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2 aprile – DUE POST di un anno fa – a futura memoria! La vita al tempo del Coronavirus (dall’ osservatorio di Prato)

2 marzo 2020 Sì, certamente! La vita al tempo del Coronavirus va un po’ cambiando. Non credo che avremo l’opportunità di abituarci a questa forma di socialità, anche se, con gli opportuni “tagliandi”, non sarebbe male che ciò si verificasse. Uno degli aspetti su cui punterei potrebbe essere quello dell’essenzialità. E soprattutto – mi sia consentito – modificherei l’uso strumentale di lunghi dibattiti e discussioni intorno a quel che vien detto “sesso degli angeli”. E’ stata, e purtroppo è, l’abitudine che ha contraddistinto molti tra noi – la critica è “autocritica” – appartenenti alla Sinistra.

Ovviamente, la mia è una semplice speranza e nell’auspicare tali cambiamenti mi affido al destino di un’epidemia che possa aiutarci a cambiare. Come dicevano gli avi “Non tutto il male viene per nuocere” ed anche questo Coronavirus potrebbe essere un elemento positivo che ci faccia ritrovare la giusta misura dell’esistenza, minimalistica al punto giusto, facendoci evitare gli sciovinismi ed i bizantinismi pelosi ai quali ci siamo abituati in tutti questi anni.
In questi ultimi giorni si esce meno di casa, ci si riappropria di spazi riflessivi, si dedica più tempo alla lettura. E’ pur vero che tutto questo posso farlo io che sono in pensione e che, tutto sommato, ho più tempo a disposizione. Ed è vero che per la stragrande maggioranza delle persone adulte in età da lavoro, sia esso autonomo o dipendente, la situazione sta provocando nell’immediato dei danni che comporteranno ulteriodi difficoltà, soprattutto economiche con tutto quello che ne consegue. Anche se, con gli opportuni accorgimenti, una parte del mondo del “lavoro” potrebbe strutturarsi in modo diverso ed innovativo, utilizzando le modernissime tecnologie informatiche: un primo immediato vantaggio consisterebbe nel minor utilizzo dei mezzi di trasporto e conseguenti risparmi energetici e minor impatto ecologico. Il lavoro sarebbe anche meno stressante e più sereno.

Intanto una lezione di civiltà formidabile ci è stata impartita da questa epidemia: siamo tutti uguali (ve la ricordate “ ‘A livella “ di Totò? ). Ed è così che ci si guarda – al di là delle appartenenze etniche e nazionali – condividendo preoccupazioni e sorridendo partecipi. Facendo la fila alle casse dei supermercati schizofrenici per l’alternanza di affollamenti e saccheggi contemperati da desertificazioni: e già…una volta fatto il pieno delle provviste vi si ritorna solo per l’essenziale di cui semmai si avverte la mancanza; sostando all’esterno dell’ufficio postale – tanto non piove – dopo aver preso il numeretto per l’operazione in scadenza; tenendosi a distanza di un metro come suggeriscono gli epidemiologi; e poi, la mascherina: cosa si fa con la mascherina?
Fino ad ieri non ci si chiedeva mica cosa facessero per la strada principale della Chinatown pratese tanti cinesi con la mascherina. Ora invece siamo là a chiedercelo: fanno un’operazione di puro marketing.
In realtà non sono infettati: a Prato non c’è nemmeno un caso sospetto, nè cinese nè di altra etnia nè tantomeno – come si dice – “nostrano”.
La mascherina, dicono gli esperti, serve a coloro che hanno contratto il virus e devono evitare di infettare le altre persone con cui entrano in contatto. Dunque è una forma di salvaguardia per tutti quelli che vengono incontrati casualmente per strada o che utilizzano dei servizi nei tanti negozi gestiti da personale cinese.
Anche questo comportamento sta contribuendo a far modificare la percezione reciproca in una città nella quale i rapporti tra la comunità autoctona e quella orientale non sono stati sempre facili.
Il caso di Prato potrebbe dunque avere anche su questi temi sociologici una particolare attenzione di studio.

3 marzo 2020

Mentre rileggo il mio post di ieri seguo uno dei programmi di informazione del canale La7, Tagadà, e sono preso da un desiderio di esprimere pubblicamente il mio profondo disgusto verso un giornalista, tale Francesco Borgonovo, che pretende anche di esprimere “La Verità” ( è questo il nome del giornale di cui è caporedattore ). Nazionalista e sovranista convinto, non perde occasione, anche in questi frangenti critici, di lanciare attacchi alla comunità cinese e a coloro che in occasioni diverse ne hanno sottolineato la civiltà. Più o meno, egli dice che come nel momento della crisi più acuta vissuta in Cina qualcuno ha solidarizzato con la comunità in Italia entrando nei locali gestiti da quella, ora quelle stesse persone dovrebbero riempire i locali dei nostri connazionali, che invece sono vuoti. Lo fa con acredine: d’altra parte è la sua prossemica naturale che esprime tale sentimento: a mio parere, dovrebbe avere una grande difficoltà a reggere il suo stesso sguardo allo specchio.
Ebbene, ritorno su temi già trattati: il nostro Paese non si risolleverà dalla crisi profonda già precedente a questa “tragica” situazione epidemica. Ho la sensazione che se non si ritroverà uno spirito unitario, umile e rispettoso della libertà di ciascuno, limitata solo dagli accenti violenti e minacciosi, nei quali la forma critica oppositiva non possiede elementi di razionalità e di opportunità (non “opportunismo” come purtroppo è solitamente appannaggio di personalità politiche alla ricerca di consensi).
Una delle formulazioni sciovinistiche nazionali recita che “di fronte alle difficoltà emerge il carattere degli italiani”. A volte quel che si intravede è la parte buona, la migliore; in altre occasioni, invece, è quella peggiore. Nel caso di personaggi come Salvini e Borgonovo, che – credo – sia un collega molto stretto del primo, quel che viene fuori è proprio il peggio. E, dunque, se ne ricava che siano proprio queste esternazioni a rivelarne la vera natura.
Allo stesso tempo, da un osservatorio molto particolare che è quello della città di Prato, zona piena Chinatown (via Filzi e via Pistoiese con annessi e connessi), emerge un atteggiamento di profondo rispetto verso la comunità cinese, in grado autonomamente di regolarsi, dimostrando profonda cura e osservanza per le regole restrittive che comunemente dobbiamo seguire.
Bisognerà pure studiare sociologicamente questo periodo, quando arriveremo in fondo; credo che solo a quel punto potremo confermare le nostre opinioni che in questo momento sono “libere” e comprovarle o metterle in discussione. Per ora, ho la sensazione che questa esperienza ci consentirà di avere una migliore interlocuzione tra le due comunità maggiori della città.

31 marzo 2021 – 1 aprile 2020 RIPRENDO A TRATTARE COME SARA’ IL MONDO DOPO QUESTA TEMPESTA – COME DOVREBBE ESSERE PER ESSERE MIGLIORE

Sembrava un “pesce d’aprile” – purtroppo era realtà!

…che la “memoria” sia con voi…

AMBIENTECULTURAPOLITICASOCIALE

RIPRENDO A TRATTARE COME SARA’ IL MONDO DOPO QUESTA TEMPESTA – COME DOVREBBE ESSERE PER ESSERE MIGLIORE

IMMAGINE1 APRILE 2020LASCIA UN COMMENTOMODIFICA

Coronavirus

riprendo a trattare COME SARA’ IL MONDO DOPO QUESTA TEMPESTA – come dovrebbe essere per essere migliore

Un mondo diverso, dicevamo, deve essere possibile. Ma perché si realizzi, bisogna essere in grado di analizzare le cause della diffusione massiccia del virus in aree altamente industrializzate come quelle della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Occorre farlo in modo scientifico e senza avere soggezioni settoriali. Abbiamo detto “altamente industrializzate” e questo può essere un dato di partenza. Vorrei, però, davvero, non farmi condizionare da una posizione pregiudiziale di tipo para ideologico: vorrei accantonare la mia formazione anche se , lo so già, non potrò farne a meno. Ed allora bisogna che ci si misuri a livello democratico; bisogna agire nelle sfere politico-culturali senza temere lo scontro. Mi riferisco allo scontro delle idee, utilizzando le sinapsi aiutate dai dati scientifici e comprovati a disposizione: troppi “guru” a libro paga girano sui social e nei salotti televisivi difendendo soprattutto gli interessi macrofinanziari, fingendo di avere a cuore il bene comune. Ovviamente per aiutarci a procedere si deve – è inevitabile – partire dagli errori, soprattutto da quelli “madornali” riconoscibili a occhio nudo, cioè senza bisogno di alcune lenti. Come quello che si è diffuso nelle prime avvisaglie della bassa letalità del virus, paragonato a “la classica ricorrente influenza stagionale”, di cui si facevano portavoci luminari illustri come la dottoressa Gismondo, microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano, alla quale faceva eco il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.

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https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/coronavirus-sacco-1.5042749

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https://ilmanifesto.it/fontana-pompiere-il-covid-19-e-poco-piu-di-uninfluenza/

E’ del tutto evidente che l’insistenza con cui ci si incaponiva a mantenere “aperta” la città di Milano mentre la tempesta già imperversava ben oltre “l’influenza stagionale” era molto collegata all’impianto economico industriale di quell’area. E non è un caso che tra coloro che erano stati reclusi tra le mura di Codogno alcuni proprietari di seconde case in Versilia – non di certo poveri operai – siano evasi (ed è solo uno degli esempi che la stampa ha riportato).

https://www.lanazione.it/massa-carrara/cronaca/coronavirus-marina-1.5052442

Come dire che “il virus si è mosso sulle gambe di persone che non avevano di certo bisogno della pura sussistenza” ed è arrivato sulle sponde tirreniche della Toscana. Avrebbero fatto meglio, quei signori, a rendersi conto molto prima, quando avevano scelto la loro seconda casa da quelle parti, ad emigrare allontanandosi dall’aria putrida venefica di quelle lande lombarde inquinate dai fumi incontrollati dell’industria. Quell’aria ha contribuito non poco alla sopravvivenza del virus e i dati oggi sono impietose attestazioni scientifiche del disastro ambientale fin troppo tollerato dallo Stato a difesa non dell’integrità dei lavoratori e dei cittadini ma della rendita finanziaria tout court.
La stessa insistenza, più volte vincente (le cui conseguenze epidemiologiche si sono vieppiù evidenziate), a “non chiudere” le attività e quella a voler riaprire senza garanzie per l’integrità fisica ed umana non solo delle maestranze ma dell’intera popolazione è un atto che potrebbe essere riconosciuto come criminale. Ci stiamo chiedendo in questi giorni quando ne verremo fuori, ma è più urgente sapere “come” ne usciremo. Il distanziamento potrà essere allentato, ma non del tutto annullato; ed alcune regole dovranno permanere a lungo, dovremo abituarci a queste modalità comportamentali tarando dunque il nostro stile di vita in tale direzione. Molto lavoro soprattutto quello amministrativo di segretariato può proseguire ad essere svolto da casa con periodici momenti assembleari online; nelle aziende artigiane o industriali si potrà anche riprendere a lavorare ai macchinari garantendo però la sicurezza (distanza, areazione, uso di protezioni) molto più di quanto non fosse prima. E via dicendo.

Joshua Madalon

29 marzo – Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Seconda parte

Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Seconda parte.

Ovviamente c’è stato un ribollire di polemiche su tutta la galassia dei social, con attacchi virulenti sospinti ad accreditare la volontà di privilegiare le città della Costa, nel drenare il maggior flusso possibile di turismo a svantaggio di Firenze. Chi ha anche solo un po’ di sale in zucca e gli occhi per vedere, si è accorto in questi anni prima della pandemia di come il flusso verso Firenze fosse sempre stato intenso, facendo sì che la ricettività alberghiera e tutto l’indotto non riuscisse a garantire a tutte le richieste un’accoglienza.

Nel titolo che ho riproposto mi riferisco alla possibilità (è purtroppo una certezza)  che, in tutto questo periodo di stallo “democratico” (con l’assenza di un vero e proprio possibile confronto per la stragrande maggioranza dei cittadini, condizionati da lockdown più o meno stretti), i poteri forti economici e finanziari che regolano i grandi affari ed influenzano le scelte politiche sono stati molto attivi. Peraltro l’impegno più intenso che riusciva ad essere riconoscibile è stato collegato alla richiesta di interventi necessari a fronteggiare i problemi sanitari e quelli economici da parte delle tantissime categorie svantaggiate. Anche io ho trattato poche volte la questione, preso dall’evolversi degli eventi.

Anche per questo ripropongo parte di un post del 23 novembre 2018

23 novembre 2018 Sarebbe – a questo punto – opportuno dire che già troppi danni il “modernismo accattone e consumistico” ha fatto in questo territorio – sarebbe l’ora di dire “Basta!”. Tornare indietro anche molto più indietro “chiudendo” tutta la baracca sarebbe la cosa più utile per salvare la Natura e l’Ambiente.

Niente di nuovo sotto il sole della Toscana

Un Partito Democratico che non ha mai saputo trovare la propria essenza di Sinistra pur riformista e democratica appare sempre più confuso nell’oscillazione tra la resistenza di una leadership da sempre disponibile per la conservazione del Potere a costruire rapporti con i poteri forti e con le Destre semmai civiche ma non solo e le minoranze – che insieme non costruirebbero una maggioranza – che vanno alla ricerca di un collegamento con la vecchia e stanca base popolare ancor più indebolita dalle ricorrenti crisi economiche e sociali.

Una Destra divisa ancor più ben lontana dalle visioni culturali che negli anni avevano prodotto una certa qual egemonia che le aveva consentito di assumere posizioni di primo piano nella città di Prato, e piegata dalle ubbie e dai capricci della Lega che dietro i successi salviniani pregusta una nuova vittoria.

Un Movimento 5 Stelle inconsistente che non ha radici nella società e che vive per ora di una rendita che sembra sempre più vecchia pur non datata al di là di un quinquennio. Come scritto in un inciso parlo di Prato.
E mi riferisco in particolare alla vicenda aeroporto. Mi spiego meglio: da qualche anno si dibatte in modo anche isterico e rapsodico del possibile ampliamento dell’aeroporto di Firenze. Un intervento che prevede di costruire una nuova pista parallela al tratto conclusivo della Firenze Mare che consentirebbe a parere dei sostenitori un maggiore e più pesante afflusso di veicoli, rendendo quello scalo di livello internazionale, portando a Firenze ancor più turismo, oltre che incentivando ancor più il commercio. Una visione ultramoderna non c’è che dire! Ma non fa i conti con la realtà, limitandosi alla difesa di una visione catastrofica e distruttiva degli ambienti naturali. Non solo quelli del Parco naturale della Piana che finirebbe per essere inquinato oltre misura ma tutto il resto del territorio della stessa Città metropolitana che per consentire afflussi umani e commerciali sempre più massicci finirebbe per occupare cementificamente molti degli spazi. Ho la sensazione che vi sia una profonda ottusità, una unilateralità di visione da parte dei proprietari dei territori e delle grandi imprese commerciali e turistiche che non consente loro, dietro il baluginio della moneta, di osservare come la città capoluogo sia già troppo stretta nelle diverse e sempre più frequenti occasioni internazionali. Da parte della Politica, Partito Democratico e Destre unite, si dà forza a questa idea nella speranza di poter lucrare consensi plutocratici che permettano di disporre di sostegni sostanziali nelle sempre più costose macchine elettorali. La gran massa di popolo si lascia in parte convincere che potrà trarne benefici per sè ed i propri figli, e forse nipoti, vista anche la certezza che la realizzazione definitiva non sarebbe così vicina nel tempo. Ovviamente molti non riescono ad essere informati correttamente e pienamente, visto che la forza economica di chi si batte perché quest’opera non veda la luce è molto ridotta, per i motivi di cui accennavo prima. D’altra parte il mondo è sempre più piccolo nelle distanze e l’aeroporto di Pisa – che ha spazi naturalmente molto più ampi per crescere – assolverebbe senza produrre gli stessi catastrofici danni al ruolo di scalo internazionale.

28 marzo – Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Prima parte

Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Intanto, subito dopo il cambiamento al vertice del Partito Democratico, Enrico Letta ha lanciato la proposta di rivedere i piani per la nuova Pista dell’Aeroporto di Firenze e avviare una verifica sulla progettazione di una metropolitana leggera tra Pisa e Firenze. Questa è la sua dichiarazione su FirenzeToday.it del 22 marzo u.s.:

“Facciamo un esempio per la mia Toscana ma il principio vale per ogni altra parte del Paese. Penso di poter vedere un progetto già realizzato in molte altre parti del mondo: una metropolitana leggera che colleghi Pisa e Firenze in 25 minuti. Un’infrastruttura che rafforza la costa, toglie le auto anche un po’ di camion dalla strada, connette la dorsale costiera all’Alta Velocità. E chiude anche la disputa dei due aeroporti. Nel resto del mondo funziona così. Si atterra a Pisa e si va a Firenze in 25 minuti, e si possono usare i due scali in modo integrato. Si arriva a Pisa e si riparte da Firenze e viceversa”.

Potrebbe apparire un siluro lanciato al leader di Italia Viva, una risposta tardiva a quel “stai sereno” del febbraio di sette anni fa. Certo, tanta acqua è passata sotto i ponti e Renzi non è più nel Partito Democratico anche se una gran parte tra dirigenti, iscritti e supporter di quel Partito gli sono rimasti, in qualche modo, vicini (per non dire “fedeli”). In realtà il pensiero di Enrico Letta interpreta, con quella proposta, un sentimento popolare comune, accentuato ulteriormente dagli eventi drammatici che ci stanno coinvolgendo: il Progetto è una vera e propria sciagura per le sorti ecologiche (inquinamento, rumore, cementificazione selvaggia) della intera Piana tra Pistoia, Prato e Firenze. Porterà indubbiamente ricchezza, facendo affluire soprattutto nella città di Firenze torme di turisti, che avranno bisogno di allocarsi pur se temporaneamente in strutture alberghiere, ma non garantirà il rispetto di molte regole ecologiche che pur si vorrebbero attuare con gli altisonanti proclami politici ed elettoralistici, presenti anche nei Programmi dell’attuale Governo.

Dopo le dichiarazioni non si sono fatte attendere le polemiche, acide ed irridenti con punte involontarie di comicità come nelle dichiarazioni del Presidente della Regione su varie testate locali e nazionali: “Ho parlato direttamente con Letta, non ha detto questo; posso affermare che Enrico Letta, come toscano doc, crede che sia importantissimo costruire un treno che va da Firenze a Pisa velocemente; ma poi, andare in Europa e nel mondo con l’aereo è un altro discorso, si tratta di un altro mezzo. Per andare negli Stati Uniti, si passerà da Pisa, in tante città d’Europa si va da Firenze. Sono molto convinto che, grazie a Enrico Letta, avremo a Roma una voce molto più alta per supportare la complementarietà degli aeroporti di Firenze e di Pisa, ma, cosa nuova, avremo anche risorse per costruire una nuova ferrovia, sia questa un nuovo binario accanto a quella che c’è già, o una ferrovia che passa da tratti più veloci per unire le due città. Del resto, ben venga che un segretario intervenga sulla crescita complessiva della Regione”. Tuttavia Enrico Letta non ha detto affatto che si debba proseguire nella scelta sciagurata portata avanti molto convintamente in modo congiunto da una parte, chiaramente “renziana”, del Partito Democratico di Firenze e tutte le Destre, ma di lavorare ad un’integrazione tra gli attuali scali aeroportuali, incentivandoli ma senza stravolgere ecologicamente il territorio.

Poiché ne abbiamo già parlato nei tempi passati, ne riparleremo.                 L’affermazione iniziale è ovviamente in gran parte oscura ed è giusto chiarirla…..

…1…

20 marzo – REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 2

REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 2

Cercare voti a destra era purtroppo necessario per poter vincere, visto che una parte sempre più corposa di elettori di Sinistra si allontanava, in parte correndo dietro all’attivismo verbale pentastellato in parte contribuendo ad aumentare il voto di astensione o quello “disperso” a volte anche in controtendenza (non è sempre facile per tutti in questi tempi comprendere quale sia la differenza tra Sinistra e Destra). E allora perchè mai non camuffarsi da Zelig se questo torna a vantaggio?

Quelli che conoscono i miei percorsi politici sanno perfettamente che non è mai stato tra i miei obiettivi il lucrare sul tipo di impegno che profondevo; ovviamente ho sempre più agito in modo disinteressato, soprattutto man mano che la mia età avanzava. La specificità con cui mi sono mosso è stata quella di un federatore e dunque è stata proprio quest’ultima funzione a non essere accolta, perché implicava l’accoglimento di figure che si sarebbero potute porre in concorrenza con quanti aspiravano a ricoprire incarichi. In realtà proprio quelle “poltrone” di cui ha trattato il segretario del PD, Nicola Zingaretti, nell’annunciare le sue irrevocabili dimissioni. Il campo d’azione è stato sempre quello della Sinistra, ed in modo netto quella Sinistra democratica, progressista, moderatamente riformista, non di certo meramente identitariamente ideologica. Fino a quando sono rimasto nel Partito Democratico ho lavorato per far costruire progetti, per consentire elaborazioni comuni aperte agli esterni volenterosi e condivise. Di certo partivo dalla consapevolezza dei limiti del “progetto originario” non tanto sui “fondamentali espressi” quanto sulle “pratiche attivate”. “Palestra delle Idee”, adesione ai “Luoghi ideali”, partecipazione a “Trame di Quartiere” sono state alcune tappe che hanno fatto del territorio nel quale ho operato, Quartiere San Paolo di Prato, un luogo di elaborazione riconosciuto da molti, in senso positivo nonchè negativo, come esemplare.

Dopo essere uscito non ho mai smesso di adoperarmi nella costruzione di una forma di coalizione dei soggetti della Sinistra, sempre più escludendomi da posizioni apicali che avessero lo scopo di ottenere riconoscimenti che non fossero quelli di tipo morale. Ho tentato di operare all’interno di quel raggruppamento che ha fondato “Liberi e Uguali” con molti dubbi, soprattutto alcune ambiguità mai sciolte; per cui avvertendo l’inutilità del mio contributo, o addirittura un senso di fastidio, ho scelto di muovermi per costituire un soggetto federativo dei residui della Sinistra con la creazione di “Prato in Comune”. Ovviamente non sono riuscito, insieme ad altri “compagni” a federare – per evidente incompatibilità (come già espresso) – la parte maggiormente dogmatica della Sinistra.

In questi ultimi giorni, complice la marginalità indotta dal virus, ho continuato ad osservare in solitudine lo scorrere degli eventi. In modo particolare mi hanno attratto alcune vicissitudini nazionali collegate alla crisi del Governo Conte 2 ed alla nascita del nuovo Governo Draghi. L’esito del percorso del dimissionario Segretario nazionale del PD e l’arrivo del “nuovo” che tuttavia nelle sue prime uscite non ha espresso nuovi esiti, rimanendo nel vago della solita retorica politica, fatta di “parole d’ordine” sempre le stesse, mi spingono a chiedere di “vedere le carte”, a partire dal “locale”.

…2…

11 marzo PACE E DIRITTI UMANI parte XXX (per la XXIX vedi 4 gennaio)

11 marzo PACE E DIRITTI UMANI parte XXX (per la XXIX vedi 4 gennaio)

Questi post vogliono fare da “corollario” utile a mantenere alta l’attenzione sui temi dei “Diritti umani” operando sulla ricorrenza “toscana” del 30 novembre.

Il 30 novembre del 1786 fu promulgato e pubblicato il “Codice Penale Leopoldino” voluto dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo. Il 30 novembre del 2000 per la prima volta la Regione Toscana indisse la Festa della Toscana, collegandola a quello straordinario evento:
per la prima volta nella storia del mondo moderno venivano abolite la tortura e la pena di morte . Questi post a partire dal 6 giugno 2019 da me pubblicati riportano la trascrizione degli Atti di un Convegno molto importante che si svolse in quella occasione presso il Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato

Ritornando a questa breve riflessione iniziale, non intendendo sovrappormi alle competenze di chi interverrà dopo di me, mi soffermerò sulle motivazioni principali e gli intenti che gli organizzatori di questa iniziativa si sono proposti di prefiggersi. La Regione Toscana ha fatto molto bene a chiamare tutte le istituzioni a raccolta intorno all’idea che si celebri d’ora in avanti in questo giorno non soltanto il dato storico di partenza, ma tutto quello che da allora in poi ha potuto caratterizzare l’identità del nostro territorio come quello di una Regione di antica tradizione a difesa dei diritti e della civiltà democratica.

La Regione Toscana ha dunque raccolto l’invito di Derek Rocco Barnabei alla madre Jane, che domattina sarà qui a Prato ospite del Consiglio Comunale in seduta solenne:

“Hai una crociata da portare avanti, non ti arrendere perché lo scopo finale è abolire la pena capitale negli Stati Uniti e nel resto del mondo”

Ed infatti nel mondo intero ancora 87 sono le nazioni dove a tutt’oggi è in vigore la pena capitale, 33 in Africa, 15 in America, 22 in Asia, 4 in Europa, 13 in Medio Oriente. Questi dati sono riferiti “ovviamente” al 2000. Qui di seguito due cartine attuali con le istruzioni.

Mappa aggiornata a marzo 2019.
ROSSO: stati nei quali la pena di morte è applicata.
VIOLA (Kansas): stato in cui la pena di morte è in vigore ma applicata solo in casi eccezionali.
GIALLO: stati nei quali la pena di morte è in vigore ma non è applicata da almeno 10 anni.
BLU: stati nei quali la pena di morte è in vigore ma viene applicata una moratoria.
VERDE: stati nei quali la condanna a morte non è prevista.
La pena di morte nel mondo in 2020:
  Blu –   Abolita per tutti i crimini
    Giallo – Riservata a circostanze eccezionali (come crimini commessi in tempo di guerra)
    Arancione – Disapplicata da tempo o presenza di una moratoria
     Rosso – Utilizzata in via ordinaria
 

Per rilanciare questa campagna per l’abolizione della pena di morte nel mondo, la Regione Toscana ha aperto un link. “fai la cosa giusta”, nel suo sito istituzionale Internet, www.regione.toscana.it, attraverso il quale ognuno può dare la sua adesione.

Le firme raccolte saranno presentate il prossimo 11 dicembre 2000 durante lo svolgimento del quarto meeting sui diritti umani promosso a Firenze dalla stessa Regione Toscana.

Nel costruire questa giornata anche a Prato, abbiamo pensato a quale fossero in sintesi gli eventi da sottolineare, ed abbiamo enucleato, ispirandoci alla dichiarazione solenne del Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, Riccardo Nencini, e del Presidente della Giunta Regionale Toscana, Claudio Martini, il titolo “Pace e Diritti Umani”, anche perché ci è sembrato di cogliere in questi due elementi una forte interconnessione ed una impossibile separazione dell’una dagli altri e viceversa.

15 febbraio CINEMA – Storia minima parte 15 – anno 1939 (per la parte 14 vedi 31 gennaio)

CINEMA – Storia minima parte 15 – anno 1939

Ritorniamo negli Stati Uniti. Eravamo già entrati a trattare l’anno  1939 parlando de “La taverna della Giamaica” di Alfred Hitchcock, perché fu l’ultimo girato dal grande regista in terra britannica, ma ora tratteremo degli altri grandi film di quell’anno.

Straordinariamente ricco di effetti speciali, sia per le scenografie che per i costumi e i trucchi, “Il mago di Oz”, ispirato al romanzo “Il meraviglioso mago di Oz”, primo tra i quattordici libri di Oz scritto da Liman Frank Baum è indubbiamente un prototipo al quale faranno seguito nel corso del XX secolo fino ai giorni nostri altre rivisitazioni. Questo del 1939 non è il primo film dedicato a questi romanzi, pubblicati tra il 1900 ed il 1920 (si contano già nel periodo del muto altre tre pellicole nel 1910, 1914 e 1925; quest’ultima, per la regia di Larry Semon – “Ridolini”, è la più interessante tra le tre: nel ruolo del boscaiolo di latta troviamo Oliver Hardy).

Il film del 1939 è anche arricchito da una eccellente promessa del cinema, Judy Garland, che nel ruolo di Dorothy si annuncia anche come una delle interpreti maggiori delle commedie musicali.  Notevole anche per il suo significato simbolico di prospettiva (il mondo si stava inoltrando verso uno dei periodi più bui della sua storia) il motivo musicale “Somewhere Over the Rainbow” che lanciava un messaggio di speranza verso il futuro.

La regia è di Victor Fleming, del quale parleremo ancora in questo blocco, essendo l’autore in quello stesso anno di uno dei più grandi successi cinematografici di tutti i tempi, quel “Via col vento” (“Gone with the Wind”)  che già dal titolo trasmetteva un messaggio di speranza, cui si aggiungeva quel “tomorrow is another day”  con cui il film si conclude. Il film venne interpretato da un cast davvero stellare: Clark Gable, Vivien Leigh, Leslie Howard, Olivia de Havilland. La storia narrata è ambientata in un altro dei periodi bui della storia americana, la guerra civile e ciò che ne conseguì con la ricostruzione e la necessità di rivedere i rapporti umani. Il successo del film, riconosciuto come quarto per importanza tra i primi cento, è anche dovuto alla caratterizzazione formidabile dei personaggi, la Rossella O’Hara capricciosa e boriosa del suo “status” sociale che dovrà però fare i conti con la dura nuova realtà e il gretto e scaltro Rhett Butler. La produzione del film fu molto difficoltosa ma il risultato fu egregio.   Di recente, si è voluto fortemente criticare questo film fino a farne paventare la distruzione, perché gli ascriverebbero una sorta di sostegno alla segregazione razziale. Un’opera letteraria, un testo teatrale, un monumento rappresentano momenti della Storia, che – se vogliamo condannare – non possono essere cancellati. 

                                                                                         Molto rilevante è anche la funzione della colonna sonora, a partire da quel “Main theme” ormai reso a noi abituale da una delle sigle di un programma televisivo quasi quotidiano. A “Via col vento” nel 1940 furono assegnati ben 8 Premi Oscar e tantissimi altri premi. Tra gli Oscar va ricordato quello al Miglior film, alla Migliore regia (Victor Fleming) e ad una delle attrici protagoniste (Vivien Leigh).

Non è possibile dimenticare che sempre in questo anno (il 1939) negli Stati Uniti viene realizzato un altro grande film, diretto da un altro grandissimo regista, John Ford, che veniva già da una grande esperienza e che ha segnato indelebilmente la storia del Cinema. quello di cui parliamo è anch’esso al pari dei due precedenti film qui – pur molto minimamente trattati – una pietra miliare. Ne tratteremo però nella prossima parte, la 16.

13 febbraio ESTATE 2020 – parte 10 (per la parte 9 vedi 20 gennaio)

Panorama dalla Rocca

La Rocca di Campiglia è una straordinaria imponente struttura altomedievale dalla quale si domina l’intero territorio della provincia di Livorno. Patrizia rimane giù con Carol e Cloe e noi saliamo su per le scale metalliche per poter osservare il vasto panorama. Fa caldo ed è quasi l’ora del pranzo; noi pensiamo di fare una rapida merenda, in qualche pizzeria. Invitiamo anche Patrizia, che declina, aggiungendo che ha fatto colazione molto tardi e che mangerà qualcosa di leggero intorno all’ora del tè. Scendiamo insieme verso il parcheggio, percorrendo una strada che è contornata da ampie siepi di lavanda fiorita che sprizza un intenso profumo. Ne strappiamo un rametto per appropriarci di quella fragranza. Patrizia si ferma in un negozietto di generi vari che sta per chiudere: non so di cosa abbia bisogno, ma ci saluta con la promessa di un “Arrivederci!”.  Ricambiamo anche con un sorriso verso le due simpatiche cagnette.

Ritorniamo verso Venturina. Prima di salire su avevamo adocchiato una pizzeria, mentre attendavamo l’arrivo della seconda proprietaria ed eravamo lungo via Indipendenza. Ci fiondiamo là direttamente ed è proprio per un pelo che la troviamo aperta. Prendiamo un paio di tranci e due birre e non potendo trattenerci al tavolo ci muoviamo sempre con l’auto verso un Parco vicino, intravisto su Google Maps. Ci sono anche dei tavoli per picnic e accanto due laghetti. L’acqua è calda e proviene dalle zone termali, il Calidario e l’Hotel delle Terme Caldana. Un posto meraviglioso pieno di vegetazione tipica – soprattutto canneti e rovi – e con una fauna molto ricca, non solo avicola ma anche ittica che si sviluppa lungo le canalizzazioni. Il clima è ottimo e si sta davvero bene. Ma abbiamo l’intento di vedere altri appartamenti. In realtà non siamo riusciti a contattare preventivamente altri proprietari o, meglio, così come già esposto nella prima parte di questo blocco dedicato all’Estate 2020 (quella del Coronavirus 19), ci abbiamo provato ma non è stato facile, anche perché gli annunci si riferiscono a portali immobiliari che non consentono un contatto diretto.

Decidiamo dunque di spostarci verso la costa, che non dista in linea d’aria più di un paio di chilometri. Ci spostiamo a naso orientandoci in modo un po’ artigianale e ci ritroviamo in mezzo ai campi senza più una certezza. Riprendiamo lo strumento elettronico che ci dia una migliore resa e così prendiamo una strada molto diritta che passa prima davanti agli Stabilimenti di produzione Petti e poi da un lato e dall’altra grandi appezzamenti di terra coltivati a pomodoro targato con lo stesso marchio.

Usciamo sulla strada provinciale principale della Principessa (il riferimento è alla Principessa di Lucca e Piombino sorella di Napoleone, Elisa Bonaparte Baciocchi). Collega San Vincenzo a Piombino. Giriamo prima a sinistra e poi a destra per entrare nella località Baratti. In realtà non abbiamo fissato alcun appuntamento né tanto meno avevamo adocchiato qualche proposta. E, poi, a Baratti non vi sono molti insediamenti abitativi: bisognerebbe salire su a Populonia, ma anche quel borgo è piccolissimo. Percorriamo un quattrocento metri e giriamo a destra per andare verso la spiaggia sulla costa che è straordinariamente incantevole, ancor più per noi, gente di mare.

30 gennaio – reloaded mio intervento su Coronavirus – 2 marzo 2020 (a Prato non c’era ancora alcuna evidenza)

LA (NOSTRA) VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (DALL’OSSERVATORIO DI PRATO)

2 MARZO 2020 


LA (nostra) VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (dall’osservatorio di Prato)

Sì, certamente! La vita al tempo del Coronavirus va un po’ cambiando. Non credo che avremo l’opportunità di abituarci a questa forma di socialità, anche se, con gli opportuni “tagliandi”, non sarebbe male che ciò si verificasse. Uno degli aspetti su cui punterei potrebbe essere quello dell’essenzialità. E soprattutto – mi sia consentito – modificherei l’uso strumentale di lunghi dibattiti e discussioni intorno a quel che vien detto “sesso degli angeli”. E’ stata, e purtroppo è, l’abitudine che ha contraddistinto molti tra noi – la critica è “autocritica” – appartenenti alla Sinistra.

Ovviamente, la mia è una semplice speranza e nell’auspicare tali cambiamenti mi affido al destino di un’epidemia che possa aiutarci a cambiare. Come dicevano gli avi “Non tutto il male viene per nuocere” ed anche questo Coronavirus potrebbe essere un elemento positivo che ci faccia ritrovare la giusta misura dell’esistenza, minimalistica al punto giusto, facendoci evitare gli sciovinismi ed i bizantinismi pelosi ai quali ci siamo abituati in tutti questi anni.
In questi ultimi giorni si esce meno di casa, ci si riappropria di spazi riflessivi, si dedica più tempo alla lettura. E’ pur vero che tutto questo posso farlo io che sono in pensione e che, tutto sommato, ho più tempo a disposizione. Ed è vero che per la stragrande maggioranza delle persone adulte in età da lavoro, sia esso autonomo o dipendente, la situazione sta provocando nell’immediato dei danni che comporteranno ulteriori difficoltà, soprattutto economiche con tutto quello che ne consegue. Anche se, con gli opportuni accorgimenti, una parte del mondo del “lavoro” potrebbe strutturarsi in modo diverso ed innovativo, utilizzando le modernissime tecnologie informatiche: un primo immediato vantaggio consisterebbe nel minor utilizzo dei mezzi di trasporto e conseguenti risparmi energetici e minor impatto ecologico. Il lavoro sarebbe anche meno stressante e più sereno.

Intanto una lezione di civiltà formidabile ci è stata impartita da questa epidemia: siamo tutti uguali (ve la ricordate “ ‘A livella “ di Totò? ). Ed è così che ci si guarda – al di là delle appartenenze etniche e nazionali – condividendo preoccupazioni e sorridendo partecipi. Facendo la fila alle casse dei supermercati schizofrenici per l’alternanza di affollamenti e saccheggi contemperati da desertificazioni: e già…una volta fatto il pieno delle provviste vi si ritorna solo per l’essenziale di cui semmai si avverte la mancanza; sostando all’esterno dell’ufficio postale – tanto non piove – dopo aver preso il numeretto per l’operazione in scadenza; tenendosi a distanza di un metro come suggeriscono gli epidemiologi; e poi, la mascherina: cosa si fa con la mascherina?
Fino ad ieri non ci si chiedeva mica cosa facessero per la strada principale della Chinatown pratese tanti cinesi con la mascherina. Ora invece siamo là a chiedercelo: fanno un’operazione di puro marketing.
In realtà non sono infettati: a Prato non c’è nemmeno un caso sospetto, nè cinese nè di altra etnia nè tantomeno – come si dice – “nostrano”.
La mascherina, dicono gli esperti, serve a coloro che hanno contratto il virus e devono evitare di infettare le altre persone con cui entrano in contatto. Dunque è una forma di salvaguardia per tutti quelli che vengono incontrati casualmente per strada o che utilizzano dei servizi nei tanti negozi gestiti da personale cinese.
Anche questo comportamento sta contribuendo a far modificare la percezione reciproca in una città nella quale i rapporti tra la comunità autoctona e quella orientale non sono stati sempre facili.
Il caso di Prato potrebbe dunque avere anche su questi temi sociologici una particolare attenzione di studio.

Joshua Madalon

10 gennaio 2021- IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – atti di un Convegno del 2006 PREMESSA sulle iniziative del novembre-dicembre 2005 – parte terza (per la seconda parte vedi 7 dicembre)

IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – atti di un Convegno del 2006 – PREMESSA sulle iniziative del novembre-dicembre 2005 Parte terza

Giovedì 17 novembre alle ore 21.00 siamo ritornati negli ambienti sotterranei del Dopolavoro Ferroviario in Piazza della Stazione il cui Circolo era gestito da Lucio La Manna e Nicola Verde e con la Compagnia Teatrale “Altroteatro” diretta da Antonello Nave è stato presentato il loro lavoro “Amico di Pasolini: Omaggio al poeta Massimo Ferretti”. Il professor Nave aveva curato già qualche anno prima una riduzione teatrale, rappresentata a Chiaravalle, tratta dalle opere di Massimo Ferretti dal titolo “Sopra il cuore”.

Venerdì 18 novembre alle 14.30, orario che consente agli studenti realmente interessati di partecipare al di fuori dell’orario di lezione siamo ritornati all’Auditorium dell’Istituto “Gramsci-Keynes” nel Polo scolastico di via Reggiana per un incontro dal titolo “Che cosa sono le nuvole: analisi di un cortometraggio” curato dal dott. Riccardo Castellacci ricercatore dell’Università di Firenze.

Con le stesse modalità lunedì 21 novembre ore 14.30 ci siamo spostati nell’Aula della Biblioteca del Liceo “Copernico” in viale Borgovalsugana 63 per un incontro sul tema “La sceneggiatura nel cinema di Pier Paolo Pasolini: dalla teoria alla pratica” a cura della dottoressa Costanza Julia Bani ricercatrice dell’Università di Pisa.

Martedì 22 novembre il nutrito cartellone presenta un altro incontro curato dalla dottoressa Stefania Cappellini presso l’Auditorium dell’Istituto “Gramsci-Keynes” nel Polo scolastico di via Reggiana, sempre alle ore 14.30 sul tema “Uccellacci e Uccellini: analisi ed approfondimenti del film”.

Il giorno successivo mercoledì 23 novembre sempre nello stesso Auditorium alla identica ora si è tenuto un incontro sul tema “La rappresentazione dell’adolescenza: percorsi fra cinema e letteratura e viceversa”, curato dalla dottoressa Costanza Julia Bani.

Venerdì 25 novembre alle 14.30 abbiamo previsto di replicare nell’Auditorium del “Gramsci-Keynes” particolarmente adatto per eventi teatrali il lavoro di Antonello Nave già rappresentato nella sede del Circolo del DLF.

Nello stesso giorno alle ore 21.00 curato dalla Circoscrizione Ovest presso il Circolo ARCI “Renzo Grassi” di Narnali in via Pistoiese 500 viene presentato il documentario “Pasolini: una disperata vitalità” collage di testi poetici di Pier Paolo Pasolini, recitati da Laura Betti che nel 1996 ne ha curato la regia teatrale. L’incontro coordinato dalla Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Ovest, Monia Faltoni, è condotto da Riccardo Castellacci.

Martedì 29 novembre alle ore 21.00 siamo poi ospitati dal Teatro “Magnolfi” in via Gobetti dove, in collaborazione con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) viene presentato un video di Carlo Di Carlo “Primo Piano: Pier Paolo Pasolini” e un nuovo libro di Italo Moscati “Pasolini Passione”. Regista e autore sono presenti. Il coordinamento è di Giuseppe Maddaluno.

Venerdì 2 dicembre a cura della Circoscrizione Nord presso l’Auditorium della Scuola Media “E. Fermi” in via Gherardi 66 un altro nuovo evento teatrale “Dedicato a Pier Paolo Pasolini un poeta contro” con Giovanni Fochi che ne cura la regia e con la musica originale orchestrata da Alessandro Cecchini. Coordina l’evento Mario Barbacci presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Nord.

Il denso programma si conclude martedì 6 dicembre alle ore 21.00 presso la Sala “don Lorenzo Milani” della Circoscrizione Est in Viale De Gasperi 63 dove il gruppo teatrale del Lieco “Copernico”, “Poetar Teatrando” diretto dalla professoressa Angela Pagnanelli presenta “”Passione vs Ideologia” un collage di testi tratti dalle opere di Pier Paolo Pasolini.

Nell’occasione i Presidenti delle Commissioni Cultura coordinate da Giuseppe Maddaluno annunciano l’intendimento di organizzare nel corso della prima metà dell’anni successivo un Convegno dedicato al tema che è stato posto nel titolo della Rassegna di fine 2005, “L’universalità dell’opera di Pier Paolo Pasolini . non una commemorazione, non un banale rimpianto ma tanto desiderio di capire e di riappropriarsi del suo pensiero a trent’anni dalla sua morte”.