PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SU “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – seconda parte

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SU “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – seconda parte

Dal settembre di quell’anno divenni pratese con una certa continuità, anche se anagraficamente e per motivi di lavoro sono residente dal 1983. Prato mi accolse con grande calore e grande affetto; fui sentito subito come una ricchezza per quel che avrei potuto fare e dare ed entrai subito a far parte della struttura ‘fondativa’ del Terminale che si aprì poi nel 1984. Là dove c’è quel cinema c’era una volta un Circolo (per la verità una parte c’è ancora adesso) dove i giovani andavano a ballare, il famosissimo Circolo ‘Rossi’.
Occupandomi dunque di cinema e della programmazione del Terminale, molti compagni, fra i quali ricordo Anna Fondi e Pietrino Vannucci, mi chiedevano di cercare un film che tutti ricordavano con particolare affetto: Giovanna di Gillo Pontecorvo. Con molta onestà devo dire che non ne conoscevo l’esistenza prima di allora ma mi presi l’impegno di cercarlo attraverso quelli che erano i nostri canali privilegiati, la Cineteca Nazionale, la Cineteca Italia-Urss e qualche privato, come l’architetto Carlo Montanaro di Venezia con il quale avevo già organizzato delle rassegne straordinarie in quel di Feltre.
Trovai una pellicola piuttosto malandata, persa fra le tante in possesso di Gastone Predieri: “Giovanna” era lì fra gli altri episodi de “La rosa dei venti” e, quando lo proiettammo, praticamente fu difficile capire bene dove cominciasse, fra i diversi episodi, il film di Gillo Pontecorvo, “Giovanna”, e la pellicola era così fragile che si sgretolava negli ingranaggi del proiettore: quella non fu certamente una grande serata per me, ma per tutti quelli che erano convenuti chiamati dal Sindacato e dal Partito l’iniziativa era riuscita; continuarono perciò a parlare fra di loro, a ricordare quegli anni, nel pieno della Guerra Fredda e degli scontri sociali, nei quali ciascuno di loro aveva vissuto più o meno la giovinezza.
Fu alla fine degli anni ottanta, poi, che ritornarono alla carica, chiedendomi un nuovo impegno e, poiché da qualche tempo avevo cominciato anche a maneggiare videocamere e centraline di montaggio, ad organizzare i ‘film video makers toscani’ per i quali costruii qui a Prato tre grandi rassegne, mi venne in mente di ‘scrivere’ un film su “Giovanna” di Gillo Pontecorvo, un film che fosse tutto incentrato sulla figura di Giovanna ma senza di lei, perché ormai tutti (spero che la signora Armida Gianassi sappia fare gli scongiuri), tutti, la davano per dispersa e qualcuno addirittura per morta (si legga ad esempio l’intervento di Paola Scarnati su ‘Annali’ n.3 del 2000 dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico dedicato a ‘filmare il lavoro’).
Avendo io avuto un po’ di pazienza, il film ebbe anche nella sceneggiatura un percorso diverso: nella ‘ricerca di Giovanna’ attraverso le testimonianze di moltissimi che avevano a vario titolo ed in vario modo collaborato a quell’iniziativa avemmo anche noi, come Pontecorvo e company nel 1955, una certa fortuna. Chi ci diede l’indicazione giusta non era affatto coetanea di Giovanna, ma ricordava di essere stata da bambina molto attratta da quella signora che ‘aveva fatto l’attrice’ e che, a volte, l’aveva presa in collo. Adesso quella bambina è una splendida donna, una brava amministratrice, dopo essere stata anche un’eccellente sindacalista: si tratta appunto di Ambra Giorgi che, un giorno, mi chiamò e mi disse come avrei potuto trovare Giovanna (anche per ringraziarla nel film Ambra Giorgi c’è, simbolicamente in testa ad una manifestazione di donne). Il film, dunque, che doveva chiamarsi “Alla ricerca di Giovanna” cambiò titolo e cambiò anche inevitabilmente struttura. Lo chiamammo “Giovanna. Storia di una donna” perché nel corso delle riprese ci accorgemmo che certamente eravamo attratti dal personaggio cinematografico, ma lo eravamo ancora di più nei confronti della donna che avevamo di nuovo scoperto, che avevamo di nuovo, come dire, ‘portata alla luce’.

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