

ANNIVERSARI 2007-2017 il pd – non c’è molto da festeggiare

In un flash-post su Facebook, di quelli coloratissimi ma sintetici, l’altro giorno mentre festosi una parte residuali dei fondatori (ma sono passati solo dieci anni, mica trenta-quaranta!) si impegnavano a ricordarne i natali, suggerivo di riflettere sui “disastri” compiuti in questi dieci anni in particolar modo dalla leadership che è “ancora” (e si spera per poco!) in sella a quel Partito che avoca a sè (e solo a sè) la rappresentanza della Sinistra.
E’ invece chiaramente spostata al Centro con ramificazioni solide verso la Destra la politica di quel Partito. Vedasi l’abolizione dell’art.18 che un Governo di Sinistra avrebbe esteso ( e dire che ci aveva provato senza riuscirci proprio quel Governo che tutti riconoscevano come espressione delle Destre); vedasi quell’intervento massiccio che chiamasi pomposamente “Job’s Act” che ha esteso la precarietà a dismisura crescente, garantendo il padronato ed umiliando il merito dei lavoratori; vedasi ancor più quell’altro intervento rovinoso che chiamano a dispetto dei risultati “La Buona Scuola”, che è intervenuta – forse a loro parere positivamente – solo sugli aspetti burocratici, senza però incidere sulla preparazione culturale, civica ed anche professionale dei giovani. Alcuni interventi positivi sono, sì, stati realizzati ma finiscono per essere delle “foglie di fico” ed in linea di massima rischiano di naufragare nel corso dell’applicazione, proseguendo in quelle modalità per le quali in questo dannato e sfortunato Paese le leggi non vengono applicate in mancanza di Decreti attuativi ed in qualche caso, come quello della Buona Scuola, con l’approvazione di decreti attuativi senza un vero e proprio confronto con le parti sociali.

L’altro giorno Eugenio Scalfari, probabilmente obnubilato da una forma di malinconica senilità, dalle colonne di “Repubblica” ha nuovamente tessuto gli elogi del “bamboccio di Rignano”: lo ha fatto riconoscendogli di aver ascoltato alcune sue critiche contornate da suggerimenti e paterni consigli
“primo tra tutti quello di non agire avendo in testa la formula “comando io da solo”, ma formando una squadra della massima autorevolezza che creasse al vertice una collegialità senza la quale è difficile chiamare democratico quel partito”; dopodichè Scalfari esulta affermando “Ebbene, questa collegialità è venuta fuori questa mattina con accenti che sono sembrati a tutti, e anche a me, genuini”. Anche io ho ascoltato – forse obnubilato da un astio pari alla malinconia di Scalfari – ma ho avvertito altrettanto livore nei confronti di coloro che avrebbero tradito. Vero è che ormai non è più possibile (anche se la Politica ci ha abituati a voltafaccia straordinari, camuffati dalla necessità) tornare indietro e non sarebbe nemmeno più credibile un atteggiamento diverso da parte di Renzi.
Scalfari giudica il suo discorso “non…fazioso” e probabilmente era in un sonno profondo quando veniva pronunciato oppure era subissato dagli applausi dei sostenitori accorsi appositamente a tale scopo.
Scalfari parla di “collegialità” che sarebbe emersa, ma non fa i conti con gli innumerevoli assenti, alcuni dei quali semplicemente perché “non graditi” non erano nemmeno stati invitati.
Nella parte conclusiva dell’editoriale di domenica 15 ottobre Scalfari ritorna a polemizzare con Zagrebelski asserendo che la democrazia non debba appartenere al popolo ma, pur non pronunciandone il nome, ad un’oligarchia rappresentata dai Partiti. E’ una posizione, peraltro espressa anche a ridosso del referendum del 4 dicembre 2016, allucinante.

Joshua Madalon

http://www.repubblica.it/politica/2017/10/15/news/ecco_perche_la_legge_elettorale_non_viola_la_democrazia-178317329/

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