CINEMA – GLI ANNI VENTI prima del sonoro (vedi 16 maggio)

CINEMA – GLI ANNI VENTI prima del sonoro (vedi 16 maggio)

Prima di aprire il percorso annunciato intorno ai tre maggiori autori del Cinema tedesco del periodo espressionista, va rilevato che in quello stesso tempo, all’interno dell’Avanguardia artistica, in Germania si va sviluppando anche in contrapposizione allo stesso Espressionismo il “Cinema da Camera” (“Kammerspiel”) che, utilizzando molti primi piani ed una narrazione all’interno di ambienti “normali” produce opere significative. L’autore più importante di questo movimento fu Lupu Pick con La rotaia del 1921 o La notte di San Silvestro del 1923. Ascrivibile in gran parte al Kammerspiel è anche “Hintertreppe” di Leopold Jessner.

Nel primo di questi tre film della durata di circa un’ora è da notare la scarsissima presenza delle didascalie (diciamo una e mezza) a vantaggio dell’espressione fornita dai primi piani e dagli stessi ambienti. “La rotaia” soprattutto dimostra come il Cinema non avesse bisogno del sonoro.

Un altro dei capolavori anch’esso riferibile “in parte” al Kammerspiel è “L’ultima risata” ( Der letzte Mann) di Murnau, di cui accenneremo subito dopo.
Nel seguire la carriera dei tre grandi autori tedeschi che diedero vita e forza all’Espressionismo cinematografico dobbiamo ricordare le modeste (in relazione all’eccellente precedente del “Caligari”) opere di Robert Wiene nei primi anni venti: nel 1923 un “Delitto e Castigo” e nel 1924 un’incursione nel genere epico religioso non del tutto riuscito, “I.N.R.I.”, mentre per quel che riguarda Fritz Lang lo troviamo in netta ascesa con la celebrazione nazionalistica dell’epopea dei Nibelunghi con i due film epici-fantastici datati 1924:
I Nibelunghi: Sigfrido, conosciuto anche come I Nibelunghi: la morte di Sigfrido (Die Nibelungen: Siegfried) e
• I Nibelunghi: la vendetta di Crimilde (Die Nibelungen: Kriemhilds Rache).

I due film erano separati anche in virtù delle profonde differenze dal punto di vista scenografico e dei costumi, ma poi vennero uniti in un solo blocco mastodontico ma monumentale e molto attento ai riferimenti artistici.

L’anno successivo, il 1925 è invece contrassegnato dall’uscita del nuovo capolavoro di Murnau “L’ultima risata”, straordinario sguardo impietoso sulla misera esistenza di un portiere d’albergo sul viale del tramonto in una società sempre più grigia e rinchiusa in una profonda inarrestabile crisi etica.

E’ opportuno in ogni caso fermarsi a dare uno sguardo al resto della cinematografia mondiale che in quel periodo stava conoscendo uno sviluppo straordinario. Non bisogna dimenticare che già da questi anni si sviluppa il divismo: personaggi come Rodolfo Valentino e Louise Brooks diventeranno delle icòne virali non solo del mondo cinematografico. E non bisogna nemmeno dimenticare che il primo lungometraggio di Chaplin fu “Il monello”, grandissimo successo del 1921 mentre nel 1922 venne presentato per la prima volta un grande documentario, “Nanook l’esquimese” di Robert Flaherty, opera straordinaria sotto l’aspetto etnico ed antropologico che non trovò immediato sostegno dal punto di vista industriale, tanto che venne considerato come film di sostegno a una comica di Harold Lloyd.

Nell’URSS intanto si affacciava Dziga Vertov che sempre in quel periodo si impegnò nel cinema di documentazione con i suoi “Kino-Pravda” (Cine Verità). Sempre nell’ambito tedesco-austriaco, così come Fritz Lang, anche Eric von Stroheim si era affermato in quegli stessi anni e nel 1922 aveva realizzato uno dei suoi film più interessanti della prima fase (von Stroheim lasciò presto l’attività registica per dedicarsi a quella di interprete attore fino agli inizi degli anni Cinquanta): “Femmine folli” che ottenne un grande successo di pubblico. Negli Stati Uniti intanto si sviluppa la scelta epico biblica con la realizzazione di film come “I Dieci Comandamenti” (1923) di Cecil B.De Mille, che ebbe un grandissimo successo commerciale, ripetuto poi nel 1956.

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