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reloaded in attesa della quarta parteI CONTI NON TORNANO – un racconto morale 1, 2 e 3

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale

– prima parte –

“Professore, al cambio d’ora passi in Presidenza” la bidella del piano aveva risposto al trillo imperioso del telefono interno nel corridoio ed anche gli allievi, che stavano concentrandosi nella prova di italiano in quella fine del trimestre, avevano sentito parte del breve dialogo che, subito dopo essersi interrotto, era stato riportato: la bidella aveva bussato con insolita circospezione ed aveva informato il professor De Marco. “No, avvertite la Preside che scenderò solo al termine della prova: non posso lasciare soli i ragazzi!”.

La bidella ritornò al telefono ma la risposta fu, a tutta evidenza, negativa.
“La Preside dice che manderà un sostituto a sorvegliare la regolarità della prova e le chiede di scendere subito dopo”.

Dal terzo piano Giorgio non appena arrivò a sostituirlo una giovane collega – ma tutto avvenne con insolita rapidità – scese giù verso la stanza della Presidenza, davanti alla quale già sostavano altri due colleghi, la professoressa Bencolti ed il professor Merletti, ai quali scoprì subito era stato detto di attenderlo prima di entrare…

Non era strano vederli insieme; erano tutti e tre politicamente impegnati nell’amministrazione comunale con vari e diversi incarichi istituzionali e più di una volta la Preside li aveva interpellati insieme, ma in quell’occasione la situazione che si prospettò rapidamente fu molto diversa: era il Provveditore agli Studi che li voleva con urgenza ed aveva autorizzato la Preside ad esentarli dalle lezioni e sostituirli per il resto della giornata.

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“Ci vediamo in Piazza San Francesco, davanti all’edicola”

Ognuno di loro aveva il pass per accedere al centro ed il contrassegno consentiva di trovare più facilmente un parcheggio: ciascuno poi pensava, vista l’ora e gli impegni di lavoro modulari, di poter tornare direttamente a casa…
Si ritrovarono nel luogo convenuto a pochi passi dalla sede del Provveditorato.

Vi salirono e si presentarono alla Segretaria che intanto li fece accomodare: “Il Provveditore è impegnato a telefono con il Ministero, gli ho appena passato la linea: quando la ritorna libera lo avverto”. E continuò a lavorare per proprio conto.

Era da poco passato il tocco e tutti avevano avvertito la propria famiglia già prima di uscire da scuola che non sapevano a che ora sarebbero tornati.

E s’era fatto un quarto alle due: il Provveditore aveva smesso la sua conversazione e la segretaria li aveva annunciati. Con un grande sorriso li salutò chiamandoli come di dovere in modo formale istituzionale e stringendo loro vigorosamente le mani.

“Accomodatevi”.
De Marco aggiunse una sedia alle altre due di fronte all’ampia scrivania ricolma di scartoffie e di ninnoli vari.

I volti in un momento di silenzio interrogavano il sorriso dell’uomo di fronte a loro, un sorriso soddisfatto ma per tutti amletico. Pochi secondi, neanche un minuto di silenzio interrotto poi da un proclama apparentemente senza appello.
Manzoni docet.

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“Mettiamolo ai voti!”

Giorgio aveva presentato alla Commissione Scuola del Partito un Documento chiaro e preciso nel quale si prendevano in esame le richieste di allievi, docenti e genitori dell’Istituto in cui insegnava da più di dieci anni e la cui sede rischiava di essere spostata dalla parte della città opposta a quella in cui si trovava per scelte che erano considerate inopportune sia dal punto di vista storico che da quello più utilitaristico, che appariva prioritario nelle motivazioni.

Lo chiamavano “dimensionamento” ed era stato collegato alla necessità di risparmiare oneri di affitto per strutture ad uso scolastico che appartenevano a privati, privilegiando al meglio quelle che erano di proprietà pubbliche.

L’Istituto di Giorgio, il “Dagomari”, era ad un passo dalla Stazione Centrale e dal capolinea dei trasporti automobilistici.

“Dai calcoli fatti da esperti la proposta avanzata dalla Provincia è fuori scala; il “Dagomari” non entra nella sede del “Gramsci” ed il “Copernico”, se non si ridimensiona, cioè non autoriduce il numero dei suoi studenti, non entra nella sede del “Dagomari”: insomma quella che si sta svolgendo è una vera e propria “partita di scacchi” sulla testa dei cittadini; non si può valutare una scuola solo sulla base dei numeri, e del numero degli allievi. In aggiunta, le proiezioni sulla decrescita della popolazione scolastica dei prossimi anni sono del tutto inventate e dunque aleatorie.”
Giorgio aveva così sintetizzato ai presenti della riunione il suo pensiero che più analiticamente aveva sviluppato nel Documento.

– fine parte 3 –

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RIFLESSIONI A MARGINE DI UNA DICHIARAZIONE DEL SINDACO PD (ORA EX PD) DI CALENZANO – ALESSIO BIAGIOLI

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RIFLESSIONI A MARGINE DI UNA DICHIARAZIONE DEL SINDACO PD (ORA EX PD) DI CALENZANO – ALESSIO BIAGIOLI

Molte volte la penna mi pesa, a volte poco a volte tanto. Oggi la mano è stanca ma la penna vola. Abbandono il dubbio che possa essere, la mia, una strumentalizzazione, anche e soprattutto perché ho già condiviso ampiamente pubblicamente ed anticipatamente le idee che esprime il Biagioli, Sindaco di Calenzano PD – ora ex PD – tranne che per una parte delle sue argomentazioni nella quale rilevo per ora una certa ambiguità (il voler considerare il PD come “potenziale alleato futuro” cui guardare: se è un auspicio mi trova concorde, se invece è una scelta ed una volontà dissento apertamente), almeno di non essere smentiti… ma non chiedo tanto merito, da un cambio di rotta, di verso, che considero tuttavia impossibile pratica, perdurante la leadership renziana.
Matteo Renzi è di certo, in questo periodo, insostituibile; ma la drammaticità del caso è acuita ulteriormente dal fatto che egli risulta profondamente inadeguato a condurre un Partito che abbia veri obiettivi di CentroSinistra e che per giunta si chiama Democratico; oltre tutto c’è da chiedersi se quelli da lui – e dai suoi – rappresentati come obiettivi di Sinistra possano essere considerati come tali.
Il renzismo non poteva di certo sopportare che ci fossero troppe menti libere e pensanti, più di quanto già era accaduto prima, e che aveva sollecitato a ricercare dal basso un rinnovamento dei metodi e delle pratiche, emarginando le vecchie “scorie” staliniste ed integraliste, che invece poi – con l’avvento del “nuovo” leader pseudo-rottamatore (altro “fake” cui più di qualcuno ha abboccato) – si sono riappropriate del potere modificandolo malignamente generando profonde metastasi mortali (il PD è “morto”!).
La “corte” di Renzi si è poi andata accrescendo di vecchie e giovani volpi (è la mia “risposta” ai “gufi”!) che hanno approfittato dell’occasione (si direbbero un po’ più “sciacalli” ma mente gufi e volpi sono carine, questi ultimi sono orribili), seguendo modalità di partecipazione completamente diverse ed antidemocratiche (gruppi ristretti-ssimi, conventicole, lobbies) fuori dai consessi statutariamente previsti, sostenendo che i tempi fossero cambiati (a dire il vero, lo sono da sempre, e sempre lo saranno ancora!) e che non vi era più spazio per le inutili discussioni ( avrebbero ragione se tutto ciò fosse davvero accaduto, solo che si è trattato semplicemente di una dislocazione dei luoghi ); e forse si deve per onestà aggiungere che se per dislocazione si trattasse del web, dovremmo riconoscere anche che non lo si può criminalizzare quando ad utilizzarlo sono i pentastellati: bene le newsletters del (proprio) Capo, male quelle di altri (capi)?
E quindi l’inutilità di essere iscritto ha prodotto una liquidità della partecipazione ed un calo vertiginoso di tessere, tranne che per procedere alla loro svendita a saldo alla scadenza anticipata del Congresso.
Ora, solo un nuovo ridimensionamento, una nuova “profezia” di sconfitte o una loro nuova serie dalle Amministrative alle Politiche potrà portare ad un cambiamento?
Sarà dunque necessario arrivare a tali sconquassi per poter continuare a sperare? Io, come Biagioli, non solo non parteciperò al Congresso, essendo da tempo (tre anni) non più iscritto, ma non accederò neanche ai tavoli dei “gazebo” non potendo per coerenza dichiararmi neanche “potenzialmente” elettore del Partito che si fregia impropriamente dell’aggettivo “DEMOCRATICO”.

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MALDIFIUME – Simona Baldanzi – allo Spazio AUT di via Filippino 24 giovedì 23 marzo ore 21.00 – parte 2

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MALDIFIUME – Simona Baldanzi – allo Spazio AUT di via Filippino 24 giovedì 23 marzo ore 21.00 – parte 2

“Siamo già in mezzo a te. Le increspature che fa l’acqua sembrano trine e pizzo e il tuo grande lenzuolo ha i disegni delle sponde, degli alberi, delle nuvole. Oggi rifletti più che mai, ti fai specchio per me che sto qua a prendere il vento e gli schizzi in faccia….”

Una lunga dichiarazione d’amore per le acque del fiume, ma anche per la vita che scorre sulle sue sponde o poco al di là di queste: “Maldifiume” di Simona Baldanzi è una delle ultime creature del suo ingegno tipicamente antropologico di ricerca costante sui territori antropici. Ad accompagnarla in questo viaggio una “picciol compagnia” alla quale di volta in volta si aggregano personaggi e personalità dei luoghi, a rappresentare la straordinaria e vivace ricchezza della Cultura popolare e di quella accademica, che a quei territori appartiene.

“L’Arno per mesi è diventato per me una parola detonatore di storie, riflessioni e incontri” (pag. 169).

Già dal primo capitolo si avvertono i segnali di un’illuminazione progressiva civile e militante che prende il via dall’infanzia passando per la pubertà e l’adolescenza in pochi tratti di penna; “Maldifiume” è un capolavoro di sintesi fulminante che passa da un continente all’altro, facendo rievocare sprazzi di memoria e non manca di essere, oltre al libro di viaggio che appare, un inno alla libertà delle donne e degli uomini ed una denuncia a tutte le limitazioni che a queste vengono prodotte da regimi dittatoriali e violente repressioni (riferimenti appropriati alle repressioni sudamericane dell’ultimo scorcio del secolo scorso; le più recenti figure di Giulio Regeni, Serantini, Cucchi, Aldrovandi, Uva; le stragi nazi-fasciste).
La libertà, poi, profonda della libera gente toscana, rappresentata da figure femminili protagoniste della civiltà del lavoro, pervade l’intera narrazione che solo apparentemente è rapsodica-frammentaria, ed è capace di distribuire conoscenza ed emozioni.
E poco importa che dopo poche pagine si sappia più o meno come vada a finire: è in ogni caso un viaggio esistenziale che accompagna ciascuno di noi dall’alba al tramonto, dall’infanzia alla maturità in una perenne trasformazione e rinnovamento. E’ un ciclo incessante che accompagna ciascuno di noi: è la nostra vita.

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“MALDIFIUME – acqua, passi e gente d’Arno” di Simona Baldanzi – edicicloeditore

C’è poi un filo che percorre l’intera narrazione: è un “laccio giallo”.

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NON POSSUMUS

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Non possumus

Chissà quante volte sono stato ipocrita, nascondendo a me stesso la realtà dei fatti e scendendo a piccoli compromessi: me lo chiedo, convincendomi che non ne ho più voglia di agire oltre quelle che sono le mie convinzioni. Anche se la confusione regna sovrana ed, a chi mi chiede come va, rispondo che non ho più lacrime, rivelando tuttavia che il mio è soltanto un modo di spiegare parte della mia disperazione. C’è il vuoto nella politica che spesso viene temporaneamente riempito da chi vuole approfittarne per tornaconti più o meno personali. Era bella la Politica, per me, quando mi impegnavo senza avere particolari obiettivi che non fossero quelli, e sì lo devo ammettere, di elevazione “personale” dal punto di vista della conoscenza. Certamente, io sono abbastanza estraneo agli sgomitamenti per ottenere questo o quel vantaggio; di fronte al gorillaio timidamente mi metto da parte. Non fa per me: sono strafelice quando riesco a costruire progetti culturali senza avere sostegni al di là dei sorrisi e delle collaborazioni di amiche ed amici. Questa è la mia vita, che dirvi? Non mi si chieda di fare ciò in cui non credo. Non posso.

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CONDITIO SINE QUA NON…….SINISTRA, dunque, SIA SINISTRA! PUNTO E BASTA

SINISTRA
CONDITIO SINE QUA NON

“CONDITIO SINE QUA NON” e non per tutelare i miei interessi personali “legittimi o illegittimi” essi siano considerati, ma per costruire una vera alternativa di SINISTRA libera e non al servizio di “interessi” molto particolari e poco più (e qui son buono!) che “personali” è la NON COMPROMISSIONE CON IL PD RENZIANO senza “se” e senza “ma”, assunta come ELEMENTO DI BASE INDISCUTIBILE.
Posso comprendere la “fregola” di qualche giovane ma, dopo la comprensione, la stigmatizzo come “ansia individuale per farsi strada a gomitate, piegate ad una interpretazione di “coerenza”.
Detto questo, poichè la mia vita (lo dico ad uso di coloro che di problemi esistenziali non capiscono una sacra “mazza”) ha di fronte a sè poco FUTURO ma molto PASSATO (il PRESENTE è ingannevole e fuggevole e stenta ad esistere) non intendo impegnare il mio TEMPO in codesto modo.

LA SINISTRA come appendice è inconsistente e non (sol)tanto per le valutazioni demoscopiche, ma soprattutto nella realtà sostanziale. Di fronte a raggruppamenti tendenti alla compromissione un elettore che non sia un convinto militante (e qualche perplessità, con i tempi che corrono, potrebbe apparire anche in quest’ultimo) affida il suo voto a gruppi seriamente demagogici e populisti oppure accresce l’area del non voto molto ampia ed articolata ( scheda bianca, nulla o astensione dal recarsi al seggio).
Quando accenno al mio TEMPO RESIDUO intendo sottolineare soprattutto che la costruzione di un PARTITO della SINISTRA in questo Paese manca dai tempi del grande PCI degli anni Settanta (lo straziante frequente amarcord di Enrico Berlinguer lo attesta). E se era vero “allora” che sarebbe stato impossibile che la SINISTRA assumesse le leve del Potere, oggi possiamo dirci che questo assunto, che ascoltiamo come un “mantra” maledetto, sia una minaccia ed un alibi imperdonabile.
Una minaccia per spaventare i coraggiosi, da parte della Destra e del Centro s.; un alibi per coloro che affidano le loro ambizioni ad un’annacquata forma di SINISTRA che non vede poi l’ora di “calarsi” nella formazione di governi e sottogoverni.

LA SINISTRA che non fa LA SINISTRA fino in fondo diffonde frustrazione e non contribuisce realmente al bene del Paese.
Ho anche la sensazione che qualcuno abbia paura di promuovere la stessa parola “SINISTRA” e che di riflesso come un acuto senso di colpa pensi che quella possa far paura. No, la gente non ha “paura”, è semplicemente “schifata” dalla profonda incoerenza di tanti sedicenti esponenti della SINISTRA.

Perché mai dovrebbe fidarsi delle affermazioni programmatiche ricche di elementi positivi di giustizia sociale da ottenere e ri-ottenere se poi i proponenti si rivelano pron(t)i a mescolarsi nella melassa centrista?

Certo, dopo le deludenti esperienze fin qui avute, gli elettori hanno buone ragioni per mostrarsi ancor più cauti nella scelta e dovrebbero compiere uno sforzo di fiducia; ma, tant’è, se non si comincia non si può concludere, se non si parte (con il piede giusto) non si raggiunge mai una meta.

SINISTRA, dunque, SIA SINISTRA! PUNTO E BASTA

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LA CREDIBILITA’ DELLA SINISTRA

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LA CREDIBILITA’ DELLA SINISTRA

C’è una vasta prateria davanti a quella parte del popolo italiano che si identifica nella Sinistra; negli ultimi anni la ricerca di aggrapparsi al Centro moderato, considerato la parte maggioritaria dell’elettorato potenziale, ha fatto sì che quello che avrebbe potuto essere il principale Partito della Sinistra smarrisse completamente la rotta, addentrandosi nelle secche condizionanti del “mercato e del profitto”.
Sappiamo come è andata e come sta andando: non mi faccio soverchie illusioni su quel che farà la minoranza del PD: so di certo, però, che una gran parte di coloro che potrebbero svolgere un ruolo ed una funzione utile alla società fuori da quel Partito, non riuscirà a scollare il proprio deretano dalle poltrone, poltroncine e strapuntini ai quali si sono incollati. E non mi riferisco ai leaders nazionali più importanti: loro, se decideranno faranno una profonda chiarezza con se stessi ed a loro va riconosciuta la stima e l’apprezzamento per la coerenza tra le parole e le azioni. “Se” decideranno!
A coloro invece che pur criticando o avendo criticato l’operato della Segreteria Renzi rimangono là, come dicevo, incollati a doppio strato per convenienza personale ricordo , e mi riferisco a persone che conosco, che hanno ricevuto molti voti sulla base di collocazioni “interne” al PD riferite a leaders che hanno già deciso di uscire con grande coerenza ed anticipando le probabili scelte di coloro che oggi si accingono a lasciare il PD. E’ il caso dei cosiddetti fu “civatiani” che hanno peraltro perso completamente le loro “truppe” (lo scrivo non in modo offensivo nei confronti degli elettori che ci sono cascati ma semplicemente per far comprendere che sono “capitani senza alcun gregario alle loro spalle, senza alcun portatore d’acqua”). Mi fanno una gran pena! Quei capitani che avrebbero anche ambizioni: si guardino allo specchio ed indaghino le loro coscienze! Gradiscono loro essere prigionieri, incatenati nelle galere del loro padrone, sottomessi alla gogna del loro attuale e futuro padrone, cani fedeli!
Ma lasciamoli al loro misero destino! E pensiamo a costruire la Sinistra! E’ una parola estranea a quel raggruppamento e non possiamo più concedere fiducia se non a noi stessi. Guai, caro amico, sentirsi inutili! Andiamo avanti, così.

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SENZA SINISTRA NON ESISTE IL PD: ed è la verità

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SENZA SINISTRA NON ESISTE IL PD: ed è la verità

La frattura è inevitabile: prima o poi; e, allora, meglio “prima” che “poi”. A me sembra davvero troppo tardi.
Il livore e la protervia sono rappresentati, insieme all’arroganza e la sfrontatezza in Renzi, incapace di capire che occorrerebbe non un solo suo passo indietro, ma più passi indietro. Ma non può farlo, sia per il carattere che ha sia per il percorso che ha voluto intraprendere sin dai suoi esordi, al di fuori dei canoni e dei sentieri della Sinistra.
“Senza Sinistra non esiste il PD” ha detto la Finocchiaro, evidenziando con chiarezza cristallina come ad uscire dal PD sarebbe proprio la rappresentanza residuale minoritaria in quella forza (la gran parte è già uscita) e dunque involontariamente riconoscendo alla maggioranza una collocazione centrista spostata addirittura più in là, frutto di promesse e – forse – accordi con la realtà padronale più retriva reazionaria e conservatrice, che ha voluto e indirizzato le “riforme” che il governo Renzi ha inteso rappresentare come innovative e rivoluzionarie, ma che hanno invece prodotto un profondo arretramento della giustizia sociale.
Forse è il momento di fare chiarezza: per avere credibilità la SINISTRA deve fare la SINISTRA, abbandonando decisamente qualsiasi ipotesi di accordo con chi non la rappresenta, anche perché qualsiasi blandizie sarebbe soltanto frutto di calcoli personali o motivati da esigenze strumentali.
Quanti calci sui denti, quanti “stai sereno”, quanti aculei velenosi dobbiamo ancora sopportare prima di poter comprendere il carattere infido dell’universo renziano?
“Fortuna adiuvat audaces” e la Sinistra dovrebbe dotarsi di coraggio e segnalare al popolo che sui suoi fondamentali non scenderà mai a patti e che riprende il cammino.
Il coraggio della chiarezza servirà anche a diradare le nebbie dalle ambiguità e dalle diverse personalistiche valutazioni.
Devo ripeterlo? Un elettore, di fronte alla scelta se votare il PD o una forza di Sinistra che si presenta con obiettivi di possibili alleanze future con il PD, decide o di votare il PD o di astenersi oppure si disperde tra raggruppamenti ambigui, demagogici e populisti che mirano a distruggere il tessuto democratico residuale. Ancor peggio, perché lesivo della dignità umana, sarebbe a quel punto votare ancora una volta “turandosi il naso e sbarrando gli occhi”.

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LA SINISTRA – oltre il PD

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LA SINISTRA – oltre il PD

Non è certo una “fissazione”, anche se più di qualcuno lo pensa (e forse anche per questo intendo sottolinearlo), il ritenere concluso il percorso della Sinistra dal PCI al PD. Non possiamo certo dire che in quel vecchio Partito dal quale molte/i di noi, vecchi arnesi, provengono non vi fossero elementi discutibili. Non è un mistero che lo stesso Berlinguer avesse fatto aprire la “stagione” della questione morale e non è un mistero che quel che disse Craxi in aula avesse un riferimento con la realtà delle cose. La corruzione era già presente, il familismo (il nepotismo allargato) era pratica diffusa nella Politica e le ingiustizie sociali già producevano danni nel tessuto democratico. Nel corso di questi anni dal 91 con il PDS al 98 con i DS fino al 2007 con il PD gli innesti che si sono innervati stabilmente nel cuore di quella forza ne hanno profondamente modificato l’essenza, allontanando progressivamente la sua anima di Sinistra, con una mutazione antropologica che appare ormai irreversibile, con la costituzione di un blocco di maggioranza che nulla ha più a che spartire con la Storia del principale Partito della Sinistra.
A quella parte minoritaria che si considera ancora depositaria di quel retaggio occorre aprirsi, purché comprendano quanto sia impossibile per loro agire all’interno di quel Partito, difendendo la propria anima di Sinistra. Se saranno capaci di distinguersi, affrontando l’onere doloroso della scissione, che è tuttavia espressione di coerenza con quanto da tempo esprimono, senza andare verso la giusta scelta, metteranno in evidenza nettissima la collocazione “centrista” del PD, aiutando la società italiana a fare scelte chiare e rispondenti ai bisogni sociali di sempre più larga parte del popolo italiano.
Ovviamente chi si va adoperando per costituire un raggruppamento di Sinistra valuti queste scelte, approfondendo le vicende politiche degli ultimi tre anni, che non lasciano margine di dubbi sul percorso da intraprendere. Chi ancora parla di possibili accordi con il PD, ma rileva queste “nuove” problematiche (“nuove” perché hanno reso ancor più distante la forbice tra le classi sociali) denunciandole nei loro interventi pubblici, si trincera dietro la “realpolitik”, il “pragmatismo” degli accordi semmai per la “governabilità” considerandoli “nobili gesti”. E’ pura ipocrisia, della quale la Sinistra deve saper fare a meno. Una connotazione chiara di Sinistra (mi chiedo perchè mai c’è chi si ostina a ripetere che questa parola , “Sinistra”, non sia necessariamente da menzionare nei nostri documenti! Me lo chiedo e non so spiegarmelo, mi si creda) sarebbe un toccasana, una ventata di purezza nel panorama demagogico cupo del nostro Belpaese. Diamoci da fare, dunque! Con le armi della Pace, della Democrazia, del Progresso e della Libertà.

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ANNIVERSARI 2017 – a venti anni dalla morte di Danilo Dolci – parlando di Pietro Pinna ed altri pacifisti

ANNIVERSARI 2017 – a venti anni dalla morte di Danilo Dolci
parlando di Pietro Pinna ed altri pacifisti

Abbiamo dedicato un post a Pietro Pinna annunciando nel titolo un collegamento con un altro importante uomo del nostro Novecento, Danilo Dolci.

La biografia di Danilo Dolci è reperibile sul web (https://it.wikipedia.org/wiki/Danilo_Dolci).

Si tratta di uno dei più straordinari protagonisti della vita italiana: egli è stato un sociologo, un poeta, un educatore ed un attivista della nonviolenza italiano, meritandosi il titolo di Gandhi italiano. Don Lorenzo Milani e Danilo Dolci più o meno agiscono nello stesso periodo in luoghi diversi ma con tecniche assolutamente tra di loro omogeneamente comparabili (Dolci nella Sicilia occidentale fra Trappeto e Partinico dove darà vita ad espressioni di non-violenza con l’uso della protesta con il digiuno e con gli scioperi alla rovescia; don Milani nella periferia toscana di Calenzano con le sue “Esperienze pastorali” e Barbiana con la sua “scuola”).
Danilo Dolci attuerà lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti ed il lavoro: siffatto impegno sociale gli varrà il soprannome – rivolto in quegli anni anche ad Aldo Capitini – di “Gandhi italiano”.
Estremamente interessante ed importante sarà il lavoro che Danilo Dolci dedicherà all’educazione della popolazione di quella parte della Sicilia. Come don Milani nelle sue esperienze richiamate egli è convinto che non bisogna dispensare verità confezionate scegliendo il coinvolgimento diretto dei contadini di Partinico ed i marinai pescatori di Trappeto; e per far questo utilizzerà la maieutica socratica, rendendo veri protagonisti del loro presente e del loro futuro la gente generalmente esclusa dal potere e dalle decisioni. All’interno di questi percorsi vengono anche assunte decisioni importanti come l’idea di costruire la diga sul fiume Jato, che una volta realizzata costituirà un elemento propulsivo dell’economia locale, togliendo spazio alle cosche mafiose che, controllando l’erogazione delle acque, dominavano in quelle realtà, dove lo Stato mostrava il suo fallimento.
A queste riunioni svolte con frequenza e documentate in vari libri, come “Conversazioni contadine” del 1966 o “Chissà se i pesci piangono” del 1973 partecipano anche dei “testimoni” esterni come Pietro Pinna, l’inglese Harold Bing, il norvegese Johan Galtung: tutti notissimi pacifisti internazionali che, come Pietro Pinna avevano pagato il loro impegno con il carcere.

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Harold Bing

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Johan Galtung

Bellissimi sono questi dialoghi così intensi e veri intorno a temi, come la vita, la morte, i diritti civili, la guerra, i piani di sviluppo etc etc.
Gustosissime per la loro verità espressa sono poi le storie raccontate in “Racconti siciliani” e “Banditi a Partinico”, ma la bibliografia relativa è immensa.

Quest’anno ricorderemo dunque anche la storia di Danilo Dolci, a 20 anni dalla morte (30 dicembre 1997).

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Pietro Pinna ed Aldo Capitini

PIETRO PINNA – Un filo rosso corre tra don Milani e Danilo Dolci

PIETRO PINNA – Un filo rosso corre tra don Milani e Danilo Dolci

Riporto da Wikipedia

Nato a Finale Ligure, di origine sarda, Pinna, alla fine del 1948, fu chiamato alle armi. Diventato fortemente antimilitarista dopo aver vissuto gli orrori della Seconda guerra mondiale, e influenzato dal pensiero di Aldo Capitini, decise di rifiutare di prestare il servizio di leva, passando alla storia come il primo obiettore di coscienza d’Italia per motivi politici.

Processato per disobbedienza, fu condannato al carcere una prima volta per dieci mesi, e successivamente per altri otto. Al processo venne difeso dall’avvocato Bruno Segre, che diventerà uno dei più famosi difensori italiani nel campo dell’obiezione di coscienza. Venne infine riformato per “nevrosi cardiaca”.

Pinna in seguito divenne uno dei più stretti collaboratori di Capitini, con cui organizzò la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi nel 1961, e le tre successive; continuò ad operare nel Movimento Nonviolento per tutta la vita, diventandone segretario nazionale dal 1968 al 1976. Fu direttore responsabile della rivista Azione nonviolenta fino alla morte, sopraggiunta il 13 aprile 2016.

Numerose le circostanze che lo portarono a pagare in prima persona con il carcere le sue scelte nonviolente. Il 17 gennaio 1973, già segretario del Movimento nonviolento, in seguito ad una affissione contro la celebrazione delle Forze armate il 4 novembre (“Non festa ma lutto”), fu arrestato a Perugia e condannato per direttissima per vilipendio alle Forze armate. In seguito alle manifestazioni avvenute in suo sostegno in diverse città, venne liberato quattro settimane dopo su istanza di grazia dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone.

Nell’aprile del ’79 fu condannato dalla Corte d’Appello di Trieste ad una pena di 8 mesi di reclusione per blocco stradale, pena che successivamente gli fu condonata.

Fu tra gli organizzatori della Marcia Catania-Comiso (24 dicembre 1982 – 3 gennaio 1983) per protestare contro l’installazione della base missilistica statunitense, prima azione concreta di lotta nonviolenta contro le installazioni militari in Italia.

Nel 2008 fu insignito del Premio Nazionale Nonviolenza.

Nel 2012 la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa gli conferì la laurea honoris causa in Scienze per la Pace.

Pietro Pinna morì il 13 aprile 2016 a Firenze.

da Wikipedia

Di Pietro Pinna sentiremo parlare anche per le vicende che interesseranno la scuola di don Lorenzo Milani e l’impegno che il priore di Barbiana profuse nell’analizzare le tematiche della non violenza e della disobbedienza. Pietro Pinna fu invitato a Barbiana e fu “interrogato” sull’obiezione di coscienza dai ragazzi che frequentavano la Scuola. Si parla in vari testi di un battibecco tra don Lorenzo e Pinna nel corso della seconda volta che quest’ultimo salì a Barbiana (si era alla vigilia del processo che don Milani e Luca Pavolini di “Rinascita” che aveva pubblicato la famosa “Lettera ai cappellani militari” dovettero subire).

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Mario Lancisi nel suo recente “Processo all’obbedienza” a pag. 4 e 5 riporta i termini di questo “scontro”: Pinna chiese a don Milani “….quale solidarietà avrebbe potuto dargli in occasione del processo: Don Milani rispose che, se avesse deciso di andare a Roma, al dibattimento avrebbe voluto al più un pullman di operai. Poi aggiunse: “Altri sostegni non mi interessano. Tantomeno da parte di quei pacifisti che solo adesso mi stanno a fianco, facendosi belli della mia bandiera”.
Pinna ci rimase male. “Guarda, don Lorenzo, che stai parlando con il rappresentante di quei pacifisti che non hanno avuto bisogno della tua bandiera per mettersi in mostra. Ben prima di te hanno alzato la loro bandiera pacifista da obiettori e non da parolai al prezzo di anni di carcere e per taluni al prezzo della vita”….”

Pietro Pinna sarà anche tra i più attivi collaboratori di Danilo Dolci. Ne parleremo in un prossimo post.

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