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PASSEGGIATE FLEGREE – giugno 2018

 

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PASSEGGIATE FLEGREE – giugno 2018

 

“Fru fru!  Frufruuuu!” la donnina attempata ma dalla figura eretta vagava sulla strada assolata del primo pomeriggio caldo di giugno. Il selciato era sconnesso e la via,  ingombra di auto parcheggiate, polverosa anche per i lavori di rifacimento di alcune facciate rovinate dal tempo e dal vento ricco di salsedine.

Stavamo facendo ritorno da una lunghissima “passeggiata”. Contando sulle nostre forze espresse nei percorsi pedonali   sulle ciclabili lungo il fiume Bisenzio non avevamo temuto di intraprendere il nostro viaggio urbano sulle pendici che dalla Solfatara portano verso il mare. Spesso ci dicevamo che camminavamo poco e che, alla nostra età, avevamo bisogno di farlo quotidianamente: d’inverno era  più difficile uscire a passeggiare mentre tirava vento, con il  freddo e la  pioggia; in primavera ed in estate dovevamo recuperare.

Avevamo preso la strada più diritta che dal Parco Bognar  portava verso le ex Palazzine, attraversando il tunnel della Ferrovia; era ancora fresca la mattina e spirava un leggero venticello, anche se il cielo era sgombro di nubi. La piazza che fino a pochi anni prima era sede di un mercato rionale allora era ingombra di auto. Avevamo deciso di andare al Cimitero per un saluto ai nostri cari. Davanti all’Ufficio Postale non c’era ancora la fila consueta, in fondo erano appena le otto e mezza del mattino. Rasentammo utilizzando il marciapiede sulla Domiziana il muro delle case Olivetti, costruite negli anni Sessanta per i dipendenti di quella grande fabbrica.                                                                                                                                                      Mura fatte di mattoni di tufo corrosi dal tempo. Erano là sin dall’inizio di quell’avventura: chissà da dove provenivano, non molto lontano da quel luogo certamente! Ma da quale cava tra quelle che, girando un’occhiata rapida  in giro per i Campi Flegrei riuscivate a scorgere, abbandonate, dopo l’intenso sfruttamento umano che per secoli hanno subìto, quelle pietre provenivano? Di fronte alle case Olivetti, là dove c’era la Scuola elementare che io avevo frequentato dopo la “primina” e che era stata una delle sedi dove Marietta aveva insegnato quando iniziavo a conoscerla, c’erano soltanto i maestosi ruderi di un complesso termale romano: tutta l’area trasudava  storia antica mal sopportata dai contemporanei che nel corso degli ultimi secoli ne hanno fatto strame. Era un miracolo puro che fosse rimasto intatto l’Anfiteatro Flavio, a pochi passi indietro da dove stavamo, mentre non aveva avuto altrettanta fortuna l’altro, il secondo, Anfiteatro, che segnalava – se ce ne fosse pur stato bisogno – l’importanza della Puteoli romana, porto imperiale precedente a quello di Ostia.  Di fronte alle case Olivetti accanto ai ruderi antichi ed ai ricordi nostalgici della mia infanzia e della nostra giovinezza notammo il perimetro difeso da filo spinato della Casa Circondariale Femminile, con il piccolo ingresso privato riservato alle suore, che avevano  il compito di portare sollievo “spirituale” alle povere donne carcerate, povere in genere anche se, per motivi molto diversi e lontani dalla “povertà” aveva avuto l’onore di frequentare quella realtà anche una delle più illustri figure artistiche internazionali di origine puteolana.

Arrivati alla Piazza dell’Annunziata, Piazza Francesco Capomazza, uno sguardo appena sollevato sulla nostra destra ci fece  scorgere il massiccio bastione del Palazzo Cosenza, che dominava tutta la scena. Là dietro c’era in disordine sparso una delle più grandi Necropoli romane visibili ma non visitabili, anche se per fortuna non del tutto distrutte dalla violenta inciviltà degli uomini. Noi proseguimmo.

…fine parte 1….

 

Joshua Madalon

 

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 e dintorni – parte 9

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 e dintorni – parte 9

 

Di fronte la collina di Capodimonte sotto la quale si sviluppa il vallone della Sanità lasciava intravedere il verde della campagna e la struttura tufacea, un panorama collinare con alberi da frutta rari ma ricchi e abbondanti. Case povere, piccoli orti,  strade ridotte a poco più di una mulattiera che si inerpicavano. In noi ricordavano i luoghi delle “pagliarelle” caserecce dove bere un buon bicchiere di vino fresco ed intrecciare storie d’amore godendosi il panorama classico partenopeo.

 

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Eravamo ormai davanti alla Chiesa Maria Santissima del Carmine, costruita tra il 1878 ed il 1884 proprio come luogo di culto attiguo al Cimitero delle Fontanelle. Non contiene opere importanti ma è stata abbellita nel 2016 quando all’esterno sulla facciata della canonica e del campanile è stato realizzato un variopinto e suggestivo murale ad opera degli artisti Mono Gonzalez, Tono Cruz e Sebastian Gonzalez.

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Due passi e sulla sinistra si aprì davanti a noi un ampio varco in fondo al quale si vedeva un immenso spazio alto, buio  e profondo e masse di gente che uscivano e che, come noi, entravano. Entrando ci si rendeva conto di essere in un’enorme cava di tufo utilizzata fino a metà del 1600, quando, a causa di una pestilenza cominciarono ad esservi depositati i corpi dei defunti. Con l’andare del tempo, poi, oltre a vittime di altre epidemie, trovarono ricovero le ossa dei morti degli ipogei bonificati dopo l’arrivo dei napoleonici. Era impressionante  la sistemazione precisa delle diverse parti dello scheletro, qui i crani, qui le tibie, qui altre ossa ben ordinate. Nel corso dei secoli c’è stato un culto molto intenso verso questi resti da parte di alcune donne cui veniva riconosciuto una funzione importante da essere considerate “maste” cioè “capo”. Sono state loro a mettere quell’ordine e quella cura per quelle povere anime chiamate amorevolmente “pezzentelle”, poverine per l’appunto.

 

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A me vennero in mente le celebri inquadrature del film di Rosselini, “Viaggio in Italia” del 1954 con Ingrid Bergman che dopo aver visitato altri luoghi a me molto cari, come l’antro della Sibilla a Cuma e il vulcano Solfatara, entrando proprio dal’ingresso della Chiesa Naria Santissima del Carmine, si trova all’interno del Cimitero delle Fontanelle.

La guida ci descrisse ogni spazio con grande precisione, aggiungendo ad ognuno di essi degli aneddoti, delle curiosità.

Prima di lasciarci volle però farci un dono recitando con grande maestria la famosa poesia di Totò, “’A livella”. Applausi finali e saluti.

Ciascuno ritornò per proprio conto lentamente godendosi la tranquillità della strada. Approfittai anche a ritorno dei bagni del “Munacone” e poi utilizzammo l’ascensore per risalire su via Santa Teresa degli Scalzi. Avevamo un appuntamentoin una pizzeria senza glutine in via Bellini, a due passi dall’Accademia di Belle Arti, dalla Galleria Principe Umberto, da Piazza Dante.

Se avrete modo di essere a Napoli non mancate di farvi accompagnare in questi luoghi. Ce ne sono molti, ma il grande ipogeo delle Fontanelle è ben superiore a qualsiasi altro. E tutto il resto che vi ho descritto sommariamente e che noi stessi ci ripromettiamo di approfondire in una delle nostre prossime puntate in quella città che, non lo dimenticate, è la mia città natale.

L’Associazione culturale cui ci eravamo rivolti è Insolitaguida e la trovate su Internet. Ci sono anche altri itinerari curiosi ed interessanti dal punto di vista culturale, sociale, storico ed antropologico che potrebbero essere di vostro gradimento.

Il culto dei morti è ovviamente un aspetto archetipico che coinvolge tutte le civiltà; a Napoli come per tante altre caratteristiche c’è uno sviluppo abnorme paradossale di queste attività volontaristiche. Ne sono prova anche alcuni riferimenti culturali artistici poetici e teatrali di cui tratterò in un prossimo post.

 

Joshua Madalon

Il “cambiamento”(!) e le contraddizioni nella nuova compagine di Governo (a partire da un caso fiorentino)

Il “cambiamento”(!) e le contraddizioni nella nuova compagine di Governo (a partire da un caso fiorentino)

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Tutto dunque deve “sembrare” un cambiamento. Ecco che il riferimento al “cambiamento” quando si parla di “Contratto di Governo” non può servire ad altro che a comunicare un desiderio, una volontà, per ora solo un “auspicio” e in ogni caso un possibile “fake”.  Ancora un annuncio propagandistico come se la campagna elettorale non fosse mai finita.  Se “cambiamento” ci potrà essere lo sapremo a fine anno o forse un po’ più in là ma indubbiamente già dalle prime mosse potremo capire se davvero funziona il “matrimonio” tra sovranisti e populisti.  Più di un dubbio ci viene posto quando leggiamo nel Contratto di Governo gli aspetti afferenti con chiarezza alla Lega (in primo luogo i temi dell’dentità e della sicurezza, dell’immigrazione, quelli della legittima difesa, della flat tax e dei campi nomadi).

Proprio su questi ultimi le contraddizioni emergono anche sui territori: è di ieri mattina la notizia apparsa su “Repubblica” di Firenze relativa alle “casette” di via del Guarlone a Firenze. Nel Quartiere 2 il Presidente Michele Pierguidi che appartiene al PD ha presentato una delibera per chiedere al Sindaco Nardella di intervenire in merito alla situazione di degrado delle casette di via del Guarlone a Rovezzano che a metà degli anni ’90 al tempo della giunta Primicerio furono insediate per rispondere all’emergenza nomadi. In quegli stessi anni anche a Prato ci occupammo di dare risposte adeguate utili al conseguimento di una forma civile di integrazione reciproca tra stanziali e nomadi che intendevano aderire a quei progetti. C’è un’ansia da parte dei Partiti di Governo del Centrosinistra, tuttora egemoni in queste aree, di accreditarsi come difensori della legalità e della sicurezza, che li porta a strutturare interventi che nulla hanno da invidiare rispetto a quelli proposti dalle Destre. La richiesta intenderebbe procedere ad una sorta di sfratto delle famiglie rom, sulla base del fatto che tutto intorno all’area ed al suo interno siano state rilevate forme di degrado e non siano state rispettate le norme igieniche. Si va poi oltre chiedendo che quelle strutture possano essere riservate a tutti coloro che ne hanno bisogno e abbiano fatto richiesta di partecipare a graduatorie per l’assegnazione di case popolari. Si fa riferimento a regolamenti comunali, quello in particolare di Polizia Municipale. Verrebbe da chiedersi però se quei “regolamenti” siano stati applicati finora con diligenza dagli amministratori e siano state avviate dei rapporti istituzionali (Commissioni specifiche)  e siano state eventualmente comminate le necessarie sanzioni allo scopo di educare ed evitare situazioni di degrado come quelle denunciate in questo caso.

La delibera del Quartiere 2 ha avuto il sostegno sia del PD, proponente, che delle forze di Destra con il voto contrario dei rappresentanti del Movimento 5 Stelle, che l’ha bollata come razzista.

Poichè ho avviato la riflessione sulle contraddizioni interne alla compagine di Governo “grigio-verde” (non “giallo-verde” come piacerebbe) non posso non condividere la posizione del M5S del Quartiere 2 di Firenze ma sono ad interrogarmi su come  si procederà in un’azione di Governo del Paese nell’immediato futuro viste queste differenze di “sensibilità” molto lontane tra loro.

Non credo che sia possibile controbattere da parte del M5S che sia stata colpa del PD che non ha voluto accettare l’invito a partecipare alla stesura del “contratto”; anche perchè non sarebbe stato possibile, visto che erano già intercorsi accordi molto forti tra M5S e Destre sin dall’avvio della legislatura.

Joshua Madalon

 

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 6

 

 

 

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 6

 

Quel che accadde giovedì 6 maggio 1976 non l’ho vissuto direttamente, perché non ero a Feltre: ero sceso a Napoli per concludere quella fase di corso abilitante cui avevo partecipato,  con il colloquio finale.

Me lo ha raccontato Pinuccio Loiacono, compagno di Partito e convivente provvisorio per necessità reciproca in tempi di “vacche magre”.

In quel periodo lui però era ancora al Park Hotel, un Albergo gestito da meridionali molto vicino alla Stazione ferroviaria. Non ci si conosceva ancora. Dopo cena, era andato intorno alle 21.00 in bagno, proprio quando arrivò lo scossone più forte, 6.5 della Scala Richter. Tutto tremò ed andò all’aria ma la cosa tremenda fu il black-out ed il conseguente disorientamento per psicosi, per cui Pino rimase chiuso nel bagno in preda al panico.

Il sisma aveva colpito il Friuli a nord di Udine creando danni enormi in aree prevalentemente montane provocando 990 morti e oltre 45.000 senza tetto. A Feltre non ci furono danni evidenti ma molta paura. Quell’evento mi ha insegnato a capire la profonda dignità di quel popolo, che non si perse d’animo in piagnistei ed in pochi anni ricostruì in modo diretto il proprio habitat. Di quell’evento avemmo testimonianza anche da parte di un altro collega originario del Friuli, che aveva perso tutto, tranne una fornitissima biblioteca familiare che portò a Feltre e con la quale rivestì totalmente l’appartamento che aveva preso in affitto senza mobili, arrivando a dormire sugli stessi libri in un atto d’amore folle. Un collega carissimo di cui ho perso le tracce, un uomo geniale, originale, dalla tipica fisicità montanara, votato alla solitudine randagia.

In quegli anni la passione per il Cinema si era abbinata a quella della Politica, del Sindacato. Avemmo modo di collaborare anche con l’ARCI e con l’ANPI in una occasione particolare. Con la prima Associazione che non aveva una sede a Feltre si entrò in contatto per stabilire una collaborazione, dopo che con il giovane Francesco Padovani avevo fondato il Circolo di Cultura Cinematografica “La Grande Bouffe”. C’era un gruppo attivo a Ponte nelle Alpi a nord di Belluno. E si aderì all’UCCA, l’Unione dei Circoli Cinematografici dell’ARCI. Così si avviarono una serie di rapporti anche con Padova e Venezia e da lì al livello superiore fino a Bologna ed a Roma. Fu così che ebbi modo anche di frequentare Festival come quello di Venezia, di Pesaro e di Cattolica e di incontrare amici che avrei poi continuato a frequentare con il mio trasferimento in Toscana, in modo particolare Andrea Coveri di Prato e Jaurés Baldeschi di Castelfiorentino.

Tra le tante iniziative culturali e cinematografiche, senza mai dimenticare la mia passione civile e politica, sarebbe molto importante ricordare quella dedicata al Lavoro ed al Movimento operaio che mi pose in contatto con alcune strutture romane molto importanti, come la Cineteca Italia-URSS curata dai fratelli Predieri e la Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico con cui ho costruito anche in seguito una serie di collaborazioni.

 

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Ho accennato all’ “occasione particolare” di collaborazione tra ARCI ed ANPI e ne parlerò nel prossimo post, dopo aver anche ricordato in modo più preciso le caratteristiche della Rassegna sul “Movimento operaio”.

…continua….

 

Joshua Madalon

LA RACCOLTA PORTA A PORTA funziona? Direi che la città (di Prato) non se n’è accorta

 

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Girando per la città non si vedono più i cassonetti e le campane collocate in spazi comuni. In effetti dava noia vederli a volte stracolmi e circondati da altri residui “indifferenziati”. Quegli spazi poi diventavano maleodoranti via e via più con l’avanzare della stagione calda.

Sono, questi, ricordi ormai superati. Ora c’è il porta a porta! Siamo nella modernità; non ci sono più luoghi comuni intercondominiali. No, ora ogni condominio ha il suo spazio e con molta frequenza quello spazio ha sostituito in tutto e per tutto i precedenti, distribuendo a tappeto il sudicio.

Se interpellate il servizio pubblico, che qui a Prato si chiama ALIA, vi dirà che devono essere le assemblee condominiali a redarguire i reprobi ed eventualmente stabilire le regole. Bisogna dire tuttavia che, in assenza di un intervento condominiale, dovrebbero essere vigenti le “regole” istituzionali, quelle presenti nelle “Istruzioni” che sono state inviate a ciascun cittadino molto prima che il “porta a porta” fosse avviato.

Come sempre accade, dunque, il cittadino virtuoso è vittima dei cittadini irrispettosi dell’ambiente. Bisognerebbe mettere in atto un’attività pedagogica educativa diffusa sul territorio. Se qualcuno avanza l’obiezione che tali interventi sono stati già prodotti poco prima dell’inizio di quel servizio mi permetto di replicare evidenziando una profonda incapacità da parte dei “docenti”: infatti ho sempre pensato che se gli studenti non raggiungono risultati perlomeno sufficienti (anche se non basta la mera “sufficienza”) la responsabilità sia proprio da addebitare ai docenti.

E non si venga a dire che “è colpa dei cinesi!”. In quota parte certamente sì, ma laddove ci fosse un’adeguata sorveglianza e venissero comminate davvero delle “multe” ( e non isteriche marginali ed estemporanee ripicche) noi davvero saremmo in grado di svolgere una funzione positiva.

Inoltre, in un rapporto più diretto tra Istituzione, servizi e cittadinanza, si creerebbero energie cooperanti sui territori che potrebbero risolvere non soltanto i problemi dei rifiuti, ma anche molti altri, come quelli che si riferiscono alla insicurezza ed alle solitudini.

Joshua Madalon

PASSEGGIATE FLEGREE 2018 e dintorni – parte 7

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 e dintorni – parte 7

Tutto intorno ai nostri percorsi c’è un mondo nascosto sotterraneo che sarebbe molto interessante poter visitare. Napoli ha tesori incommensurabili nel sottosuolo e soprattutto in questa parte della città. La Sanità (Sanitas, ovvero “salute”) ha avuto un ruolo storico per il “popolo”. La nobiltà partenopea risiedeva sostanzialmente all’interno delle mura contrassegnate oggi dalle “porte” di ingresso. Quella da cui eravamo partiti con la guida, dal punto in cui c’era l’appuntamento, è Porta San Gennaro, la più antica delle nove porte di Napoli, anche se purtroppo è forse tra quelle meno conosciute; di certo era molto importante ed il suo nome derivava dal fatto che da qui partiva l’unica strada che conduceva alle Catacombe di San Gennaro; era conosciuta anche come porta del tufo”, perché da lì entravano i grandi blocchi di tufo provenienti dalle cave del vallone della Sanità, delle quali parleremo dopo. Tra le altre porte la più famosa è quella “Capuana” il cui toponimo è indicativo della direzione di uscita verso la città di Capua; per noi studenti liceali ed universitari rimane impressa Port’ Alba, sede di bibliofili e librai, a pochi passi dal Convitto “Vittorio Emanuele II”, dal Conservatorio “San Pietro a Maiella” e dall’Università “Federico II” in via Mezzocannone. Altre porte sono Porta di Costantinopoli, Porta Carbonara, Porta del Carmine, Porta Medina, Porta Nolana e Porta del Santo Spirito. La guida aveva trottato lasciando indietro un po’ di persone; poi per fortuna il caldo e l’ipotesi di dover parlare ancora un po’ la sollecitarono ad un breve break per acquistare una bottiglietta d’acqua. Così il gruppo si ricompose. Proprio di fronte a quel barettino c’era l’ingresso dell’Acquedotto augusteo del Serino. Un’opera fondamentale di origini per l’appunto “augustee” datato 10 d.C. che partiva (in verità continua a farlo) dall’entroterra campano irpino per raggiungere la sede della flotta imperiale romana a Miseno. Era chiuso ma non avevamo in programma la sua visita: sarà per una delle prossime volte!

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Dopo la sosta benefica – non solo per la guida – si riprese la sgroppata fino alla Chiesa di Santa Maria della Sanità, quella che potete ammirare anche nel recente film dei Manetti Brothers, “Ammore e malavita”. La piazza è ampia, quasi ad affermare la volontà del popolo a partecipare alle grandi adunanze di festa e di dolore. Nella torre abita un nobile moderno uomo di fede, Alex Zanotelli, che lì ha deciso di risiedere, in quel territorio così denso di contraddizioni dicotomiche. La costruzione è della fine del XVI secolo ma risiede sopra le Catacombe di San Gaudioso, alle quali si accede dall’interno della Basilica attraverso una cancellata posta sotto il presbiterio della chiesa seicentesca . Il territorio è ricchissimo di ipogei cristiani, grazie anche all’abbondanza di materiale tufaceo che veniva asportato per costruzioni edilizie che mantenessero gli interni delle abitazioni fresche di estate e calde d’inverno. Molto più importanti e non poco distanti vi sono le catacombe dette di San Gennaro.
Straordinari per la loro bellezza sono il pregevole monumentale pulpito ed una rampa barocca che si innalza da due parti verso il presbiterio. Molto suggestiva è la cripta sottostante.

Joshua Madalon

…fine parte 7…continua

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reloaded “PASSEGGIANDO NEL “DIGITAL STORYTELLING” di TRAMEDIQUARTIERE”

Oggi voglio ricordare l’esperienza di “TRAME DI QUARTIERE” attraverso un primo “book” fotografico e uno dei miei “metaracconti”.

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PASSEGGIANDO NEL “DIGITAL STORYTELLING” di TRAMEDIQUARTIERE
– continuando con la meta-narrazione –

Stamattina piove. Le prime gocce tamburellando sulle tettoie mi hanno svegliato: che ore sono?

– continua –

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STORYTELLING (digital) e METANARRAZIONE – proseguendo il lavoro in TRAMEDIQUARTIERE
Scrivevamo l’altro giorno: “Stamattina piove. Le prime gocce tamburellando sulle tettoie mi hanno svegliato: che ore sono? Dieci alle sette; tra qualche minuto anche il telefono sussulterà, vibrerà e poi suonerà. Decido di staccare la “sveglia”, non ne ho più bisogno e non voglio disturbare gli altri che continuano tranquillamente a dormire; mi alzo e vado in cucina a prepararmi il solito caffè. C’è meno luce del solito. Eppure siamo già al 15 di maggio. Con la tazzina di caffè fumante vado davanti all’ampia vetrage del salone attraverso la quale osservo la vasta pianura che va verso il mare, al di là delle colline pistoiesi che nascondono la piana di Montecatini e tutto il resto verso occidente. Le nuvole sono basse e continua a piovere. Ieri mattina a quest’ora la luce era così intensa e sono riuscito a fare una serie di buone riprese ed ottime foto.
Meno male, mi dico e continuo a dirlo mentre accedo al balcone esterno che guarda verso il Montalbano e si affaccia sul giardino e sulla vecchia Pieve. Sul balcone i fiori di cactus che ieri mattina erano aperti e turgidi si sono afflosciati, altri ne stanno nascendo e quando saranno pronti, come sempre faccio, li fotograferò. I colori della natura tendono in prevalenza al grigio, grigio-verdi, e la pioggia copre con il suo cadere a tratti i suoni ed i rumori della vita della gente che va a lavorare: è ancora presto per il “traffico” scolastico che tra poco si materializzerà. E continuo a pensare tra me e me: “Meno male che ieri mattina sono riuscito a fare le foto e le riprese di cui oggi avrò bisogno. Stamattina sarebbero state così cupe!”.
Da martedì insieme a pochi altri seguo un corso intensivo di soli quattro giorni: lavoriamo su “temi e storia” di questo territorio. Siamo a Prato. Quartiere San Paolo, periferia Ovest della città post-industriale. E’ piacevole ed interessante, forse anche utile. Siamo soltanto in sei suddivisi equamente quanto a genere ed età anagrafica. Il primo appuntamento è in una delle scuole della città appena alla periferia del nostro territorio. Mi sono presentato come uno scolaretto per l’appello del primo giorno. Molte le facce a me già note: in definitiva ad occuparci di Cultura ci si conosce. Sento subito che ci divertiremo, insieme. Handicap assoluto è la mia profonda impreparazione linguistica con l’inglese. La docente anche se in possesso di un curriculum internazionale di primissimo livello dal suo canto non capisce un’acca della nostra lingua: e questo mi consola ma non giustifica entrambi. C’è grande attenzione in tutti ma il più indisciplinato è colui che dovrebbe , per età soprattutto e per la professione che ha svolto, essere da esempio, cioè io. Mi distraggo, chiacchiero, insomma disturbo come un giovane allievo disabituato alla disciplina. L’americana mi guarda con severità e con quel solo sguardo impone il silenzio. Ciascuno viene chiamato poi a confessare in una sorta di autoanalisi, della quale non parlerò, le origini del proprio nome e della propria storia familiare. Io scherzo sul significato del mio cognome che richiama atmosfere donchisciottesche e sulle attività “carpentieristiche e marinare” di mio nonno paterno.

PROPOSTE
STORYTELLING (digital) e METANARRAZIONE – proseguendo il lavoro in TRAMEDIQUARTIERE – seconda parte

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L’americana detta poi compiti e tempi. A ciascuno la sua storia. Non ne parlerò per rispettare la consegna del “silenzio” anche se qualche indicazione emergerà dal “racconto”. Discutiamo, scambiandoci idee ed opinioni, poi scriviamo. Amo la sintesi: lo so che voi (che leggete) non lo direste, che non siete d’accordo. Molti dicono che sono un “grafomane”. Ma io, in effetti, scrivo molto ma poi taglio: scorcio e taglio.

E così andiamo avanti fino ad ora di pranzo: non tutti però sono pronti e quindi si ripartirà più tardi per il confronto finale, dopo pranzo.

La scrittura deve essere sintetica (e dagli con questa “sintesi”!) e sincopata per poter poi più agevolmente trasformarsi in uno story board dove le parole e le immagini si mescolino. Mentre le parole sono lì già pronte sul foglio di carta la docente ci invita a reperire quante più immagini possibili da poter collegare.

Dopo il pranzo infatti ciascuno di noi lavora per costituire il proprio esclusivo “database” da cui attingere poi foto e riprese in video da utilizzare.

Dalla prima scrittura a questo punto si passa ad una rielaborazione ad uso di traccia sonora parlata da ciascuno di noi. Dovremo essere noi a leggerla domattina, mercoledì 13 maggio, registrandola su una traccia audio che poi entrerà a far parte del nostro personale bottino.

Si ritorna a casa, però, con un compito da svolgere: cercare una musica da utilizzare, adattandola alle immagini. E’ una delle operazioni che mi coinvolgono a pieno; il suono musicale deve appartenere alle immagini con il ritmo che acquistano nel mio pensiero; i movimenti delle persone e degli oggetti devono corrispondere nel miglior modo possibile alle note all’interno della loro composizione; devono viaggiare all’unisono come corpi in un amplesso erotico. Ne sono stato sempre convinto: ascoltare musica genera orgasmi mentali.

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“La bellezza espressa da un artista non può risvegliarci un’emozione cinetica o una sensazione puramente fisica. Essa risveglia o dovrebbe risvegliare, produce o dovrebbe produrre, una stasi estetica, una pietà o un terrore ideali, una stasi protratta e finalmente dissolta da quello ch’io chiamo il ritmo della bellezza…..Il ritmo….è il primo rapporto estetico formale tra le varie parti di un tutto estetico oppure di un tutto estetico colle sue parti o con una sola oppure di una qualunque delle parti col tutto estetico al quale questa appartiene”

(da “Dedalus” di James Joyce trad.ne di Cesare Pavese, Frassinelli editore pag. 251)

 

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L’ERBA DEL VICINO (giardino) E’ SEMPRE PIU’ VERDE (alta)!

L’ERBA DEL VICINO (giardino) E’ SEMPRE PIU’ VERDE (alta)!

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Tra i tanti problemi evidenziati dalla gente in questi ultimi giorni a Prato c’è – a carico sempre dell’ALIA spa – quello dell’erba (non dell’acqua , come a Venezia) alta.
Ieri ho accennato alla questione rifiuti solidi urbani e loro raccolta portaaporta. Devo aggiungere a quella riflessione opportunamente riferita anche alla questione del taglio dell’erba che gli operatori addetti alla raccolta dei rifuti ed al taglio dell’erba appartengono a cooperative che in modo diretto – o indiretto, con subappalti – hanno vinto gare condotte con la modalità del “massimo ribasso”.
A questi addetti viene corrisposto un compenso orario lesivo della loro dignità, rappresentativo delle “tendenze” cui ci ha abituato il complesso del “Job’s Act” tanto decantato dal Governo Renzi ed ulteriormente difeso dal PD.
E’ insopportabile ulteriormente l’atteggiamento dell’Amministrazione comunale che, facendo approvare il Bilancio, si è vantata di aver ridotto i costi di trasferimento all’ALIA, lasciando tuttavia invariata la spesa a carico dei cittadini contribuenti.

Joshua Madalon

COSI’ VA IL MONDO….C’E’ UNA GRAN CONFUSIONE…

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COSI’ VA IL MONDO….C’E’ UNA GRAN CONFUSIONE…

“Non ci capisco più niente!….”
E’ lunedì 7 maggio 2018. Marietta ascolta i commenti dei giornalisti intorno alle vicende politiche ed alle traversie del nostro Paese senza prospettive….
Giosuè assente, come è d’abitudine, in silenzio. E’ preoccupato così come lo sono in tanti.
“…stamattina al mercato non riuscivo a ritrovare più i banchi degli ambulanti dove di solito mi fermo…è da alcune settimane che c’è una gran confusione…..” riprende Marietta correndo dietro i suoi pensieri….

Joshua Madalon

COSI’ VA IL MONDO….C’E’ UNA GRAN CONFUSIONE…al mercato

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LA CURA DELL’AMBIENTE ED I COMPITI DI CHI AMMINISTRA

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LA CURA DELL’AMBIENTE ED I COMPITI DI CHI AMMINISTRA

Nei giorni scorsi, ma potremmo dire “nei mesi scorsi” anche con alcuni miei interventi su questo Blog, grande attenzione è stata riservata dall’opinione pubblica a Prato – attraverso i mezzi di informazione e segnatamente – di recente – a causa di un “inatteso” disservizio informativo (il differimento a data successiva – ci si riferisce al 1° Maggio – della raccolta porta a porta del materiale plastico ), si è levata la protesta dei cittadini verso il servizio offerto da ALIA spa relativamente alla raccolta “portaaporta”.
Ho potuto verificare in diretta, avendo residenza in questo Comune, che la scelta del portaaporta è stata condotta con eccessiva faciloneria dai vertici di ASMIU (poi divenuta ALIA) che hanno sottovalutato il problema soprattutto dal punto di vista didattico e regolamentare. Peraltro in modo isterico da parte dell’Amministrazione si è risposto alla difficoltà evidenziata dai territori dove è più intensa la presenza della comunità cinese, quella regolare e quella irregolare difficilmente valutabile numericamente. D’altronde non tanto meglio è andata la gestione dei rifiuti in aree dove la maggioranza dei residenti è autoctona. E non è solo riferibile ai casi più recenti come quello su menzionato del 1° Maggio.
Sin dai primi giorni della raccolta nella zona San Paolo abbiamo potuto rilevare – e denunciare ovviamente in senso e modo civile – molte inadempienze, a partire dallo scarso rispetto di quanto espresso a chiare lettere nell’esauriente (con indicazioni anche tradotte in cinese ed arabo) e ricco – di immagini e colori opuscoletto – distribuito ai cittadini. In esso si legge “Esporre sacchi e contenitori fronte strada dalle 21.00 del giorno precedente ed entro le 5.00 del giorno di raccolta”. Per ogni tipo di materiale c’è – in quell’opuscolo – un dettagliato elenco. Nel corso delle prime giornate si è potuto rilevare come in qualche caso venisse apposto un avviso in relazione ad alcuni errori di conferimento. Ad una verifica diretta ci veniva detto che dopo i primi avvisi sarebbero state comminate delle sanzioni. Gli errori sono continuati impunemente e di sanzioni non se ne è vista alcuna!
Proseguendo nella disamina delle problematiche si è potuto verificare che molti cittadini – la maggioranza – hanno utilizzato i contenitori a proprio piacimento, depositando i materiali ogni qualvolta lo ritenessero utile. Anche i condomìni più “virtuosi” hanno cominciato ad avere aspetti di piccole discariche. E questo è avvenuto con l’assenso dei responsabili di ALIA locali che, risponendo a richieste di precisazione in merito alla correttezza del conferimento “quando si vuole”, affermarono che ciascuno poteva deciderlo da sè.
Indubbiamente, tale ragionamento risulta essere diseducativo e l’Amministrazione da cui “indirettamente” dipende la cura ed il decoro dell’ambiente urbano rinuncia a svolgere a tutta evidenza il suo compito. Che – chiariamolo – non può consistere esclusivamente nella repressione, “ultima ratio”; ma deve avere aspetti educativi che possano però corrispondere ad un razionale intervento a sostegno dei contribuenti virtuosi ed operosi.
Negli ultimi giorni vediamo crescere il disordine nella città, ma non ci si può fermare soltanto a ciò che vediamo: dobbiamo sforzarci di andare “oltre”. Quel “disordine” rappresenta la nostra realtà; è il frutto del nostro disimpegno civile, che parte dalla cialtroneria dei dirigenti e degli amministratori e coinvolge la parte più debole della popolazione.

Joshua Madalon

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