reloaded in attesa della quarta parteI CONTI NON TORNANO – un racconto morale 1, 2 e 3

I CONTI NON TORNANO – un racconto morale

– prima parte –

“Professore, al cambio d’ora passi in Presidenza” la bidella del piano aveva risposto al trillo imperioso del telefono interno nel corridoio ed anche gli allievi, che stavano concentrandosi nella prova di italiano in quella fine del trimestre, avevano sentito parte del breve dialogo che, subito dopo essersi interrotto, era stato riportato: la bidella aveva bussato con insolita circospezione ed aveva informato il professor De Marco. “No, avvertite la Preside che scenderò solo al termine della prova: non posso lasciare soli i ragazzi!”.

La bidella ritornò al telefono ma la risposta fu, a tutta evidenza, negativa.
“La Preside dice che manderà un sostituto a sorvegliare la regolarità della prova e le chiede di scendere subito dopo”.

Dal terzo piano Giorgio non appena arrivò a sostituirlo una giovane collega – ma tutto avvenne con insolita rapidità – scese giù verso la stanza della Presidenza, davanti alla quale già sostavano altri due colleghi, la professoressa Bencolti ed il professor Merletti, ai quali scoprì subito era stato detto di attenderlo prima di entrare…

Non era strano vederli insieme; erano tutti e tre politicamente impegnati nell’amministrazione comunale con vari e diversi incarichi istituzionali e più di una volta la Preside li aveva interpellati insieme, ma in quell’occasione la situazione che si prospettò rapidamente fu molto diversa: era il Provveditore agli Studi che li voleva con urgenza ed aveva autorizzato la Preside ad esentarli dalle lezioni e sostituirli per il resto della giornata.

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“Ci vediamo in Piazza San Francesco, davanti all’edicola”

Ognuno di loro aveva il pass per accedere al centro ed il contrassegno consentiva di trovare più facilmente un parcheggio: ciascuno poi pensava, vista l’ora e gli impegni di lavoro modulari, di poter tornare direttamente a casa…
Si ritrovarono nel luogo convenuto a pochi passi dalla sede del Provveditorato.

Vi salirono e si presentarono alla Segretaria che intanto li fece accomodare: “Il Provveditore è impegnato a telefono con il Ministero, gli ho appena passato la linea: quando la ritorna libera lo avverto”. E continuò a lavorare per proprio conto.

Era da poco passato il tocco e tutti avevano avvertito la propria famiglia già prima di uscire da scuola che non sapevano a che ora sarebbero tornati.

E s’era fatto un quarto alle due: il Provveditore aveva smesso la sua conversazione e la segretaria li aveva annunciati. Con un grande sorriso li salutò chiamandoli come di dovere in modo formale istituzionale e stringendo loro vigorosamente le mani.

“Accomodatevi”.
De Marco aggiunse una sedia alle altre due di fronte all’ampia scrivania ricolma di scartoffie e di ninnoli vari.

I volti in un momento di silenzio interrogavano il sorriso dell’uomo di fronte a loro, un sorriso soddisfatto ma per tutti amletico. Pochi secondi, neanche un minuto di silenzio interrotto poi da un proclama apparentemente senza appello.
Manzoni docet.

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“Mettiamolo ai voti!”

Giorgio aveva presentato alla Commissione Scuola del Partito un Documento chiaro e preciso nel quale si prendevano in esame le richieste di allievi, docenti e genitori dell’Istituto in cui insegnava da più di dieci anni e la cui sede rischiava di essere spostata dalla parte della città opposta a quella in cui si trovava per scelte che erano considerate inopportune sia dal punto di vista storico che da quello più utilitaristico, che appariva prioritario nelle motivazioni.

Lo chiamavano “dimensionamento” ed era stato collegato alla necessità di risparmiare oneri di affitto per strutture ad uso scolastico che appartenevano a privati, privilegiando al meglio quelle che erano di proprietà pubbliche.

L’Istituto di Giorgio, il “Dagomari”, era ad un passo dalla Stazione Centrale e dal capolinea dei trasporti automobilistici.

“Dai calcoli fatti da esperti la proposta avanzata dalla Provincia è fuori scala; il “Dagomari” non entra nella sede del “Gramsci” ed il “Copernico”, se non si ridimensiona, cioè non autoriduce il numero dei suoi studenti, non entra nella sede del “Dagomari”: insomma quella che si sta svolgendo è una vera e propria “partita di scacchi” sulla testa dei cittadini; non si può valutare una scuola solo sulla base dei numeri, e del numero degli allievi. In aggiunta, le proiezioni sulla decrescita della popolazione scolastica dei prossimi anni sono del tutto inventate e dunque aleatorie.”
Giorgio aveva così sintetizzato ai presenti della riunione il suo pensiero che più analiticamente aveva sviluppato nel Documento.

– fine parte 3 –

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