GLI ESAMI (DI STATO) NON FINISCONO MAI

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Domani terminerà il mio Esame di Stato 2014. Quando scrivevo l’altro giorno di non potermi considerare una persona “normale” oltretutto non avevo pensato al fatto che non sono fra i molti che hanno a noia e rifuggono dal partecipare agli Esami di Stato come Commissari esterni e Presidenti. Quanti ce ne sono fra colleghi che anche senza avere motivi validi cercano in tutti i modi di “sfangarla” quando viene il tempo degli esami di metà giugno! Eppure è una delle esperienze più interessanti e valide nel permetterci di conoscere altre scuole, altri docenti, altri studenti, altri luoghi: non dico che pagherei per parteciparvi perché non sono “bischero”, ma di sicuro è un momento di conoscenze e di crescita straordinario. Il lavoro che scelsi di fare a metà anni Settanta è uno dei più belli e stimolanti che vi siano, a patto che si accetti che il divario di età fra noi e gli studenti si amplifichi progressivamente; all’inizio fra me e loro vi era una differenza risibile (addirittura in una delle mie prime supplenze a Bergamo ero più giovane della maggioranza degli studenti, essendo capitato in un Corso serale) e poi man mano tranne pochi casi (altri Corsi serali stavolta a Prato) il “gap” fra me e gli studenti è cresciuto ed ora, già negli ultimi anni ed in occasione di questa esperienza della Maturità 2014, incontro giovani che potrebbero essere miei nipoti. E sono stimolanti queste occasioni che continuano ad aprirci la mente e ci permettono di interloquire con colleghi che propongono visioni diverse dalle tue, che ti parlano di percorsi realizzati che hanno prodotto risultati tangibili: ed ecco che ti donano libri già a prima vista interessanti e preziosi oppure ti mostrano locandine di spettacoli teatrali e fotografie di incontri con personaggi della Cultura e dello Spettacolo organizzati nell’ambito scolastico. Ovviamente c’è uno scambio di idee e di doni che potrebbe preludere anche a cooperazioni successive. E’ accaduto sempre: intanto quando si andava “fuori sede” si conoscevano anche luoghi e storie di quei territori ed in più occasioni vi erano ulteriori momenti extraprofessionali estremamente coinvolgenti (spettacoli teatrali – visita a monumenti – cene in locali tipici con cucina locale etc ). E’ in ogni caso chiaro che vado ricordando queste mie antiche esperienze collegandole a quella di quest’anno, primo della mia carriera di docente “pensionato” (un docente non va mai in pensione, altrimenti che “docente” è?); non scriverò per ora in quale scuola sono stato nominato (chi mi conosce lo sa) perché non è importante di per sé. Posso però dire di avere trovato docenti e studenti molto preparati e capaci di essere per me stimolanti per futuri progetti culturali, alcuni dei quali vado man mano costruendo. Utilizzo per me in modo positivo il titolo della famosa commedia di Eduardo De Filippo, “Gli esami non finiscono mai” sottolineando la necessità di mettersi sempre in discussione giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto sapendo che ciascuno di noi vive se continua ad essere curioso. Diversamente può dirsi “morto”!

G.M.

LEZIONI DI CINEMA 3

LEZIONI DI CINEMA 3 di Giuseppe Maddaluno

Sono vissuto anche sull’acqua, andando e tornando fin dai primissimi giorni della mia vita nell’isola nella quale era nata e vissuta fino a pochi anni prima (dal 1917 al 1946 per la precisione) mia madre. Procida è la più piccola (se si esclude Vivara che è un’ appendice di Procida) delle isole dell’Arcipelago Campano e si raggiungeva, allora, da Pozzuoli in circa quarantacinque minuti di navigazione, con delle imbarcazioni puzzolenti di nafta e rumorosissime: vi andavo abitualmente e frequentemente, una volta svezzato, anche con mia zia Agnese e l’Isola è diventata uno dei luoghi “magici” della mia infanzia, della mia adolescenza e della mia prima gioventù. Un’isola è un mondo diverso appartato, delimitato dal mare: una piccola isola rappresenta per chi non soffre di claustrofobia quel piccolo mondo ricercato a volte nei luoghi angusti della casa, come il comodino dentro il quale da piccolo piaceva rannicchiarmi per occultarmi agli occhi preoccupati della mamma, ed un’isola è anche fondamentalmente un set ideale nel quale fare agire le proprie fantasie, i propri sogni. L’isola diventava il mio mondo, la campagna ed il mare mi fornivano gli elementi necessari a costruire storie di pirati, di tesori nascosti e ritrovati e, poi, vicende amorose: ma quest’ultima è davvero una storia a parte. Anche nell’isola vi era il cinema e furoreggiavano i “peplum”: ne ho visti di tutti i tipi, dai più classici e meravigliosi, immarcescibili “Barabba”, “Ben Hur”, “I Dieci comandamenti” ai più ovvi, banali ma ugualmente ormai classici film con “Ercole e…”, “Maciste e…”, e altri.
Ritornerò a parlare dell’isola per altri motivi, già accennati, ma mi piacerebbe ritrovare un altro percorso, quello che portava me, mia madre e mia zia da una loro vecchia zia (non ne ricordo il grado di parentela precisa) che abitava a Napoli, pressappoco dietro al Teatro “Augusteo” alle spalle di via Toledo sui cosiddetti Quartieri spagnoli. Abitava in un classico “basso”, quella stanza (in essa consisteva l’”appartamento”) che si apriva direttamente sulla strada, o addirittura al di sotto del piano stradale (in quel caso si chiamavano “scantinati” o seminterrati), che tutti possono ricordare nelle scenografie di alcune classiche commedie di Eduardo De Filippo (“Filumena Martorano” e “Napoli Milionaria”). Questa zia viveva, insieme ad un uomo della sua stessa età, presumibilmente allora più di sessanta anni, in una condizione frequentissima nei primissimi anni cinquanta, che dal punto di vista igienico era assai precaria ed indigente per la diffusa miseria che colpiva soprattutto gli anziani costretti a vivere praticamente da soli: non so il motivo preciso, ma credo non avessero figli che potessero accudirli e gli unici nipoti erano nella famiglia di mia madre. In quegli anni non era difficile entrando in queste “case” scoprire intanto che erano frequentate da animali domestici ma anche da altre bestie, grandi, piccole e piccolissime, che sono indice del degrado igienico sanitario nel quale vivevano le persone in quel periodo in gran parte del territorio napoletano. Uno dei miei ricordi in parte riferibile ad una visita a questa “zia” è legato ad un motivetto di quegli anni, una canzone tragica nel vero senso del termine che mi angosciava sentire ma che era molto in voga: si tratta di “Balocchi e profumi” e narra la vicenda di una bambina che ha una madre snaturata che pensa solo ad imbellettarsi mentre la povera bambina avrebbe bisogno di carezze, forse più che di balocchi, e soprattutto di cure. L’incerta “pedagogia” di quel tempo, peraltro non sostituita in mia madre da personali sensibilità, faceva sì che spesso la canzonetta mi venisse sottolineata per farmi pesare la mia diversa condizione di vita, come se quella bambina più che un caso isolato fosse invece la realtà comune di tantissimi bambini e bambine. Davvero non ricordo il motivo per cui in quell’occasione questa canzone mi avesse tanto colpito: sono quelle sensazioni straordinarie, ma anche fortemente ordinarie, che non riesci a spiegarti, come peraltro capita nei primissimi ricordi dell’esistenza di noi tutti.

AFFIDABILE – una riflessione sul termine

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AFFIDABILE – una riflessione sul termine
di Giuseppe Maddaluno

Una persona, un’Associazione, un Gruppo che garantisca estrema correttezza e dedizione ad un’idea, ad un Progetto anche limitata nel tempo o per periodi medio-lunghi. Questa può essere una definizione di “Affidabile” anche se occorre precisare che l’affidabilità, a meno di volersi riferire ad un rapporto fideistico di sottomissione psicologica, è in relazione ad una reciprocità assoluta con tutti gli altri soggetti. Svolgo esempi semplicistici come quello di Caino ed Abele: entrambi – fratelli – avrebbero dovuto fidarsi l’uno dell’altro, ma poi sappiamo come è andata; oppure quello di Letta e Renzi, un caso più recente ma significativo ancor più dell’elaborazione che vado facendo sul termine “Affidabile”. Il termine in ogni caso viene utilizzato a sproposito per delineare il comportamento di persone che non garantiscono la “fede” in un Progetto che può essere anche “segreto” e legato ad un Gruppo che gestisce temporaneamente un Potere. Affidabile vede il suo contrario in Inaffidabile, che è dunque colui che non risponde ai requisiti minimi richiesti per appartenere ad un Gruppo, ad un’Associazione avendo troppo spesso idee che si distinguono da quelle “generali” tendenti all’ottenimento di particolari vantaggi ed al mantenimento di una linea. Negli ultimi casi, a prescindere dalle valutazioni che gli “esperti” vanno facendo sul limite del “non vincolo di mandato”, né Mauro né Mineo risultano affidabili per portare a compimento un Progetto come quello sulle riforme istituzionali che presentano, a parer mio (e non solo), molti elementi di discutibilità operativa e costituzionale. Già in precedenza su questo argomento ho espresso un parere (che indubbiamente vale poco) affermando che un intervento sul Senato andava fatto ma che il rischio di esagerare e poi di non trovare soluzioni efficaci è molto alto. Lucio D’Isanto in un intervento pubblicato stamattina spiega perché il Senato rappresenta un “doppio” istituzionale; ma la soluzione proposta rischia di costruire un Senato che non abbia alcun senso in assoluto, ancor più se non eletto. Quanto ai costi (che è poi principalmente e demagogicamente il motivo per cui questi interventi vengono proposti, per accontentare il “popolo” che “lo richiede a gran voce”) basterebbe, per un ben più alto “risparmio”, intervenire legislativamente su tutti i fronti amministrativi, abolendo tutti i “benefit” che fanno dei “parlamentari” nazionali e regionali dei “privilegiati”. Affermare questo da parte mia mi garantisce la “nomina” ad inaffidabile “ad honorem”. Ma se la patente di “affidabile” mi garantisce anche il mantenimento della coerenza ed il superamento di qualsiasi ipocrisia per l’ottenimento di vantaggi personali, ritengo di potermene vantare. A coloro che pensano di conoscermi (e forse non mi conoscono o sono “smemorati” come tanti altri nostri connazionali) vorrei sottolineare che avrei potuto non solo ambire ma ottenere dei vantaggi se avessi fatto a meno di “ragionare” liberamente ed essere perciò “inaffidabile” per il Potere. Ho fatto quello che la mia testa mi suggeriva e non ho quasi mai corrisposto ai “desideri” di chi anche provvisoriamente comandava: il mio “percorso” istituzionale è stato “non lineare” ma posso guardarmi allo specchio senza avere desideri autodistruttivi. Ad ogni modo soprattutto coloro che guardano alla realtà nella quale insieme ad altri agisco e dalla quale insieme ad altri parlo (sarà “bolso” il mio dire ma non è “biforcuto” ed interessato) farebbero meglio a conoscere la nostra “storia” prima di inoltrarsi in discussioni che si basino esclusivamente su quel che leggono “hic et nunc”. Dunque, chiarisco una volta per tutte (ma sono disponibile ad impartire “ripetizioni”) che la non affidabilità e la forza critica che utilizziamo non comprende la volontà di uscire dal PD ma di continuare ad essere caustici nei confronti di una classe dirigente che ha assunto senza ancora meritarselo il ruolo di “rinnovatrice”.

(g.m.)