VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 21

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VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 21.

“Quella notte anch’io non ho dormito. Pensavo che anche tu non avresti chiuso occhio. Ero felice. Sapevo che potevo contare su di te, che tu eri sincero. No, no, non parlare adesso. Sono convinta che tu allora sia stato sincero con me. Non è possibile che tu non lo sia ora? Riflettici. Quello che abbiamo detto, quello che abbiamo fatto insieme ha un valore; deve averlo. Forse tu non ricordi, forse tu non lo hai ancora scoperto. Se vuoi, posso ancora aiutarti”.
“Forse hai ragione. C’è qualcosa che ci tiene lontani da queste terre sconosciute ma promesse. Forse è la società o forse altro. Oppure siamo noi stessi, che formiamo la società, a brancolare ciechi contenti in mezzo a un mondo che non ci offre più niente. Aiutami, dunque; aiutami a capire”:
“Mi fa piacere che tu abbia compreso il mio discorso. Quando vuoi sono pronta. Io sono tua, di fronte al mondo, di fronte a Dio, a te. L’amore che ho scoperto insieme a te, quello che tu chiami insincero è per me la più bella delle cose, il più alto dei valori, come il più bello degli oggetti ed a giusta ragione eccotene la metà: quella che è tua e che tu hai perduta”.
Tutto scompare, tutto via. C’era dell’altro che non ricordo. Ma non era la stessa cosa.
Il mio amico russava. Nella notte, al buio della stanza, restare cogli occhi alla ricerca di segni particolari sul soffitto, per un quarto d’ora…
Riaddormentarsi.
Autunno nell’isola. La vendemmia. Quando piove non si lavora e subito dopo la pioggia, nemmeno. In casa, al caldo e all’asciutto, ad aspettare. Ascolti la radio, i dischi o giochi a carte.
Uscire alla ricerca di chiocciole sui costoni erbosi. Spedizioni e gare. Indossare un vecchio cappotto, un impermeabile sgualcito e scarpe grossissime di campagna. Senza un ombrello sotto la pioggia scrosciante, battendo i sentieri meno frequentati dagli altri concorrenti.
Una voce. Tu la senti e ti dirigi di là dove viene. Io la sento. E’ la stessa e viene di là dove vai. Avviluppati da sentimenti diversi, viviamo la nostra misera esistenza.
Io non mi muovo di qua. La piogia mi bagna, prenderò un bel raffreddore, come una punizione per te ed una consolazione per me.
Per adesso resto qui. Ma più tardi verrò a scoprire che cosa passa tra voi, che cosa si dicono i vostri occhi, se le vostre mani e i vostri corpi si toccano. Mi tormenterò, fingendo quella naturalezza che non avrò, mi tormenterò sorridendo.
Poi più tardi, ci vedremo a casa sua. Lei uscirà e tu, dopo un poco, dietro. Io resterò lì, a tenere discorsi, amostrare l’indifferenza.
Come un ipocrita! Con me stesso, con i miei pensieri. Cercherò di non tradirmi, continuando a sorridere, alle allusioni che farà, rientrando, il suo piccolo fratello. E dovrò ammettere di non avere il coraggio di uscire anch’io, dietro di loro, desiderando riavere quel che era mio.
E’ la stagione più tranquilla, l’autunno. E intanto io mi struggevo. Avrei dovuto abbandonare. Ma così giovane, quasi bambino, ad avere la forza… Io non l’avevo.

I GIORNI 1972 – fine parte 21 – continua….

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