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“Un blog non può neanche lontanamente risolvere i problemi ma può denunciarli annunciarli ed avviare una ricognizione, suscitando attenzione e dibattito”
RI-PARTIRE (appunti per una ri-partenza) parte 1
Fra le
conseguenze negative della globalizzazione dei “mercati” e delle persone vi è
stato di certo in contemporanea un degrado del livello di alfabetizzazione e di
preparazione professionale, di acculturamento parallelo rispetto alle
trasformazioni economiche e sociali che il mondo, soprattutto quello
finanziario globale, stava subendo. A Prato l’imprenditoria piccola e media (ma
in qualche caso anche quella medio-grande) non era stata costruita su una
solida preparazione culturale ma piuttosto su una “praticità” istintiva che
pure aveva prodotto eccellenze, destinate tuttavia a non reggere il passo sia
per il susseguirsi di generazioni non sempre ben disposte ad una vita fatta
soprattutto di sacrifici sia per il sopraggiungere di tecnologie innovative e mutamenti
epocali nelle abitudini e nei consumi. Di fronte al tempo che scorre il mondo
cambia e noi non sempre ce ne rendiamo conto.
La crisi del “tessile” a Prato è stata più volte annunciata ma poi in più
occasioni con formule provvisorie è stata considerata come superata; ma non si
è voluto riconoscere che il problema più importante era di tipo “culturale”,
intendendo con questo termine la capacità complessiva di conoscere le
trasformazioni ampie in atto. Ed è anche per questo che non si è percepita, forse
non si è voluto, forse non si è riusciti a, percepire la cosiddetta “invasione”
cinese nei suoi connotati “positivi”. Questa sottovalutazione dal punto di
vista “politico” è stata “generale”, con qualche limitata eccezione, generando
sia una forma di accoglienza umanitaria di tipo “cristiano” sia – dall’altra
parte – un rifiuto categorico di stampo razzistico con in mezzo un
atteggiamento ambiguo del tipo “non sono razzista, ma….” che si collocava in
ogni caso in un’area culturalmente e socialmente assai modesta.
Se non si comprende questo punto di partenza non si è in grado di fornire
alcuna soluzione al fenomeno che da un paio di decenni sta travagliando la
società pratese e mettendo in crisi profonda la parte imprenditoriale
“tessile”, non di certo quella immobiliarista, né quella commerciale che,
grazie alla comunità cinese, ha visto, se non elevare, reggere i propri
guadagni: se il mercato immobiliare è crollato meno che altrove lo si deve alla
presenza straniera; se alcuni supermercati (vedi la PAM di via Pistoiese)
reggono è per lo stesso motivo; se alcune concessionarie non hanno chiuso i
battenti è perché hanno i migliori clienti fra la comunità cinese. Ad ogni modo
il ”degrado” del territorio è direttamente collegato al degrado che la società
“pratese” (quella fatta da “pratesi” doc o non doc poco importa) ha evidenziato
negli ultimi venti\trenta anni e di ciò è indubbiamente colpevole la classe
politica così come quella imprenditoriale e così anche l’intellighentia che non
ha saputo interpretare i mutamenti e, laddove li ha riscontrati, poco ha fatto
per divulgarli e chiedere alle diverse istituzioni azioni precise e decise per
affrontarne le conseguenze.
…1…
RI-PARTIRE (appunti per una ri-partenza) parte 2 e finale
“Un blog non può neanche lontanamente risolvere i problemi ma può denunciarli annunciarli ed avviare una ricognizione, suscitando attenzione e dibattito”
Ognuno ha pensato a rincorrere i propri vantaggi, le proprie rendite di
posizione: politici, imprenditori, intellettuali, quelli che avrebbero potuto e
non hanno agito, tanti di quelli che oggi ancora sopravvivono a se stessi,
complice il vento di rinnovamento ipocrita che sta investendo la nostra
società. Non sarà facile modificare quello che oggi vediamo, per cui ne
traggono vantaggio “politico” – in netta e chiara malafede – coloro che
spingono a scelte estreme come i blitz hollywoodiani con grande utilizzo di
mezzi e di uomini, coloro che urlano in modo insensato che “devono andare tutti
via” o che “ci hanno portato e ci portano via il lavoro”, coloro che parlano
più alla pancia che alle menti. Ed allora mi vengono in mente due film
particolarmente significativi anche se non si tratta di “capolavori”; il primo
è già chiaro dal titolo: “Un giorno senza messicani”. Eh già, meno male che si
tratta di un solo “giorno”, anche perché i poveri americani non ne saprebbero
fare a meno, visto che i messicani svolgono in quella città al confine fra gli
States ed il Messico lavori molto umili ma altrettanto utili; eppure di questi
messicani si dicono le cose peggiori fin quando non ci si rende conto della
loro “utilità” fino ad allora mai riconosciuta. L’altro film è “La macchina
ammazzacattivi” (1959) di Roberto Rossellini, una sorta di “favola dark
nostrana” e lo utilizzo semplicemente per suggerire un sistema risolutivo per
eliminare tutti quelli che non ci piacciono, quelli che anche temporaneamente
ci disturbano, che sono colpevoli di qualcosa che non riusciamo nemmeno a
spiegarci: lo hanno fatto anche in passato, ad esempio, con gli Ebrei, con i
disabili, con i rom, con gli omosessuali, con gli oppositori. Che dite? Ci si
vuole provare ancora una volta? Forse una sparizione “temporanea” – ma non di
un solo giorno – potrebbe servire a togliere il velo che copre il preesistente
“degrado” di cui non si vuole essere consapevoli per non assumersene in quota
parte le profonde e fondamentali responsabilità.
Noi non pensiamo tuttavia di poter proporre soluzioni ma non vogliamo
rinunciare a leggere, studiare, approfondire la realtà che ci circonda sapendo
anche che lo facciamo in modo parziale e gravato da forme di ideologismi che si
sono andati accumulando nel tempo e che difficilmente potremmo superare senza
un “reset” impossibile per ora nel cervello umano. Ad ogni modo è del tutto
evidente che il nostro Paese, e con esso la città di cui abbiamo parlato,
evidenzia un’arretratezza “culturale” che la sua Storia non merita, anche se
tale “gap” è inscritto nella sua Storia. Ne sono prove certe le difficoltà del
settore dell’istruzione che ormai non forma più adeguati “quadri” dirigenti e
professionisti: i migliori studenti, al termine del loro percorso formativo,
frustrati da una costante sottovalutazione del “merito” e da una
sopravvalutazione di ben altre doti non sempre significative dal punto di vista
delle relative competenze, trovano il loro spazio vitale in altri Paesi, dai
quali difficilmente tornano: è questo da anni il vero drammatico “spread” che
inficia l’ingente impiego di risorse a fondo perduto. I dati sono di
un’evidenza assoluta anche per il settore del Turismo nel quale il nostro Paese
potrebbe eccellere, “dovrebbe” eccellere. Ne parleremo ancora in uno dei
prossimi interventi.
Giuseppe Maddaluno