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31 maggio – ESTATE 2020 – puntata straordinaria (14) per la 13 vedi 9 maggio

ESTATE 2020 – puntata straordinaria (14)

Mentre pubblicavo queste riflessioni mi è capitato per ben due volte di ritornare dopo la permanenza con l’intera famiglia nel mese di luglio del 2020 a Venturina.

Avevamo infatti poi scelto di soggiornare in quell’abitazione vicino alle strutture della Fiera. Inattiva per il lockdown e per le conseguenze successive ad esso, la Fiera mostrava con fierezza le sue “donne celebri” di cui ho parlato nel blocco 4 e 5 del 28 settembre e 10 ottobre u.s.

Della “casa” prescelta ho trattato il 31 ottobre u.s. Ci siamo stati bene ed abbiamo anche ospitato i nostri figli perlomeno per metà del tempo. In realtà era troppo grande per noi due, Mary ed io, ma l’abbiamo scelta anche perché ci faceva piacere condividerla con altri, amici e parenti. Nonostante il giudizio molto ma molto positivo (la consiglierei a chi fosse un po’ meno “zingaro” di noi) non ci ritorneremo, per il motivo unico che ho già in parte rivelato: siamo “esploratori” in modo quasi naturale e “primitivo”. Ci piace cambiare, sperimentare nuovi orizzonti, nuovi punti di vista, fino a quando ne avremo la possibilità. Già nel mese di luglio 2020 girando per le cittadine più vicine al mare (Venturina non dista molto da esso ed è luogo “centrale” per scegliersi poi la destinazione per una visita o per un tuffo) Mary ed io ci soffermavamo a scrutare le offerte sia di affitto che di vendita di qualche immobile; le nostre preferenze erano (e sono tuttora) orientate su piccoli quartierini anche per andarci nei mesi primaverili o autunnali tiepidi.

Il caso ha voluto che nostra figlia Lavinia abbia tentato, ai primi del mese di questo febbraio 2021, di prenotare la sua somministrazione di vaccino (ne aveva diritto pur essendo giovane perché temporaneamente in servizio come ricercatrice presso lo EUI di Fiesole) e nel momento in cui è entrata sul sito era disponibile il Centro vaccinale allocato presso i Padiglioni della SEFI proprio accanto alla Fiera di Venturina. Lavinia non guida pur avendo la patente e dunque il 14 di febbraio ho dovuto accompagnarla. Ci siamo muniti dell’autocertificazione (si era in zona arancione ed era interdetto lo spostamento fuori dai confini comunali: noi abitiamo a Prato e Venturina è in provincia di Livorno) e siamo partiti con qualche preoccupazione perché laddove ci avessero fermati avremmo dovuto comunque giustificare le ragioni ed il modo con cui si procedeva. Siamo stati però molto fortunati…e ligi al nostro compito. Dopo la somministrazione ci siamo semplicemente fermati a mangiare un panino che Mary aveva preparato e poi siamo ripartiti per tornare a casa.

Siamo poi tornati per il richiamo, ma stavolta è stato possibile anche andarci con Mary. E così qualche giorno fa il 9 maggio siamo ritornati a Venturina. Con alcune differenze: siamo in zona gialla, si può circolare senza doversi giustificare non solo fuori dal Comune ed in altra Provincia della stessa Regione e tra Regioni dello stesso livello di colore. Inoltre la sorpresa è stata non trovare molte delle effigi femminili lungo il perimetro esterno ai padiglioni di via della Fiera. Che fine hanno fatto? L’altra “sorpresa” è stata la possibilità di poter anticipare dalle 14 alle 12 l’inoculazione del vaccino e ciò ci ha consentito di fermarci a San Vincenzo per due passi sulla spiaggia, semivuota ma non troppo, e di pranzare al Ristorante “Lupo Càntero” seppure in un turno di primo pomeriggio ma non tardi, verso le 14. Vale la pena, il menù è straordinariamente ricco, esclusivamente di pesce; i gestori sono gentilissimi e la preparazione è accurata anche per il “senza glutine”. Non è fuori luogo aggiungere che si spende il giusto: e per tutti questi – e tanti altri – motivi, consiglio agli amici di farci una capatina, se vi trovate da quelle parti. Oppure, suvvia, andateci lo stesso!

9 maggio – ESTATE 2020 – Castagneto e ritorno a Prato -parte 13 ed erroneamente credevo ultima ma non lo era (per la 12 vedi 3 maggio)

ESTATE 2020 – Castagneto e ritorno a Prato – parte 13 ed erroneamente credevo ultima ma non lo era

Ritorniamo davanti alla sede del Comune, dove c’è anche il busto del grande poeta vate, Giosuè Carducci, cui è dedicata la località. C’è ancora un po’ di tempo per scattare qualche foto prima che arrivi a bordo di una classica Vespa 50 della Piaggio la signora con la quale abbiamo interloquito, responsabile dell’Agenzia immobiliare. Con piglio sicuro ci saluta ci dice che non aveva le chiavi in Agenzia ma che sa dove trovarle e subito dopo parte verso la meta (sembra avere molta più fretta di noi, che intanto ci siamo accorti che si va facendo tardi). Ci precede e prima di entrare in un negozio di orologiaio ci fa segno di attendere. Riemerge da questo immantinente con un mazzo di chiavi e si reca altrettanto rapida verso il portoncino adiacente. Dopo aver con sicurezza scelto tra le tante la giusta chiave lo apre. Siamo immediatamente colpiti da un tanfo di umidità. L’ambiente è trascurato, buio. Ma si tratta solo dell’ingresso. E’ a tutta evidenza disabitato da tempo, forse – ma non ne siamo certi – dall’estate scorsa (con il lockdown di sicuro non è stato possibile per tutti noi muoversi). L’appartamento che la signora ci vuole mostrare è al primo piano. Si sale su scale strette e buie. Quel che vediamo è un grande immobile con numerose stanze, che affacciano sia sul Corso principale sia dall’altro lato verso la vallata. La veduta è davvero incantevole, ma l’ambiente è polveroso, scostante per il disordine, la trascuratezza, poco incoraggiante anche per gli scarsi arredi. Più che un appartamento per vacanze, appare essere un immobile da ristrutturare e, soprattutto, rimettere. E’ financo troppo grande per le nostre pretese e sottolineiamo questo aspetto per non apparire ingiustamente scortesi verso la signora, che peraltro ci aveva anche preavvertito di non avere soluzioni adatte. Era l’unica rimasta a sua disposizione; a suo dire la domanda era stata molto superiore all’offerta: c’era un bisogno di evasione dalle angustie pandemiche ed una ricerca di ambienti più ampi e più sani, dato che il contagio in quelle zone non si era diffuso come era accaduto invece nei grandi centri della Toscana a Nord e ad Est.

Prima di salutarci ci fornisce però una ulteriore indicazione di un privato che “forse”, a suo parere, potrebbe avere una disponibilità.

Mentre ritorniamo all’auto che avevamo parcheggiato con difficoltà proviamo a chiamare, ultima chance, quel numero. Non risponde nessuno. Solo dopo qualche minuto, mentre siamo già in auto lungo una strada secondaria imboccata per errore che scende verso l’Aurelia, la persona ci richiama. Ci presentiamo, chiarendo di avere avuto il suo recapito dall’agente immobiliare e spieghiamo il motivo del nostro disturbo. Non ha più alcuna disponibilità; ci conferma anche lui che le richieste quest’anno sono state ben superiori a quelle dei precedenti. Salutiamo scusandoci per l’intromissione e ripartiamo. C’è davanti a noi uno splendido tramonto. Riprendiamo la nuova Aurelia per tornare a casa. Nelle prossime ore decideremo; quasi certamente sceglieremo una delle due proposte di Venturina. Campiglia, anche se non abbiamo potuto vedere l’appartamento che Patrizia ci voleva mostrare, è un po’ fuori mano. A Castagneto non c’era più nulla. Nelle altre località, Baratti e Populonia, non abbiamo nemmeno cercato. La giornata però è stata piena di sorprese e siamo certi che altre ci attenderanno a luglio.

3 maggio – ESTATE 2020 – parte 12 Castagneto – per la parte 11 vedi 28 febbraio

ESTATE 2020 – parte 12 Castagneto

Subito dopo aver lasciato San Vincenzo proseguiamo lungo l’Aurelia vecchia; scarso è il traffico: per fortuna. E sì, perché dopo un paio di chilometri ci si trova di fronte ad uno di quegli spettacoli della Natura inatteso.  Una famiglia di cinghiali, mamma babbo e sei piccolini transitano in fila indiana. Li vediamo abbastanza in tempo, e quasi certamente anche grazie alla bassa velocità “turistica” con cui ci si muove rallento inserendo il lampeggiante per segnalare la forzata sosta ai veicoli che seguono. Sono rapidi anche se la sfilata è davvero una bella sorpresa, che da sola varrebbe un viaggio.

Dopo altri pochi chilometri rientriamo verso la collina girando a destra per la Strada detta dell’Accattapane che porta alle falde del colle sul quale si trova Castagneto. Qui non abbiamo appuntamenti e si conta sulla possibilità di trovare qualche agenzia immobiliare aperta. Ci inoltriamo sulla strada che costeggia il fianco meridionale dell’antico borgo e poi, prima che si innesti la strada Provinciale 329 Passo di Bocca di Valle che porta verso Sassetta saliamo fino al limite alla ricerca di un parcheggio. Una impresa perché non si trova un solo posto libero. Torniamo indietro dove avevamo intravisto un varco e riusciamo a parcheggiare. Attraversiamo il Viale Giovanni Pascoli ed entriamo nel cuore di Castagneto. Adocchiamo subito un’Agenzia, che tuttavia è chiusa ma c’è una indicazione telefonica. C’è il nome di una donna. Provo a chiamare senza fortuna. Lascio tuttavia un messaggio. Proseguiamo il nostro percorso turistico fino al Palazzo Comunale dove si celebra il grande poeta che visse in questi luoghi nella sua fanciullezza. Davanti ad esso c’è una terrazza da cui si vede il Corso Vittorio Emanuele, che con la presenza di molti esercizi commerciali appare essere la parte più viva del paese. Mentre vi ci affacciamo squilla il telefono: è l’agente immobiliare che ha ascoltato il mio messaggio e ci chiede cosa si stia cercando. Un appartamento per il mese di luglio per quattro, cinque persone. Ci dice che, sì, ha qualcosa, non tanto, qualcosa che è rimasto, dice lei. Ci chiede quando lo si voglia vedere e, scoperto che siamo già sul posto, si scusa di non poter essere immediatamente da noi ma farà di tutto per arrivare tra una ventina di minuti. Noi abbiamo da girare ancora per un po’, le diciamo, e così fissiamo di vederci proprio lì dove siamo, che è un posto ovviamente ben identificabile.

A quel punto pensiamo sia opportuno accelerare perlomeno una visita panoramica e ci inerpichiamo per le stradine fino alla parte inferiore del Castello.

L’agente immobiliare è stranamente, al di là degli standard consueti, puntuale, tanto che mi chiama proprio mentre si stava pensando di tornar giù verso il Palazzo Comunale. Mi dice di non affrettarci, tanto il locale che vuole mostrarci è a due passi e tra l’altro non ha ritirato ancora le chiavi per accedervi; lo farà velocemente, dice, tanto l’Agenzia, anche quella, è proprio lì a due passi.

…12…

24 aprile – I NODI VENGONO AL PETTINE – parte 1

I NODI VENGONO AL PETTINE – parte 1

Ho sempre più la certezza, superiore alla “sensazione”, che tutte le buone prospettive, i sani propositi che avevamo messo in campo all’inizio di questa fase storica, “pandèmica”, siano andati a farsi benedire. Molti tra i “nodi” che preesistevano sono pervenuti al pettine, alla resa dei conti.

In questi ultimi mesi, ormai diventati “anni”, sono andato pubblicando alcune riflessioni sulla situazione degli edifici scolastici, che sin dalla loro “inaugurazione” (parola che denota la pomposità dell’atto “politico ed amministrativo”) presentavano delle inadeguatezze. L’ho fatto utilizzando un titolo, “I CONTI NON TORNA(VA)NO” con un imperfetto che diventa presente: purtroppo! Ed era “presente” nei blocchi iniziali a partire dal settembre 2016, quando ho avviato a pubblicare un “racconto morale” metanarrativo. In “I CONTI NON TORNANO” e nel precedente “I CONTI NON TORNA(VA)NO” ho messo in evidenza l’insensatezza del mondo politico, cui peraltro appartenevo, in una specie di “partita a scacchi” le cui pedine erano “edifici scolastici” tutti in definitiva inadeguati a contenere il numero degli studenti di allora (siamo alla fine del secondo millennio). Non va sottovalutato il costo abnorme di quel “tourbillon”, dato che negli anni successivi fino ad oggi (2021) si sono dovuti aggiungere spazi, che sono ancora insufficienti, non solo per il necessario “contingente” bisogno di fronteggiare la pandemìa, ma per una gestione ordinaria corrente adeguata.

Quando evidenziavo quelle disfunzioni ero considerato una sorta di Grillo (è solo una casuale omonimìa) parlante, il cui destino è stato da sempre segnato sulla scorta della narrazione collodiana. Eppure vi erano in modo oggettivo (le rammento così alla rinfusa)  aule insufficienti a contenere il numero di allievi che i vari Governi di Destra e di Sinistra decidevano progressivamente di aumentare; corridoi stretti; aule comuni come bar mense e palestre – soprattutto gli spogliatoi – inidonei a dover fronteggiare eventi ordinari; criteri di sicurezza rispondenti ai valori minimi necessari piegati in modo forzato.

Allorquando in questi frangenti recenti sono andato sottolineando la necessità di ridurre la presenza di allievi nelle aule scolastiche non facevo altro che tener conto di tali problematiche. Mi veniva contrapposta l’importanza della socialità e l’assenza di dati scientifici comprovanti la diffusione del contagio “dentro” le strutture scolastiche. Lo si è fatto ignorando due realtà: la prima, collegata alle questioni qui sopra sinteticamente tracciate; la seconda relativa proprio a quel bisogno impellente tra i giovani (non tanto tra i bambini e i giovanissimi, ancora protetti dall’ambiente familiare, anche se quest’ultimo ha conosciuto un degrado poderoso nel tempo) di socializzare. Ho rilevato più volte che comprendevo pienamente tali bisogni ed ero consapevole dei danni psicologici che sarebbero derivati da tutte queste obbligate limitazioni. Nondimeno non potevo esimermi dal sottolineare l’obbligo di rispettare in primo luogo la Vita contro la Morte.

….1…

20 aprile – Quel che si poteva e non si è fatto in questo anno pandemico – parte 3

3.

Aggiungerò riflessioni ripetute ed apparentemente banali. Con la convinzione che nelle banalità si concentri la verità, quella incontrovertibilmente emersa da esperienze concrete (quella che chiamiamo “vox populi…”) , quelle che sono state evocate nel primo blocco: allorquando si festeggiava (tutti lo potevano fare, anche se “est modus in rebus”) ma non si prevedevano i contraccolpi di alcuni comportamenti irresponsabili. Ad essere in perfetta equidistanza posso inserire la dabbenaggine di chi considerava finita la pandemìa “festeggiando” con una pubblicazione “Perché guariremo. Dai giorni più duri a un’idea nuova di salute”, troppo affrettatamente preparata, e quelle affermazioni patetiche dei difensori delle discoteche ( “Provvedimento senza senso. La mia resta aperta” e “Ma che me frega, io non chiudo!” ) da parte di alcuni “alti” rappresentanti del “popolo” delle Destre. Temo che ci risiamo. La campagna vaccinale è partita solo con grandi aspettative ma non ha raggiunto i livelli ottimali per poter garantire, non dico “l’immunità di comunità”, una efficacia in grado di poter riprendere pur con mille cautele le attività sociali connesse ad una parte considerevole delle attività produttive, fermate in toto o in parte. Il “rischio ragionato” di cui parla il Governo è a tutti gli effetti una concessione fin troppo benevole a coloro che hanno spinto, in modo anche minaccioso, perché tutto si riaprisse, “immediatamente”.

Non è passato neanche un giorno dalla Conferenza Stampa del Governo (Draghi e Speranza) e per quel che riguarda Prato, che a sorpresa – a causa, sembra. di una promessa dell’ineffabile Presidente della Regione – è ritornata ad essere “zona arancione”, pur permanendo in modo oggettivo il numero dei contagi settimanali superiori a 250 ogni centomila abitanti – limite indicato dal Governo centrale come discrimine tra l’arancione ed il rosso – si è assistito ad una sorta di liberazione che non lascia ben sperare per i prossimi giorni. Quel che è accaduto in Sardegna che da zona bianca è precipitata ad essere “rossa”, direi “rossa intensa”, molto rapidamente, non ha insegnato nulla. “Rischio ragionato” non basta; occorrono, laddove necessiti, agire con severità. Supermercati pieni fino all’inverosimile, bar ed altri consimili esercizi commerciali assaltati da avventori assetati ed affamati non tutti rispettosi delle regole di prevenzione, giardini e parchi stracolmi di famiglie che non attendevano altro che “riprendersi la vita”. Per quel che riguarda la scelta “toscana” è apparsa a tutti l’insensatezza di riaprire Prato e Firenze (da “rosso” ad “arancione”) non il lunedì ma già dal sabato pomeriggio. A dirla tutta, anche nel periodo del “rosso” a Prato c’era troppa trasgressione ed è stata questa permissività a incentivare in gran parte (molti dei contagi provenivano anche dall’ambiente lavorativo artigianale e industriale) la diffusione del virus.

E non bastano i moniti dei Sindaci (leggi tranche articolo del “Corriere Fiorentino” del 16 aprile, qui sotto “in corsivo”) a risolvere il problema: ci vogliono scelte decise, dure, drastiche. Lo ripeto: in questa “partita” non c’è Destra o Sinistra, c’è la scelta tra la Vita e la Morte.

«Dobbiamo essere tutti consapevoli che comunque non siamo fuori dall’emergenza, il virus non sparisce domani», comunque «prendiamo atto della decisione del Presidente Giani che analogamente ai comuni della Piana fiorentina ha deciso anche per Prato e provincia, dove il tasso è di 282 positivi ogni 100mila abitanti, il passaggio a zona arancione». Così in una nota unitaria i sindaci di Prato, Montemurlo, Poggio a Caiano, Carmignano, Vaiano, Vernio e Cantagallo intervengono sulla decisione della Regione che ha uniformato le province a unico colore Covid, l’arancione. «La comunicazione iniziata una settimana fa in cui si preannunciava la zona arancione per sabato alle 14 ha creato aspettative e un po’ di confusione – proseguono i sindaci pratesi -, ma siamo certi che la decisione del Governatore, che ha disposizione tutti i numeri anche sugli ospedali, sia stata ponderata. Riteniamo che i cittadini e le attività economiche dovrebbero sempre essere informate con un congruo anticipo di qualsiasi tipo di decisione». I sindaci ribadiscono: «Dobbiamo essere tutti consapevoli che non siamo fuori dall’emergenza, domani alle 14 non sparisce il virus».

19 aprile – INFER(N)I – altri Inferni – non solo Dante – canto XI dell’Odissea (nella traduzione di Ettore Romagnoli) – 1 (per intro vedi 24 marzo)

Dopo una breve introduzione si avvia una ricognizione intorno ai “viaggi” nell’aldilà – sono materiali che avrei già da tempo voluto utilizzare per una messa in scena di tipo didattico nello stile che ho amato proporre negli anni passati – in questo post troviamo i versi dell'”Odissea” nei quali Omero riporta una parte del racconto che Ulisse fa ad Alcinoo, dopo che Demodoco, narrando alcune fasi della guerra di Troia nelle quali l’eroe acheo è protagonista, provoca in lui molta commozione.

Riporto in questo blocco l’inizio della “narrazione” di Ulisse – nel prossimo post aggiungerò un’altra tranche con un altro elenco di “anime”.

Nella traduzione di Ettore Romagnoli insigne grecista italiano (1871-1938) il canto XI dell’Odissea descrive il viaggio di Ulisse dalla dimora di Circe all’Averno

Ora, poiché tornati noi fummo alla nave ed al mare,
prima di tutto, la nave spingemmo nel mare divino,
l’albero con le vele drizzammo sul negro naviglio,
prendemmo e v’imbarcammo le greggi, e noi stessi salimmo,
pieni di cruccio il cuore, versando gran copia di pianto.
E per noi, dietro la nave cerulea prora, una brezza
mandò propizia, buona compagna, ch’empieva la vela.
Circe dai riccioli belli, la diva possente canora.
E noi, gli attrezzi tutti deposti lunghessa la nave,
sedemmo; ché a guidarla pensavano il vento e il pilota.
Tese restar tutto il giorno le vele, e la nave correva.
S’immerse il soie, tutte le vie si coprirono d’ombra,
giunse la nave presso d’Ocèano ai gorghi profondi.
Qui sorge la città, il popolo è qui dei Cimmèri,
che vivon sempre avvolti di nebbie, di nubi; e coi raggi
mai non li guarda il sole fulgente che illumina il mondo,
né quando il volo al cielo cosparso di stelle dirige,
né quando poi dal cielo si volge di nuovo alla terra;
ma ruinosa notte si stende sui tristi mortali.

Al lido, quivi giunti, spingemmo dapprima la nave;
quindi, sbarcate le greggi, lunghesso l’Ocèano, noi stessi,
per giungere alla terra che detta avea Circe, movemmo.
Qui Periniède ed Euriloco tenner le vittime ferme;
ed io, di presso al fianco fuor tratta l’aguzza mia spada,
scavai, lunga d’un braccio da un lato e dall’altro, la fossa,
e a tutti i morti quivi d’attorno libami profusi,
di latte e miele il primo, di vino soave il secondo,
il terzo d’acqua; e sopra cospersi la bianca farina,
e alle care ombre dei morti promisi con molte preghiere
che, giunto ad Itaca, avrei sgozzata una vacca infeconda,
l’ottima, e sopra il rogo gittato ogni sorta di beni;
ed a Tiresia avrei, per lui solo, sgozzato un agnello
negro di pelo, quello che fosse fra i greggi il migliore.
Poi che con voti e scongiuri cosí le progenie dei morti
ebbi pregate, presi le vittime, e sopra la fossa
tagliai le gole ad esse. Scorrea negro e tumido il sangue.
E l’anime dei morti su corser da l’Èrebo in fretta,
vergini, fanciulletti, vegliardi fiaccati dal duolo,
tenere giovinette dal cuore inesperto di pene;
e molti dalla punta di bronzee lance trafitti
uomini in guerra spenti, con l’arme bagnate di sangue,
chi di qua, chi di là, si addensavano intorno alla fossa,
con alti urli:
si ch’io di bianco terrore mi pinsi.
Ai miei compagni allora mi volsi, diei l’ordine ad essi
che le giacenti greggi sgozzasser col lucido bronzo,
le scoiasser, le ardessero, preci volgessero al Nume
Ade possente, e a Persèfone, ignara di teneri sensi.
Ed io poi, sguainata dal fianco l’aguzza mia spada.

stetti lí, né lasciai che le fatue parvenze dei morti
s’avvicinassero al sangue, finché non giungesse Tiresia.
     Prima l’anima giunse d’Elpènore, il nostro compagno
che seppellito ancora non era soltessa la terra,
ma nella casa di Circe lasciato avevamo il suo corpo
non seppellito, non pianto, perché ci premeva altra cura.
Piansi, vedendolo qui, pietà ne sentii nel mio cuore:
e a lui cosí mi volsi, dicendogli alate parole:
«Come sei giunto, Elpènore, in questa caligine fosca?
Prima tu a piedi sei giunto, che io sopra il negro naviglio»
     Cosí gli dissi; ed egli, piangendo, cosí mi rispose:
«Ulisse, o di Laerte divino scaltrissimo figlio,
tristo un dèmone m’ha rovinato, e la forza del vino. \
Addormentato m‘ ero in casa di Circe; e sul punto
di venir via, scordai da qual parte scendeva la scala:
mossi dal lato opposto, piombai giú dal tetto; ed il collo
mi si stroncò nelle vertebre, e scese lo spirito all’Ade.
Ora, per i tuoi cari, che sono lontani, io ti prego,
per la tua sposa, pel padre che t’ha nutricato piccino,
e per Telemaco, solo lasciato da te nella reggia,
giacché so che, partendo di qui, dalle case d’Averno,
dirigerai di nuovo la prora per l’isola eèa.
Quivi ti prego che tu di me ti ricordi, o signore,
sí che, partendo, senza sepolcro non m’abbia a lasciare,
senza compianto: per me non ti segua lo sdegno dei Numi.
Bensi con l’armi, quante n’ho indosso, mi brucia sul rogo,
e un tumulo m’innalza sul lido spumoso del mare,
che giunga anche ai venturi notizia di questo infelice.,
Questo per me devi compiere. E il remo sul tumulo infiggi,
ond’io fra i miei compagni remigar solevo da vivo».

     Cosí mi disse; ed io con queste parole risposi:
«Tutto per te, sventurato, farò, compierò quanto chiedi ’.
Cosí noi due stavamo, con queste dogliose parole,
io da una parte, distesa tenendo sul sangue la spada,
e del compagno l’ombra, con molte parole, dall’altra.
E della madre mia defunta qui l’anima apparve,
d’Anticlea, la figliuola d’Aulòlico cuore gagliardo,
che lasciai viva quando per Ilio la sacra salpai.
E lagrime versai, vedendola, e in cuore m’afflissi;
ma non permisi, per quanto gran cruccio mi fosse, che al sangue
s’avvicinasse, prima d’aver consultato Tiresia.
Ed ecco, l’alma giunse del vate di Tebe, Tiresia,
con l’aureo scettro in pugno, che me riconobbe, e mi disse:
«O di Laerte figlio divino, scaltrissimo Ulisse,
or come mai, sventurato, lasciata la luce del sole,
giunto sei qui, per vedere la trista contrada dei morti?
Scòstati, via, dalla fossa, tien lungi l’aguzza tua spada,
ch’io beva il sangue, e poi ti volga veridici detti».
     Cosí disse. Io, scostata la spada dai chiovi d’argento,
nella guaina di nuovo la spinsi. E il veridico vate,
bevuto il negro sangue, cosí mosse il labbro a parlare:
«Celebre Ulisse, il ritorno piú dolce del miele tu cerchi.
Ma te lo renderà difficile un Dio: ché oblioso
l’Enosigèo non credo, che accolse rancore nell’alma
contro di te, furente, perché gli accecasti suo figlio.
Eppure, anche cosí tornerete, sebben fra le ambasce,
se le tue brame e le brame frenare saprai dei compagni,
allor che primamente dal mare color di viola
all’isola Trinacria coi solidi legni tu approdi.
Qui troverete bovi che pascono, e pecore grasse,

greggi del Sole, che tutto dall’alto contempla, e tutto ode.
Se tu le lasci illese, se pensi soltanto al ritorno,
sia pur fra mille crucci, tornare potrete alla patria.
Ma se le offendi, invece, predico rovina al tuo legno,
ai tuoi compagni. E se pure tu giunga a salvarti, ben tardi,
tutti perduti i tuoi compagni, su nave straniera,
doglioso tornerai, troverai nella casa il malanno:
uomini troverai che protervi ti vorano i beni,
che la tua sposa per sé vagheggiano, e le offrono doni.
Ma tu farai, tornando, giustizia di lor tracotanza.
E quando avrai purgata cosí la tua casa dai Proci,
o con l’inganno, o a viso aperto, col brando affilato,
allora dà di piglio a un agile remo, e viaggia,
sinché tu giunga a genti che il pelago mai non han visto,
né cibo mangian mai commisto con grani di sale,
che navi mai vedute non hanno dai fianchi robusti,
né maneggevoli remi, che sono come ali ai navigli.
E questo segno ti do, ben chiaro, che tu non lo scordi.
Quando, imbattendosi in te, un altro che pure viaggi,
un ventilabro ti dica che rechi sull’omero saldo,
allora in terra tu conficca il tuo solido remo,
ed a Nettuno immola prescelte vittime: un toro,
un ariete e un verro, petulco signore di scrofe.
Alla tua patria quivi ritorna; ed ai Numi immortali
ch’ànno nell’ampio Olimpo dimora, offri sacre ecatombe,
a tutti quanti, per ordine. E infine, dal mare una morte
placida a te verrà, che soavemente t’uccida,
fiaccato già da mite vecchiezza. E felici dattorno
popoli a te saranno. Vero è tutto ciò ch’io ti dico
».

…INFER(N)I —- Odissea – 1

18 aprile – Quel che si poteva e non si è fatto in questo anno pandemico – 2

Quel che non è stato fatto lo scorso anno potrà ben essere messo in atto in queste prossime settimane. Non lasciarsi illudere dai dati meno severi e tanto meno dalle prospettive di una accelerazione delle fasi di vaccinazione dovrebbe essere pratica oggettiva da parte di tutti noi, così come il rispetto delle regole che devono essere precise, dettagliate, e alle cui infrazioni dovrebbero corrispondere sanzioni altrettanto rigorose. Pur considerando ormai assodata la cronica malattia che – al di là delle pandemìe – colpisce tutti noi – mi riferisco alla amnesia congenita – questa volta dobbiamo fare uno sforzo per ricordare meglio quanto sia accaduto lo scorso anno più o meno in questo periodo. Basta uno sguardo superficiale su Google digitando – come ho appena fatto – “2020 fine del lockdown” per scoprire cosa pensavamo che stesse accadendo a metà maggio con gli annunci di aperture generalizzate di tutti i settori pur con tutte le regole da rispettare nella consapevolezza che si dovesse attendere l’arrivo dei vaccini.

Sul sito di quotidianosanita.it il 26 aprile 2020

Si leggeva 

Dal 18 maggio, invece, riaprirà il commercio al dettaglio mentre per l’attività ordinaria di bar, ristoranti e affini si dovrà aspettare il 1° giugno, quando riaprianno anche barbieri, parrucchieri e centri estetici. Dal 18 maggio possibile apertura anche per musei, mostre e allenamenti sportivi per le squadre.

Su Rainews del 16 maggio con il titolo

Le linee guida delle Regioni si trovano tutte le indicazioni, molte delle quali non verranno rispettate

 Il documento che racchiude le linee di indirizzo per la riapertura delle attività economiche e produttive, e che ha trovato un accordo bipartisan incassando pure il placet del governo, è un corollario di indicazioni, obblighi e raccomandazioni sul come tentare di ripartire cercando però di contenere l’avanzata del coronavirus. Nei ristoranti potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso a chi ha una temperatura superiore a 37,5 gradi. Obbligatoria la presenza di gel e disinfettanti, mentre gli elenchi delle prenotazioni dovranno essere conservati per 15 giorni. Nei ristoranti con all’interno i tavoli dovrà essere garantita la distanza tra un tavolo e l’altro di almeno 1 metro. Stop a buffet mentre la consumazione sul bancone potrà essere consentita se verrà garantita la distanza. Mascherine per il personale ma anche per i clienti che non saranno seduti al tavolo. Barriere dinanzi la cassa, igienizzazione del tavolo e menu online. Ma si potrà andare al mare questa estate? Se sì, con quali regole? Raccomandate le prenotazioni, le regioni raccomandano di garantire il distanziamento tra gli ombrelloni di un metro e mezzo. Le attrezzature come lettini, sedie a sdraio, ombrelloni vanno disinfettati ad ogni cambio di persona o nucleo famigliare. Distanza di un metro pure tra i bagnanti nelle spiagge libere. Per quanto riguarda gli sport da spiaggia, ok a quelli individuali (es. racchettoni) o in acqua (nuoto, surf, windsurf, kitesurf), vietati invece gli sport di squadra (es. beach-volley, beach-soccer).

Le spiagge, in modo particolare quelle organizzate (non quelle “libere”, ad esempio), erano affollatissime. In alcune pinete spazi riservati a luoghi di ritrovo, pub o discoteche, erano frequentatissimi da avventori poco rispettosi delle regole. In linea di massima si pensava di essere abbastanza immuni, soprattutto se giovani e forti, dal contagio.

Questo si scriveva il 21 maggio su un sito giornalistico online

ilfaroonline.it/2020/05/21/gli-interminabili-69-giorni-del-lockdown-una-storia-infinita-o-manca-solo-il-finale/340419/

“Dal 18 maggio tutte le speranze possono essere verificate, al di là che si ritornerà o meno alla cosiddetta “normalità”.
Ma quello che è urgente è recuperare il senso e la sicurezza della quotidianità; rimettere in moto settori vitali per il benessere e la qualità della vita di tutti: in primo luogo l’economia, il lavoro, le scuole, i servizi sociosanitari, le opere pubbliche, il senso di comunità e di civiltà.

Chiunque abbia delle responsabilità istituzionali e politiche per far sì che tutto questo accada non può tirarsi indietro. È il momento che ogni azione e ogni provvedimento sia pensato e condiviso; è il momento di agire con competenza, professionalità, onestà e rispetto per gli altri, in particolare per chi si trova in condizioni di disagio e di fragilità. Quello che prima dei “tempi del Coronavirus” era normale non fare, adesso deve diventare straordinariamente normale fare.”

Il 23 maggio sul sito del Corriere della Sera  si legge

L’Italia spera nel vaccino tra una ricerca di una mascherina e le lunghe code ai supermercati. Si guarda con interesse a quello che accade ad Oxford dove un team di ricercatori – di cui fanno parte anche tre italiani – annunciano di aver sperimentato un possibile antidoto su un ragazzo australiano: Edward O’Neill.

Il 27 aprile il premier Conte arriva per la prima volta in Lombardia da quando è scoppiato il virus e lo fa per annunciare l’avvio della Fase 2: «E’ la fase di convivenza con il virus non di liberazione dal virus. Non ci sono le condizioni per ritornare alla normalità». Nei giorni successivi, invece, proprio a Milano si registrano assembramenti nei parchi e nei luoghi della movida.

Ovviamente questi stralci sono un utile promemoria per evitare di incorrere negli stessi errori commessi un anno fa.

…2…

12 aprile – CANI GATTI E FIGLI – il nostro primo figlio era”peloso” – parte 4 (per la 3 vedi 2 febbraio)

CANI GATTI E FIGLI – il nostro primo figlio era”peloso”

Parte 4

La proprietaria della mansarda che aveva seguito con curiosità le nostre manovre da una sua finestrella mi portò un sacchetto con un residuo di lettiera che aveva per un suo gatto che da qualche mese aveva perso anche la sua “settima” vita ed era stato sepolto nel giardino sotto casa.  Era a tutta evidenza un modo per solidarizzare con noi e condividere la gioia di questo “lieto evento”, inatteso.

Mary ritornò molto presto.  Intanto mi ero accorto che si trattava di una gattina. Lo dissi subito a Mary, al suo ritorno.  Aveva raccolto  i consigli di una delle farmaciste, della quale conosceva la passione per i gatti, e così era passata  a comprare del latte “senza lattosio”  da riscaldare, come le era stato suggerito, solo leggermente per renderlo più simile possibile a quello della “mamma-gatta”.

Procedemmo subito alle operazioni di “ristoro” ed il micetto,  sfibrato dal lungo digiuno, si accoccolò famelico e dolcissimamente paziente tra il mio busto ed il braccio, chiudendo gli occhi e suggendo con immenso piacere il latte, stringendo con le zampine anteriori il piccolo biberon. Dopo un po’, beato, sembrò addormentarsi continuando a suggere le ultime goccioline. Era un piccolo esserino che entrava a far parte della “famigliola”; mi accorsi che, una volta smesso di nutrirsi, aveva un grande piacere a rimanere accoccolato con la punta del mio indice in bocca, come un bambino con il suo ciuccio. Era uno spettacolo guardarlo, con una grande immensa tenerezza.

Poi, però, si pensò che avrebbe dovuto abituarsi alla sua vita autonoma e lo depositammo nello scatolo apprestato a cuccia. Probabilmente i panni non erano tiepidi come le mie braccia e scattò fuori miagolando. Seguiva me, ma non avrei mai potuto sostituire “mamma gatta” e facendoci forza né io né Mary lo riprendemmo “in collo”. Allestimmo uno spazio riservato alla “lettiera”, pronti ad interpretare i “bisogni” per evitare che utilizzasse qualsiasi altro angolo della mansarda. Quando si avvertiva che era il momento, lo si prendeva per la collottola, così come fanno le “mamme-gatte” e lo si adagiava nel giaciglio appositamente preparato all’uopo. Occorreva fare attenzione, perché di norma le prime volte cercava di sfuggire; ma a quel punto lo si riagguantava e lo si riportava dove avrebbe dovuto “imparare” a svolgere quelle pratiche. Dopo un paio di tentativi, il meccanismo educativo andò in funzione con regolarità.

La sera, però, quando per noi “umani” era ora di andare a dormire, non c’era verso di indurre il micetto, che avevamo chiamato “Pussypussy”, a rimanere nella sua “cuccia”. Di norma noi chiudevamo la porta della camera da letto non tanto per “privacy” quanto per il clima freddo tipico di quella realtà (c’è un detto: “Se vuoi soffrir le pene dell’inferno vai a Trento d’estate e a Feltre di inverno”), ed il riscaldamento era centralizzato e funzionava fino all’incirca alle otto di sera, quando i proprietari che lo regolavano andavano a letto. Ovviamente i nostri ritmi erano un po’ diversi ma ci adattavamo.

…4…

10 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – quinta parte

“Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – quinta parte

prosegue il mio commento al tema “I giovani” del 2005 in un
testo di una mia mail di corollario a quella precedente, anche questa rivolta ai medesimi interlocutori…

Da educatore mi è sempre più difficile, anche se ci provo (altri educatori – a volte con l’alibi dell’estraneità – ormai non ci provano più), sollecitare attenzione verso la politica attiva, stimolare i nuovi cittadini alla conoscenza dei propri diritti – in primo luogo quello di pensare ed esprimere tale pensiero liberamente. Non è facile e non è politicamente corretto, ma bisogna dircelo e, per essere in tema, non mi attendo applausi dall’establishment politico. Cosa facciamo, allora? Ci sediamo ed aspettiamo? il proverbio maoista serve solo per la cultura cinese. A noi toccano compiti più attivi; cominciamo a proporre, sapendo che non sarà facile. Ed innanzitutto parliamo fra di noi, camminando simbolicamente per non stare fermi ad aspettare che tutto scorra, portato dalla piena travolgente di un fiume.

a queste mail rispose uno dei miei interlocutori “giovani”

“Caro Giuseppe scusa se non ti ho risposto subito ma sabato e domenica sono stat* impegnat* alla festa dell’unità in pizzeria dove ti devo dire ho trovato la presenza di tanti giovani come me… è stata una esperienza bellissima… faticosa ma divertente… ci sentivamo parte di un qualcosa… avevamo uno scopo comune (“fare le pizze e velocemente perché i clienti reclamavano”)… forse è proprio questo spirito che la gioventù di oggi ha perso… e credo ti riferissi a questo quando hai parlato di noi giovani. … e hai ragione, in parte… è vero i giovani assomigliano sempre più agli adulti…. quelli peggiori…. ma non è sempre così… sabato e domenica me ne sono res* conto… e condivido pienamente le tue riflessioni… si deve fare qualcosa… anche e soprattutto nel campo della cultura…. dobbiamo ritrovare quello spirito e quella voglia di combattere, soprattutto tra di noi che facciamo parte dello stesso schieramento politico… ma non è solo una battaglia politica quella che dovremmo intraprendere… è soprattutto una battaglia culturale, di mentalità… cominciare ad esempio a porci delle domande… perché i giovani sono così oggi? e cosa possiamo fare (nel nostro piccolo) per invertire questa tendenza sempre più dilagante verso il “menefreghismo”… il progetto su Pasolini ad esempio è un buon punto di partenza per dare avvio a queste riflessioni

Io e….. avevamo anche pensato di organizzare una Commissione Cultura congiunta tra le due nostre Circoscrizioni invitando i maggiori rappresentanti delle istituzioni sia politiche che culturali proprio per discutere del tema della Cultura a Prato… credo che potremmo estendere tale progetto anche alle altre Circoscrizioni trovando un luogo adatto che, come ipotesi, potrebbe essere il “Magnolfi”… dovremmo iniziare sin da ora a preparare questo incontro per poterlo mettere in calendario per settembre… fammi sapere cosa ne pensi… forse non servirà a niente…o forse può essere solo un piccolo ma significativo primo passo per avviare una riflessione seria e approfondita…. dobbiamo pure iniziare da qualche parte… Un saluto affettuoso… firmato….

…5….

“Passiamo alle conclusioni!” un po’ come dice Paolo Mieli in coda alle puntate di “Passato e presente”…..

3 aprile – Una maxi quarantena per tutti coloro che sottovalutano i rischi attuali della pandemia

Una maxi quarantena per tutti coloro che sottovalutano i rischi attuali della pandemia

Sono stato da sempre perplesso intorno al comportamento politicamente irresponsabile di coloro i quali propendevano per “aperture” incondizionate ed il mio giudizio, se rileggete i miei post, non aveva connotazioni di tipo ideologico: ce ne era per tutti!  La Destra alzava polveroni senza alcuna regola, incurante degli inviti a riporre le armi temporaneamente (antropologicamente era comprensibile l’astio ed il livore da parte della Lega, sbeffeggiata da Conte & Co.; ricordate il tempo del “Papeete”!?); il Centrosinistra attraverso qualche Sindaco “ganzo” apriva gli spazi non appena l’aria malsana del contagio sembrava essersi attenuata; la Sinistra sberciava contro le limitazioni delle libertà.

E questa “solfa” di un “gioco delle parti” conduceva verso un massacro eugenetico, dove i più forti avevano la meglio sui più deboli.

Il “virus”, unico vincitore, se la rideva della dabbenaggine umana. E continua ancor oggi a farlo, nascondendosi dietro “maschere” con altre forme, altre “varianti”.

In questi giorni, con un Governo “nuovo” che non ha fatto altro che proseguire nell’azione del “vecchio” (chi dice il contrario mente quasi certamente sapendo di mentire; e lo fa solo per giustificare la propria scelta scellerata, visto che quella crisi ha fatto perdere circa un mese di operatività al Paese contro la pandemia) alcune angolature sono state smussate; ciò è la riprova che l’avversione verso il Governo precedente era molto personalmente diretta al suo Premier, Giuseppe Conte, avvocato e neofita nell’agone politico. Tanto è che uno dei suoi principali avversari tace, per lo più, soddisfatto. Un altro di tanto in tanto alza il ditino accusatore, ripetendo sempre lo stesso “mantra” a sostegno di quella parte di “popolo” che non vede l’ora di ritornare a fare confusione, quella parte che dimostra ogni giorno di più di essere incapace di comprendere che da ieri in avanti il mondo non sarà più lo stesso e, se non è “game over” poco ci manca. Non è un modo di dire: è la realtà intorno alla quale bisogna avviare una revisione profonda di comportamenti e stili di vita.

Sberciano ancora e minacciano; cercherei per tutti questi un “buen retiro” nel quale confinarli: uno spazio ampio per contenerli tutti, vicini vicini, a respirare la stessa aria, semmai con qualche virus birichino che si occupi di fare il buon lavoro. Si capisce: non una costrizione ma una scelta volontaria, visto che i “lockdown” da costoro sono considerati eccessivi e che, probabilmente, fino ad ora, non hanno sofferto mancanze personali, familiari e amicali. Una sorta di “maxi lazzaretto” come quello milanese di manzoniana memoria, una grande festa di “quarantena” in cui farsi finalmente passare la voglia di criticare in maniera irrazionale le scelte del Governo, condizionate dall’andamento della pandemia.