LEO prima parte

 

MCM20027

 

di Joshua Madalon

– da un manoscritto degli anni Sessanta –

 

è questa la prima parte di un racconto scritto nel 1967 – la seconda e la terza parte saranno pubblicate nei prossimi giorni

 

 

“Leo, Leo!…”, sotto una pioggia leggera leggera Leo si allontanava. Mi appoggiavo al portone, assaporando un non so che di erotico allo sfiorare la pelle del mio viso sul liscio del legno. Un’idea abbandonata ormai veniva di nuovo a ritrovarmi. Viva come era stata anni fa; la pioggia era lieve, abbandonai il portone, contento di bagnarmi il volto.  “Se la festa fosse stata fatta stasera….” pensai e non so se sadico o dispiaciuto.  Avevo una voglia pazza di litigare, non ero più come una volta. Se ami devi essere ricompensato di uguale affetto, ma io mi ritrovo sempre con un pigno di mosche.  “Quest’anno mi fidanzo seriamente, una volta per tutte, quest’anno comincio una nuova vita…” e ricordo Natale, Pasqua e le letterine di buoni propositi celati sotto il piatto di papà.

“Ho visto chi eri, ti ho capita, è inutile che ti nascondi, bambina, dietro i tuoi castelli di sabbia. Vedi, basterebbe un calcio!!! … Ma tu mi precedi e sei brava a distruggere anche il “mio” piccolo castello”. “Quando sorridi forse pretendi anche troppo da una persona come me che non ha più fiducia, e non chiedermi perché sono così, per amore non ti risponderei”. Poi tu mi ripagavi di uguale umore, quando la mia vita aveva qualcosa da comunicare. La gente che ci circondava era quella che poteva parlare, poteva dire ogni cosa. Solo noi con qualcosa che ci rompeva dentro, ci scavava e si rintanava ogni giorno quando ci toccava di vederci per una quotidiana specie di tortura, non parlavamo mai, se non con frasi convenzionali, del tipo che più si può immaginare consueto. “Cosa fai, oggi?” mi veniva da indagare. Leo era annoiato, per un motivo uguale, lo si vedeva sempre stanco, un sorriso sforzato e così risparmiavo ogni volta di guardarmi allo specchio. Avevo sospettato che fosse anche lui innamorato, forse di gente che mi interessava talmente da non potermi permettere di perdere colpi. E così ritornavo alle bambinate dei diciotto anni. “Oggi resto aleggere:::” diceva e semmai la mia mente vagava seria e gelosa al pensiero di una grossa bugia, disperandomi al supporre che potesse anche lei essere innamorata di Leo. Ma in fondo chi era Leo? A dire la verità, io non lo sapevo, ma avevo avuto subito l’impressione che fosse una persona a modo, molto seria e questo mi aveva fatto paura. La sua dimestichezza con Leo dopo qualche giorno mi aveva angosciato, sentivo sfuggirmi la vita e non sapevo reagire. Certamente non sapevo anche se potevo. A quel punto mi sentivo di reagire violentemente e non mi piaceva, per la seconda volta, usare violenza. “Le mie voci le conosci, quella bassa, carezzevole, vellutata, invitante; quella alta, violenta, irosa” Così avevo deciso, avrei parlato a Leo, perché non me la sentivo più di continuare. Sotto la pioggia, si allontanò, invece, veloce, cercando invano di scansare più gocce possibile. Non lo rincorsi. Improvvisamente avevo pensato di fare altrimenti: di partire per un breve viaggio, dando il tempo ad ognuno dei due di decidere senza la mia presenza, senza che io restassi a soffrire insieme a loro. E così preparai il piano autoletale. “Ti permetti di girare, conciato in questo modo, solo perché sei fuori casa; al tuo paese ti prenderebbero per un folle, ma da turista te lo puoi permettere”  Il sapore dolce, il profumo dell’alba, ottimo palliativo per i miei dolori; su una barca affittata, in mezzo al mare senza mettere mano ai remi, trainato dalla corrente. ” Ed ora dovrei dirti addio! Scomparire per sempre, dovrei dirti addio! Ma chi sei tu, così importante da sconvolgere la mia vita, da farmi sentire quasi male benché vivo?”  “Ho bevuto alla fontana di un’acqua che mi sembra “purezza”, ma non mi basta, ho sentito volare qualcosa, forse un uccello marino, ma mentre sollevavo lo sguardo per vedere è scomparso, andato via in un’isola che non conoscerò”  “Ora sento che ti amo e se tu fossi qui non te lo direi, anche perché non so farlo, ma di più perché andavo pensando: “A che vale un amore quando è rivelato? A che vale un amore se non è sofferenza, se non è nascosto, se non ti ispira liriche di dolore, di rammarico per quel che potevi e non hai fatto, ed intanto ti avvampa, ri rende ora irascibile e geloso, ora calmo e risoluto e ti senti invincibile, laddove prima sembravi solo un vinto”.(1. continua)