L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA un leitmotiv nei miei post

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA un leitmotiv nei miei post

Se rovistate tra i post (ormai circa 2000) del mio Blog trovate molto spesso la parola “Memoria”. Indubbiamente fa parte della parabola esistenziale la volontà di ricorrere nella parte calante della vita ai ricordi; ma – per quel che mi riguarda – questa tendenza l’ho sempre avuta sin da ragazzo ed ho poi anche “esercitato” la mia professione in quella direzione storica, sociologica, antropologica creando collegamenti tra i diversi “tempi” incastonandoli in un eterno multiforme puzzle. Anche il lavoro che sto svolgendo negli ultimi tempi su questo Blog è diretto al recupero di particolari momenti da me vissuti operando nella Scuola, nel Teatro, nel Cinema, nella Cultura, nella pratica Politica. Ed infatti negli ultimi giorni potete trovare alcuni riferimenti al periodo che stiamo vivendo, per il quale vado chiedendo che non sia, come troppo spesso è accaduto in altri momenti, utilizzata la pratica dell’oblio, semmai come salvaguardia di errori omissioni colpevoli inadempienze sottovalutazioni e atti criminosi o incuria ed incapacità politiche e professionali. Abbiamo già detto che “prima” della pandemia non c’erano rose e fiori, non scorreva miele dalle fonti, né si potevano trovare tesori nelle fogne: di certo quel che non andava bene per una parte si è trasformato in quel che non va bene per più parti. Ma bisogna intanto capire quali sono i pericoli reali e chi sono i veri colpevoli della depressione economica che sta condizionando la nostra vita. Uno dei rischi più alti sarebbe che si assolvessero i comportamenti economici criminosi e si scaricasse su uno Stato non proprio all’altezza di un compito così gravoso la maggiore responsabilità. In un Paese democratico gli ingranaggi devono essere coordinati in modo cooperativo; non ci possono essere zone franche dalle regole. In un Paese democratico non ci può essere lavoro nero e, di concerto ad esso, sottopagato e non riconosciuto a pieno dal punto di vista dei contributi. In un Paese democratico ciascuno è chiamato a contribuire in misura di quanto realmente guadagna. Ho detto “democratico” perché senza tutte queste garanzie non c’è “Democrazia”. La Democrazia parte dal rispetto dell’uomo ed in Italia parte dai fondamenti della Costituzione. Ma quel che dico, lo dico da settantenne, che cerca di parlare a persone più giovani (sessantenni nati negli anni Cinquanta, cinquantenni nati negli anni Sessanta, quarantenni, trentenni, ventenni). Ed allora ,facendo uno sforzo di “Memoria” posso comprendere come l’attuale classe politica sia sostanzialmente figlia dell’edonismo berlusconiano che ha intossicato per decenni il nostro Paese con le “sue” televisioni, programmi trash con gente che sapeva godersela la vita alla faccia della grande massa, perennemente a caccia del minimo per sopravvivere.Ha diffuso un modello di vita immorale, utilizzando i temi “libertari” come “libertinari” con esempi eclatanti e mai smentiti, creando una divisione di classe che ha comportato un abbassamento verticale del credito della Cultura a vantaggio del “guadagno”, osannando le “apparenze” e mortificando “le “essenze”.
Questa trasformazione che somiglia a quella “mutazione antropologica” pasoliniana (ma per quella siamo agli inizi degli anni Settanta e ne potrebbe essere responsabile il “boom” economico innescato dai modelli americani del secondo dopoguerra) abbiamo potuto intravederla anche all’inizio del secondo decennio del XXI secolo, allorquando (faccio un esempio concreto) nel corso di campagne elettorali se attraversavi le strade del centro città e non badavi ai simboli esposti dai vari Comitati (fossero di Centrosinistra o di Destra) non riuscivi a notare alcuna differenza nello stile dei supporter: tutti, e soprattutto i più giovani, vestivano come commessi aziendali, in giacca e cravatta.

J.M.